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La Società Del Diavolo
Ben Midland


LA SOCIETÀ
DEL
DIAVOLO
(Il risveglio)

BEN MIDLAND
Di Ben Midland è già apparso:
L'Enigma Hata

Ben Midland
LA SOCIETÀ DEL DIAVOLO
(Il risveglio)

Copyright © 2018 Ben Midland, Portogallo
Tutti i diritti riservati.
Nulla di questa pubblicazione può essere riprodotto e / o reso pubblico mediante stampa, fotocopia, microfilm e / o altro, senza previa autorizzazione scritta dello scrittore. No part of this book may be reproduced in any form, by print, photoprint, microfilm or any other means without written permission from the author.



Copyright © 2018 Ben Midland
Tutti i diritti riservati
Ben Midland Publishing
www.benmidland.com
Curatori: Ben Midland, Paola Agosti
Traduzione: Alberto Favaro
Prima edizione: settembre 2018
Foto di copertina: Alain Rolli
Design: Ben Midland, Rachel Lavooij
Editore edizione tradotta: Tektime
ISBN: 9788873049289

Ad Angelique...

FATTI
Importanti ricercatori russi e americani sono riusciti recentemente a dividere la mente umana in multiple personalità diverse, chiamate ‘altre’ per mezzo di traumi deliberatamente provocati.

Le basi per le loro ricerche sono state poste dall'ufficiale nazista dottor Mengele, soprannominato l' ‘Angelo della morte’ che fece uso del libro dei morti, scritto dagli antichi Egizi in cui si descrivevano le tecniche per ridirezionare la volontà umana con cui le elite riducevano in schiavitù nuove vittime.

Negli anni '70 e '80 un progetto segreto di controllo della mente da parte della CIA chiamato MK Ultra fu sviluppato come predecessore di un altro progetto, ugualmente segreto, sviluppato ulteriormente chiamato programma ‘Monarch’ con l'intenzione di essere in grado di influenzare lo spirito di milioni di persone e di avere come obiettivo il totale controllo sull'umanità.

Sorge una domanda: sarà l'umanità in grado di liberarsi dal giogo sotto cui ha sofferto per più di quattromila anni?


UNA PAROLA DALL'AUTORE

Tutte le opere d'arte, le tombe, i tunnel, gli edifici di Roma citati in questo libro esistono e possono essere visitati giornalmente come descritto. La Società di Gesù Cristo, le altre società, i Massoni e gli Illuminati esistono ancora.


INTRODUZIONE

Man mano che la vita diventa sempre più complessa, è diventato difficile per l'uomo medio riconoscere una bugia. Non sa che il suo ambiente è determinato dalla manipolazione e dalla suggestione. Vive guidato dalle forze segrete di società nascoste, mentre dovrebbe concentrarsi sulla conoscenza del fatto che la sua vita è parte di una serie di bugie, progettate per tenerlo in schiavitù.

‘Nulla è reale. Tutto è una commedia, creata per far credere alle persone che il sistema funzioni.’

MAPPA DI OSTIA ANTICA


PROLOGO
Spinto in avanti con insistenza dal prete, Silvio si avvicinò all'immagine illuminata dalla torcia. L'atmosfera del seminterrato dove si trovava odorava di bruciato a causa della cera delle candele.
“Bacia la statua!” sibilò il prete. “Baciala, bacia la statua, devi baciarla!”
Tremando, il ragazzo seminudo guardò la statua tra le ciglia. Avrebbe dovuto baciare questo? Aveva baciato solamente sua madre, e, raramente, sua sorella Raffaella, ma questo orribile mostro? Mai!
Il prete lo prese per le spalle e lo scosse vigorosamente.
"Devi baciare la statua ora!"
Silvio iniziò a piangere.
"No! Mi sta facendo male. Non lo farò. Mi fa male! Perché dovrei? E solo una statua! É solo una statua!"
Il rifiuto di Silvio fece sì che l'uomo vestito di nero stringesse la sua presa sul ragazzo. Forse era la sua immaginazione ma questa volta sentì la voce del prete risuonare più minacciosa. Si sforzò di trattenere le lacrime, la voce prese possesso della sua mente.
“Baciala Silvio, baciale i piedi!" Silvio, pieno d'ansia, osservò la scultura con quella strana forma. Quello che vide non assomigliava alle immagini della Cattedrale sopra di loro, il posto che frequentava con sua madre di domenica. Lei li chiamava ‘Santi’, queste figure di uomini e donne scolpite nel marmo lucido che guardavano passivamente verso di lui.
Con la luce iridescente che cadeva su di loro attraverso le finestre sembravano eteree, non di questo mondo.
"Ora bacia i piedi del padrone e pronuncia le parole che ti ho insegnato," sibilò il prete. "Bacia i piedi del maestro e ripeti le parole che ti ho insegnato."
Con esitazione gli occhi di Silvio scivolarono sulla testa da capra della statua. Il corpo di quasi due metri con la pelle liscia e le ali da angelo lo faceva sembrare femminile. Questa impressione divenne più forte quando guardò lungo il collo fino a posare gli occhi sui suoi seni ben torniti. Ma gli organi genitali della statua, intrecciati con due serpenti provavano che era maschile.
Lacrime salate inondarono i suoi occhi. Silvio cercò di liberarsi ma la stretta del suo torturatore era troppo forte.
"Mi lasci andare, per favore," singhiozzò. “Sono solo un ragazzino!"
Silvio si spaventò ancora di più. Non ricordava nulla di un ordine di baciare l'immagine, o delle parole che doveva dire ad alta voce.
"Smettila di pigolare. É troppo tardi," gli sussurrò il prete nell'orecchio. "Ora che lo hai visto, non puoi tornare indietro. Bacia la statua e accetta il tuo destino giovane uomo!"
"Prima di tutto non ho mai voluto vederlo," gemette Silvio. "Io...ho cambiato idea."
Un forte strattone del tutto inaspettato gli abbassò i pantaloni, lasciandolo completamente nudo.
"Xalla!" sussurrarono all'unisono i testimoni. “Fagli pronunciare la parola!"
“Bacia i piedi e dillo," ringhiò il prete. "Te lo ordino!"
"Xalla," urlò il ragazzo e baciò la fenditura degli zoccoli dell'immagine dove presumeva ci fossero piedi.
Come diavolo ci era finito lì in quel seminterrato.
"Xalla!" urlarono all'unisono i testimoni.
Un forte dolore all'ano fece fremere Silvio. Mentre due mani lo tenevano fermo con la loro presa ferrea cercò di sollevare la testa per vedere che cosa gli stava accadendo. Solo dopo che il mormorio alle sue spalle cambiò in un lieve respiro ritmico affannoso, il dolore cominciò a diminuire fino a quando rimase solo una sensazione di malessere allo stomaco.
Silvio si sentì sporco e cattivo. Si sentì pieno di vergogna.

1
"Figlio mio, fino a ora hai imparato ad agire come un ipocrita, un cattolico romano tra i cattolici romani e a essere una spia, non un uomo che creda o si fidi di qualcuno, neppure dei tuoi stessi fratelli…"
Di fronte all'altare, vestito in giallo e bianco, stava il Superiore Generale con una spada contro il cuore del novizio. Con l'altra mano diede al novizio un piccolo crocefisso nero. "...a essere un riformatore tra i riformatori, un ugonotto tra gli ugonotti, un calvinista tra i calvinisti, un protestante tra i protestanti, e in generale a ottenere la loro fiducia, mettendoli alla prova sotto i loro pulpiti, a predicare per proclamare la nostra sacra religione e l'esistenza del Papa con fierezza, abbassandoti come un ebreo tra gli ebrei in modo da poter diventare un fedele soldato del papa per raccogliere tutte le informazioni per gli scopi dell'Ordine.”
“Hai imparato a piantare i semi della gelosia e dell'odio tra le città, le province e gli stati che sono in pace per incitarli a gesta di sangue, coinvolgendoli in guerre tra loro e a creare rivoluzioni e guerre civili in nazioni prospere e indipendenti, che coltivano le arti e le scienze e si godono le benedizioni della pace.”

“Hai imparato anche a fare il tuo dovere come una spia, a fare tutto quello in tuo potere per raccogliere tutte le statistiche, i fatti e le informazioni da qualsiasi fonte, con la fiducia della famiglia, protestanti ed eretici di qualsiasi classe e tipo, come anche del commerciante, del banchiere e dell'avvocato, nelle scuole e nelle università, nei parlamenti e tra i legislatori, tra i magistrati e nelle scuole di legge, ed essere lì per tutte le persone, per il bene del Papa, di cui siamo servitori fino alla morte.”
“Come novizio, come neofita, hai ricevuto tutte le tue istruzioni e hai servito come richiedente, confessore e prete, ma non hai ancora mostrato tutto quello che è necessario per svolgere il tuo dovere nell'esercito di Ignazio di Loyola al servizio del Papa. Devi servire al tempo giusto, essere lo strumento e l'esecutore secondo le indicazioni dei tuoi superiori."

2
Puoi sopravvivere a questo, disse tra sé Raffaella. Non lo dimenticherò. Non lo perdonerò mai.Nuda, privata negli ultimi minuti delle poche certezze che le forniva la fede, sentiva il pavimento ghiacciato sotto la sua nuda pelle. “Un evento Sacro ti accadrà," le aveva detto il prozio una settimana prima. "É il Portatore di Luce stesso che scivolerà nel tuo cuore per starci per sempre. Questo è l'unico modo con cui potrà proteggerti." Essere abbracciata da qualcuno che lei potesse amare, era quello che voleva più di qualsiasi altra cosa. Sperava che le facesse dimenticare il più velocemente possibile i tempi bui che lei e Silvio avevano attraversato dopo la morte della mamma.
Il suo Prozio, come le aveva permesso di chiamarlo, era sempre di buon umore. Lei non aveva mai dimenticato i tempi in cui lei e Silvio lo avevano incontrato per le strade fuori dal Colosseo e aveva dato loro alcune spiccioli. Quando lui si piegava per guardarla dall'alto dei suoi occhiali e le parlava nel suo modo paterno, lei si sentiva confortata e lieta della sua amicizia.
Le loro conversazioni riguardavano quasi sempre il Portatore di Luce. Raffaella pensava dovesse essere un angelo ma non ne era sicura. I racconti del prozio erano interessanti ma sempre troppo corti. Avrebbe volentieri passato giorni, e non solo poche ore, ad ascoltare i racconti del prozio.
Raffaella si ricordava i racconti che il prozio le aveva detto sul Portatore di Luce, ma non era mai stata in grado di ricordare tutti i dettagli. Sin dall'inizio, aveva pensato che dovesse essere un cardinale o un prete per le parole solenni che usava.
Ora lei era lì, neppure tredicenne, distesa sul pavimento ghiacciato.
Aveva così freddo che non era più in grado di sentire la sua pancia o il suo petto. Se soffrisse per il freddo o perché aveva paura di quello che sarebbe successo dopo, non aveva più nessuna importanza. Desiderò di essere di nuovo fuori per le strade anche se sapeva che lì era molto più freddo.
Pensò a suo fratello, Silvio. Era lui che le aveva detto quanto era stato gentile con lui il prozio, permettendogli di stare nella sua casa e di mangiare quanto voleva.
Raffaella era molto più che gelosa, non voleva altro che stare al sicuro e al caldo con un sacco di cibo da mangiare come suo fratello. Le cose andavano male, poche persone stavano comprando i biglietti della lotteria che lei e suo fratello vendevano davanti alla chiesa di san Lorenzo.
“La gente ha sempre fretta. Al giorno d'oggi tiene meno soldi in tasca," le aveva detto Silvio. “É colpa della crisi, della crisi,” le aveva detto, sembrando saggio, e Raffaella aveva annuito anche se non sapeva cosa significasse.Lei aveva notato che in quei giorni le strade erano molto più tranquille, ma dopo che Silvio se ne era andato erano sembrate tranquille come non lo erano mai state prima.
Era scomparso improvvisamente, e lei non aveva idea di cosa gli fosse successo. Nessuno ce l'aveva, e sembrava lo stesso anche per il prozio.

A Raffaella mancavano Silvio e i suoi consigli. Quando il prozio la incontrò per le strade e le promise di aiutarla ne fu così grata che gli aveva baciato l'anello, come aveva visto fare a Silvio.
"Raffaella, se ti dicessi che il Portatore di Luce è in questo anello," le disse , quando si sedettero insieme in un ristorante, "mi crederesti?"
"Si, mio caro prozio," aveva risposto lei con tutto il cuore. "Crede che se lo bacio, Lui entrerà nella mia anima?"
Il prozio era apparso visibilmente commosso dalla sua domanda e capì che lo aveva compiaciuto.
"Quasi certamente," disse. "Vorresti che ti aiutassi ad averlo dentro di te?"
Raffaella si ricordò che il prozio le aveva proibito di parlare con la bocca piena, così, come risposta, si limitò ad annuire.
"Bene, se è questo che vuoi devi provarmelo, ma dovrai anche guardarlo in faccia nella sua casa. Credi di essere pronta a riceverlo?"
Raffaella annuì.
Questa era successo tre giorni prima. Ora, distesa in quel tetro seminterrato senza vestiti, davanti a quella strana immagine e circondata da nove estranei, i dubbi la assalirono. Dentro di sé aveva timore di quello che stava per accadere. Ebbe il desiderio di alzarsi subito e fuggire, anche se questo significava che non avrebbe più rivisto il prozio.
"Tempus Fugit Memento Mori," urlò alle sue spalle una persona vestita come un prete. “Osserva il volto del tuo pastore, il Portatore di Luce. Ricorda che è Lui che ti guiderà da adesso fino alla morte.”
Sentì una mano prendere i suoi capelli sciolti, unirli, attorcigliarli e tirarli con forza all'indietro, in modo che lei fu costretta a guardare dritta davanti a sé. Lacrime di dolore appannarono i suoi occhi. Quello che vide non assomigliava alla sua visione del Portatore di Luce. Vide, invece, una statua con una testa di capra, circondata di serpenti. Cercò di non pensare al dolore ma era più di quello che poteva sopportare e urlò.
"Ad Majorem Dei Gloriam," proclamò ad alta voce il prete.
Con le parole ancora rimbombanti nelle sue orecchie, l'uomo tolse il mantello che copriva Raffaella. Mani sconosciute la obbligarono a restare sulla schiena, spalancandole le gambe.
"Tu," iniziò a dire il prete, tenendo un'ostia tra le sue mani piegate. "Nella mia qualità di prete, ti impongo di discendere nell'ostia; di incarnarti in questo pane di Gesù, artigiano degli imbrogli, ladro di affetti, rapinatore di passioni– Ascoltami! O prolungata depravazione di Betlemme, ti obblighiamo a confessare i tuoi spudorati imbrogli, i tuoi crimini inesplicabili! Vorremmo affondare in profondità i chiodi nelle tue mani, premere la corona di spine più a fondo sulla tua fronte e far sgorgare il sangue dalle ferite ormai secche."
Dopo questo il prete prese l'ostia, e bruscamente la spinse in profondità all'interno della vagina di Raffaella.
"Ad Majorem Dei Gloriam," disse.
"Ad Majorem Dei Gloriam," ripeterono tutti.
Dopo una breve fitta di dolore, Raffaella chiuse gli occhi e si abbandonò al momento, felice che fosse finita, certa ora che il Portatore di Luce fosse entrato per sempre nella sua anima.
"O maledetto Nazareno," continuò il prete. "Scrittore di stupide uguaglianze, re impotente, dio fuggitivo! O Maestà degli inferi, condannalo a un baratro di costante paura in modo che soffra per sempre. Porta la tua collera su di lui, o Principe delle Tenebre."
"Hail Satan, Shemhamphorash!" urlò tutto il gruppo, e tutti sputarono sulla croce.

3
“Mio caro, perché non mi baci? Perché le tue labbra sono fredde e ghiacciate? Faust, cosa hai fatto?"
Piena di grazia, barcollante come un cigno morente, Margherita spinse il suo amante lontano da lei e cadde a terra, agitandosi. Faust guardò in basso verso la sua amata che giaceva lì, ora al di fuori della sua portata. Impotente, chiama il suo padrone alla ricerca di aiuto, i suoi occhi rivolti verso il cielo.
“In una magica fusione di grazia e realismo, l'attore-cantante ripetutamente trascende se stesso. Con la sua sublime rappresentazione del diavolo è impensabile immaginare un'apoteosi più credibile di quello che lui ci mostra.” Anche se non era un critico professionista, William R. Sandwell compose mentalmente la sua recensione dello spettacolo che stava guardando. Dopo settimane di viaggi internazionali per una serie di conferenze e oltre un centinaio di ore su sedili di aereo soffocanti, Sandwell si stava concedendo un premio con una serata all'opera. La sua camera d'albergo poteva aspettare per un po'. Quella sera al Teatro dell’ Opera di Roma l'atmosfera era carica di eccitazione. L'opera della serata, il Mefistofele di Arrigo Boito, un dramma del diciannovesimo secolo su una sinistra scommessa tra Dio e il Diavolo aveva luogo in un ambiente straordinario tra cielo e terra.
Sandwell non era in grado di immaginare un luogo migliore per rilassarsi. Solo un'ora prima al terminal degli arrivi dell'aeroporto di Fiumicino a Roma, Sandwell, Professore of Scintologia all'Università Kokugakuin di Tokyo si era sentito completamente distrutto dal jet-lag, ora che era seduto a guardare la battaglia di Faust con il Diavolo, si sentiva completamente sveglio.
Con i suoi capelli biondo scuro, i pantaloni marroni e la giacca in tweed Sandwell contrastava nettamente con il pubblico italiano composto in gran parte da persone con i capelli scuri. I posti nei palchetti che lo circondavano, per quanto era in grado di vedere al buio, erano occupati dalla crema della società, vestita con abiti stupendi, smoking e abiti da sera. L'aristocrazia romana, pensò, basandosi sulla presenza di giovani donne attraenti che indossavano abiti di alta moda e costosi accessori. Notando parecchie donne meravigliose sedute da sole senza accompagnatori maschili si domandò se l'occasione di sfoggiare la loro ricchezza e la loro bellezza fosse il vero motivo della loro presenza. Dando un'occhiata agli altri palchetti vicini al suo Sandwell notò una giovane donna seduta in diagonale sulla sua sinistra a circa una decina di metri di distanza. Essendo da sola o almeno senza alcun compagno visibile, attirò la sua attenzione. La donna era vestita tutta di nero, in quello che sembrava essere un completo antracite piuttosto elegante con increspature scarlatte sui bordi. Uno Chanel, pensò. Un grande cappello nero piatto con un'ampia falda e un velo nascondeva il suo volto da occhi indiscreti. Da quello che poteva vedere del suo corpo, Sandwell stimò che avesse tra i venticinque e i trent'anni. Chiunque fosse, sembrava conoscere le arti della seduzione. Questa distrazione, comunque, non impedì a Sandwell di ritornare con la sua attenzione sul palco, dove Margherita, implorando la grazia di Dio, collassò davanti ai suoi occhi.
Sandwell sentì una leggera vibrazione da qualche parte sotto il suo ombelico. Sconcertato, si risistemò al suo posto, ritornando con la sua attenzione alle convulsioni mortali di Margherita, sperando che il suo malessere scomparisse ma, al contrario, la sensazione divenne ogni secondo più forte.
All'improvviso, ne capì il motivo. Imbarazzato e con entrambe le guance rosse per la vergogna estrasse il cellulare dalla tasca.

4
‘Numero privato’, le parole che scintillavano in cima alla cartella delle chiamate perse.
Mentre stava per toccare il pulsante di spegnimento, il telefono cominciò a vibrare ancora una volta mostrando lo stesso messaggio.
Potrebbe essere qualche idiota, immaginò, come l'ubriaco che aveva osato chiamarlo nel cuore della notte dall'Australia, insistendo che venisse immediatamente a Melbourne a tenere una conferenza.
Come se il dispositivo fosse in grado di leggere i suoi pensieri la vibrazione cessò immediatamente, ma in un minuto arrivarono altre due chiamate.
Lasciando il suo palco irritato e pronto a dare una lavata di capo a chiunque lo avesse chiamato, guardò il suo orologio e vide che erano le ventidue e quindici.
“Veloce o il ritardo ci costerà caro!" cantava Faust in italiano. Affrettandosi all'esterno Sandwell rispose al telefono. "Pronto. sono William Sandwell,” disse. “Con chi sto parlando?" ‘Clic.‘Stupito, fissò lo schermo; ‘Fine della conversazione. Tempo: 4,03 secondi’.
Ottimo. Ora stava facendo dei monologhi.
Alzando le spalle disgustato decise di dimenticare tutto l'episodio e di ritornare al suo palco.
Nessuna persona sana di mente chiama lo stesso numero senza ragione per così tante volte. C'era qualcosa sotto.
Una Vespa azzurra comparve all'angolo di Via Firenze, una stretta strada vicina al teatro. Lanciato ad alta velocità tra i pedoni lo scooter attraversò Piazza Beniamino Gigli verso il teatro, mancando di poco un gruppo di ignari turisti. Quando arrivò all'altezza dell'entrata principale la Vespa fece una svolta secca a sinistra e si diresse verso Sandwell. Una collisione sembrava inevitabile, ma, all'ultimo momento, il guidatore premette sui freni, fermandosi a pochi centimetri da Sandwell, che fece un passo indietro.
"Buonasera,” disse l'uomo. “Lei è il Signor William R. Sandwell?"
Sandwell annuì, confuso.
“Sono io. La conosco?”
Ignorando la sua domanda, il guidatore estrasse un piccolo pacchetto dalla giacca e glielo porse. Senza una parola ripartì nella notte.
Sorpreso da questa consegna inaspettata Sandwell notò che il pacchetto consisteva di una semplice busta bianca con una riga scritta a mano al centro, ‘William R. Sandwell.’
Il suo nome era scritto con un inchiostro nero e con una calligrafia antica ed estremamente elegante. Sembrava opera della mano di un uomo, ovviamente di qualcuno che aveva imparato a scrivere molto tempo fa. Supponendo che la scrittura fosse genuina e non qualche calligrafia appresa successivamente, significava che l'autore dell'appunto doveva essere molto più vecchio di lui.
Una sensazione di perdita lo travolse, ripensando a tutte le persone anziane che una volta conosceva e che avrebbero potuto scrivere in modo così meraviglioso ma che erano morte da molto tempo.
Guardando la busta pensò che una singola riga scritta aveva improvvisamente trasformato la sua visita non pianificata a Roma in un qualche tipo di strano mistero.
Toccando un angolo del pacchetto sentì una irregolarità, un rigonfiamento di qualche millimetro, della dimensione di una moneta. La busta sembrava accuratamente sigillata.
Con cautela l'aprì.

5

Con suo grande sollievo la busta non conteneva nulla di pericoloso, solo una chiave del tipo usato per gli armadietti, le cassette postali e i lucchetti. Aveva una targhetta in alluminio con il numero trentasette chiaramente evidenziato seguito dalle lettere ‘RT’.
RT potrebbe indicare le iniziali di qualcuno, pensò, o forse il nome del mittente. O forse RT è l'abbreviazione di una cosa più che di una persona.
Decise di puntare sulla seconda ipotesi.
Supponendo che il mittente del pacchetto si aspettasse che lui aprisse la busta, allora era ovvio concludere che si pensava che lui usasse la chiave.
Guardando il suo orologio, vide che erano solo le dieci e un quarto, aveva ancora molto tempo per capire a chi o a che cosa appartenesse la chiave.
Dopo un momento per decidere, ritornò dentro al teatro, e andò direttamente verso la reception dove consultò una brochure riccamente illustrata intitolata ‘VISITARE ROMA’.
Alla fine della brochure trovò quello che stava cercando, una lista di tutti gli hotel e le pensioni della capitale, elencati in ordine alfabetico.
Passando con il dito lungo l'elenco cercò di riconoscere le lettere sulla targhetta. Fu un tentativo inutile. Nessuno degli hotel o delle pensioni nella lista sembrava combaciare con le lettere RT. Decise di chiedere a qualcuno.
“Mi scusi, può dirmi cosa significano queste lettere?” chiese a uno degli impiegati mostrando la targhetta.
“Certo, signore. RT è l'abbreviazione di Roma Termini. É la più grande stazione dei treni di Roma. Le serve un taxi? Posso chiamargliene uno se desidera.”
Una stazione dei treni doveva avere di sicuro degli armadietti, pensò rallegrnandosi.
“No, grazie,” rispose, scuotendo brevemente la testa. “Preferisco camminare.”
Una folla di spettatori dell'opera scese le scale e si riversò lungo le strade, un segnale che lo spettacolo era terminato. Rimase in piedi a pensare. Poteva tornare al suo hotel dove era certo che la stanchezza lo avrebbe portato a dormire, e in tal caso si sarebbe sicuramente svegliato sufficientemente presto per prendere il volo per tornare a casa. Se, però, avesse fatto così, non avrebbe mai scoperto cosa conteneva l'armadietto numero trentasette.
Un'auto bianca con una scritta rossa ‘Taxi’ sul tettuccio passò in quel momento. Sandwell sollevò la mano.
"Stazione di Roma Termini, per favore."
Mentre il taxi attraversava il fiume Tevere, all'improvviso cominciò ad avere dei dubbi, forse la chiave non era diretta a lui personalmente, anche se c'era il suo nome scritto sulla busta.
Cominciò a sentirsi a disagio, pensando alla possibilità che qualcuno lo stesse perseguitando. Magari era pedinato da qualcuno che soffriva di qualche tipo di disturbo.
Prima che potesse cambiare idea, il taxi accostò davanti alla stazione ferroviaria. I piedi davanti al terminal Sandwell cominciò automaticamente a ispezionare la folla dei viaggiatori, in gran parte formata da turisti. Si rese conto che chiunque di loro poteva controllarlo.
All'interno del terminal gli armadietti furono facili da trovare. Dietro a una parete di vetro con la scritta ‘Deposito Bagagli’ c'erano parecchie file di armadietti in acciaio numerati da uno a quaranta. Il numero trentasette era nella fila inferiore sulla destra.
Con la maggiore discrezione possibile si mise davanti all'armadietto e lo aprì. All'interno c'era un piccolo borsello nero in velluto lungo una ventina di centimetri. Vista la sua forma piatta oblunga doveva contenere in libro o qualcosa del genere.
Uscendo, mentre metteva il borsello dentro la sua giacca, Sandwell controllò che nessuno lo stesse osservando.
Dentro al borsello c'era un libro. Sembrava piuttosto vecchio e di valore. Sulla copertina in pelle marrone c'erano tre parole:
MIRABILIA URBIS ROMAE
E subito sotto:
Historia et descriptio urbis Romae
Quando aprì il libro qualcosa cadde fuori. Raccogliendolo vide che era una specie di carta da gioco. Riportava un'immagine colorata di un ecclesiastico. Il copricapo dell'ecclesiastico sembrava essere una tiara, stando a indicare che era un cardinale o un papa. La figura portava un bastone con tre stecche trasversali alla fine. Al di sotto c'era la scritta: ‘La Papessa.’ Lungo il lato della carta scritta con una calligrafia classica, quasi identica alla scrittura sulla busta bianca lesse:


Stupefatto da quanto vide, Sandwell fissò i caratteri, scritti al contrario. Dentro di sé mantenne la speranza che fosse tutto una specie di gioco.
Se era realmente qualcosa di importante, e ne dubitava, perché qualcuno avrebbe dovuto imbarcarsi in un approccio così contorto usando telefonate, consegne anonime su Vespe e armadietti nelle stazioni dei treni?
Allontanandosi a piedi, Sandwell si rese conto che senza ulteriori dettagli, cercare di rintracciare il mittente della busta era tanto inutile quanto cercare di trovare il guidatore della Vespa azzurra nel centro di Roma, sapendo che ce ne erano centinaia.
Doveva esserci un altro modo.
Fermandosi sul lato della strada gli tornò in mente l'immagine dell'ecclesiastico sulla carta.
Un ecclesiastico. Se c'era un posto sulla Terra che aveva le risposte alle sue domande sul libro era proprio lì a Roma. La prima cosa da fare era consultare un prete esperto o un vescovo. Controllando sul suo cellulare vide che la chiesa più vicina era la Basilica di Giovanni in Laterano, a pochi isolati da lì.


6
Arrivato davanti al sontuoso edificio trovò tutte le porte chiuse. Non c'era neppure alcuna fonte di luce se non un lieve bagliore, proveniente dalle finestre dell'abside, l'estensione a forma di cupola della basilica. Un motivo per nutrire qualche lieve speranza.
Tutte le chiese europee, specialmente quelle dei periodi più antichi avevano entrate e uscite separate per i compiti non cerimoniali con una porta sempre sul retro o di lato.
Quando andò a cercare la porta, scoprì che non c'era alcuna luce nella parte posteriore dell'edificio. Investigò ancora un po' al buio. Alla fine trovò una porta di accesso, piuttosto vicina al punto da cui aveva iniziato a guardare, ma con suo grande disappunto si rivelò essere chiusa. Suonare il campanello e colpire ripetutamente il battente in ferro della porta non portarono nessuna risposta. Tutte le speranze di trovare qualcuno all'interno a quell'ora sembravano una causa persa.
Nella sua immaginazione Sandwell cominciò a visualizzare la scena al controllo bagagli in aeroporto al suo arrivo di ritorno in Giappone.
‘Nulla da dichiarare, Signore?’
‘No, solo un libro antico. Probabilmente arte italiana, quattordicesimo secolo.’
"Buonasera," disse una voce dietro di lui. "Cosa sta facendo?"
Spaventato, si girò per vedere due poliziotti dall'espressione dura, membri della divisione motorizzata dei Carabinieri. Sembravano essersi materializzati dal nulla.
“Niente," rispose col cuore che batteva all'impazzata. "Non parlo bene l'italiano. Sono un turista e cercavo di scoprire a che ora aprirà la Basilica domani. Forse voi sapete dirmelo?"
Il più anziano, un poliziotto con baffi spessi e un volto butterato scosse la testa.
"Impossibile! La basilica è chiusa. Non ha motivi per essere qui a quest'ora."
Fissò Sandwell con i suoi occhi penetranti, rendendolo ansioso. Il nervosismo di Sandwell fu notato dal poliziotto più giovane.
"Sembra nervoso," disse, muovendosi in avanti. "Come mai? Perché?"
"Io? In realtà non lo so," replicò Sandwell. "Forse perché mi avete spaventato."
Il poliziotto si rilassò e si mise proprio davanti a Sandwell.
"Non lo sa? Nessuno è spaventato a meno che non ci sia un motivo per esserlo. Cosa faceva davanti a questa porta?"
"Nulla, come lo ho detto Signore. Ho spinto la porta per vedere se si poteva aprire."
Quattro sopracciglia nere si aggrottarono contemporaneamente.
"É stupido?” proseguì il più anziano. “Le ho detto che è chiuso. Non c'è nessuno qui a quest'ora. Perché stava provando ad aprire la porta?"
"Ci ho provato,” rispose Sandwell, alzando le spalle. “Sono un turista, non sapevo fosse chiusa. Mi dispiace, ma nel paese dove vivo, ci sono sempre delle persone in un edificio come questo."
Sandwell sperò che questo portasse alla fine di tutto, ma, dopo aver confabulato per un minuto tra loro, ritornarono da lui. L'espressione poco amichevole del loro sguardo fece sentire Sandwell ancora più a disagio.
"Credo che ci sia più di quello che ci sta dicendo," disse l'agente più anziano. "Vuole venire con noi?"
Il poliziotto gli afferrò il braccio ma Sandwell riuscì a liberarsi di nuovo.
"Aspetti! Le sto dicendo che ho solo bussato alla porta!"
"Non ha scelta, ha capito?” Disse il poliziotto più giovane. “Si è comportato in modo sospetto gironzolando qui intorno."
"So che pensate sia sospetto," protestò sospirando. "Volevo visitare la basilica questa sera ma non pensavo fosse chiusa, ho pensato che qualcuno avrebbe risposto se avessi bussato. Quando non ha risposto nessuno ho pensato che avrei aspettato."
Non furono molto impressionati dalle sue argomentazioni. “In ogni caso, non può restare qui," disse con impazienza il più anziano. "É meglio che aspetti in ufficio. Deve venire con noi, andiamo."
Sandwell desiderò che la terra si aprisse e lo inghiottisse. Se voleva restare fuori da una stanza per gli interrogatori, doveva inventarsi una buona storia. Raccontare loro una storia su strane telefonate, un messaggero non identificato su una Vespa, una chiave e un libro del quattordicesimo secolo lo avrebbe fatto atterrare direttamente in manicomio.
Seduto nel sedile posteriore dell'auto della polizia pensò al suo aereo che, entro poche ore, sarebbe decollato senza di lui.
Non appena arrivarono alla stazione di polizia, Sandwell fu condotto in una delle stanze per gli interrogatori e lasciato lì ad aspettare. Quindici minuti più tardi la porta si aprì e un uomo magro entrò nella stanza. Sembrava stanco e stressato. Non si era rasato, aveva i capelli in disordine e indossava un abito estivo beige spiegazzato. Sandwell pensò avesse sui trentacinque anni. Aveva una carnagione poco salubre simile allo stucco e stava sudando abbondantemente. Aveva un'espressione piuttosto da pazzo sul volto. Se qualcuno avesse detto a Sandwell che era un tipo dedito al crack non lo avrebbe sorpreso.
"Lei è il tizio arrestato?" chiese l'uomo con l'abito.
Sandwell ora era un po' nervoso, sapeva di non aver fatto nulla di male, In effetti era leggermente irritato.
“Così pare. A meno che non veda qualcun altro oltre a me.”
La sua risposta non fu presa molto bene.
"Faccia attenzione!" gli urlò l'uomo in faccia. "Si alzi quando le parlo! Capisce l'italiano?"
Sandwell scosse la testa.
"Molto poco. Sono qui contro la mia volontà e non era mia intenzione venire qui. Allora perché diavolo"
"Stia zitto! Qual è il suo nome?"
"Sandwell, William R."
Con un movimento incontrollato, il poliziotto spinse una mano dentro la tasca dove trovò una sigaretta che accese teatralmente. Inspirò profondamente e un'espressione euforica apparve sul suo volto.
"Bene. Si sieda."
Il poliziotto fissò Sandwell che si risedette sulla sedia. Per qualche secondo non disse nulla fino a quando il suo sguardo si calmò.
"Mi dica, Sandwell R. Cosa ne pensa di Vivaldi?"
La domanda colse di sorpresa Sandwell. Stava cominciando a domandarsi se quell'uomo non fosse completamente pazzo. Notò che il poliziotto aveva una pistola in una fondina sotto il suo braccio. Decise di non correre rischi.
"Il compositore?"
"Vivaldi, si. Era un tipo strano, specialmente per gli standard italiani," proseguì il poliziotto. "Lavorava come violinista all'interno di un orfanotrofio per ragazze, lo sapeva? Alla fine alcune di loro divennero sue discepole, suonando i concerti che lui scriveva da dietro uno schermo, perché alle donne a quell'epoca non era permesso suonare. Prenda la sua sonata per violoncello RV 46 in si bemolle maggiore per esempio. Non proprio un lavoro femminile direi. In realtà non è proprio un classico Vivaldi. Si scontrò con l' establishment veneziano, diceva la gente, non a causa della sua lussuria ma per i suoi capelli rossi. É una bugia, glielo dico io."
Per un momento Sandwell pensò di essere stato portato in un manicomio.
"Parlando di bugie," continuò il poliziotto. "Visto che questo caso è finito dentro a una cartellina con il mio nome devo, sfortunatamente, affrontarlo. Il mio nome è De Angelis, commissario di polizia, dipartimento di investigazione criminale della città di Roma. Lei è un americano, ho ragione signor Sandwell R.?"
Sandwell desiderò di non aver visto l'occhiata carica di odio che gli lanciò De Angelis.
"Si, lo sono. Perché me lo chiede?"
De Angelis agitò in aria la sua mano come un direttore d'orchestra.
"Solo routine. Volevo essere sicuro che la sua identità corrispondesse alle informazioni che ho ricevuto su di lei. Come le sembrano i tesori artistici della nostra città fino a ora?"
"Mi scusi?"
"L’arte, l'arte! Non è per quello che è venuto? Tutti vengono a Roma per l'arte. Bernini, Michelangelo, Da Vinci."
"Passabile," replicò sarcasticamente. "Ho preso solo un paio di pezzi per le mie pareti prima che due dei suoi aiutanti sentissero il bisogno di rovinare la mia piacevole permanenza qui. Fra circa” -guardando il suo orologio- "cinque ore e quindici minuti partirà il mio aereo. Perciò questo è tutto il tempo a mia disposizione per rivedere la mia opinione sulla sua città. La risposta corretta alla sua domanda allora è: dipende da lei."
Troppo tardi Sandwell si rese conto che aveva appena consegnato al poliziotto l'argomento perfetto per trattenerlo.
L'ispettore si appoggiò all'indietro e lo guardò per un lungo periodo. Poi spinse la sua sedia in avanti fino a quando fu a pochi centimetri dal volto di Sandwell.
"Il suo sarcasmo è nauseante," commentò De Angelis, ispirando profondamente il fumo della sua sigaretta. "Perciò le suggerisco di tenere i suoi insulti per sé da adesso in avanti."
Si risedette sulla sedia.
"In risposta alle sue battute, signor turista americano, se le dicessi che posso prolungare la sua permanenza per," uno strano sorrisetto apparve sul suo volto, "diciamo altri tre giorni? Le darà un sacco di tempo per modificare la sua opinione. E, certamente, anche il suo straordinario senso dell'umorismo."
L'atteggiamento ostile di De Angelis fu quasi troppo per Sandwell. Chiaramente intendeva fare il prepotente fino a quando non avesse perso il suo autocontrollo.
"In questo caso è ridicolo," disse, insistendo. "Arrestare un turista per strada solo perché è attirato da un monumento. Non è, per quel che ne so, un crimine."
L'ispettore emise un sibilo di disapprovazione.
"Io sono un Commissario di Polizia, signor Sandwell. Come quasi tutti i nativi di Roma, odio i turisti come la peste, e come agente di polizia, sono ben a conoscenza del loro comportamento odioso e antisociale. I turisti sono una seccatura, tuttavia una loro caratteristica vantaggiosa è che non vanno in giro nel cuore della notte, ma inquinano le loro stanze di albergo invece delle strade della nostra meravigliosa città."
Con il pollice macchiato di marrone e l'indice della sua mano destra prese un'ultima boccata della sua sigaretta e la fece cadere sul pavimento.
"Lei, d'altro canto…"
De Angelis si interruppe. "Devo avvisarla. La polizia italiana è particolarmente creativa nell'inventare tutti i tipi di motivi per arrestare qualcuno. Se un sospetto non collabora, possiamo sempre trovare qualcosa contro di lui con cui riuscire a fare qualcosa. ‘In bocca al lupo' come diciamo qui in Italia. Ma mi dica, cosa ci faceva alla Basilica?"
Sandwell pensò al libro che aveva in tasca.
"Nulla," mentì, "ero solo interessato ai suoi interni, come qualunque altro turista che visita Roma. Sapeva che il pavimento cosmatesco della basilica consiste di più di cinque milioni di pezzi diversi?"
De Angelis iniziò a rispondere ma fu interrotto da un poliziotto dall'aria arruffata in abiti civili che entrò e iniziò a sussurrare qualcosa nel suo orecchio, a voce troppo bassa perché Sandwell capisse le parole.
Mentre ascoltava attentamente, il volto dell'ispettore divenne roseo e riprese il suo pallore poco salubre solo dopo che il poliziotto, un detective, pensò Sandwell, ebbe lasciato la stanza.
"Signor Sandwell," chiese De Angelis all'improvviso. "Per quanto tempo è stato a Roma?"
"Vediamo. Il mio aereo è atterrato alle nove di questa mattina. Direi quattordici ore all'incirca. Perché me lo chiede?"
"Ancora una volta, indagini di polizia. Voglio che si ricordi il momento esatto. É in grado di controllarlo da qualche parte?"
"Mmm. Nessuna idea. Forse la ma carta di imbarco?"
Cercandola nelle sue tasche non fu in grado di ricordare cosa ne avesse fatto. Pensò che doveva averla gettata via mentre usciva, ma non ne era del tutto sicuro.
"Mi dispiace, non lo so. Forse le nove e dieci, ma potevano essere anche le nove e dodici. Non potrei giurarlo."
De Angelis si grattò la barba con una penna.
"Nessun problema. Possiamo parlare di questi dettagli più tardi. Ora, per quanto riguarda la sua visita a Roma, dove è andato e cosa ha visto esattamente? Farebbe meglio a dirmi la verità."
"Architettura religiosa, come le ho detto prima," replicò Sandwell. "La basilica è una delle più vecchie al mondo. Il mio interesse è per il baldacchino del quattordicesimo secolo e per l'altare in legno che contiene i resti di due apostoli, lo sapeva?"
L'ispettore alzò la testa, inaspettatamente.
“Lei è bene informato per essere un turista," disse. “la maggior parte dei turisti non conosce queste cose. Nella maggior parte dei casi conoscono solo quello che viene detto loro dalle guide. E non vanno neppure a bussare alle porte in piena notte.”
De Angelis si allontanò, ignorando l'occhiata glaciale di Sandwell. “Non credo che lei sia un turista. Perciò, farebbe meglio a dirmi cosa stava facendo.”
“Dirle cosa?” disse Sandwell, rilassato. “Non c'è nient'altro da dire.”
“Lasci che le dica questo, fra tre giorni questa città ospiterà il G20 e voglio che tutto proceda senza problemi. Mi sente? Senza problemi!"
Allora c'era quello dietro a tutto questo. Lui, William Sandwell, professore di shintoismo e storia moderna giapponese, in visita in Italia per un giorno, alloggiato in una città straniera dove nessuno lo conosceva, era accusato di pianificare di far scattare una sommossa al G20. Un meeting delle principali nazioni industrializzate che, per pura coincidenza, avveniva proprio durante la sua presenza in città. Ora era arrabbiato.
"Cosa sta insinuando? Mi sta accusando di essere un ladro d'arte e un terrorista? Perché non entrambi contemporaneamente? O forse un assassino? Lo dica!"
"Non insinuo nulla, ancora,” replicò De Angelis, mostrando sicurezza.
“Per il momento, voglio che lei venga con me."
Senza dire un'altra parola, De Angelis, accompagnato da un altro poliziotto, guidò Sandwell fuori dall'edificio verso una Alfa Romeo grigio metallizzata parcheggiata in strada. De Angelis scivolò dietro al volante, il poliziotto si sedette vicino a lui, con Sandwell nel sedile posteriore. Il viaggio li portò attraverso il centro di Roma, per finire nel luogo dove Sandwell era stato arrestato in precedenza.

7

La basilica sembrava ancora abbandonata.
Sandwell notò un agente dei carabinieri in piedi vicino alla stessa porta dove era stato fermato dai poliziotti.
Loro tre entrarono, il suono dei loro passi e l'eco che provocarono nel loro percorso verso l'abside provocò un bizzarro effetto grandioso. Passarono oltre all'entrata laterale e attraverso la navata centrale arrivarono fino in fondo. A pochi metri dall'altare dove Sandwell, secondo la sua guida di viaggio,si era aspettato di vedere la famosa cripta, girarono a sinistra verso un angolo buio dove pendeva una tenda di velluto blu scuro.
De Angelis si fermò lì davanti. Un secondo carabiniere la teneva chiusa.
"Aspetti qui," grugnì De Angelis verso di lui.
Con un gesto brusco spinse di lato un angolo della tenda e scomparve dietro. In un attimo uscì di nuovo, facendo un gesto a Sandwell di seguirlo.
Dietro alla tenda c'era una stanza che si rivelò essere un'entrata per uno dei tunnel al di sotto della basilica. Si ritrovò in un piccolo spazio ristretto che dava su una porta di legno di quercia con pesanti giunti in ferro. Dietro vide una luce, sufficientemente luminosa per vedere le curve e le svolte del fossile pietrificato di una gigantesca lumaca che andava nelle profondità della terra sotto di lui. Guardare in basso fece venire i brividi a Sandwell.
"Andremo qui sotto?"
L'ispettore non rispose. Si chinò, invece, verso un oggetto che Sandwell non aveva immediatamente notato a causa dell'oscurità. Senza avvertire afferrò velocemente un angolo del telo con il quale era coperto, permettendo a Sandwell di vedere, grazie al debole bagliore della luce di una candela, il contorno di un corpo di un uomo con una incipiente calvizie che sembrava avere attorno ai quarantacinque anni.
I suoi occhi erano chiusi ma il suo volto era congelato in un'espressione di orrore. Uno spiacevole odore di carne bruciata raggiunse il naso di Sandwell.
"Signor Sandwell, riconosce questa persona?" chiese l'ispettore.
"Assolutamente no. Come potrei?" rispose Sandwell, allontanandosi dalla scena. "Chi è?"
"Il suo nome è Dino Farnese. É il sacrestano della chiesa."
Sandwell lo guardò di nuovo e scosse la testa. "Il suo volto non mi dice nulla. Non lo conosco e non vedo cosa ha a che fare con il mio arresto."
"Mi aspettavo mi dicesse qualcosa del genere," rispose De Angelis. "Questo è il motivo per cui volevo che lo vedesse. Prima di andare avanti c'è qualcos'altro. Riconosce questo?"
Con una mano spostò il lenzuolo fino a quando fu visibile la schiena dell'uomo. Era coperta di vesciche; un simbolo era inciso sulla pelle.


Era composto dalle lettere ‘IHS’, ripetute quattro volte per formare un'immagine circolare. Il centro dell'immagine conteneva un'altra croce, formata di nuovo dall'intersezione della lettera ‘I’.
Né la persona sul pavimento né il simbolo gli dicevano qualcosa.
"Che cosa orribile da fare. Cosa significa?"
Cercando di capire qualcosa dall'espressione di De Angelis notò che era anche più cupa di prima.
“’In Hoc Signo’ forse? Significa ‘Con questo segno vincerai’, una frase che l'imperatore Costantino usava per giustificare le sue battaglie,” grugnì l'ispettore. "Farebbe meglio a smettere di fare lo stupido. Quest'uomo è stato ucciso poche ore fa, circa alla stessa ora in cui lei è stato bloccato all'entrata."
De Angelis indicò i segni rossi sul collo del morto.
"Questi hanno causato la sua morte: asfissia, apparentemente con una cintura. Ne indossa una?"
L'orribile verità si affacciò nella mente di Sandwell.

8
"Se indosso una cintura? Le assicuro che non ho nulla a che fare con tutto questo. Non conosco questa persona. Non l'ho mai visto prima in vita mia. Vuole scusarmi?"
"No. Da questa parte per cortesia."
L'ispettore lo guidò verso la porta che dava verso il sotterraneo.
"Prima lei," fece un gesto verso le scale.
Era peggio che essere portato alla stazione di polizia. Solo il pensiero di scendere la stretta scala di pietra a spirale lo faceva già sentire male. Qualsiasi spazio chiuso come sotterranei, ascensori o grotte condividevano una caratteristica che lo metteva a disagio. Questi piccoli spazi potevano essere essere chiusi ermeticamente, gli ricordavano le tombe, non erano tra i posti che preferiva sulla Terra. Per fortuna questo sotterraneo era profondo solo pochi metri.
Tremando, sudando copiosamente e con il cuore che batteva all'impazzata, Sandwell riuscì a controllarsi per i primi gradini ma poi si fermò.
Respira profondamente, trattieni e lascia andare.
Non aveva importanza quello che c'era lì sotto, poteva aspettare. Non c'era alcun motivo per farsi prendere dal panico. In un tentativo di rilassarsi raddrizzò la schiena e si allungò alcune volte, inspirando fino a quando il tremore cessò.
La scala proseguiva verso il basso nel terreno. Dopo circa quaranta gradini l'ispettore si fermò improvvisamente.
"Nega ancora?" chiese.
Sandwell inspirò profondamente. L'aria era fredda e umida.
"Negare cosa? Credo che farebbe meglio a dirmi di che cosa mi sta accusando. Il corpo che mi ha mostrato ha qualcosa a che fare con questo?"
L'ispettore sbuffò.
"Parzialmente o completamente, dipende da lei. Questa fase delle indagini non è conclusiva ma può portare a molte prove. Deve proseguire, a meno che lei non confessi."
Lo stomaco di Sandwell si irrigidì. Apparentemente l'ispettore lo sospettava di qualcosa che era accaduto lì sotto. Anche se non sapeva di che cosa era accusato, Sandwell cominciò a rendersi conto di essere invischiato in una situazione molto brutta.
"Cosa vuole che confessi?" chiese. "Che ho colpito la porta di una chiesa? La risposta è sì. C'è altro?"
Vedere un'espressione incomprensibile sul volto di De Angelis insieme al fatto di essere in un sotterraneo buio gli fece improvvisamente desiderare di essere al sicuro a casa.
"Continui a scendere. Le consiglio di non respirare," fu la risposta che ricevette. "La maggior parte delle persone sente la necessità di vomitare vedendo un corpus delicti, tranne gli addetti ai lavori e i killer professionisti. Questo è molto peggio dell'altro che ha visto, e uno dei peggiori che abbia mai visto negli ultimi quindici anni. Un tritacarne spuntato non sarebbe stato in grado di essere più efficace e questo non è un complimento."
Lo stomaco di Sandwell si rivoltò, una debolezza che si poté leggere sul suo volto.
"Si sente responsabile ora?"
Sandwell deglutì. Non si sentiva responsabile o colpevole, solo nauseato. I tutori della legge e le persone negli obitori erano abituati a scherzi di cattivo gusto sui morti, specialmente quando c'era di mezzo il sangue. Era un genere di umorismo che non era mai stato in grado di apprezzare. Vedere i resti senza vita di un'altra persona in uno stato in cui il suo stomaco non era preparato era decisamente troppo.
La sensazione di nausea stava peggiorando.
"No," sospirò. "Non si dovrebbe pulire il posto prima? Il mio stomaco non è...”
"Cosa? Lei non è pronto per vedere un altro corpo?" De Angelis scosse la testa.
"Può smetterla con le sue sciocchezze. Ripulire il posto è proibito. Per mantenere ogni prova possibile tutto deve essere come quando è stato trovato il corpo. Stia attento a dove mette i piedi. É un mezzo disastro."
Con grande difficoltà Sandwell ingoiò il groppo che aveva in gola, fece alcuni respiri, tre passi veloci in avanti e vomitò.

Un uomo calvo in camice bianco era inginocchiato vicino al corpo. Dall'aspetto dei suoi guanti in lattice macchiati di sangue aveva esaminato il corpo a lungo. Nel centro del pavimento in pietra c'erano i resti di un corpo umano con gli arti inferiori posti in posizione innaturale. Gli organi interiori al livello dell'addome della vittima giacevano interamente fuori dal corpo. Sembrava come se l'uomo fosse esploso. Fu troppo per Sandwell. Si allontanò e vomitò di nuovo.
"La morte ha un odore," De Angelis ridacchiò sarcasticamente. "Uno che attrae i veri saprofaghi e gli opportunisti, mentre, contemporaneamente, mantiene sulla retta via i giusti tra di noi."
Sandwell sospirò. Desiderò essere ovunque, tranne lì, lontano dalle grinfie dell'ispettore De Angelis.
"Perché dice queste cose?" chiese. "Cosa si aspetta che dica?"
L'ispettore alzò le mani. "Quello che vuole. Molte persone reagiscono in modo diverso messe davanti alle proprie azioni. Si chiama ‘in flagrante delicto’. Ricordi che l'Onnipotente veglia su di noi, specialmente in questo luogo e su di lei in particolare. É la morte che alla fine separa il bene dal male."
De Angelis prese il crocefisso che pendeva da una catenina attorno al suo collo e lo baciò.
Sandwell fu sul punto di dire qualcosa ma dopo una seconda occhiata al corpo esitò. Con un'espressione indecifrabile sul volto l'ispettore gli ordinò di avvicinarsi, pochi passi verso l'uomo in camice bianco, un dottore, suppose Sandwell. L'uomo sembrava non essersene accorto.
"Questo è il professor Lombardi," sibilò De Angelis tra le sue labbra baffute. "Panatomo..."
"Anatomopatologo," lo corresse il dottore che sembrava aver sentito.
Sandwell si era allontanato di nuovo, ancora sconvolto. Il suo stomaco protestò con veemenza contro quello che vide giacere lì sul pavimento di pietra, il corpo mutilato di un uomo, i suoi occhi spalancati, la sua bocca contorta in un urlo congelato. Era ovvio che era morto tra atroci dolori. Un dettaglio colpì Sandwell in modo particolare, l'abito talare nero che stava indossando l'uomo indicava una professione spirituale.
"Chi è?" chiese coprendosi la bocca con una mano. "Il suo abito indica un'appartenenza al clero, un vescovo forse?"
"La sua domanda è fuori luogo, signor Sandwell," replicò De Angelis sarcasticamente. "Lui, o dovrei dire, la sua vittima, era un cardinale. Il nome di sua Eminenza è Bruno Lefebvre, prete gesuita e amico fidato del defunto papa. Negli ultimi anni il Cardinale ha fatto regolarmente notizia a causa della sua posizione contro le rigorose riformi interne pianificate e per la sua lotta contro quelle politiche. Era costantemente in disaccordo con il Vaticano. Sua Eminenza era sopravvissuto a tre attacchi, fino a questo."
De Angelis si accucciò e tirò una parte dell'abito talare sul volto del morto. "Tragico. Solo i maiali meritano di giacere in mezzo ai propri escrementi."
Nel frattempo il patologo continuò il suo lavoro, prendendo con una spatola di plastica campioni di tessuto che giacevano all'esterno del corpo e raccogliendo il sangue e i contenuti del maleodorante tratto digestivo, seguito da vicino da De Angelis.
"Dottore," chiese. "Se ha qualche informazione su come è morto sua Eminenza voglio saperlo. É stato fatto con qualche arma da taglio?"
Il dottor Lombardi gli diede una scontrosa occhiata distratta e scosse la testa.
"Sicuramente nessun coltello o arma da taglio."
"Quindi, cosa è stato?"
"A questa domanda si può trovare una risposta solo con l'autopsia," replicò bruscamente Lombardi. "Quello di cui sono sicuro è che quest'uomo ha avuto una morte orribile. Il dolore che ha sofferto deve essere stato intollerabile."
L'ispettore aspettò un momento.
"Qualche ipotesi?"
Il patologo scosse la testa.
"Non oserei in questo caso. L'unica cosa di cui sono sicuro è che l'omicidio è stato commesso dall'interno. Uccidere può avere molte facce e qualche volta ce ne mostra una nuova. Oltre a quelle da fuoco e bianche, le armi possono comprendere il veleno, il congelamento, il soffocamento con gas, la mancanza di ossigeno, l'annegamento, il dissanguamento, l'arresto cardiaco e così via. Non sempre è chiaro di cosa sia morta una persona."
"E in questo caso?”
“Sto pensando a una bomba," rispose il patologo.
"Una bomba?"
"Lei ha chiesto la mia opinione e ora ce l'ha. Vede i bordi sfilacciati nei posti dove la pelle si è rotta? É caratteristico. Questo disastro è identico a un attacco con una granata, con una differenza sostanziale."
“Quale?"
"Sembra che l'effetto, l'esplosione abbia avuto luogo dall'interno, nel tratto intestinale. Il processo è stato devastante. La possibilità che il Cardinale potesse sopravvivere a questo era meno di zero."
Questa affermazione non sembrò piacere per nulla all'ispettore.
“Quanto grande era questa bomba?”
"Ah, ora si sta sbagliando. Sta probabilmente pensando a qualcosa di fisico, qualcosa di solido che è stato ingerito. No, non è stato nulla di simile a quello a cui sta pensando. Penso che forse sia stata un'overdose di una medicina usata in modo errato, o una combinazione di medicine differenti. Alcuni liquidi chimici reagiscono violentemente tra loro. Per esempio il nitrogeno liquido in combinazione con la bile dello stomaco è fatale."
Il patologo prese una spatola di acciaio inossidabile che mise tra le viscere aperte e la annusò.
"Come sospettavo, la sua morte è stata causata da un composto chimico ma certamente non dal nitrogeno," disse. "Riesce a sentirlo?"
L'ispettore De Angelis sbuffò. “Aglio!"
“Arsenico," lo corresse il patologo. "L'arsenico ha quasi lo stesso odore dell'aglio. Questo, insieme ad altre sostanza nel suo sistema digestivo deve aver scatenato una reazione chimica particolarmente forte e questo ne ha causato la morte. Per esserne del tutto sicuro dovrei esaminare i tessuti e prendere dei campioni di sangue."
"Lo faccia," tuonò l'ispettore. "Se trova qualcosa che indichi l'assassino voglio esserne informato immediatamente."
Il cervello di Sandwell iniziò a lavorare al massimo delle sue capacità. Si rese conto che l'ispettore lo considerava come l'unico sospetto. Per convincerlo del contrario doveva provargli che non era da quelle parti al momento dell'omicidio.
Pensa!
Gli venne un'idea.
"Signore, potrebbe essere stato un suicidio?" Chiese innocentemente.
"Fisicamente non impossibile, ma ne dubito," disse il dottor Lombardi. "Il Cardinale aveva una personalità forte. Non era il tipo da suicidarsi. Uccidersi in questo modo sarebbe molto più doloroso che fare hara-kiri. Non l'avrebbe fatto. Qualcuno che è sopravvissuto a tre attacchi nella sua vita non si suiciderebbe mai."
Sandwell si sentì profondamente deluso.
"Può dirmi a che ora è stato commesso il delitto?" chiese De Angelis al patologo.
"Solo una stima. Come può vedere il corpo è nella prima fase del rigor mortis. Questo significa che la vittima apparentemente è stata uccisa tra le dieci e trenta e le undici di sera. Direi all'incirca tre ore fa."
Era quello che aveva sperato Sandwell. Tre ore prima era nella piazza davanti al teatro dell'opera!
"Se non vi dispiace Ispettore, Professore, vi lascerei qui da soli," disse con grande sollievo. "Vedete, a quell'ora io ero al teatro dell'opera in piazza Beniamino Gigli. Ho parlato con i due impiegati alla reception e possono confermare il mio racconto."
L'ispettore De Angelis non sembrò per nulla impressionato di questo alibi e, se lo era, non fece nulla per mostrarlo, pensò Sandwell.
L'Ispettore tirò fuori dalla tasca un pezzo di carta rettangolare e lo mise davanti al naso di Sandwell.

9
“Se non le dispiace Professore, potrebbe spiegarmi cosa ci faceva questo sul corpo del Cardinale quando è morto?"
Diede il foglio di carta Sandwell. Sandwell lo guardò con sorpresa e lesse
CARTA D'IMBARCO Amsterdam Roma
AMS FCO
Imbarco Partenza Data Volo Classe
06:35 06:50 19JUN KL1597 M
Passeggero Posto
SANDWELL, WILLIAM R. 21A

Sandwell non poteva credere ai suoi occhi.
"Cosa è questo?" chiese, sbalordito. "Non può essere la mia carta d'imbarco. La tengo sempre con me fino a quando..."
"Fino a quando arriva a casa?" rispose De Angelis. "Era questo che stava per dire? Questo è il suo nome, giusto? E sembra che lei sia arrivato da Amsterdam."
Ammutolito Sandwell fissò il pezzo di carta. Era indiscutibilmente la sua carta d'imbarco!
Sandwell si perse nei suoi pensieri. Tutto quello a cui fu in grado di arrivarere era che l'avesse persa uscendo dall'hotel e che in seguito qualcuno doveva averla presa. Ma come era arrivata tra le mani del Cardinale? Un nuovo pensiero si fece largo tra la sua confusione.
Gli avevano rubato l'identità?
"Se ha un momento, ispettore," cominciò il dottor Lombardi. "C'è qualcosa che voglio condividere con lei. Ricordo un caso con caratteristiche simili che era stato riportato su una rivista medica. Si trattava di un avvelenamento commesso con l'Acquetta di Napoli."
De Angelis quasi si strozzò. "Parla sul serio? Acquetta di Napoli?"
"Sì. É chiamata così. Non ha nulla a che fare con la pioggia. In altre nazioni è conosciuta come la ‘Mosca spagnola’, una polvere ottenuta dal corpo del Lytta vesicatoria, un tipo di coleottero originario della regione mediterranea. Ha un veleno che, in combinazione con altre sostanza come l'arsenico e la stricnina provoca una forte reazione nel corpo. Forte abbastanza da uccidere qualcuno in pochi giorni. In questo caso in pochi minuti."
"Coleottero macinato," ripeté De Angelis scontrosamente. "Perché non ne ho mai sentito parlare?"
Lombardi gli lanciò un'occhiata interrogativa. "Forse perché risale ai tempi del medioevo quando sniffare cocaina non si usava ancora. É un metodo vecchio ma testato per uccidere qualcuno. La mosca spagnola era originariamente intesa come un afrodisiaco e uno stimolante per l'appetito, ma era pericolosa in alcune combinazioni. Tutto questo presume, certamente, che la mia supposizione sia corretta. I nobili italiani, compresi i Medici usavano la mosca spagnola per avvelenare i propri nemici, specialmente le persone che li ostacolavano politicamente. Qualche volta ci volevano dei mesi prima che la povera vittima soccombesse."
"Mesi," ripeté De Angelis. "Il Cardinale è ovviamente morto piuttosto velocemente, perciò presumo che qualcuno abbia volutamente usato una dose massiccia. Perciò, è omicidio. Per cosa è usata attualmente la mosca spagnola, da un punto di vista medico?"
"Come diuretico e per aumentare la potenza sessuale. In una overdose porta a una erezione prolungata con il risultato di portare seri danni al pene."
"Questa è una prova evidente che Sua Eminenza il cardinale Lefebvre è stato avvelenato," riassunse De Angelis. "É tutto quello che ho bisogno di sapere per ora."
Con un'espressione vuota sul volto si girò verso Sandwell.
"Signor Sandwell, le prove che ho trovato in questo caso mi obbligano ad arrestarla. Vuole che la informi dei suoi diritti?"
"Arrestarmi?" Sandwell reagì rabbiosamente. "Sulla base di che cosa?"
"Sulla base dell'omicidio premeditato del Cardinale. Visto che era un membro del clero e totalmente impotente contro una persona violenta, mi aspetto che la pena richiesta contro di lei sarà molto severa."
"Tutto questo è assurdo!" esclamò Sandwell ad alta voce. "Perché? Per un pezzo di carta con il mio nome che è finito qui per caso? Questo non ha niente a che vedere con delle prove. Lei sta adattando le circostanze per farle combaciare al crimine. Chiunque, qualunque visitatore della chiesa, anche un turista avrebbe potuto trovare da qualche parte questa carta di imbarco e perderla qui di nuovo."
Sandwell ripensò a tutti gli avvenimenti delle ultime ventiquattro ore. Quelle telefonate, il tizio sullo scooter fuori dal teatro e quella busta con il libro all'interno!
Tornò di nuovo all'attacco.
"Inoltre, cosa c'è che non prova che tutto questo non sia un qualche tipo di macchinazione? In realtà, sembra proprio una trappola. Mi è stato detto che la polizia italiana è completamente corrotta e dopo questa orribile esperienza," fece un gesto col braccio verso il corpo sul pavimento, “sono sicuro che lo sia. Qualunque siano i suoi piani, ispettore, non andrò da nessuna parte con lei. Non so come sia finita qui la mia carta d'imbarco, ma io l'ho vista uscire dalla sua tasca. Chissà dove l'ha avuta."
De Angelis fu irremovibile.
"Signor Sandwell, lo tenga bene in mente: qualunque cosa dirà potrà essere usato contro di lei. Ho prove a sufficienza per trattenerla in questo paese, almeno fino a quando non saranno terminate le indagini."
Un'espressione pericolosa apparve sul suo volto.
“E un'altra cosa: lei mi accusa di corruzione. Se fossi al posto suo io starei molto attento quello che dice. La carta d'imbarco non è l'unico motivo per trattenerla."
"E quale altro motivo potrebbe esserci?"
"Più di uno. Le sue accuse, la sua presenza qui a Roma proprio prima del prossimo incontro del G20, il suo interesse per l'arte religiosa e la sua presenza vicino a questo edificio al momento dell'omicidio."
Sandwell sospirò profondamente.
"Un'altra accusa falsa che non può provare. Non troverà nessuna altra prova se non le mie impronte sulla maniglia della porta."
La sua mente era in completa confusione. Aveva bisogno di più tempo per pensare.
"Ispettore," fece un ultimo tentativo. "spero che si renda conto di aver completamente torto. Questa è solo una strana coincidenza, non ha importanza quanto incredibile possa sembrare. La mia presenza alla basilica questa notte è stata una pura coincidenza. Capisco quanto sospetto debba esserle sembrato trovare la mia carta d'imbarco qui, ma è solo quello che è, una coincidenza, e il suo lavoro è trovare la verità."
Mi dispiace," borbottò l'ispettore. "Non ha scelta se non quella di venire con me. Immagini questo: lei vive in Italia o forse è qui per una visita. Mentre è qui, vede accadere qualcosa di strano. In un caso come quello, in un caso come questo, lei deve solo adeguarsi ai nostri usi e alle nostre leggi e accettare che qualche cosa sia gestito in modo diverso rispetto alla sua nazione."
Sandwell sospirò profondamente. Si rese conto che non gli sarebbe stato permesso di andarsene. Cominciò a risalire le scale, questa volta davanti all'ispettore. Pensare alla fuga non aveva senso con una testa calda di quel genere armata alle sue spalle.
Mentre andavano verso l'auto della polizia, Sandwell si sentì ingannato. Era stupidamente caduto nella trappola di uno sconosciuto, qualcuno che chiaramente voleva che lui fosse coinvolto.
A ogni passo le sue speranze svanivano. La situazione era folle. Non era coinvolto in nulla di quello che era accaduto. In quel momento avrebbe dpovuto essere seduto in aereo, di ritorno verso casa. Invece era quasi certo che lo aspettassero delle accuse fasulle, un processo farsa e una lunga permanenza in una prigione italiana.
Con la mente nel panico, evitò a malapena una piccola auto che sfrecciò sul marciapiedi verso la basilica. La sua velocità e la sua direzione obbligò i due poliziotti, sorpresi, a saltare di lato, lasciando un notevole spazio tra loro e Sandwell. Con l'auto della polizia dietro di lui e la Fiat Cinquecento a tutta velocità contro di lui fu sicuro che sarebbe stato colpito dalla piccola utilitaria. Spinto da una scarica di adrenalina, pochi centimetri prima che il veicolo lo colpisse, saltò e si incuneò tra due sostegni, gli occhi chiusi pronto alla inevitabile collisione.

10
I cancelli dell'Inferno rimasero chiusi. Sandwell saltò oltre il cofano della Fiat mentre passava, riuscendo a evitare di ferirsi. Quando si guardò alle spalle, vide la Cinquecento colpire il paraurti dell'auto della polizia, lasciare segni di frenata sull'asfalto e fermarsi. Scioccato e curioso di scoprire l'identità del guidatore, Sandwell si avvicinò e sbirciò dentro alla Fiat. Fu sorpreso di vedere una donna dietro al volante. La donna sembrò ignorare i due poliziotti.
"Americano! Per favore, sali in auto!” urlò, gesticolando. “Veloce! Sali in macchina!"
Sandwell non aspettò. Con un movimento si lanciò vicino a lei e la Fiat si precipitò all'indietro, di nuovo sulla strada lasciando alle loro spalle De Angelis e un poliziotto molto confuso.
I poliziotti non persero tempo e molto velocemente si misero all'inseguimento.
Alla massima velocità, con l'Alfa Romeo della polizia alle calcagna, la piccola Fiat sfrecciò attraverso le strade del centro di Roma. Salendo sui marciapiedi e superando le auto a destra e a sinistra, riuscirono ad aumentare la loro distanza dall'auto della polizia fino a quando raggiunsero un incrocio dove il semaforo divenne rosso. La donna spinse a tavoletta sull'acceleratore, tirò il freno a mano e fece una brusca svolta a sinistra portando di forza l'auto fuori dalla carreggiata. Manovrò con abilità tra due paletti e sbucò sulla parte più distante della strada lasciando alle loro spalle tutto il resto del traffico, Alfa Romeo compresa.
Sandwell diede un'occhiata al tachimetro: novantasei chilometri all'ora. Decisamente troppo per quelle strade!
L'Alfa Romeo non si vedeva da nessuna parte. Senza ridurre la velocità, superarono un altro incrocio, ignorando i semafori. Al bivio successivo, una rotonda, ridussero la velocità, si infilarono in una strada stretta che andava dritta in un garage e, all'improvviso, si fermarono.
Sandwell osò respirare di nuovo per la prima volta da quando era iniziato l'inseguimento.
"Qualunque sia il tuo nome, chiunque tu sia, grazie," urlò. "Forse non te ne se resa conto, ma mi hai salvato la vita."
"Lo so," disse la donna con una voce sensuale. "É la tua serata fortunata!"
Le sue lucide labbra rosse e i suoi orecchini appariscenti brillavano alla luce di una finestra illuminata, facendo venire uno strano pensiero a Sandwell. Era mezzanotte passata ed era stato raccolto su una strada pubblica da una donna sconosciuta.
"Mi dispiace," replicò arrossendo. "Se vuoi che io venga con te non posso. Prima di tutto, non ho denaro con me e non—"
"É il tipo di persona che fa cose del genere?" lo interruppe lei. "Non era questo che volevi dire?"
Vide le sua guance avvampare.
"Conosco il tuo problema, signorino. Non devi scusarti con me."
La sua risposta non lo mise per nulla a suo agio. Lei lo guardò con un misto tra compassione e colpa.
Improvvisamente, sorrise.
"Sembra che tu pensi che io sia una battona. Beh. Lascia che ti dica che hai torto. Ma non importa," alzò le spalle. “Gli uomini, dopo tutto, sono così. Inoltre ti avevo già visto prima oggi.”
Sandwell pensò a qualcosa da dire ma non gli venne in mente nulla. Al bagliore rosso delle luci del cruscotto diede un'occhiata migliore a quello che stava indossando la sua salvatrice, un abito dall'aspetto molto costoso color antracite contornato con increspature rosso carminio, un tipo di abbigliamento molto ricercato per una prostituta.
"Okay," disse lei con un inglese dall'accento molto forte. "Abbiamo cinque, al massimo dieci, minuti prima che i poliziotti ci trovino, perciò dobbiamo tagliare corto. Ti ho salvato dalle grinfie dell'ufficiale di polizia più pazzo e pericoloso di Roma, ti sei trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, come puoi aver notato. Il furto con scasso in una chiesa in Italia ti può costare almeno dieci o venti anni. Nel tuo caso forse anche di più."
Sandwell ne fu scioccato.
"Non ero lì per rubare, volevo parlare con qualcuno."
"Lo so. Non fare lo sciocco ignorante. Sei uno straniero. Usa il cervello."
Sandwell iniziò a pensare.
"É per questo motivo che mi hai salvato?"
"No. Stavi per essere arrestato e rinchiuso ed è questo che volevo evitare. Ma per essere chiara, non sono così interessata a te ma a quello che stai portando con te. Lo stava per riportare nel posto a cui credevi appartenesse, giusto? Un grave errore, che mi costretta a intervenire."
Sandwell pensò di stare impazzendo. Gli sembrò di essere finito in un'altra trappola. Questa donna non solo sapeva chi era ma anche cosa stava trasportando.
"Okay," sospirò sfinito. "Chi è ?"
"Chi è cosa? Cosa intendi con chi?"
"Il signor sapientino. La mente malata che si è preso la briga di trovarmi e di costringermi a giocare a questo gioco. Molto intelligente. Come ha fatto? Intercettando i dati dal mio cellulare? Dove è?"
"Non so di cosa tu stia parlando."
Per un attimo fu sul punto di perdere la pazienza. "Devi conoscerlo bene altrimenti non saresti stata così veloce a salvarmi. Certo, tu sei solo un'altra giocatrice che ha scoperto che io sono quello che stanno inseguendo tutti. Congratulazioni! Ora cercherai di rubarmi quello che sto trasportando. Fuoco?"
Un debole sorriso comparve sulla bocca della donna.
"Solo fuochino. Ha ragione, sono una giocatrice, sì. Per quanto riguarda l'oggetto sapevo già della sua esistenza. Tu sei semplicemente una pedina in tutto questo. Ma non lo siamo tutti?”
Il suo tentativo di smascherare la sua rapitrice si stava rivelando difficile.
"Perciò, sai chi c'è dietro a tutto questo."
"Sì, ma non è quello che pensavi. Ti darò un suggerimento, non preoccuparti di cercare di capire immediatamente quello che ti è successo. C'è di più che io so e tu no, è chiaro?"
All'improvviso Sandwell si ricordò, la donna nel teatro. Indossava gli stessi vestiti e aveva gli stessi lineamenti per quanto riuscisse a vedere.
Questo è folle.
"Dovremmo andare," disse lei con calma. “Sembra tutto tranquillo fuori."
Nel momento in cui uscirono dal garage una motocicletta dei Carabinieri li affiancò. Il guidatore in uniforme rimase vicino a loro, sbirciando all'interno dell'auto. Sandwell lo vide prendere la pistola.

11
Con una notevole prontezza di riflessi la sua accompagnatrice pigiò sul pedale dell'acceleratore e, contemporaneamente, sterzò con violenza, colpendo la motocicletta. Il poliziotto perse l'equilibrio, facendo sì che il suo veicolo ruotasse sul suo asse, andando a sbattere contro un'auto parcheggiata e costringendolo a fermarsi.
Rapidamente passarono attraverso una zona trafficata, abbattendo una fila di paletti e si infilarono a tutta velocità nella strada successiva sulla sinistra, evitando il semaforo rosso.
Guardando dietro Sandwell vide che il poliziotto in moto aveva ricominciato l'inseguimento. Con una mano sul manubrio della moto e con l'altra sulla sua arma, si riavvicinò di nuovo alle loro spalle. La donna premette sul pedale dell'acceleratore e l'auto scattò in avanti.
Circa duecento metri più avanti, la strada cominciava una lunga curva sulla destra, con una strada molto più stretta che andava perpendicolarmente sulla destra. La donna esitò ma all'ultimo secondo girò il volante e l'auto si infilò a tutta velocità nella stradina. Il carabiniere girò nella strada a meno di quindici metri dietro di loro mentre lei si dirigeva alla massima velocità verso l'uscita.
Troppo tardi notò poco più avanti a loro un piccolo camioncino con una tela cerata che svolazzava in tutte le direzioni e ostruiva il passaggio. Pigiò sui freni con forza ma all'improvviso l'angelo di Sandwell vide uno spiraglio e si infilò con la Fiat nella corsia opposta, superando il camioncino. Visto che arrivavano delle auto in senso opposto, il poliziotto fu costretto a frenare con forza per evitare di finire sotto al camion.
"Credo che lo abbiamo finalmente seminato," urlò Sandwell, vedendo che la motocicletta era intrappolata tra il camion e il traffico.
Si avvicinarono a un incrocio trafficato duecento metri più avanti dove alcune persone stavano attraversando la strada. Sandwell si aspettava che rallentasse, ma lei proseguì alla massima velocità, e i pedoni si sparpagliarono come uno stormo di piccioni spaventati.
"Attenta!"
L'urlo di Sandwell sembrò non avere alcun effetto su di lei, perciò afferrò il volante e riuscì ad allontanare l'auto da un pedone che, grazie a lui, riuscì ad attraversare incolume la strada.
"Ehi! Stai attenta a dove vai! Vuoi uccidere qualcuno?"
Con l'ampia strada davanti a loro Sandwell sapeva che, se i poliziotti fossero apparsi di nuovo, sarebbero stati un facile bersaglio, Ma non c'era nessuno nello specchietto retrovisore. Sembrava fossero in salvo.
"Puoi guidare un po' più attentamente ora?" la pregò. "Lo hai seminato."
In quello stesso momento udirono uno sparo provenire dalla sinistra e all'improvviso la macchina cominciò a ondeggiare. Sandwell piantò con forza i talloni sul pavimento dei veicolo.
"Il poliziotto. É tornato!" Urlò, vedendo il motociclista arrivare verso di loro da una strada laterale.
"Doveva conoscere una scorciatoia!" urlò la donna di rimando.
Di nuovo risuonò uno sparo. L'auto iniziò a zigzagare, colpì il cordolo di un marciapiede e ci salì sopra.
"Credo che abbia colpito un pneumatico!" urlò ancora lei. “Tieniti!"
Non c'era nulla che lei potesse fare per evitare un disastro. Non più controllabile l'auto colpì una grossa recinzione in acciaio, fermandosi. La donna riuscì a uscire dai rottami, seguita da Sandwell.
"Laggiù," urlò lei. "Conosco un posto dove possiamo essere al sicuro. Vieni con me!"
Sapendo che restare vicino all'auto sarebbe stato un suicidio, Sandwell iniziò a correre. Due isolati e quasi duecento metri più avanti dovette fermarsi, completamente senza fiato. Cercò a destra e a sinistra la donna che era stata davanti a lui di pochi metri ma sembrava fosse scomparsa. Non vedendone alcuna traccia decise di nascondersi dietro a una fila di auto parcheggiate.
"Di qua!"
Era la donna che lo chiamava. La sua voce proveniva da una profonda nicchia su un muro che lui aveva superato senza notarla. Senza emettere alcun suono, la donna aprì il cancello in ferro battuto dietro a cui stava, permettendo a Sandwell di scivolare attraverso l'apertura.
"Cosa è questo, dove siamo?" chiese.
"Sei in uno dei posti più sicuri di tutta Roma," bisbigliò lei. "Nessuno ci troverà mai qui."
Con cautela Sandwell la seguì, ignaro di quello che lo aspettava all'interno.
Lei lo condusse in basso lungo una rampa di scale verso quella che sembrava una grotta, illuminata da una dozzina di lampadine. Più di qualsiasi altra cosa, sapendo che era di nuovo sotto terra, Sandwell desiderò di tornare subito indietro, in superficie. Mentre discendevano ancora, l'aria cominciò a diventare più umida. Si sentì come se qualcuno gli avesse gettato una spugna in faccia.
"Dove mi sta portando?"
“Verso una via di fuga. Non preoccuparti. Sei nelle catacombe più famose di Roma, le catacombe di San Lorenzo, dette anche di ‘Ciriaca.’ In questo luogo i primi Cristiani sono stati martirizzati. Oggi è parte integrale di uno degli itinerari turistici attraverso Roma."
Vide l'espressione allarmata sul suo volto.
"Tranne questa parte, quindi per favore smettila di sembrare terrorizzato. La sezione dove siamo ora è stata scoperta solo recentemente e non è aperta al pubblico. E non accadrà mai perché è proprietà privata."
Sandwell colse l'occasione per cercare di scoprire di più.
"Ottimo. In tal caso questo è un posto perfetto perché tu mi dica chi sei. Per quanto tempo mi hai seguito e perché? Vorrei anche sapere come fai a sapere quello che sto trasportando. Avanti, dimmi!"
Alla luce di una singola lampadina scoperta, si rese conto che la sua rapitrice era decisamente attraente. Con un gesto elegante si sciolse i suoi lunghi capelli neri e li gettò oltre le spalle.
"Il mio nome è Raffaella Fabbri," disse, porgendogli la mano. "Ho cominciato a seguirti da questo pomeriggio. So che la polizia ti sta inseguendo. Posso vederlo?"
Indicò il rigonfiamento sotto alla sua giacca.
"Non ancora," replicò lui. “Prima voglio che tu risponda alle mie domande."

12
Finalmente fu in grado di osservare per bene il suo volto. La sua origine mediterranea era chiara nei suoi occhi marrone scuro, nelle sue sopracciglia molto scure e nel naso perfettamente dritto. Gli zigomi alti e le sue labbra grandi e carnose erano contornati da piccole rughe d'espressione. In effetti era decisamente meravigliosa.
"Okay, calma," disse lei. "Prima tu o chiamo la polizia."
"Sandwell."
"Mi scusi, scherzavo. Sandwell è il tuo nome di battesimo?"
"No. Chiamami William."
"William? Quindi nella mia lingua il tuo nome è Guglielmo. Sei americano? Non credo visto gli sciocchi abiti che indossi, scusami. Forse inglese?"
Sandwell comprese la sua allusione. La sua giacca in tweed e i pantaloni di velluto a coste erano più spesso associati a uno studioso britannico che a un turista americano.
"Americano. Diciamo che sono un turista. In realtà sono di passaggio."
"Hm. Turista non è una professione. Cosa fai nella vita?"
"Insegno. In una università."
"Bene. Cosa stai facendo qui? In questa città, in questo periodo, intendo. Non sei qui per il G20, vero? La maggior parte di questi pezzi grossi vanno in giro di notte alla ricerca di divertimento. Non importa. Eri decisamente nel quartiere sbagliato."
Per sua sfortuna non era stato a conoscenza di questo e non aveva neppure registrato il fatto che il G20 fosse imminente.
"Come ti ho detto, sono un turista. Non un diplomatico" disse, guardandosi attorno. "Sono qui solo per una notte. Pensavo di godermi l'opera, ma questa volta non è accaduto. Tu sembri essere l'unico modo sicuro per arrivare alla mia stanza d'albergo. Grazie di nuovo. Quando risponderai alle mie domande?"
Il suo volto rimase impassibile come se lo studiasse. Sembrò cercare di capire quanto lui fosse coinvolto in tutto questo.
"Aspetta! Un'altra domanda. Insegnante ha detto? Non sei per caso un gesuita, vero?"
"No, non un Gesuita," la corresse, sembrando sorpreso. "Perché pensavi che lo fossi?"
I gesuiti, o la Società di Gesù, ricordò, erano un ordine di sacerdoti cattolici fondato dall'ex soldato spagnolo Ignazio di Loyola a metà del sedicesimo secolo. Si diceva che l'Ordine avesse un'influenza importante in Vaticano.
"Niente. Ho solo chiesto. A parte il fatto che parli come un insegnante e sembra il preside di una scuola gesuita. Chiunque tu sia, sembra che siamo dipendenti l'uno dall'altra. Per il momento non posso fare altro che fidarmi, ma lascia che ti avvisi: nessun comportamento da macho o palpeggiamento. Se mi metti una mano addosso, te ne pentirai per il resto della vita."
Per un momento Sandwell rimase senza parole.
"Scusami? Credo che tu stia sbagliando persona. La tua affermazione, essere dipendenti l'uno dall'altra, cosa intendi? Non è già stato abbastanza per oggi? Sono stato quasi investito da uno scooter, arrestato, rapito da te e ancora non so di che cosa si tratti. Mi devi almeno una spiegazione."
La sua espressione e l'improvvisa ruga sulla sua fronte abbronzata gli disse che aveva toccato un nervo scoperto.
Lei sospirò. "Tranne che per la parte del rapimento, ti è cacciato tu in tutto questo."
Aveva ragione, si rese conto Sandwell.
"Ti ho salvato il culo, ricordi? Ora non pensare di poter fare quello che vuoi. Ho ancora motivi per non fidarmi di te, molti motivi."
"Se non ti fidi di me, perché mi hai fatto salire nella tua auto? Avevi la possibilità di lasciarmi lì."
"Avevo i miei motivi. Ti avevo seguito solo dalla stazione alla Basilica, ma non di più, lo giuro sulla tomba di mia madre. Che altro hai bisogno di sapere da me? Risponderò alle tue domande se mi permetti di vedere quello che stai trasportando."
Sandwell alzò la mano. "Mi dispiace, non negozierò fino a quando non so di che cosa si tratta. A cominciare, per esempio, con il motivo per cui mi hai salvato, perché mi stai ancora mentendo e perché credo che quello che mi sta succedendo abbia qualcosa a che fare con te. Ho la netta sensazione che tu mi stia nascondendo delle cose, cose che ho bisogno di sapere per scagionarmi dalle accuse contro di me."
Per quasi un minuto lei rimase in silenzio pensando alla sua proposta.
"Okay, facciamo come dici tu," concesse. "Ma devi credermi che non ho nulla da nascondere, veramente. Dovevi farmi le domande giuste, ma non lo hai fatto."
Sandwell, però, rifiutò di stare al gioco.
"Okay, bene. Faremo così: cosa devi fare con questo libro?"
"Ah, perciò è un libro!"
"Di nuovo,cosa—"
"Nulla! Non sapevo che fosse un libro, per essere onesta."
"Allora perché eri alla Basilica?"
"Io? Potrei farle la stessa domanda. Dopo averti liberato dai poliziotti, certo. Sei innocente, vero? Almeno è quello che credo."
“Perché"
“Perché avevi le chiavi dell'armadietto. Posso vederlo ora?"

13

Con riluttanza Sandwell le porse il libro. I suoi occhi si spalancarono per l'eccitazione.
“Madre di Dio!"
Lo chiuse e lo restituì a Sandwell con uno sguardo incredulo.
"Cose ne avresti fatto? Lo avresti dato alla prima persona con un collare bianco? Spero di no, perché se è quello che credo che sia, sei in un problema così grosso che non avresti mai creduto possibile."
Sandwell rimase interdetto.
"Non capisco cosa intendi. L'ho ricevuto da qualcuno che non conosco. Volevo liberarmene prima di cominciare il mio viaggio verso casa. Se non so cosa è, come avrei saputo cosa farne?"
La donna lo fissò con uno sguardo molto strano. "Quindi, mi giuri su Dio di non essere un gesuita?"
"Certo che no. Non devo giurare. Hai la mia parola ed è più che sufficiente. Voglio che tu mi dica cosa c'è di così importante in questo libro."
Per un momento la donna esitò, ma vedendo la sua aria innocente, si decise. "A meno che non mi stia sbagliando clamorosamente, questo libro è molto controverso. É andato perduto molto tempo fa. É una sorta di antica guida per i visitatori della Roma del decimo secolo. Oltre a questo, però, questo libro è pieno di riferimenti in codice su avvenimenti segreti accaduti durante la storia più antica della città. Anni fa, si era parlato molto di questo libro sui media dopo che sembrava fosse stato rubato dagli archivi dei Gesuiti. É sicuro che nessun altro sia a conoscenza del fatto che tu ne sia in possesso? Sii onesto."
Sandwell scosse la testa. "Nessuno. Come sarebbe stato possibile? Non l'avevo mai visto prima. Quando ho avuto il libro era notte e non sono andato da nessuna parte se non in Basilica e alla stazione di polizia. Nient'altro. Uno sconosciuto mi ha indirizzato verso il libro."
"Lo so."
La mancanza di una luce decente impedì a Sandwell di vedere l'espressione sul volto di Raffaella. Cominciò a credere di essere finito in qualche brutto incubo.
"E se fosse stato rubato?"
"Ah," disse lei. “Alla fine capisci."
"Perché dici così? Credo sia una storia strana. Dici che è una guida in codice?"
"Sì, sì. Quello che vorrei sapere è perché lo ha mandato a te. Non lo conoscevi, mi hai detto."
"Chi?"
"Mio zio, il cardinale Bruno Lefebvre."

14

Sandwell deglutì e quasi si soffocò con la sua saliva.
"Cosa? Mi stai dicendo...scusami, che il cardinale è tuo zio?"
Lei annuì. "Quando hai finito di tossire: la risposta è sì e per l'ennesima volta: non sto mentendo. Non so veramente neppure perché tutto questo sia accaduto a te. Mi dispiace."
Sandwell non rispose direttamente.
Perciò, è per questo che ha continuato a seguirmi!
"Senti, non sono pazzo. So che mi hai seguito per tutta la notte. Faust me ne è testimone. Quello che voglio sapere è cosa speri di ottenere perseguitandomi. Il motivo è il libro?"
Raffaella arrossì.
"Intendi questa sera all'opera? La mia presenza lì non conta. Anche a me piace l'opera. Dopo tutto, non sapevo che tu eri seduto lì."
"Giusto. Ed è per questo che mi dirai cosa sta succedendo. Mi sembra che tu ne sappia di più."
"Potrei saperne quanto te, tranne forse alcune poche cose di minore importanza di cui tu non sei ancora a conoscenza, te lo giuro."
"Ottimo. Se è così, allora, perché mi hai seguito?"
La sua domanda sembrò irritare la bella italiana.
“Maledizione! Di nuovo. Non ti ho seguito di proposito, volevo solo sapere cosa c'era nell'armadietto, nulla di più."
"Perché? Chi vuole saperlo? Tu? O il creatore di questo stupido gioco?" Per un momento ebbe paura che potesse schiaffeggiarlo, ma invece gli rispose.
"No, sì, in realtà ci deve essere mio zio dietro a tutto questo. L'ho visto, per pura coincidenza, alcune settimane fa vicino alla stazione. Era da solo, senza il suo autista e questo l'ho trovato strano. Non andava mai senza di lui a causa dell'operazione all'anca che aveva avuto qualche anno fa. L'ho seguito e quando l'ho visto mettere qualcosa in uno degli armadietti mi sono insospettita. Non gliel'ho mai chiesto ma ho avuto il sospetto che fosse qualcosa di importante. Ora, sembra che fosse molto importante."
Il suo racconto lo rassicurò in qualche modo.
"Non hai ancora risposto alla mia domanda: cosa rende questo libro così importante?"
"Te l'ho detto. É la prima guida di Roma, stampata una sola volta, secoli fa. Per un lungo periodo è stata nelle mani dei Gesuiti. Se quella che hai è l'originale, vale una fortuna.”
“Perché?”
“Perché è la prima. Inoltre contiene un codice."
"Che codice?"
"Un segreto, racchiuso in un testo nascosto. Questo è tutto quello che so anche io. L'ho letto da qualche parte ma ora lo vedo io stessa. Incredibile."
"Incredibile?"
Lo guardò interrogativamente.
“Non importa. Il tuo volto mi dice che non ne sei ancora consapevole e questo mi dice che sei all'oscuro di tutto. Mi dispiace sia stato coinvolto nella morte di mio zio."
"Va bene, aspetta! Perciò sapevi di tuo —"
"Della sua morte? Sì. É stato ucciso. Sei stato da lui, vero?"
Sandwell rivide il corpo nel seminterrato. Il pensiero dell'effetto devastante che avrebbe fatto su di lei il vedere suo zio, fu abbastanza per riportarlo alla realtà. Il fatto che lei sapesse che lui aveva visto il suo corpo non era un motivo per restare stupito più a lungo.
"Sì,’ confermò. “Un patologo ha certificato che è stato —"
"Avvelenato," disse lei con calma.
La sua risposta lo stupì. "Come fai a sapere tutto questo? Dopo tutto, non eri lì."
Lei alzò le spalle. “L'avvelenamento è il modo con cui un cardinale uccide un altro cardinale. Nessuno a Città del Vaticano è abbastanza sacro per sfuggire alla possibilità di essere eliminato."
Un'idea degna di nota, pensò Sandwell. Questa donna parlava una lingua che non era abituato a sentire e non era solamente l'italiano. Il fatto che lei stessa fosse coinvolta in questo genere di cose era degno di nota.
Ricordò qualcosa.
"Forse questo significa qualcosa per te? L'ho trovato dentro al libro."
Prese la carta e gliela diede.
"Si tratta di scrittura allo specchio," rispose lei sorpresa. "Sai cosa dice?"
"No, mi dispiace. Non capisco o leggo molto bene l'italiano. Lasciamo perdere se è al contrario."
Raffaella prese uno specchietto per il trucco dalla sua borsetta e lo piegò ad angolo contro la carta.
"Ecco qui. É in inglese."
Sandwell si animò.
"Un testo molto stimolante," rise. "Farebbe meglio a leggerlo."
Le prese la carta e lo specchietto e lesse:

‘Epochal dips: A Satan is us!’

Riprese il foglio da Sandwell che la fissò completamente stupefatto.
Datemi un momento e mi sveglierò da questo sogno.
"Qual è il problema?" chiese. "Qualcosa non va?"
"No, non del tutto," rispose laconicamente. "Forse una lieve forma di pazzia che non avevo visto arrivare."
Ripetendo le parole alcune volte glielo restituì.
"Mi dispiace. Non ho idea di cosa significhi ma se me lo chiede mi sembra piuttosto apocalittico, come la fine di un'era perduta. Sembra che Satana giochi un ruolo in tutto questo."
"Ne sei sicura? Personalmente lo considero un avvertimento per qualcosa che avverrà presto,” replicò. “come una predizione, come l'arrivo di un profeta come Nostradamus, annunciata dall'arrivo di Satana, Baal, anti-dio o come le persone chiamavano il male. Nonostante questo, non credo che si sistemi in un posto diverso da quello che attualmente occupa l'Onnipotente."
"Al posto di, intendi?"
"Che altro? Lui, Satana, lottava per mettersi al posto di Dio cercando di gettarlo dal suo trono."
"In tal caso spero abbia torto. Deve rendersi conto che è stato un gesuita di quarto grado che ha scritto questo."
Lui la guardò incredulo. "Come lo sai? Voglio dire, come sai che è stato scritto da un gesuita? E cosa è un quarto grado?"
Lei sorrise misteriosamente. "Semplice. Conosco questa scrittura. É di mio zio. Nessuno scrive come lui. Guarda, le lettere sono proprio come note musicali. Vede la ‘R’? Molto arricciata. Senza dubbio opera di mio zio. Se non per —"

15

"Cosa?"
Raffaella aveva girato la carta fissando l'immagine.
"Nulla. Mi domando solamente perché abbia usato una carta dei tarocchi. Questa carta simbolizza il lato nascosto, la Papessa. Cosa potrebbe aver voluto intendere inserendo questa carta?"
"La Papessa? Il Papa, no? É un'immagine di un papa. Guarda a cosa c'è scritto sotto. Dice, ‘Il Papa.’"
Lei girò la carta e gliela mise sotto il naso.
"Ne sei sicuro?"
Con sua grande sorpresa diceva ‘La Papessa’ e non ‘Il Papa’.
"Hm. Strano. Potrei giurare che prima diceva—"
"Qualcos'altro?” sogghignò lei. “Credo che tu soffra di un eccesso di immaginazione. Una volta capitava anche a me. La tua immaginazione corre più veloce del tuo cervello. Le lettere non cambiano improvvisamente nel corso di una notte, lo sai? Questa è chiaramente una femmina. Quindi è ‘La Papessa’ e non ‘Il Papa’ come sostieni tu. La Papessa è femminile, un papa donna. Perché mai ti ha dato questo?"
Sandwell non era in grado di ricordare di aver mai visto degli occhi così splendenti e carichi di energia.
“Speravo potesse darmi tu una risposta a questa domanda."
La donna scosse la testa. "Quelle parole non mi dicono nulla. Mio zio, però le conosceva, ne sono sicura. Deve averlo fatto con qualche scopo specifico. Tipico di lui. Suggerisco di andare a casa sua, ispezionare il suo ufficio. Forse troviamo qualcosa. É davanti alla Basilica. Non lontano da qui, dovremmo essere in grado di arrivarci senza essere visti."
"Faremmo meglio ad andarci subito," propose Sandwell. "Dobbiamo arrivare lì prima che ci pensi De Angelis."
La facciata chiara dell'edificio che stava davanti a loro sembrava quasi quella di una caserma dei vigili del fuoco. Nulla dimostrava che fosse la casa di una persona con un incarico di poco inferiore a quello del Papa.
Aprendo la porta molto alta, Raffaella notò il disappunto sul volto di Sandwell.
"Sì, può sembrare povera dall'esterno ma non ti dimenticare una cosa: è un palazzo costruito nel quinto secolo. Nei primi tempi sembrava più bello, ma le rivolte e le guerre hanno dato all'edificio un aspetto più dimesso."
All'interno aleggiava l'odore di una corsia di ospedale. Il grande studio, il corridoio e l'ingresso stesso erano ricoperti di ebano. A metà dello studio c'era una enorme scrivania antica. Era chiaro che il lavoro occupava un posto fondamentale nella vita del cardinale.
Entrambi cominciarono a farsi largo tra pile di riviste, numeri di periodici cattolici, cartelline piene di appunti, circolari e libri.
"Ma in realtà cosa stiamo cercando?" domandò Raffaella. "In questo modo non faremo grandi progressi."
"Qualunque cosa possa aiutarci a rintracciare il suo assassino. Quello che stava facendo o in che cosa era coinvolto. Appunti recenti sulla sua scrivania per esempio.”
Raffaella si sedette alla scrivania dello zio, rovistando i cassetti uno a uno.
"Scusami, quanti anni aveva tuo zio?" chiese Sandwell.
"Dunque, vediamo...credo ottantatré. Ne aveva ventuno quando è stato ordinato sacerdote nel 1954, l'anno della santificazione di Pio X.”
Sandwell annuì. "Come pensavo. Lo stile datato, la sua calligrafia, tuo zio deve essere stata una persona molto istruita. Non conosco nessuno con tali capacità o qualcuno che scriva ancora in questo modo."
Lei sorrise. "Al giorno d'oggi credo che una persona del genere sia chiamata un fossile. Lo era, sotto molti punti di vista. Ed era più conservatore della cantina sotto al Vaticano. Inoltre spesso dicevano che era un paranoico morboso e sull'orlo della nevrastenia. Ora capisco il perché, voglio dire, so che era mio zio, ma per quanto riguarda la frase sul retro della carta: chi scriverebbe qualcosa del genere?"
"La tua domanda è retorica," sogghignò Sandwell. "ti sei risposta da sola."
Senza entrare nei dettagli Sandwell raccontò a Raffaella delle telefonate anonime, del modo particolare con cui gli era stata consegnata la busta, della chiave e della scoperta della sua carta d'imbarco vicino al corpo dello zio.
"Capisco. Quindi è per questo che hai lasciato il tuo palchetto così all'improvviso," esclamò lei. "Prima che mi rendessi conto che te ne eri andato."
"Dopo di che mi hai seguito," replicò Sandwell. “Non ti ho notata all'inizio. Bel lavoro! Tuo zio mi ha chiamato parecchie volte. Ora mi rendo conto che lo ha fatto per farmi uscire dal teatro per essere sicuro che fossi lì al momento giusto. Piuttosto intelligente devo dire, altrimenti non sarei qui proprio ora. Quello che però ancora non capisco e che speravo fossi in grado di dirmi è il motivo per cui ha scelto me, un completo sconosciuto per lui? Non conoscevo il Cardinale e non avevo mai sentito parlare di lui. E all'improvviso appari tu, sua nipote che entra in scena in modo così spettacolare esattamente al momento giusto per impedirmi di essere arrestato. Un'azione fulminea e pericolosa. Nel complesso una situazione molto strana, mi domando ancora cosa ci sia dietro a tutto questo".
"Chi," disse lei bruscamente. "É stato mio zio a essere stato ucciso. Ha cercato di mettersi in contatto con te anche se troppo tardi. E perché sei così sicuro del fatto che non ti conoscesse? Magari a causa del tuo lavoro? Il motivo per cui ti ha mandato questo libro è qualcosa che non siamo in grado di capire al momento. Rivelare questo reperto è una cosa rischiosa da fare in questa città. Nessuno dovrebbe fare una cosa del genere in questo modo."
"Giusto. Credo che quello che ho fatto è insolito, forse anche pericoloso?"
"Non per me, ma per il suo proprietario. Gli causerà un sacco di problemi. Non importa. I Gesuiti lo possedevano. Ho sempre desiderato vedere soffrire questi bastardi, così a lungo da desiderare di vederli sterminati."
“Forse non è un buon piano per il momento. Ma come facevi a sapere chi ero?"
Lei sospirò profondamente. "Per l'ultima volta, non lo sapevo. Dopo che ti ho seguito alla stazione ti ho visto prendere qualcosa dall'armadietto che aveva usato mio zio. Motivo sufficiente perché ti seguissi."
“Capisco. E la carta d'imbarco?"
"Non ne ho idea. In qualche modo deve aver scoperto qualcosa sulla tua identità. Farlo per un gesuita di quarto grado era un gioco da ragazzi."

16

Sandwell rimase senza parole. Questa bella italiana sapeva molto di più di quello che voleva dire. E ora che aveva perso il suo aereo e che, grazie a De Angelis, non si sarebbe potuto presentare all'aeroporto molto presto, aveva parecchio tempo per provare la sua innocenza.
"Voglio che cominci a dirmi alcune cose, in particolare sui Gesuiti," chiese. "Il mio unico modo per uscire da questo casino è scoprire chi c'è dietro all'omicidio. Se l'assassino è un membro della Società di Gesù Cristo, qualcosa che faccio fatica a immaginare, devo trovare un modo per mettere qualcuno come De Angelis sulle sue tracce."
"Ne sei sicuro?" chiese Raffaella, schioccando le labbra. "Deve rendersi conto in che cosa ti stai cacciando. A loro non piace che gente esterna si immischi dei loro affari."
"É un rischio che dovrò correre. Se posso provare la mia innocenza sono pronto a qualsiasi cosa. Da dove cominciamo?"
Una ruga apparve sulla fronte di Raffaella.
"Con la differenza tra il bene e il male. Tutti i membri sotto il quarto grado sono fratelli innocenti. É lo stadio dove resta la maggior parte dei fratelli gesuiti dopo aver fatto il giuramento di primo grado, un posto dove restano per il resto delle loro vite. É un terreno fertile dove novizi, sacerdoti, insegnanti e cappellani militari con una vocazione possono prosperare. Devi capire che non è altro che una copertura. Come tutte le istituzioni religiose della chiesa cattolica i membri anziani della Società di Gesù Cristo fanno i tre giuramenti tradizionali di povertà, castità ed obbedienza. Questi uomini si impegnano anche in un quarto giuramento, un'espressione del carisma della congregazione. A quel livello possono avere accesso alla società segreta a cui appartengono solo alcuni vescovi cardinali e diaconi. Sono gli pseudo cattolici romani con una lingua biforcuta, obbligati a seguire senza condizioni il Papa secondo il quarto giuramento. Per gli esterni è un campo minato invisibile, il quarto giuramento è come un libro con all'interno qualcosa che non sembra nulla se non delle pagine vuote. Solo chi è all'interno, solo i Gesuiti di alto rango dell'Ordine hanno accesso a un circolo esclusivo e sanno cosa c'è dentro. Chiunque abbia dei piani per distruggerli o non rientri nei loro piani sarà eliminato con il veleno o avrà un incidente, compresi coloro che vogliono lasciare l'Ordine."
"Eliminati? Intendi dire che sono ...”
"Assassini?"

17

Raffaella lanciò a Sandwell un'occhiata carica di dolore.
"Conosci il loro motto? INRI. ‘Iustum Necar Reges Impios´ e significa ‘é permesso distruggere o sradicare re, governi e governanti eretici ed empi.’ Ora lascia che ti si imprima nel cervello. É stato mio zio, un cardinale che ha dato la sua vita per essere sicuro che il segreto dietro a questo libro, insieme con il messaggio sulla carta dei tarocchi raggiungesse il mondo esterno. Attraverso te. Devo sillabartelo di nuovo?"
Sandwell ebbe un'idea.
"Tuo zio aveva una cassaforte, una cassetta di sicurezza o qualcosa del genere?"
"No, che io sappia, ma è possibile.”
“Allora dobbiamo cercarla."
Esaminando l'intero ufficio, i quadri furono rimossi dal loro posto e gli armadietti spostati.
"Nulla," sospirò Sandwell, dopo aver cercato ininterrottamente per circa mezz'ora. "Abbiamo guardato ovunque per due volte. Se è qui, è nascosta dannatamente bene."
"Forse è logico, ripensandoci," disse lei. "Un cardinale non dovrebbe avere nulla da nascondere."
"Sbagliato!"
Sandwell, che aveva esaminato per la terza volta i cassetti della scrivania estrasse un foglio da sotto una pila di lettere.
"Cosa abbiamo qui? Sembra che tuo zio nascondesse qualcuno dei suoi affari loschi."
"Vediamo."
Raffaella venne a controllare le sue scoperte sporgendosi sopra alla sua spalla, permettendo a Sandwell di cogliere l'aroma del suo profumo.
"Acqua di Parma."
"Scusa?"
"Il mio profumo. Noto sempre quando le persone cercano di indovinare cosa indosso."
Sandwell arrossì. Senza dubbio il suo profumo era molto meno pericoloso dell'Acquetta di Napoli che aveva ucciso suo zio.
"É una lettera," indicò col capo. “Scritta da mio zio al capo del clero, la gestione giornaliera della Società. C'è —"
Alla luce della lampada da tavolo vide le sue pupille allargarsi.

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