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Il Fantasma Di Margaret Houg
Elton Varfi
Londra, ai giorni nostri.
Muore la moglie di un potente e chiacchierato banchiere ma, un anno dopo il decesso, i figli della signora affermano di averne visto il fantasma aggirarsi per la villa.
E’ realtà? E’ un incubo? C’è qualcosa di torbido nella faccenda?
Londra, ai giorni nostri.
Muore la moglie di un potente e chiacchierato banchiere ma, un anno dopo il decesso, i figli della signora affermano di averne visto il fantasma aggirarsi per la villa.
E’ realtà? E’ un incubo? C’è qualcosa di torbido nella faccenda?
Toccherà a Ernest Devon, un ex poliziotto di Scotland Yard ora investigatore privato ed al suo amico Roni, risolvere l’intricato caso, che si sviluppa tra ricatti, sospetti ed un efferato omicidio.
Sullo sfondo si snoda la personale vicenda sentimentale del protagonista, che difende con tenera ostinazione il suo impossibile amore per la ex moglie.


Il fantasma di Margaret Houg

Elton Varfi
2012-2017 © Elton Varfi
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NOTA DELL’AUTORE
Il presente volume è opera di pura fantasia. Ogni riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, fatti storici, siano essi realmente esistiti o esistenti, è da considerarsi puramente casuale e involontario.

Indice generale

Il fantasma di Margaret Houg (#u7f2798bc-893a-5688-92b2-7a7438441624)
Capitolo I (#ud3f4a216-314c-5d63-a37c-c3adef6b9029)
Capitolo II (#ue6e62c0c-04cb-5547-8daa-5bf7ef6d26c8)
Capitolo III (#u10af7e5e-2fdf-5009-95eb-7d2d7d70de33)
Capitolo IV (#litres_trial_promo)
Capitolo V (#litres_trial_promo)
Capitolo VI (#litres_trial_promo)
Capitolo VII (#litres_trial_promo)
Capitolo VIII (#litres_trial_promo)
Capitolo IX (#litres_trial_promo)
Capitolo X (#litres_trial_promo)
Capitolo XI (#litres_trial_promo)
Capitolo XII (#litres_trial_promo)
Capitolo XIII (#litres_trial_promo)
Capitolo XIV (#litres_trial_promo)
Capitolo XV (#litres_trial_promo)
Capitolo XVI (#litres_trial_promo)
Epilogo (#litres_trial_promo)

Capitolo I

Quella mattina Ernest si sentiva già stanco e non voleva rispondere al telefono che stava squillando con insistenza. Alla fine si alzò e prese in mano la cornetta. Dall’altra parte del telefono sentì la voce del suo amico Roni che sembrava essere più strana del solito.
Quel giorno sembrava che l’amico fosse partito in quinta ed Ernest non aveva avuto neanche il tempo di dire pronto prima di trovarsi sommerso dalle domande.
“ Ehi, furbacchione! Com’è che non ti sei fatto vivo per una settimana? Non rispondi neanche al telefono! Si vede che non hai più bisogno di soldi! Hai vinto alla lotteria, per caso?”
“ No, Roni, non ho vinto nessuna lotteria e per la verità un po’ di soldi mi farebbero comodo, ma non capisco cosa abbiano in comune i soldi con te,” gli rispose Ernest con ironia.
“ Bell’amico che sei! Io mi faccio in quattro per te e questo è il tuo ringraziamento?”
“ Cosa?” rispose Ernest, che quella frase non riusciva proprio a capirla.
“ Fra mezz’ora sono da te, così ti spiego tutto.” disse Roni, staccando la chiamata.
Ernest rimase con la cornetta in mano e un sorriso sulle labbra che denotava la sua forte perplessità per quell’insolito comportamento dell’amico. In effetti gli faceva piacere vedere Roni che era il suo migliore, e, forse, l’unico amico, ma si sentiva distrutto per la notte precedente; così decise di fare una doccia.
Stranamente era tornato di buon umore, non capiva bene perché. Forse era stata la lunga e rilassante doccia o forse il pensiero dell’arrivo di Roni che riusciva sempre a farlo stare bene. Era l’unico che gli era stato vicino nei momenti difficili, dandogli coraggio e assecondandolo in ogni decisione. Era stato al suo fianco quando aveva abbandonato la Squadra Omicidi di Scotland Yard e quando Luisa lo aveva lasciato. Ernest non sapeva cosa avrebbe fatto senza Roni.
Mentre questi pensieri si avvicendavano nella sua mente, qualcuno bussò alla porta. Era Roni.
“Ti vedo in gran forma.” disse Ernest al suo amico, il quale, appena vide l’espressione di Ernest, capì subito che c’era qualcosa che non andava.
“Ieri sera è stata una serataccia, vero? E non dirmi di no perché ti conosco molto bene. Non puoi fregarmi.” riprese Roni.
Ernest annuì e Roni continuò: “Scommetto che hai visto Luisa o mi sbaglio?”
Ernest, che non aspettava altro, replicò: “Si, l’ho vista per caso ieri sera e mi sono comportato come un vero idiota. Non sono stato in grado di dirle una parola, ci siamo solo salutati e lei è andata via. Più tardi le ho telefonato per invitarla a cena.”
“E lei?” domandò Roni, certo che la risposta non potesse essere positiva, vista la condizione in cui aveva trovato l’amico
“Beh… non ha neanche risposto alla mia chiamata.”
“E allora? Che c’è di strano? Se non è a casa non ti può rispondere. Non ti devi abbattere per questo.”
“Non cercare di consolarmi, Roni, è inutile. Ormai è finita per sempre. Ma la cosa che mi fa più rabbia è che non ho ancora capito che cosa l’ha allontanata da me. Pensavo che lasciando il lavoro di investigatore saremmo riusciti ad avvicinarci e invece lei mi ha lasciato.”
Dopo lo sfogo di Ernest, per qualche minuto rimasero in silenzio, poi Roni si alzò e gli chiese:
“A proposito, sei ancora un investigatore privato o hai dato le dimissioni?” e senza aspettare la risposta dell’amico continuò “Ho un lavoro per te.”
“Di cosa si tratta?” chiese Ernest.
“Non lo so di preciso, ma lavorerai per una persona molto importante.”
“E chi sarebbe questa persona importante?” chiese ancora Ernest, incuriosito per l’offerta.
“James Houg.”
Un fischio di approvazione uscì dalle labbra di Ernest: “Il banchiere?” domandò.
“Proprio lui in persona. Allora, che ne dici?”
“Dimmi una cosa, Roni, ma com’è che tu conosci Houg?”
“È un appassionato di antiquariato e viene spesso nel mio negozio. È così che ci siamo conosciuti” disse Roni, e continuò “ Ultimamente ha un problema da risolvere e ha bisogno di una mano. Gli ho parlato di te e mi ha detto che sei proprio l’uomo che fa al suo caso.”
“Ma non avevi detto prima che non sapevi di cosa si trattasse?” domandò Ernest, guardando il suo amico negli occhi.
“Si… si…. io non so niente, ma un po’ di pubblicità non guasta mai; poi tu sei in gamba ed io ho detto solo la verità. Ti dico un’ultima cosa: se tu decidessi di accettare la proposta di Houg guadagneresti un bel po’ di soldi.”
“Senti, Roni, secondo me tu sai molto più di quello che dici, amico mio, ed io francamente non capisco perché non voglia dirmi la verità. In ogni caso, in questo momento voglio fare qualcosa e soprattutto ho bisogno di soldi e quindi sono disposto a parlare con Houg e capire di cosa si tratta.”
“Allora accetti?” disse Roni quasi gridando per la gioia “ Non ti preoccupare, con Houg parlerò io e fisserò un appuntamento; tu invece cerca di metterti in sesto e di avere un aspetto migliore.”
“Questo sarà molto difficile, visto che madre natura è stata molto poco generosa con me.” rispose Ernest ridendo.
“Tu hai voglia di scherzare, amico mio. Adesso devo proprio scappare perché ho tante cose da fare.” disse Roni che, dopo avere salutato l’amico, uscì.
Ernest rimase di nuovo da solo, ma Roni lo aveva contagiato con il suo ottimismo tanto che stava valutando la possibilità di telefonare a Luisa per invitarla fuori a cena.
Dopo diversi ripensamenti la chiamò, ma Luisa non rispose ed Ernest si ricordò che a quell’ora lei lavorava.
Non sapeva cosa fare e avendo tutta la giornata da riempire in qualche modo, decise di andare ad incontrare Luisa davanti al negozio dove lavorava. Lungo la strada si stava scervellando su come lei avrebbe reagito al suo invito, poiché ultimamente lei aveva deciso di evitare gli incontri con lui. Ma poi pensò che non aveva proprio nulla da temere, visto che erano stati sposati per ben due anni.
Mentre pensava, non si accorse nemmeno di essere già arrivato davanti al negozio dove lavorava Luisa. Per un po’ rimase fuori, ma poi raccolse tutte le sue forze ed entrò.
La vide subito, lei era lì, più bella che mai, ed Ernest capì che l’amava come mai aveva amato nessun’altra donna in tutta la sua vita. Poteva restare fermo lì per ore ed ore solo a guardarla e non si sarebbe mai stancato di farlo. Per un momento sarebbe voluto tornare indietro e lasciare stare tutto, ma poi prese coraggio e si avvicinò.
“Ciao, Luisa.” le disse.
Luisa sembrava contenta di vederlo e questo lo fece stare bene.
“Ciao, Ernest, che bella sorpresa; come mai da queste parti?” domandò.
“Volevo chiederti scusa per ieri sera.”
“Chiedermi scusa? E perché?” chiese Luisa che veramente non capiva.
“Beh… ieri sera volevo invitarti a cena fuori ma non l’ho fatto e così vorrei rimediare stasera, che ne dici?”
“Avevo paura che fosse qualcosa di molto più grave. “ replicò Luisa, rassicurata dalla risposta di Ernest “ Purtroppo però stasera non posso perché ho già preso impegni con un’amica. Mi dispiace veramente, sarà per un’altra volta.” concluse Luisa, ma Ernest non aveva alcuna intenzione di mollare.
“Allora facciamo domani sera” provò ad insistere lui “il ristorante lo scegli tu, per me non…”
“Non posso neanche domani” lo interruppe lei e continuò “purtroppo ho un altro impegno, ma ti prometto che appena sarò più libera ti chiamerò io e passeremo una serata insieme.”
“Va bene, non ci sono problemi. Volevo stare un po’ in tua compagnia. Tutto qua. Allora aspetterò la tua chiamata.” disse Ernest, cercando di sembrare tranquillo, ma in realtà si sentiva uno straccio.
“Beh…” disse Luisa “non volevo certo deluderti, ma…”
“No, nessuna delusione, te lo assicuro” l’interruppe Ernest e continuò “ora è meglio che vada. Devi lavorare. A presto, cara.”
Ernest era sicuro che Luisa non fosse così impegnata come diceva, ma non riusciva a capire per quale motivo lei non volesse uscire con lui. Senza pensarci troppo si fermò davanti a un pub, entrò e fece fuori diverse bottiglie di birra.
Capitolo II

Erano passati tre giorni e Roni non si era fatto vivo. Ernest era in uno stato confusionale; non si ricordava quanti litri di birra aveva bevuto, ma di sicuro dovevano essere tanti, visto che si sentiva così male. Stava seduto, i suoi occhi fissavano il vuoto e non aveva voglia di far niente, non voleva neanche muoversi e infatti rimase immobile anche quando la porta si aprì e Roni entrò.
“Per la miseria! Non avevo mai visto tante bottiglie di birra vuote in una sola stanza!” esclamò Roni, impressionato dalla scena che aveva davanti agli occhi.
“Finalmente il mio amico Roni si è fatto vivo! Ma dove diavolo sei stato per tutto questo tempo?” domandò Ernest, cercando di mettere un po’ d’ordine in tutto quel casino che lo circondava.
“Ho avuto da fare, ma vedo che anche tu non hai perso tempo e hai cercato di dare uno scopo alla tua vita.”
“Ti prego, Roni, mi vergogno abbastanza, non credo di dovere meritare anche i tuoi stupidi commenti. In questi tre giorni sono stato solo come un cane e ho pensato…”
“Hai pensato bene di bere fino a perdere i sensi“ l’interruppe Roni, e, senza lasciargli il tempo di rispondere, continuò “In ogni caso non sono qui per giudicarti, ma per dirti che fra meno di due ore dobbiamo essere da Houg. Ora alzati e come prima cosa fatti la barba e poi una bella doccia. Sono stato chiaro?”
Ernest obbedì senza dire una parola.
Mentre era sotto la doccia sentiva la voce innervosita di Roni.
“Eppure ricordo perfettamente di averti detto di migliorare il tuo aspetto. Quando ti ho visto mi sei sembrato uno zombi e mi hai fatto una pessima impressione. Per fortuna io ti conosco, ma se ti avesse visto uno sconosciuto ti avrebbe scambiato per qualche individuo sospetto scappato da un manicomio.”
Ernest si stava vestendo lentamente e in silenzio, non dando alcuna importanza a quello che diceva Roni perché non aveva voglia di litigare con lui. Quando finì di vestirsi, gli disse semplicemente che era pronto. Anche Roni sembrava più calmo; d’altronde lui si preoccupava per il suo amico e gli dispiaceva quando lo vedeva in quello stato.
Uscirono tutti e due in silenzio e solo quando salirono in macchina Roni disse: “Houg abita fuori città, sulle colline dove ha la dimora di famiglia. Ti prego, Ernest, ascoltalo bene e poi alla fine sarai tu a decidere se accettare o meno.”
“Non ti preoccupare, non ti farò fare una brutta figura. Prima ascolterò attentamente il tuo amico Houg e poi vedremo cosa succederà.”
Nelle parole di Ernest c’era un po’ di ironia e Roni decise che forse era meglio non parlare più, almeno fino all’arrivo in casa di Houg.
Ernest aveva cercato di immaginare come potesse essere la casa di un milionario, ma appena la vide rimase stupito. Quella casa sembrava un castello e tutt’intorno la circondava un prato verde incredibilmente curato. Ernest si accorse di come Roni non fosse affatto stupito e per questo pensò che doveva essere stato in quella casa diverse volte. Passarono il cancello principale che era aperto e proseguirono verso casa. Dal cancello alla casa c’era una distanza di circa cinquecento metri e i due amici stavano camminando su una piccola stradina che era l’unico tratto asfaltato in mezzo a tutto quel verde. Arrivati davanti alla porta, Roni suonò il campanello e qualcuno aprì. Comparve una donna che, a giudicare da come era vestita, doveva essere la cameriera.
Appena la donna vide Roni esclamò: “Salve ,signor Ewin, accomodatevi, avviso subito il signor Houg.”
“Vedo che sei conosciuto qui.” disse Ernest al suo amico appena entrarono.
“Si, ultimamente sono venuto spesso.” rispose Roni.
Entrarono ed Ernest era sempre più impressionato dalla bellezza di quella casa. La sua attenzione venne catturata da un enorme quadro appeso ad una delle pareti che raffigurava una bellissima donna dai capelli neri e lunghi; indossava un vestito bianco e tra le mai teneva una rosa rossa, ma la cosa che più lo sorprendeva era il suo sguardo, così intenso e penetrante che Ernest non riusciva a smettere di fissarlo.
“È il ritratto della mia defunta moglie.” disse una voce alle sue spalle.
Ernest si girò e vide un uomo alto, con i capelli e la barba bianchi, vestito in modo molto elegante.
“Permettetemi di presentarmi, James Houg. Lei deve essere il signor Devon, se non sbaglio.”
“La prego di chiamarmi Ernest.” rispose l’investigatore.
“Molto bene. Allora, Ernest, è un grande piacere conoscerla.” disse Houg e gli strinse la mano. Ernest era in imbarazzo e balbettò qualcosa come “Piacere mio”. Houg si rivolse a Roni e disse: “Ecco qua il mio caro e buon amico Roni. Ti vedo in gran forma.”
“Si, fortunatamente sto abbastanza bene, grazie. Come può vedere ho mantenuto la mia promessa e le ho portato Ernest. Sono sicuro che sarà di grande aiuto per lei.”
“Lo spero anch’io, veramente.“ disse Houg e continuò “Vi posso offrire qualcosa da bere?”
“Per me no, grazie.” rispose Ernest che era ancora in piedi intento ad apprezzare quella casa così straordinaria.
Houg prese una bottiglia e riempì due bicchieri, uno per Roni e l’altro per sé. Poi finalmente si accorse che Ernest era ancora in piedi e lo invitò a sedersi.
“La prego, si sieda. Ho bisogno di parlarle.”
“Sono qui proprio per questo.” disse Ernest che era molto curioso di sapere di cosa di trattasse.
“Beh… è una situazione un po’ bizzarra, per la verità, ma per mio figlio può risultare alquanto pericolosa” comincio Houg e, dopo aver bevuto un sorso dal bicchiere che aveva fra le mani, continuò “Poco meno di un mese fa, esattamente la notte del tredici ottobre scorso, mio figlio è stato ricoverato con urgenza all’ospedale, in uno stato di totale shock. Non ha detto una parola per settimane. Fino a qualche giorno fa. La prima persona con la quale ha parlato subito dopo l’accaduto sono stato io e quando ho saputo il motivo per il quale mio figlio era ridotto in quel modo sono rimasto sbalordito. Insomma…. Pare che abbia visto un fantasma.”
“Un fantasma?!” esclamò Ernest che non poteva credere alle sue orecchie.
“Vedo che il nostro amico Roni non le ha detto nulla a tal proposito.” disse Houg, rivolgendosi a Ernest che era ancora incredulo per quello che aveva sentito.
“No, per la verità non mi ha detto assolutamente nulla.” replicò Ernest, confermando l’ipotesi di Houg.
“Se non ho detto nulla è stato per non mettere troppe voci in giro, visto i brutti precedenti di un anno fa.” disse Roni, guardando Houg negli occhi.
“Si, ma io non vedo il motivo per cui Ernest, che è il tuo più caro amico e per di più l’uomo che ci può aiutare, non dovesse saperlo.” infierì Houg con un tono di rimprovero.
“Veramente, non vedo come io possa aiutarla.” intervenne Ernest che proprio non capiva cosa c’entrasse lui con quella storia.
Houg rimase un po’ in silenzio; poi rivolgendosi ad Ernest disse: “Lei mi può aiutare perché io sono una persona molto razionale e non credo nei fantasmi, quindi o l’immaginazione ha giocato un brutto scherzo a mio figlio, per cui ha creduto di vedere il fantasma di sua madre, oppure c’è qualcos’altro sotto; in ogni caso, penso che in tutto questo ci sia una spiegazione logica e vorrei che lei scoprisse qual è.”
“Allora, suo figlio ha visto il fantasma di sua madre?” chiese Ernest che era rimasto colpito per quella frase detta quasi di sfuggita.
“Si, è proprio così, chiedo scusa per non averlo detto prima, lo avevo quasi dimenticato.” replicò Houg.
“Eppure, non si può dimenticare così facilmente che si tratta del fantasma di sua moglie.” fece notare l’investigatore con tono provocatorio, e istintivamente gli occhi gli caddero sul quadro che raffigurava la moglie di Houg.
Ci fu un momento di silenzio e il banchiere abbassò gli occhi ma Ernest, che sembrava molto sicuro di sé, in fondo avvertiva un certo disagio nello stare davanti a quell’uomo così imponente che anche quando parlava di fantasmi sembrava che parlasse della cosa più naturale del mondo.
“Ha ragione, però questa storia mi mette in imbarazzo e non vedo l’ora che lei accetti la mia proposta e risolva il mistero.” disse Houg, come per giustificare il suo imbarazzo e i suoi strani modi.
“Prima di tutto io non ho ancora ricevuto alcuna proposta e in secondo luogo non penso che risolverò tutto con la bacchetta magica.” rispose Ernest.
“Se dovesse decidere di accettare la mia proposta la cifra sull’assegno la può mettere lei stesso, per me non ci sono problemi. Spero veramente che lei accetti perché sia il suo amico che io abbiamo molta fiducia in lei.” concluse Houg.
Ernest era sul punto di rispondere quando nel soggiorno entrò una ragazza. A giudicare dall’uniforme doveva essere una cameriera. Era una ragazza molto carina con i capelli biondi e corti. Appena vide i due uomini che stavano parlando con Houg fece un passo indietro, quasi spaventata.
“Dimmi, Rebecca, cosa c’è?” chiese Houg.
“Oh… chiedo scusa. Pensavo lei fosse da solo. Tolgo subito il disturbo” mormorò la ragazza che rapidamente uscì dalla stanza.
“È la tata dei miei figli ed è stata proprio lei a trovare mio figlio nella condizione di shock di cui le dicevo prima.” disse Houg e continuò “ Le altre spiegazioni le darò solo nel caso lei decida di accettare la mia proposta.”
“In tal caso, glie lo farò sapere” rispose Ernest e fece segno a Roni che la visita era finita.
“Spero di avere sue notizie al più presto.” disse Houg accompagnandoli alla porta.
Ernest fece un cenno della testa come per annuire e uscì andando verso la macchina. Invece Roni restò indietro e si fermò a parlare con Houg.
“Tutto questo è un po’ strano.” commentò Ernest con Roni appena furono partiti.
“Cosa?” chiese Roni.
“Tutto. La storia del fantasma, Houg che vuole ingaggiare me per risolvere il problema. Non sembra anche a te un po’ strano?”
“No, personalmente non ci vedo niente di strano. Spero solo che tu non ce l’abbia con me per non averti detto nulla.” rispose Roni.
“Non capisco una cosa. Come mai una persona con l’influenza e il potere di Houg vuole assumere proprio me per questo caso? Se solo volesse, potrebbe avere un esercito di investigatori, per non parlare del fatto che può contare anche sulla totale disponibilità di Scotland Yard. Perché solo un uomo? Perché?” si chiese ancora Ernest, monologando.
Roni sentì comunque il desiderio di rispondere: “Si, tutto quello che dici è vero, ma se hai prestato attenzione dovresti avere intuito che ha avuto una brutta esperienza un anno fa, quando è morta sua moglie. La maggior parte della stampa trattò l’argomento per molto tempo e alcuni quotidiani scrissero addirittura che la colpa per la morte di sua moglie era proprio sua, di Houg.”
“In che senso era colpa di Houg?” domandò incuriosito Ernest.
“Beh… non si è capito molto. So solo che sua moglie trascorse i suoi ultimi mesi di vita in un ospedale psichiatrico perché soffriva di una pesante forma di depressione. Sembra che fosse diventata violenta e pericolosa e quindi non era più possibile tenerla in casa. La versione ufficiale sul suo decesso è che morì in seguito ad una forte crisi di nervi che le provocò un arresto cardiaco. Da alcuni articoli venne fuori addirittura che si era trattato di suicidio e che Houg le avrebbe dato una mano.”
“In altre parole omicidio.” lo interruppe Ernest, che poi chiese “Ma per quale motivo lo avrebbe fatto?”
“Nessuno lo sa. Qualcuno scrisse che, essendo lui un noto uomo d’affari, una moglie in uno stato simile avrebbe costituito un motivo di imbarazzo.”
“A me non convince. Come fa un uomo ad uccidere la propria moglie solo perché si sente in imbarazzo?” mormorò Ernest scuotendo la testa.
“Infatti si tratta di chiacchiere. Dopo un po’ non si parlò più del caso e Houg da parte sua dichiarò che avrebbe querelato tutti i giornalisti che avessero fatto simili insinuazioni. D’altronde che lui amasse sua moglie era noto a tutti.”
“Anche questo è molto strano.” disse Ernest e continuò “Perché i giornali scrissero che era stato simulato un suicidio?”
“Questo non lo so.” rispose Roni.
“Ma è possibile che una forte crisi di nervi possa provocare un arresto cardiaco?”
“Non lo so Ernest, per questo devi parlare con un medico, io non so dirti niente. Ma perché ti interessa così tanto questa storia?” chiese Roni che non riusciva a capire dove volesse arrivare l’amico.
“Il nostro signor Houg è un uomo pieno di enigmi, non trovi?” considerò Ernest.
“Lui è solo un uomo ricco, e come tutti gli uomini ricchi è molto invidiato e soprattutto molto attaccato. Naturalmente può aver commesso qualche sbaglio, ma sostenere che sia un assassino mi sembra un po’ esagerato.” replicò Roni.
“Ma perché i giornali scrissero che era stato simulato un omicidio, che senso ha questo? Se il motivo della morte era un arresto cardiaco per quale ragione si sarebbe dovuto simulare un suicidio?” chiese di nuovo Ernest, dimostrando di non dare alcun peso alle parole di Roni.
Questi stava diventando nervoso per l’ossessione dell’amico. Per Roni la storia di come fosse morta la moglie di Houg era acqua passata e per di più chiarita. Voleva cambiare discorso, ma sapeva che con Ernest era molto difficile. Quando si metteva in testa qualcosa non la finiva più.
“Però è molto strano, non trovi? Veramente strano! A pensarci bene, la versione ufficiale non ha alcun senso… cioè… sul certificato di morte della signora Houg suppongo ci sia scritto che è deceduta in seguito ad un arresto cardiaco, ma qualcuno scrisse che era stato simulato un suicidio. Continuo a domandarmi perché.” seguitava a parlare Ernest e sembrava che aspettasse una risposta da Roni.
“Ti prego, Ernest, smettila di ripetere cento volte la stessa cosa! Ormai questa è una storia passata e non ha alcuna importanza e poi erano solo chiacchiere e basta!” esclamò Roni e, per cambiare discorso, domandò “Piuttosto, hai visto che bella tata ha il signor Houg?”
“Si, è proprio una bella ragazza. Quando l’ho vista mi è sembrata una faccia conosciuta; forse l’ho già vista da qualche parte, ma non ricordo dove.”
“Anche a me ha fatto la stessa impressione quando l’ho vista per la prima volta. Ma questo succede perché ha una faccia troppo comune.” disse Roni, contento che il discorso stesse prendendo un’altra piega.
Ma non aveva fatto bene i calcoli con la capacità di Ernest di rimanere ancorato ad un argomento fino a quando non fosse riuscito a vedere la luce.
“Credo tu sappia quali giornali scrissero di Houg e della morte di sua moglie, giusto?”
“Un po’ tutti, ma ora non ricordo bene quali perché è stato più di un anno fa. Dimmi la verità, Ernest, perché ora mi stai facendo tutte queste domande? Perché ti interessa così tanto com’è morta Margaret Houg?” chiese Roni all’amico.
“Perché sarò io a fare i conti con il fantasma della signora Houg e credo di dover sapere com’è morta, non credi?” rispose il detective, guardando il suo amico negli occhi.
“Allora vuoi dire che accetterai la proposta?” domandò impaziente Roni.
“Certo. Come potrei dire di no ad una proposta del genere? Non dovrò neanche faticare molto, visto che Houg mi ha già dato due piste da seguire.”
“Quali sarebbero queste due piste?” chiese di nuovo Roni.
“Una: ci sarà una spiegazione logica. Due: potrebbe avere causato tutto la troppa immaginazione del figlio …” rispose Ernest, che sembrava un po’ nervoso.
“ A te il signor Houg non sta molto simpatico o sbaglio?”
“Soprattutto, non mi sembra una persona molto pulita.” rispose di nuovo Ernest e continuò “Lo conosco da poco, ma credo che non dica tutta la verità e non sopporto il suo modo arrogante di parlare.”
“A me invece è sembrato molto educato.” commentò Roni.
“Sarà. Ma non ho gradito il tentativo di condizionarmi, dicendomi che forse era il figlio che aveva immaginato tutto.”
“Non penso che Houg ti volesse condizionare. È solo preoccupato per la situazione e ha cercato di darti il suo parere in proposito. Non vedo nulla di male in questo. Piuttosto, quando credi di comunicare a Houg la tua decisione?”
“Prima possibile; anche se la storia che racconta Houg non mi convince molto.”
“Se dovessi avere bisogno del mio aiuto, basta che tu lo chieda e sarò ben lieto di dartelo.” disse Roni, ma Ernest stava pensando e sembrò non ascoltarlo affatto.
“Va bene, ho capito, ora non parlo più.” replicò Roni e restò in silenzio.
Nello stesso momento squillò il telefono e James Houg sollevò la cornetta.
“Allora?” chiese una voce dall’altro capo della linea.
“Penso che si possa fare. Molto presto ti darò una risposta.” disse Houg.
“Molto bene, signor Houg, vedo che comincia a capire.” replicò il suo interlocutore e riattaccò bruscamente.
Houg rimase con la cornetta in mano per un paio di minuti, poi la mise giù e uscì dallo studio.
Capitolo III

Luisa non riusciva a capire cosa l’avesse spinta a chiamare Ernest e invitarlo a cena. Ormai era troppo tardi per ripensarci, fra poco lui sarebbe arrivato da lei. Ella era consapevole che durante la cena il discorso avrebbe preso una piega che non le sarebbe affatto piaciuta. Ernest avrebbe fatto delle domande legittime, ma lei non era pronta a rispondere e lui ci sarebbe rimasto male ancora una volta. Si sentiva una stupida, ma la cosa che la faceva stare ancora più male era che ormai non poteva più fare niente; poteva solo stare ad aspettare gli effetti collaterali della sua brillante idea. Stava pensando queste cose quando suonò il campanello della porta.
Luisa andò ad aprire e si sentì terribilmente in colpa quando vide Ernest con un gran mazzo di rose in una mano e una bottiglia di vino nell’altra.
“Le rose sono tutte per te, invece il vino è per me.” disse Ernest che si sentiva l’uomo più felice sulla faccia della terra.
“Sono bellissime, ma non dovevi disturbarti tanto.”
“Ma quale disturbo! Tu stasera hai deciso di assumerti il difficile compito di sfamarmi e questo è il minimo che potessi fare per ricambiare.” rispose Ernest sorridendo.
Luisa rimase di sasso davanti alla porta, prese le rose fra le mani e non sapeva che cosa dire. Ernest, che sembrava non avere perso l’uso della parola, chiese: “Non è meglio se entriamo, adesso?”
“Ma si, certo, scusami. Accomodati pure.” disse Luisa, liberando l’ingresso.
“Lo trovo carino, qui, veramente delizioso.” disse Ernest appena entrò, ma non ricevette risposta “Suppongo che ti trovi bene, in questo appartamentino” continuò allora lui.
“Si, per la verità mi trovo molto bene” rispose Luisa, sistemando i fiori in un vaso “Non è niente male, veramente. Sto quasi pensando di trasferirmi qui. Che ne dici?... Ti piace l’idea?”
“Non penso proprio che sia una buona idea che tu….”
“Ehi, cosa ti succede? Sto scherzando, Luisa, non sono ancora impazzito.” l’interruppe Ernest “Dimmi la verità: non sei per niente contenta di avermi invitato o mi sbaglio?”
“No, no. Ma mi fa uno strano effetto essere di nuovo a cena con te dopo tutto questo tempo.” disse Luisa, cercando di sorridere.
“Sono passati solo dieci mesi, non è tantissimo tempo.” mormorò allora lui “Comunque ho molto gradito il tuo invito e non ci vedo niente di strano se ceniamo insieme. Per me è la cosa più normale del mondo e non…”
“Da quando sei diventato così chiacchierone?” lo interruppe Luisa, sorridendo con gusto.
“Che cosa vedono i miei occhi! Luisa sta sorridendo, non riesco a crederci.” disse Ernest, scherzando.
Forse non si poteva parlare di risate vere e proprie, ma certamente era più sciolta. Ernest si avvicinò e l’abbracciò per manifestare tutta la sua approvazione.
“Tutto a posto, allora?” proseguì lui “Vedi, non ci vuole tanto per stare meglio.”
“Complimenti, sei diventato un chiacchierone con uno spiccato senso dell’umorismo. Da te proprio non me lo sarei aspettato.”
“Lo so, purtroppo hai un’idea sbagliata di me, ma pazienza. Allora, cos’è questo delizioso odore che viene dalla cucina?”
“Fra poco lo vedrai.” rispose Luisa.
“Come cuoca sei bravissima. Mi hai cucinato cose buonissime; ancora oggi rimpiango i tuoi fagottini ripieni di carne …”
“Il lavoro come va?” interruppe Luisa, come se volesse cambiare discorso “Ora sei un investigatore privato o mi sbaglio?”
“Si, ma a dire il vero non ho avuto molto da fare. Da pochissimo, però, ho ricevuto una proposta seria.”
“Di cosa si tratta? Se non sono indiscreta…” chiese Luisa.
“Devo dare la caccia a… una donna.”
“Qualche marito geloso ti ha messo alle costole della moglie?” ipotizzò Luisa, sorridendo “Non riesco ad immaginarti come guardone.”
“No, ti sbagli, non si tratta di questo. Sarebbe più facile. La cosa è molto più complicata di quello che sembra. Purtroppo non posso dire di più.”
“Capisco, segreto professionale. Non ti faccio più domande. Ora è meglio che ci mettiamo a tavola, penso che la cena sarà pronta.” disse Luisa e andò in cucina.
Ernest si accomodò a tavola e proprio mentre stava per sedersi squillò il telefono. Luisa uscì dalla stanza e rispose: “Pronto? Si, è qui. Te lo passo. È per te.” disse ad Ernest, il quale si alzò molto stupito e curioso di sapere chi lo cercasse.
Lo stupore crebbe quando dall’altra parte del telefono sentì la voce di Roni.
“Cosa vuoi, Roni?” domandò “Cosa è successo?”
“Lo so che non è il momento giusto per disturbarti, ma è accaduto di nuovo.”
“Cosa?”
“Il fantasma è apparso di nuovo e il signor Houg ci sta aspettando.”
“Io me ne sbatto del fantasma, del signor Houg e anche di te, Roni. Non ho ancora cenato e non ho alcuna intenzione di muovermi da qui. Chiaro?” rispose Ernest che era veramente arrabbiato. Roni però non aveva alcuna intenzione di mollare.
“Lo so che mi odierai a morte, ma tra dieci minuti sono da Luisa, così ti porto a casa del signor Houg.”
Ernest non ci poteva credere. Finalmente era riuscito a stare da solo con Luisa e Roni era pronto a rovinare tutto per quel maledetto fantasma che aveva proprio trovato la serata adatta per fare la sua apparizione.
I suoi pensieri vennero interrotti dalla voce di Luisa: “Qualcosa non va?” chiese.
“Purtroppo si.” rispose Ernest “Sta arrivando Roni e io devo andare via con lui.”
“Mi dispiace molto!” disse Luisa.
“A me di più. Il destino è contro di noi. Sembra che non possiamo stare in pace noi due, eh?”
Luisa non sapeva cosa dire. Guardava Ernest e dai suoi occhi si capiva che le dispiaceva veramente.
“Beh, ci saranno altre occasioni per vederci, non credi?”
Ernest non rispose subito. La guardò negli occhi e avrebbe davvero voluto credere che ci sarebbero state altre occasioni, ma conoscendo Luisa sapeva che sarebbe stato molto difficile.
“Ora sarà meglio aprire la bottiglia di vino, almeno brindiamo.” disse lui.
Luisa annuì e portò due bicchieri.
“Questo brindisi è per noi due, sperando di rivederci il più presto possibile, Roni permettendo.” disse Ernest e avvicinò il suo bicchiere a quello di Luisa che fece la stessa cosa.
Avevano appena cominciato a bere, quando suonò il campanello della porta.
“Eccolo.” disse lui.
Luisa andò ad aprire.
“Buonasera.” disse Roni a Luisa “Mi dispiace disturbarvi, ma si tratta di una emergenza.”
“Si, Roni, sappiamo quanto ti dispiace, ma ora sarà meglio andare.” disse Ernest che salutò Luisa e uscì. Roni fece lo stesso.
Dopo aver chiuso la porta Luisa rimase immobile nel salotto, pensando a quello che era successo. Ernest la aveva scombussolata. Forse lo amava ancora? Forse era solo tenerezza? Un forte odore di bruciato la riportò in sé.
“Oh no!” disse “La cena è andata in fumo!”
Mentre si dirigevano verso le loro auto, Roni guardava Ernest che stranamente sembrava tranquillo.
“Meglio se prendiamo la mia” disse Roni all’amico “Non ti preoccupare. Useremo la tua più tardi.”
Ernest obbedì, andò verso la macchina di Roni e si avviarono.
Roni non riusciva a parlare; sapeva quanto l’amico tenesse a quella serata, ma con sua grande sorpresa fu Ernest che gli chiese cosa era successo.
“Beh, non so molto. Il signor Houg mi ha telefonato avvertendomi che il fatto è avvenuto di nuovo.”
“Il fatto?” chiese Ernest.
“Si; chiaramente si riferiva al fantasma. Dalla voce mi è sembrato molto preoccupato e mi ha immediatamente chiesto di te.” finì Roni, che con la coda dell’occhio guardava Ernest, che però continuava a sembrargli tranquillo.
“A chi è apparso, questa volta?” domandò l’investigatore “Di nuovo a suo figlio?”
“Probabilmente si, lo sapremo tra poco.”
“Hai ragione ,Roni, fra poco sapremo come stanno le cose. È strano. In questo momento avrei dovuto essere a cena con Luisa e non lo sono. Dovrei essere furioso con te, ma non lo sono. Tu mi sai spiegare perché?”
Roni lo guardò per un attimo negli occhi e si sforzò di dare una risposta.
“Mi dispiace molto per la cena, ma sono contento di vedere che non sei arrabbiato. Il perché non te lo so dire. Anche se ci conosciamo da molti anni, mi sono sempre sforzato di capirti, ma credo che resterai un grande mistero.”
Ernest, dopo avere ascoltato Roni, si mise a ridere e gli diede una pacca sulle spalle.
“Parlo seriamente, sei davvero un mistero.” continuò l’antiquario.
“Invece, io scopro questa sera per la prima volta che sei davvero spericolato quando guidi. Vorrei arrivare a casa del tuo amico tutto intero, ma se continui a guidare così le probabilità mi sembrano davvero poche.” gli fece notare Ernest.
“Non ti preoccupare, arriveremo sani e salvi.”
Intanto davanti agli occhi di Ernest apparve la sagoma della casa di Houg che diventava più grande man mano che si avvicinavano.
Roni non rallentò neanche quando, superato il cancello della villa, imboccarono la stradina interna. Era bella quella casa, però di notte sembrava triste, sembrava che dentro non ci abitasse nessuno;era senza vita e a vederla metteva quasi angoscia.
Arrivati davanti all’ingresso, Roni frenò bruscamente. Scesero dall’auto e non ebbero neanche il tempo di bussare che la governante aveva già aperto la porta.
“Il signor Houg vi sta aspettando nel suo studio.” disse lei, facendo loro segno di seguirla.
La seguirono in silenzio, salirono le scale e arrivarono davanti alla porta dello studio che era aperta.
“Prego, accomodatevi.” disse di nuovo la governante, facendo due passi indietro.
Entrando, Ernest la osservò bene in viso e capì che era spaventata.
Appena Houg si accorse della loro presenza si alzò di scatto e andò loro incontro.
“Non so come scusarmi per avervi disturbato a quest’ora, ma non potevo evitarlo, visto che il fantasma è comparso di nuovo.”
Ernest si avvicinò alla poltrona che si trovava davanti la scrivania di Houg , quindi, rivolgendosi al banchiere, disse: “Questo già lo sapevo. Per la verità, speravo di apprendere qualcosa in più.”
“Questa volta, è stata mia figlia a vederlo.” mormorò Houg; poi andò a sedersi di fronte a Ernest.
“E dove si trovava sua figlia quando l’ha visto?” chiese Ernest.
“Nella stanza di suo fratello. Gli stava tenendo compagnia perché Rebecca, la tata, era andata in città.”
“Ma il fantasma dov’è apparso?” chiese di nuovo Ernest.
“Nella cappella di famiglia che si trova dietro la casa; si può vedere anche da quella finestra.” rispose Houg, mostrando la finestra che si trovava alla sua sinistra.
Ernest si limitò a girare la testa per guardare, ma non fece altro.
“Posso parlare con sua figlia?” chiese Ernest.
“Certamente.” disse Houg e schiacciò un pulsante grigio che aveva sul tavolo.
Non passarono neanche trenta secondi e nella stanza entrò la governante.
“Sarebbe così gentile da chiamare Barbara, per favore? Le dica che il signor Devon le deve parlare.” disse Houg.
La governante, dopo aver annuito, uscì.
Nello studio cadde il silenzio. Roni, che era seduto sul divano che si trovava alla destra della scrivania, non fiatava. Il suo silenzio era dovuto al fatto che la storia lo stava entusiasmando e non vedeva l’ora che arrivasse la figlia di Houg per capire cosa avesse visto.
Houg invece mise la testa tra le mani e, assorbito dai suoi pensieri, si allontanò mentalmente dalla stanza fino a quando, tornato in sé, disse: “Sono così sconvolto che non vi ho offerto neanche qualcosa da bere.”
“Per me va bene così.” disse Ernest.
“Invece io berrei volentieri un bicchierino di brandy.” disse Roni.
“Sono d’accordo con te, un bicchierino di brandy è proprio quello che ci vuole.” disse Houg e si diresse verso un minibar per prendere la bottiglia e due bicchieri.
Nel frattempo Ernest si avvicinò alla finestra e guardò fuori alla ricerca della cappella. Fuori era buio fitto, la stanza dove si trovavano invece era illuminata ed Ernest non riuscì a vedere niente. Dopo un po’ nello studio entrò una bella ragazza accompagnata dalla governante.
“Lei è mia figlia Barbara” disse Houg rivolgendosi ad Ernest “e lui è il signor Ernest Devon ed è qui per aiutarci.” disse di nuovo Houg rivolgendosi questa volta alla figlia.
“Lei è un acchiappafantasmi, signore?” chiese ironicamente la figlia di Houg.
“No, signorina.” ripose Ernest.
“Allora è un medium, un esorcista, qualcosa del genere?”
“Neanche.” rispose Ernest con molta tranquillità.
“Allora non vedo come ci possa aiutare.” disse Barbara, ma Houg intervenne: “Ti prego, Barbara, non è carino rispondere in questo modo al nostro ospite; lui è un investigatore privato ed è anche molto in gamba. Ti vuole fare qualche domanda per capire meglio la situazione ed io ti sarei grato se rispondessi.”
Barbara non disse neanche una parola, poi si accorse di Roni e si avvicinò per salutarlo; quindi si girò verso Ernest e disse: “Dunque, signor Devon, può iniziare l’interrogatorio, sono pronta.”
“Prima di tutto non è un interrogatorio, signorina. Come ha detto prima suo padre, le voglio fare solo qualche domanda per capire che cosa ha visto.”
“Bene. Ho visto il fantasma di mia madre e le assicuro che non sono pazza.”
“Dov’era quando l’ha visto?”
“Ero nella camera di mio fratello. Rebecca era uscita e lui non riusciva a dormire; mi sono affacciata un attimo alla finestra e ho visto qualcosa muoversi nella cappella. Ho spento la luce per vedere meglio e…”
Barbara si fermò e girò la testa verso suo padre, il quale la incoraggiò a continuare.
“E poi ho visto il fantasma di mia madre.” proseguì “Subito dopo ho riacceso la luce e ho chiamato Mary Ann che è corsa subito da me. Le ho raccontato tutto e lei si è affacciata alla finestra, ma non ha visto nulla.”
“Ma lei è sicura che fosse un fantasma?” chiese Ernest.
“Beh, si… si… sono sicura, almeno credo.”
“Cosa le fa pensare che si trattasse di un fantasma e non di una persona in carne ed ossa?”
“Perché una persona in carne ed ossa deve essere pazza per fare quello che ho visto e poi perché ho osservato molto bene il viso ed era proprio quello di mia madre e, dato che è morta da più di un anno, non può essere che un fantasma. Non vedo nessun’altra spiegazione. Però in effetti un dubbio mi rimane …”
“Quale dubbio?” chiese Ernest.
“Se ho visto mia madre, o almeno il suo fantasma, perché ho così tanta paura? In fondo è mia madre che ho visto; però in quel momento per poco non sono svenuta ”
“Ora, per favore, cerchi di ricordare l’intera scena.”
“Ho spento la luce, poi mi sono affacciata alla finestra. All’inizio non ho notato niente di strano, ma poi ho visto una donna e potrei giurare che si trattava di mia madre. Aveva un vestito bianco e lungo che arrivava fino a terra e tra le mani teneva una rosa rossa. Forse lei sentiva il mio sguardo su di sé, perché mi ha guardata e mi ha sorriso, quasi come se volesse prendermi in giro. Poi ha iniziato una specie di danza. Muoveva lentamente le braccia e la testa; erano dei movimenti molto strani e per tutto il tempo non ha distolto lo sguardo dalla finestra. Non ho avuto il coraggio di guardare di più e ho chiamato Mary Ann.”
“Però Mary Ann non ha visto niente, giusto?” chiese Ernest.
“Esatto, lei non ha visto niente.” rispose Barbara.
“Questa sagoma era dentro o fuori dalla cappella?”
“L’ho vista sulle scale, poi non so, non ricordo bene.”
“Suo fratello ha visto qualcosa?”
“No… non credo. Si è solo spaventato perché mi vedeva agitata.”
“Dov’è, ora?”
“Sta dormendo. Per fortuna Rebecca è tornata presto e mio fratello, con lei, si addormenta subito.”
“Io ho finito, per il momento, signorina. Nel caso avessi qualche domanda da farle, spero che lei sia disponibile.”
“Certamente …” disse Barbara che si girò verso suo padre per avere il permesso di andare. Dopo averlo ricevuto salutò Roni ed Ernest e uscì dalla stanza.
“Che cosa ne pensa?” domandò subito dopo l’uscita della figlia Houg ad Ernest.
“Non so ancora cosa pensare. È certo che non si tratta di una vicenda semplice.” rispose l’ investigatore.
“Questo lo so bene, altrimenti non avrei chiesto il suo aiuto…” disse Houg, che prima di continuare si alzò in piedi, proseguendo: “Almeno ora sappiamo che mio figlio non ha inventato tutto.”
“Perché ha pensato che suo figlio potesse avere inventato tutto?” chiese Ernest stupito.
“Perché è un bambino e sa come sono i bambini: troppo spesso volano con la fantasia. Basta un semplice riflesso della luce e vedono draghi, mostri o fantasmi.” rispose Houg.
“In ogni caso, è necessario che io parli anche con suo figlio. Intanto, se lei è d’accordo, vorrei vedere la cappella.” disse Ernest.
“L’accompagno.” disse Houg e azionò di nuovo l’interruttore che si trovava sopra la scrivania.
Non passò molto tempo e la governante entrò nello studio.
“Ha chiamato, signor Houg?” chiese.
“Si, Mary Ann, avremmo bisogno di una torcia.” disse lui.
La governante uscì e gli altri la seguirono.
Arrivati al piano di sotto, Mary Ann portò la torcia.
Uscirono nel giardino. Houg faceva strada, Roni ed Ernest lo seguivano. Una volta fuori, Houg indicò con la torcia la cappella. Ernest si accorse immediatamente delle scale e cercò di immaginare il punto esatto nel quale potesse essere comparso il fantasma. Quando arrivò davanti alla cappella si girò verso la casa e domandò a Houg: “Dov’è la camera di suo figlio?”
“Secondo piano, la terza stanza a partire da destra.” rispose Houg.
Ernest localizzò la stanza, poi prese la torcia e andò verso le scale della cappella come se stesse cercando qualcosa.
“Niente di niente.” disse dopo un po’.
“Che cosa speravi di trovare?” chiese Roni.
“Qualcosa, qualunque cosa.” rispose misteriosamente Ernest, che salì poi le scale ed entrò nella cappella.
Houg e Roni lo seguirono senza dire neanche una parola. Ernest girò la torcia più volte cercando di illuminare le varie parti della cappella, ma sembrò che non avesse trovato niente. Poi improvvisamente la luce della torcia illuminò una porta.
“E questa?” chiese Ernest.
“È la porta di accesso al cimitero di famiglia.” rispose Houg.
“Posso entrare?” domandò Ernest.
Prima che Houg riuscisse a rispondere, intervenne Roni: “Non ti sembra un po’ troppo entrare in un cimitero a quest’ora della notte?”
“Cosa c’è, Roni? Hai paura, forse? Puoi aspettare qui, se vuoi. Io, invece, con il permesso del signor Houg, vorrei dare un’occhiata al cimitero di famiglia.” replicò Ernest con tono canzonatorio.
“Ma certo che può andare, anche se francamente non capisco proprio cosa speri di trovare.” disse Houg.
Ernest si avvicinò alla porta e la aprì. Una ventata d’aria fresca colpì il suo viso nell’istante in cui si trovò fuori. Fece luce con la torcia per leggere i nomi scritti sulle tombe. Si fermò quando lesse “Margaret Houg”. Si avvicinò per vedere meglio e si accorse che sopra la tomba c’era una rosa rossa e sotto di essa c’era qualcosa. Prese tra le mani l’oggetto per capire meglio cosa fosse e si accorse che si trattava di un tarocco. Osservando meglio la carta, lesse: “La morte”.
C’era qualcosa di strano; sentiva un bizzarro respiro, sembrava un respiro affaticato, forse di qualcuno impaurito. Decise allora di mettere in tasca la carta e presa la rosa si girò. La sorpresa fu grande e per poco non si mise ad urlare. Houg era proprio dietro di lui ed Ernest, che non lo aveva sentito arrivare, non si aspettava di vederlo. Il suo respiro era affaticato. Aveva paura.
“Cosa c’è?” disse Houg.
Ernest non rispose subito, aspettò una decina di secondi e poi chiese: “L’ha messa lei la rosa qui?”
“No.” rispose Houg.
“È meglio che entriamo, adesso.” disse Ernest e andò verso l’uscita.
Camminarono lungo tutta la cappella e poco prima che uscissero la torcia si spense.
“Forse le batterie sono scariche.” disse Roni mentre scendeva le scale insieme a Houg.
Ernest rimase indietro per un momento e si sentì osservato. Alzò la testa verso la camera del figlio di Houg, ma non vide nulla.
I tre uomini rientrarono in casa e si accomodarono nello studio di Houg.
“Dunque, la rosa non l’ha messa lei.” commentò Ernest non appena furono seduti.
“Assolutamente no, forse sarà stata mia figlia, anche se ho dei forti dubbi su questo.”
“Perché?”
“Perché, conoscendo mia figlia, non credo che potrebbe fare una cosa simile. Da quando è morta sua madre lei non è mai andata a visitare la sua tomba. Barbara è una ragazza ostile e cocciuta, e, detto tra noi, non andiamo molto d’accordo. In realtà non andava d’accordo neanche con mia moglie. Per questo dubito fortemente che possa essere stata lei ad aver deposto quel fiore...” disse Houg.
“Forse suo figlio, allora?”
“Oh no, lui non esce di casa. L’unica volta è stata quando lo abbiamo ricoverato, un mese fa. È da più di un anno che non mette il naso fuori.”
“Quanti anni ha suo figlio?”
“Dodici anni.”
“E non va a scuola?”
“Tre volte alla settimana riceve delle lezioni private.” rispose prontamente Houg.
Mentre il banchiere si alzava per accendere un sigaro, Ernest estrasse dalla tasca il tarocco e lo poggiò sulla scrivania.
Houg lo prese in mano, lo guardò e poi chiese: “Che cos’è?”
“L’ho trovato insieme alla rosa sulla tomba di sua moglie.” disse Ernest.
Houg teneva la carta tra le mai, sembrava sbalordito.
“Che cosa vuol dire?” chiese di nuovo Houg.
“Una cosa sola, signor Houg. Chi ce lo ha messa conosce molto bene il significato di quella carta. Qualcuno qui a casa sa leggere i tarocchi?” chiese Ernest.
“No, no, nessuno” disse Houg, che poi continuò: “Tutto questo è assurdo. Qualcuno ha messo una carta con un simbolo di morte sulla tomba di mia moglie? Lei pensa che questo voglia dire che io e la mia famiglia siamo in pericolo ?”
“Non lo escludo, signor Houg.” rispose Ernest.
“Questo è un incubo, ed io vorrei uscirne il più presto possibile. Non ho paura per me, ma per i miei figli.” disse Houg .
Ernest diede uno sguardo all’orologio e disse: “ Si è fatto molto tardi, signor Houg. Roni ed io dobbiamo proprio andare. Domani mattina sarò nuovamente qui e ne parleremo ancora.”
“Va bene, vi accompagno alla porta.” disse Houg.
Scesero le scale e andarono verso il soggiorno.
Ernest si voltò ed il suo sguardo si posò sul ritratto di Margaret Houg. Per un attimo sentì i brividi lungo la schiena.
“A domani, allora.” disse Houg rivolgendosi ad Ernest appena arrivò alla porta.
“Si, signor Houg, sarò qui appena possibile.” rispose Ernest.
Houg salutò Roni, poi si girò nuovamente verso Ernest come se volesse dirgli qualcosa, ma poi cambiò idea e rientrò in casa.
I due amici partirono in silenzio e solo dopo un paio di chilometri Roni commentò: “È un bel mistero, non pensi?”
“Così sembra.” rispose Ernest.
“Io sono rimasto senza parole. È proprio un bel pasticcio. Non sarà tanto facile.”
“Si, lo so che non sarà facile, ma chi fa questi giochetti alla fine commetterà un errore ed io sarò pronto a metterlo con le spalle al muro.” rispose Ernest, che poi aggiunse: “Almeno spero.”
“Auguriamoci che tutto questo finisca al più presto e soprattutto che nessuno si faccia male.” disse Roni.
“Se è come penso io, è molto probabile che tutta questa storia finisca molto presto.”
“Non mi dire che hai già un sospetto?” domandò Roni.
“Forse.”
“Dai, non fare il misterioso, parla!” lo incoraggiò Roni.
“La figlia di Houg.”
“Che cosa c’entra lei?” chiese Roni stupito.
“Beh… prima di tutto, hai sentito cosa ha detto suo padre di lei? Che è una ragazza ostile e che non vanno molto d’accordo; secondo, nessuno ha visto il fantasma eccetto lei; terzo: hai notato anche tu la somiglianza con la madre, o no? Conclusione possibile: vuole fare un dispetto a suo padre e gioca a raccontare storie di fantasmi.”
“Mi dispiace, ma non mi convince questa versione perché: uno, il fantasma lo ha visto prima il fratello, che è pure stato ricoverato in ospedale per questo; due, è vero che è una ragazza ostile, ma mi sembra troppo inventare tutto questo solo per fare un dispetto al padre; tre, non capisco che cosa c’entri la somiglianza con sua madre.” chiarì Roni.
“Forse mi sbaglio. Il fatto è che sono stanco e poco lucido. Però nel suo racconto c’è qualcosa che non va. Non mi convince affatto.”
“Perché no?”
“Perché dice di avere visto il fantasma bene in faccia, ma anche noi eravamo nella cappella e siamo stati costretti ad usare una torcia elettrica per fare luce, o mi sbaglio?”
“Questo è vero.” rispose Roni.
“Allora, come ha fatto a vedere bene il viso, se la cappella era al buio? E poi, come fa a ricordare bene tutti i movimenti, se dice di averlo visto solo per pochi secondi?”
“Non lo so, Ernest. Sarà meglio che domani tu lo chiarisca direttamente con lei.”
“Certo, che lo farò.” rispose Ernest.
“Ma il pensiero che possa realmente essere un fantasma non ti sfiora nemmeno?” chiese Roni.

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