Читать онлайн книгу «Luna Calante» автора Ines Johnson

Luna Calante
Ines Johnson
Innamorarsi è la vendetta più dolce.

Certa che l'amore e la passione siano volubili, Rhetta si accontenta della ragionevole proposta del suo mite fidanzato. Sfortunatamente, la rottura  tra il suo fidanzato e suo fratello minaccia le loro imminenti nozze. Quando accetta di contattare il suo futuro cognato, Rhetta non ha idea che lui diventerà il suo peggiore incubo. Il passionale e irrazionale lupo alfa non è interessato a risolvere le vecchie questioni con suo fratello. È intenzionato a dare un morso a Rhetta.

Rory vuole vendicarsi da quando suo fratello ha causato la ferita invalidante che ha portato la sua stessa fidanzata a rifiutarlo. Quale modo migliore per vendicarsi se non seducendo la prepotente donna manager che suo fratello sta per sposare? È certo che una tale puritana sarà facile da portare nel suo letto. Quello su cui non conta è il bacio proibito che gli assicura che lei è la vera compagna della sua anima. Ora Rory deve convincere Rhetta a fare qualcosa di selvaggio e scegliere lui invece di suo fratello.

Ogni libro della serie Moonkind è a sé stante e può essere goduto in qualsiasi ordine.

Luna Calante è il terzo di una serie paranormale piena di uomini alfa e di donne forti e capaci che li piegano in ginocchio. Se vi piace un tocco di magia nei vostri romanzi d'amore, allora amerete le streghe, le fate e i lupi nel mondo distopico della razza lunare.

Comprate oggi Luna Calante di Ines Johnson e ritrovatevi catturati dal bagliore della luna di questo romanzo paranormale pieno di colpi di fulmine andati spassosamente male, famiglie prepotenti che vi scalderanno il cuore, e il calore sensuale che c'è solo tra anime gemelle.


Luna Calante
Copyright © 2018, Ines Johnson. Tutti i diritti riservati.

Tutti I diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, immagazzinata in un sistema di raccolta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, di fotocopiatura, di registrazione o altro, senza previa autorizzazione dell'autore.

Prodotto negli Stati Uniti D’America
Prima edizione Gennaio 2018

Indice
Capitolo 1 (#ue8778329-9a47-5a5d-987a-5f2096f18e4a)
Capitolo 2 (#u3ad5e4b5-fee2-5b58-9326-ed5260c423b4)
Capitolo 3 (#uaaf01e06-f246-561d-9936-5f539b10f97a)
Capitolo 4 (#u1d2f116e-6301-515d-8362-62456dc9afe5)
Capitolo 5 (#uc81e3b04-d8f6-5add-9614-e67c64f9e8e4)
Capitolo 6 (#ub1bfc0b5-49c6-55e0-8be1-e495b9a35768)
Capitolo 7 (#u82af695b-482d-5cc2-b877-a92a057e7ae0)
Capitolo 8 (#ued418f28-14af-5a4c-9482-a30640a5cb6a)
Capitolo 9 (#u6fcef02e-a65e-5576-9987-9ab6712bc063)
Capitolo 10 (#u50c5117f-68ab-5e81-b5c5-878cf7d3f8c2)
Capitolo 11 (#u52967147-d90d-5eb5-a6f2-0d3a52bfeb62)
Capitolo 12 (#ufa9e370c-b58f-5343-9d99-076432d0dcbb)
Capitolo 13 (#u15c54336-7d05-51dc-8108-73fec6dfd3ae)
Capitolo 14 (#uef51ea58-9b1c-54f2-8bda-5d65c796bff1)
Capitolo 15 (#u55042b93-4768-5803-ae3a-0eb6e816f6d4)
Capitolo 16 (#ucbde2523-df2a-5c82-8662-ec759721754e)
Capitolo 17 (#ucd47fc13-c89c-50be-9266-11293e26b9e7)
Capitolo 18 (#uf313d08e-f1b6-561e-bedc-64fe9835b7e5)
Capitolo 19 (#u8186a970-29fe-5b3f-98d8-b3496fe1f4f2)

Capitolo Uno
Rhetta prese la saliera e ne pulì la parte superiore. Le dava fastidio che alcuni dei cristalli che erano stati esposti alla contaminazione e ai germi vari dell'aria finissero nuovamente nel contenitore. Tuttavia, sapeva che non avrebbe aggiunto sale al suo pasto. Mise da parte il condimento per assicurarsi che anche il suo compagno non lo facesse. Prese la pepiera. Anch'essa aveva dei residui incrostati sui fori in cima. Li spinse via come aveva fatto con il sale. A catturare la sua attenzione furono, poi, i tovaglioli. La piega del suo era sbagliata. Era piegato per la larghezza, invece che per la lunghezza. Tutti sapevano che i tovaglioli dovevano essere piegati dal lato lungo per permettere a qualsiasi residuo di avere più spazio fino alla cucitura. Onestamente, il personale di quella struttura non aveva alcuna formazione a riguardo?
Rhetta si guardò intorno, chiedendosi chi fosse di turno quella sera. Anche se quello era uno dei suoi ristoranti preferiti, il servizio non era un granché. Sapeva che se Sarah fosse stata di turno a lavoro, tutto sarebbe stato in ordine. Il disastro dei condimenti e dei tovaglioli le disse che doveva essere la serata libera della donna. Probabilmente era Lance che lavorava, quella sera.
Dal suo posto all'angolo del ristorante, vide la testa riccioluta di Lance piegata su un tavolo ad ascoltare un altro gruppo di ospiti. Il suo sorriso affascinante sviava l’attenzione dai suoi gesti lenti. Lo osservò grattarsi la testa e poi proseguì a riempire i bicchieri d'acqua dei commensali, con il rischio che qualcuno dei suoi capelli cadesse nel bicchiere di uno degli ospiti.
A Rhetta si strinse lo stomaco e distolse lo sguardo da quella scena. Prese in mano il suo tovagliolo e stirò le pieghe in modo coretto. Poi raccolse quello del suo compagno e iniziò lo stesso procedimento.
"Rhetta?" disse Jordan.
Rhetta guardò negli occhi scuri di Jordan. La luce del lampadario si rifletteva sui suoi occhiali. Era più agitato del normale, quella sera.
Notò anche che i suoi capelli erano diventati lunghi. Doveva assicurarsi di fissargli un appuntamento dal barbiere. Si sarebbe assicurata di controllare se Mel fosse di turno quel sabato. Tagliava i capelli di Jordan esattamente come piaceva a lei.
"Rhetta," iniziò di nuovo Jordan. "C'è qualcosa di cui voglio parlarti."
"Sì, Jordan?" Rhetta si allungò e prese la forchetta del suo compagno. I rebbi erano di un grigio opaco. Non riusciva a vederne la lucentezza. Lance non avrebbe ricevuto alcun complimento o nessun genere di mancia quella sera.
Rhetta alzò lo sguardo quando notò il silenzio di Jordan. Lui la guardava mentre strofinava l'argenteria. I suoi denti mordicchiavano il labbro inferiore, come se non fosse sicuro se far uscire le parole.
Rhetta mise giù le posate insieme al tovagliolo che aveva ancora bisogno di essere ripiegato. Invece, diede a Jordan tutta la sua attenzione. Incrociò le mani sul tavolo, tirò indietro le spalle e guardò il suo viso.
Nonostante avesse un aspetto accettabile, non avrebbe necessariamente definito il suo compagno bello. Il che le andava bene. Se lo fosse stato sarebbe stato un problema troppo grande.
Jordan era bello da guardare. Bello da guardare per lei. Non aveva notato nessun'altra donna nel locale che si fosse fermata a guardarlo. Il che era perfetto per lei.
"Sì, Jordan?" chiese quando lui rimase in silenzio.
I denti di Jordan si staccarono dal labbro, ma la bocca si chiuse. Inspirò dal naso e trattenne il respiro.
Rhetta si aspettava che aprisse la bocca per far uscire un getto d'aria. Ma invece la tenne la chiusa, e il respiro gli uscì dal naso. Quell’espirazione suonò strana. Lei si chiese se avesse il raffreddore. Doveva assicurarsi che vedesse presto il dottor Brown. Non sarebbe stato opportuno che Jordan si fosse preso un raffreddore per poi trasmetterlo a lei. Lei aveva troppo lavoro da fare.
In effetti, entrambi avevano troppo lavoro da fare ora che lei era diventata addestratrice di cani per la clinica veterinaria di Jordan. Rhetta aveva dei piani precisi su come avrebbe reso l’attività del suo compagno la migliore di tutta la Valle di Sonora. Avrebbe iniziato con la reception dell’ufficio che era decorata con carta da parati beige, un divano color sabbia e tavolini color caffè.
Rhetta non dubitava che dietro l'arredamento ci fosse lo zampino dell’onnipresente madre di Jordan. Quella donna non aveva un briciolo di gusto. C’erano voluti mesi a Rhetta per distogliere Jordan dall'indossare camicie a righe a favore di quelle in tinta unita.
Guardò di nuovo Jordan. Sembrava avere problemi a trovare le parole, il che era abbastanza frequente nel suo caso. Non era un uomo di molte parole, il che non era un problema per lei. Non avrebbe sopportato un uomo presuntuoso e chiacchierone che osasse provare a dirle cosa fare. Aveva avuto abbastanza ordini da quel lupo alfa di sua madre.
Jordan aprì la bocca per parlare. Ma poi la richiuse quando il cameriere si avvicinò.
"Come sta questa sera, signora Veracruz? Dottor Garcia?" Lance sorrise a entrambi, sfoderando il suo fascino.
Rhetta lo fulminò con lo sguardo. "Lance, abbiamo bisogno di nuove posate. Queste non sembrano essere uscite direttamente dalla lavastoviglie."
L'affascinante sorriso di Lance si affievolì al suo tono severo. "Sì, signora," disse, e poi le voltò le spalle per rivolgersi a Jordan. "Cosa posso portare a lei e alla signora questa sera, dottor Garcia?"
Jordan sbatté le palpebre mentre guardava l'uomo, apparentemente preso alla sprovvista dalla domanda che gli era stata posta. "Stavo pensando alla bistecca..."
Rhetta si schiarì la gola.
Lo sguardo di Jordan trovò il suo. "O forse, preferirei..." La sua fronte si corrugò e strizzò gli occhi a Rhetta. "Il pollo?"
Rhetta arricciò il naso.
Jordan si morse il labbro. Studiò l'espressione di lei come se stesse cercando un indizio sul desiderio del suo cuore, o meglio del suo stomaco. Dopo trenta secondi, si arrese. “Cosa suggeriresti, cara?”
"Perché non provi il salmone con le verdure?" suggerì Rhetta. "Sarà più digeribile per il tuo stomaco. E la consistenza della carne non richiede l'uso di un coltello da bistecca, il che ti eviterà di avere bisogno di altre posate."
Lance alzò un sopracciglio verso Jordan. Jordan evitò di proposito lo sguardo dell'altro uomo.
"Prenderò l'insalata di pollo con le patate. Per favore, assicurati che le patate siano croccanti e che il pollo sia cotto in olio d'oliva, non in olio vegetale." Rhetta prese il menu di Jordan, lo mise sotto il suo e li porse entrambi a Lance. "Ti stai segnando tutto, Lance?"
Lance le sorrise, con una finta educazione tradita dalla smorfia della bocca. "È tutto qui dentro." Si tamburellò il dito sulla testa prima di abbassarla e girarsi per dirigersi verso la cucina. Mentre si allontanava, Rhetta lo sentì borbottare sottovoce, ma non riuscì a capire nessuna delle parole.
“Sospetto che avremo un po' di starnuti e qualche colpo di tosse sulla nostra cena” disse Jordan mentre guardava Lance tornare verso le cucine.
Rhetta guardò accigliata il suo accompagnatore. "Cosa vuoi dire?"
Jordan aprì la bocca per spiegare, ma poi sembrò ripensarci. Invece, giocherellò con il tovagliolo che lei aveva appena ripiegato con cura per lui.
"Ah," sospirò Rhetta. "Ho dimenticato di dire a quell'idiota di prendere anche dei tovaglioli puliti."
"Rhetta," iniziò Jordan. "C'è qualcosa di cui voglio parlarti. Anzi, una cosa che voglio chiederti."
Rhetta sbirciò oltre la spalla di Jordan, guardando Lance mentre si asciugava il sudore dalla fronte, stringeva la mano al vecchio signor Kornacki e poi afferrava ancora una volta la brocca dell'acqua. Decise in quel momento di rinunciare all'acqua offerta con la cena. In effetti, aveva intenzione di prendere Jordan per un braccio e marciare con lui fuori da lì finché Sarah non fosse tornata e avesse riportato le norme igieniche in quel luogo.
"È solo che... Beh, stavo pensando... Siamo stati insieme per così tanto tempo... e, ho pensato che forse, forse era il momento per..."
Tutta l'attenzione di Rhetta tornò su Jordan. Si sedette dritta sulla sedia. Ecco. Stava finalmente per farlo.
“Beh, vai avanti,” disse.
Jordan si tirò il colletto della camicia bianca, pulita e ben stirata. Indossava la cravatta che lei gli aveva regalato per festeggiare i loro tre mesi insieme. Per quell'anniversario, le aveva regalato un braccialetto. Al loro anniversario dei sei mesi, le aveva regalato degli orecchini abbinati. Era rimasto solo l'anello.
Rhetta guardò l'orologio. Sapeva che sarebbe successo, ma non se lo aspettava prima del loro nono mesiversario. Jordan era effettivamente in anticipo, il che era un po' fastidioso.
Se avesse saputo che lui le avrebbe fatto la proposta quella sera, non avrebbe indossato quel vestito. Sicuramente non avrebbe scelto quel ristorante. E Jordan sarebbe stato molto meglio con il suo blazer blu, per un momento come quello, invece di quello marrone che indossava. Oh, bene. Doveva solo gestire la situazione.
Sapeva che Jordan era quello giusto, quello perfetto per lei. Era un veterinario, un mago con i suoi cani. La differenza di età era giusta, con lui che aveva solo qualche anno in meno, il che era eccellente, dato che Rhetta conosceva in prima persona il famoso detto ‘non si possono insegnare cose nuove ai cani vecchi’.
Il detto non si addiceva tanto a Rhetta con le sue abilità. Aveva addomesticato molti cani selvatici nel corso della sua vita. Tuttavia, quando si trattava di maschi umani, era difficile mantenere la loro attenzione dal momento in cui iniziavano camminare su due gambe. Con un lupo, non c'era speranza di mantenere il controllo quando invece scopriva di avere quattro zampe.
Ma Jordan non era un lupo. Jordan era tutto uomo. Beh, tecnicamente era metà maschio e metà lupo. Ma il suo lato da lupo non si era mai manifestato.
La famiglia di Rhetta non avrebbe mai accettato che lei uscisse con un umano purosangue. Jordan aveva il marchio del lupo quanto bastava per essere accettato. Lo sperava. La sua famiglia non l'aveva ancora incontrato.
Rhetta, riguardo i cani, diceva sempre che non era l’animale a dover essere addestrato, ma il suo proprietario. E da quel momento, Rhetta sarebbe stata l'orgogliosa proprietaria del dottor Jordan Garcia. Se avesse continuato con la domanda. Ma lui proseguiva a balbettare e a farfugliare rovinando il suo grande momento.
"Cos'è che vuoi chiedermi, Jordan?" lo incitò Rhetta.
"Beh, Rhetta, so che forse è presto, ma ormai sono sei mesi che stiamo insieme."
Erano otto, ma lei decise di non menzionarlo ora che lui sembrava essersi dato una mossa.
"E quando un uomo lo sa, lo sa.” Lui fece una pausa. La sua mascella cominciò a muoversi di nuovo mentre si mordeva l'interno della guancia.
"Un uomo sa cosa Jordan?" chiese lei.
"Un uomo sa quando ha trovato la donna giusta.” Lui fece di nuovo una pausa. Altre rughe gli spuntarono sulla fronte corrucciata.
Rhetta annuì mentre aspettava. E poi gli diede un'altra spinta. "E tu hai trovato la donna giusta?"
Jordan annuì, seguendo i movimenti della testa di lei. "Ho trovato la donna giusta con cui passare il resto della mia vita."
Rhetta fece un respiro profondo, chiudendo brevemente gli occhi in una silenziosa preghiera di ringraziamento alla Dea della Luna. Ecco. Stava accadendo. Guardò fuori dalla finestra per vedere la luna crescente, e, quando lo fece, i suoi occhi si allargarono quando videro quella sagoma curva. Si voltò di nuovo per vedere Jordan che si metteva la mano in tasca e tirava fuori una scatola.
"Fermati," disse lei.
Jordan si bloccò con la mano ancora sul suo fianco.
"Non puoi chiedermelo adesso." Lei indicò l'esterno. "Non c’è la luna giusta."
Jordan guardò fuori dalla finestra, confuso.
"Non puoi chiedere a un lupo di sposarti con la luna calante."
Jordan sbatté le palpebre, la confusione che gli offuscava la vista. "Non sapevo che fossi così superstiziosa."
Questo fece riflettere Rhetta. Non era superstiziosa di per sé, ma non voleva sfidare i cattivi presagi della luna. Mai. E la Dea della Luna si sarebbe davvero arrabbiata se Rhetta avesse accettato di accoppiarsi per la vita quando Lei non era piena.
"Non puoi chiedermelo adesso,” disse. "Devi aspettare la luna piena."
"Ma è domani sera. Io non sarò qui domani sera, ricordi? Devo andare da mia madre."
Rhetta sospirò. La sua benedetta madre amante del beige, col grembiule allacciato stretto, perennemente malata.
"Pensavo che non ti piacesse aderire alle usanze degli esseri lunari," disse Jordan.
In genere lei non lo faceva. Preferiva i modi umani di muoversi nel mondo invece di quelli aggressivi, superstiziosi e arretrati dei suoi antenati licantropi.
"Non mi importa in che modo facciamo le cose. Rhetta, i miei sentimenti per te non cambieranno in una notte." Jordan fece cenno di volerle prendere le mani e lei gliele porse. "Ma voglio andarmene sapendo che sarai mia moglie. Voglio dire a mia madre che ho trovato la donna con cui ho intenzione di passare il resto della mia vita."
Rhetta si spostò indietro sulla sedia, tirando Jordan in avanti, dato che lui le teneva ancora le mani. Non aveva mai saputo che quell'uomo fosse così romantico. E la cosa non le piaceva.
Guardò di nuovo fuori dalla finestra. Lui aveva ragione. Aveva coltivato quella relazione per quasi un anno. Aveva addestrato e preparato Jordan meglio del previsto. Ed erano arrivati all'esatto risultato che lei aveva accuratamente costruito.
Dopo tre anni da vedova, Rhetta era pronta ad accoppiarsi di nuovo. Doveva essere una moglie, avere una sua famiglia, una sua casa, le sue regole. Aveva trascorso molto più tempo di quanto avrebbe voluto in casa di sua madre dalla morte di suo marito.
Jordan aveva una piccola casa che sarebbe stata adatta ai suoi scopi. Prima si sarebbero fidanzati ufficialmente, prima lei avrebbe potuto trasferirsi e iniziare a ordinare nuovi mobili. Se avesse fatto aspettare Jordan per la proposta, sarebbe passato un mese intero, e poi avrebbero avuto bisogno di almeno altri due mesi per pianificare la cerimonia in coincidenza con la luna piena.
Avrebbe potuto essere fuori da casa di sua madre in un mese se avesse accettato la sua proposta con una sola notte di anticipo.
"Ok," disse lei.
"Ok... cosa?"
"Ok, puoi chiedermelo ora."
I lineamenti di Jordan si rilassarono mentre lasciava uscire un respiro e allungava la mano con la scatola aperta. "Rhetta, vuoi..."
"Aspetta!"
Jordan allontanò di scatto le mani e la scatola verso il suo lato del tavolo.
"Devi metterti in ginocchio."
"Sono confuso." Jordan si accigliò di nuovo. "Questo è il modo umano. Pensavo che ora lo facessimo alla maniera dei lupi."
"No, se lo facessimo alla maniera dei lupi tu mi avresti presa con forza fuori sotto la luna e mi avresti morso il collo. Tu sei metà lupo e metà umano. Quindi, ci incontreremo a metà strada." Lei lo guardò con autorevolezza. "Mettiti in ginocchio."
"Ma il pavimento è sporco."
Lei gli passò uno dei tovaglioli. Che non avrebbero comunque usato durante la cena.
Jordan sospirò, ma prese il tovagliolo e lo posò sul pavimento appiccicoso. Ormai avevano attirato su di loro sguardi interessati. Jordan alzò gli occhi verso i curiosi e il suo viso impallidì.
Rhetta non era una che amava l'attenzione, ma erano già a metà di quella scena. Se si fossero fermati in quel momento, avrebbero attirato più attenzione e Jordan si sarebbe vergognato. Rhetta non poteva permetterlo. Non quando quello che voleva era a soli trenta giorni di distanza.
"Continua," gli disse.
Jordan sussultò. Aprì la scatola. Dentro c'era un piccolo anello di diamanti. Non brillava molto, ma non era neanche troppo opaco.
"Rhetta Veracruz, vuoi farmi l'onore di essere la mia compagna e mia moglie per il resto dei miei giorni?"
"Non dovresti dire giorni. I lupi si accoppiano di notte. Prova ancora."
Jordan prese un altro respiro. "Rhetta Veracruz, mi faresti l'onore di essere la mia compagna e mia moglie per il resto delle mie notti?"
"Sì, Jordan. Sì, sarò la tua compagna. Sì, sarò tua moglie."
Gli applausi esplosero intorno a loro. Jordan le fece scivolare l'anello sul dito. Lei si chinò e lo abbracciò. Fu un po' imbarazzante vista la loro differenza di altezza. Il tovagliolo sotto il ginocchio di Jordan scivolò facendolo cadere in avanti verso di lei. Ma lui si raddrizzò prima che la sedia di Rhetta cadesse in terra.
Jordan si alzò e le diede un casto bacio sul lato della guancia. Alcuni commensali maschi si alzarono per stringergli la mano. Le mani di Jordan furono inghiottite dai maschi per lo più umani riuniti al tavolo. Riprese il suo posto proprio quando arrivò il loro ordine.
"Hai fatto molto bene, Jordan," disse Rhetta mentre prendeva il coltello e la forchetta puliti dalle mani di Lance. Non erano immacolati, ma quantomeno non erano nemmeno impataccati. Era abbastanza soddisfatta degli eventi della notte da decidere di rischiare con le posate.
"C'era un'altra cosa di cui volevo parlarti," disse Jordan. "Come sai, domani vado fuori città a trovare mia madre."
Rhetta era contenta di avere in bocca un pezzo di pollo. Jordan era sempre fuori città a trovare sua madre. La donna era tornata a vivere in un insediamento umano dopo che il padre lunare di Jordan era morto diversi anni prima. I viaggi di Jordan sacrificavano molto del loro tempo insieme. Ma Rhetta avrebbe cambiato quella situazione una volta che le cose fossero diventate ufficiali tra loro.
"C'è qualcosa che non ti ho detto, Rhetta."
Lo sguardo di Rhetta si posò su quello di Jordan. Si vantava di sapere tutto di quell'uomo con cui aveva deciso di passare una bella vita comoda. Non aveva idea di quello che lui stava per dirle, e non le piacevano le sorprese.
"Ho un fratello."
Rhetta inclinò la testa di lato a quell’informazione. Era una novità. Sapeva della madre di Jordan, ma non aveva chiesto di eventuali fratelli. Solo la presenza di sua madre e i suoi continui bisogni le erano bastati.
"È il mio fratellastro; il figlio di mio padre. Ci siamo allontanati negli ultimi anni a causa del cattivo sangue che scorreva tra noi. Voglio che venga al matrimonio. Ma non vuole parlare con me. Credo che però parlerebbe con la mia futura sposa."
"Vuoi che parli con tuo fratello, anche se vi siete allontanati? Non posso viaggiare fuori città in questo momento, Jordan."
"Vive in città."
Rhetta appoggiò le posate a quella nuova informazione. "Com'è possibile? Usciamo insieme da tutto questo tempo e non l'abbiamo mai incontrato?"
In realtà non era così improbabile come lo faceva sembrare. C'erano alcune famiglie in campagna che non venivano mai in città. La madre di Rhetta odiava farlo, preferendo vagare per i campi e i vigneti come la creatura selvaggia che era.
"Mio fratello, Rory, è il proprietario della macelleria su Main Street," le spiegò Jordan.
"La macelleria? Quella dove le donne si mettono in fila sui tacchi per avere le loro bistecche?"
Aveva sentito parlare dello splendido macellaio di Main Street. Rhetta non aveva mai visitato il negozio da quando viveva in una fattoria sostenibile. E non aveva alcun interesse per un uomo per cui le donne sbavavano e litigavano.
"Cos'è successo tra voi due?" gli chiese.
"Sono sciocchezze.” Disse Jordan in modo evasivo. "Ma lui non mi perdonerà. Per favore, voglio che lo inviti al matrimonio. Fallo accettare e poi potremo cominciare a ricucire i rapporti. Lo farai per me?"

Capitolo Due
La sveglia di Rory suonò indicando l'arrivo di un nuovo giorno. Fuori dalla finestra del secondo piano, sentì gli usignoli cinguettare in coro. I grilli facevano vibrare le loro zampette posteriori in cerca di una compagna.
Con un solo occhio aperto, scrutò fuori dalla finestra per vedere la luna nel cielo. La presenza della divinità celeste influenzava gli istinti di base degli abitanti della terra. Rory allungò la mano e colpì ripetutamente la sveglia, finché il suo stridore cessò. Il rumore mise a tacere gli uccelli sul davanzale. Lo sfregamento dei grilli cessò mentre probabilmente si allontanavano.
Seguì il silenzio, ma i raggi luminosi della luna non si affievolirono. Nel profondo del suo cuore, Rory voleva maledire la Dea. Sapeva, però, che le sue maledizioni sarebbero cadute nel vuoto. La Dea non si preoccupava di ascoltare le sue preghiere da molti anni.
Rory si girò su un fianco e si alzò. Fece oscillare una gamba fuori dal letto. Poi, usando entrambe le mani, sollevò l'altra dal materasso e la portò sul pavimento. Con un sollevamento e una spinta, mise il suo grosso corpo in posizione verticale fino a stare in piedi. Mentre si alzava perse l’equilibrio, ma allungò la mano verso la parete laterale per stabilizzarsi.
Un'imprecazione gli sfuggì dalle labbra.
Fece un passo sulla gamba buona. Ma quella zoppa era rigida, e vacillò. Imperterrito, Rory fece un altro passo e ottenne lo stesso risultato. Allungò la mano per prendere il suo bastone. Appoggiando il peso su di esso, riuscì a raggiungere l’armadio.
Sbirciando all'interno, cercò il suo guardaroba quotidiano: jeans strappati e una maglietta. Si infilò l'ultima parte della sua uniforme, il grembiule, e se lo legò intorno alla vita. In meno di un'ora sarebbe stato coperto di sangue e budella.
Passando davanti allo specchio, si passò le mani tra i capelli spettinati. Nel frattempo, i suoi occhi cercavano di non soffermarsi troppo sul riflesso allo specchio. Non ci riuscirono.
Una bestia selvaggia lo fissava nel riflesso. I suoi occhi scuri erano resi ancora più neri dalle borse sotto di essi. I suoi capelli arruffati e lunghi non riuscivano comunque a coprire quell’immagine, anche se le lunghe ciocche ci provavano. Rory premette i palmi delle mani sulle guance dove cresceva la sua barba incolta nel tentativo di lisciarla, ma quella sfuggiva al tentativo, uscendo in ogni direzione. Rinunciò, allontanandosi dallo specchio e dirigendosi al piano di sotto.
Nel lavandino c'era un blocco di ghiaccio dove lingue grandi come i suoi piedi si erano scongelate durante il giorno mentre lui dormiva. Due carcasse fresche erano state consegnate e appese al centro della sua area di lavoro. Rory prese la sega e iniziò a lavorare sui quarti posteriori della carcassa.
Quel manzo era stato ben allevato, ben nutrito e ben curato dalla prima all'ultima sua ora. Rory avrebbe onorato una creatura così ben fatta mentre la tagliava a pezzi.
Il suono della carne e dei tendini che venivano strappati riempì la stanza. Il rumore del metallo che colpiva le ossa gli ronzava nelle orecchie; era il suo suono preferito. Rory separò i quarti posteriori dai fianchi, dalle costole e dagli stinchi. Ben presto, il primo manzo fu smembrato e messo nel banco all’entrata del negozio.
Tornando nel retrobottega, prese una lama da quindici centimetri e cominciò a lavorare per tagliare i filetti per i suoi clienti. Fece scivolare la lama lungo la parte larga della carne, tirando il tessuto e tagliando lungo la venatura.
Le piccole cicatrici e i cheloidi che aveva su tutte le mani e le dita si flettevano e sembravano avvicinarsi mentre lavorava. Le ferite e le cicatrici da battaglia erano il risultato di anni di caccia e macellazione. Aveva imparato tutto quello che sapeva da suo padre; l'arte della caccia e la sua abilità con la lama. Il talento era nella linea di sangue dei Garcia. Anche se l'abilità aveva decisamente saltato alcuni membri della sua famiglia.
Rory si scosse. Non passava un giorno senza che pensasse a suo fratello, la ragione per cui era ridotto così in quel momento. Cioè solo, nel retro di una macelleria, con un piede maciullato. Non era più fuori nei boschi, ad annusare una preda da portare a casa per nutrire il corpo caldo della donna che amava. Infilò il coltello in profondità nella carcassa e sentì un rantolo acuto.
Si voltò per vedere Shelly, la sua assistente al banco nella macelleria. I capelli lisci le scivolavano lungo i lati del viso rotondo. Aveva le sembianze di un gufo: occhi grandi, naso lungo e una bocca minuscola con labbra così sottili da sembrare una sola linea. Shelly aveva anche l'abitudine di vestirsi con dei volant che ricordavano a Rory le piume di un uccello. Si spaventava facilmente e, quando il suo corpo tremava, sembrava che avesse le piume arruffate.
"Sì?" chiese Rory.
Sapeva che il suo tono era burbero, ma sapeva anche che Shelly aveva un debole per lui. Manteneva un atteggiamento acido per scoraggiarla. Non era difficile; i suoi giorni erano tutti amari dall'incidente che lo aveva lasciato mezzo uomo.
Quando Shelly non rispose, si voltò di nuovo verso di lei. Guardando più da vicino la donna, si accigliò. C'erano macchie rosse sul suo viso e occhiaie intorno agli occhi.
"Sei stata coinvolta in una rissa?" chiese.
"No." Il suo tono era indignato, ma poi le sue labbra sottili si incurvarono in quello che Rory immaginò fosse un sorriso. "Mi sono rifatta il trucco. Un po' di fard sulle guance per darmi una sana luminosità e l'eyeliner per far risaltare i miei occhi. Ti piace?"
"Sembra che ti sia trovata nel bel mezzo di una scazzottata," le rispose. "E che tu abbia avuto la peggio."
Shelly si infastidì. Le sue guance si afflosciarono e la sua bocca si spalancò, il che riportò il suo aspetto a quello che sembrava avere normalmente.
Rory si voltò verso la carcassa fresca e preparò la sua lama. "Qualche ordine speciale?"
Shelly tirò fuori il blocco che usava per prendere gli ordini al bancone. La maggior parte dei macellai stavano nel davanti del locale per offrire un miglior servizio al cliente. Erano lì per rispondere alle loro domande e dare suggerimenti.
Rory non aveva la pazienza o il contegno per farlo. Nemmeno prima che l'incidente avesse rallentato i suoi movimenti e smorzato il suo spirito. Preferiva tagliare la carne, caricare le casse con i tagli preferiti e prendere le richieste per qualsiasi altra cosa.
La maggior parte dei suoi clienti ordinava tagli di costata, straccetti e filetti. C'era sempre richiesta di filet mignon. Ma alcuni clienti erano un po' smaliziati, andando controcorrente e offrendo a Rory la possibilità di flettere la sua mannaia ordinando un particolare taglio del collo, una lombata e uno spinacino.
"June Collinson ti chiede di "denudare" completamente i suoi tagli." Il tono di Shelly diventava più scontroso a ogni ordinazione. “Clary Bignam ti chiede di "lasciare l'osso" nella sua carne. Tracy Alman chiede che leghi il suo ordine di carne 'molto stretto'."
Rory si mise al lavoro per soddisfare le richieste. Non prestò attenzione alle strambe osservazioni. Non era stupido. Sapeva che quelle donne - lupe, umane e fae - erano tutte interessate a dargli un morso. Le donne gli erano sempre andate dietro. Era un lupo alfa, dopo tutto.
Solo che non gli interessava più essere preso.
C'era solo una donna a cui aveva dato la caccia. Solo una donna a cui aveva voluto offrire la sua carne. L'aveva avuta tra i suoi artigli, ma dopo essere stato ferito, lei lo aveva respinto. Quello gli aveva fatto più male della ferita al piede.
Rory non poteva nemmeno vantarsi di essere stato ferito da un orso o da un leone di montagna mentre era a caccia. Sebbene quello avesse fatto al momento dell'incidente, la bestia che lo aveva abbattuto era stato il suo debole e vile imbecille fratellino.
Rory guardò la carcassa che stava affettando per scoprire che aveva rovinato il taglio. Sospirò. Almeno era meglio che tagliare un pezzo di Jordan. Leggermente meglio.
Alzò lo sguardo al suono del trambusto del pomeriggio. Le donne umane erano in fila, appena uscite dal loro lavoro giornaliero e venute al negozio per l'ingrediente principale dei loro pasti serali.
La maggior parte delle donne non stava guardando i tagli proposti. Le loro teste erano piegate verso il retro per dare un'occhiata a lui. A parte gli sguardi, sapeva che l'idea della sua ferita non faceva che suscitare il loro interesse. A molte di esse piaceva credere che sarebbero state loro ad avere il tocco giusto per guarire l'animale ferito che era in lui.
Rory non era ferito. Rory era ferino. E così non prestava attenzione agli occhi desiderosi, truccati e carichi di mascara che lo cercavano. Come ogni lupo respinto, il suo cuore era rimasto con la donna che sapeva essere la sua unica vera compagna.
E così si rimise al lavoro, ignorando il dolore al piede e quello al cuore. Il campanello sopra la porta suonò di nuovo. Non fu lo squillo a catturare l'attenzione di Rory, ma la richiesta che risuonò un attimo dopo.
"Mi dispiace, signora, ma non può andare là dietro."
Rory sentì la voce di Shelly avvicinarsi, stridente come al solito. Alzò lo sguardo e notò che sembrava essere più alta perché lei era avvicinata maggiormente a lui .
Shelly cercò di riparare il suo piccolo corpo quando un'altra donna le girò attorno. Quella donna sembrava più vecchia. Ma probabilmente non era così vecchia come appariva. Il modo in cui si vestiva, il modo in cui si atteggiava, la faceva sembrare così. Era una di quelle donne che sembrava non curarsi del suo aspetto e che si vestiva per nascondere la sua sensualità. Una di quelle intellettuali che pensavano che il cervello fosse più importante della bellezza.
"Scusami," disse la donna.
Rory sapeva che stava parlando con lui. Non era interessato a qualsiasi cosa lei stesse vendendo. Sapeva che il modo migliore per liberarsi dei visitatori indesiderati era semplicemente ignorarli.
"Scusami," ripeté lei. "Sei Rory?"
Rory tenne la testa bassa. Tagliò la carne, grossolanamente, in modo che il sangue schizzasse. Ma quella donna non dedico neanche uno sguardo alle interiora sparse.
"Se vuole ordinare qualcosa, parli con me." Shelly cercò di intromettersi tra Rory e quella nuova donna. "Solo io parlo con lui."
"Non sono qui per la carne. Mi chiamo Rhetta. Sono la fidanzata di tuo fratello."
La mano di Rory era stata pronta a colpire la carcassa. Invece, il suo sguardo si alzò per incontrare quello della donna e il suo coltello si schiantò a terra.

Capitolo Tre
Rhetta aveva vissuto tutta la vita nella Valle di Sonora. Andava spesso in città per curare e addestrare i cani della comunità di umani che viveva lì, prima che arrivasse un veterinario in città. I mutaforma non sentivano il bisogno di portare gli animali selvatici nelle loro case come animali domestici. Gli unici animali che entravano in casa finivano in cucina e venivano cotti con qualche condimento.
Gli umani si erano fatti strada nella Valle di Sonora negli ultimi anni. Portavano con sé animali al guinzaglio e avevano bisogno di aiuto per la cura dei loro animali domestici. Quando Jordan Garcia aveva aperto la sua clinica veterinaria due anni prima, Rhetta aveva iniziato a lavorare con lui durante il giorno come consulente. E poi, man mano che si erano conosciuti meglio, lei aveva iniziato a frequentarlo di notte sulla base di un interesse più personale.
La macelleria esisteva da poco di più. Dato che quello era stato un paese di lupi per così tanto tempo, non c'era stato nemmeno bisogno di un macellaio. Almeno fino a quando gli umani si erano trasferiti e avevano avuto bisogno di aiuto per selezionare i tagli scelti delle loro carni.
Rhetta era passata davanti alla macelleria molte volte, ma essendo cresciuta in una fattoria, non aveva avuto occasione di entrarci. Soprattutto non quando aveva visto tutte le donne umane, vestite come se stessero andando a una Festa della Luna a fine giornata, in fila fuori dalla porta. In quel momento, all'interno del negozio per la prima volta, ne capiva il motivo.
Attraverso il divisorio di vetro che separava i clienti dalle carcasse di carne, Rhetta vide lo spettacolo assoluto di un lupo maschio con un coltello da macellaio in mano. Quel maschio era impressionante, doveva ammetterlo. Ma non di suo gusto.
I suoi lineamenti erano troppo marcati. Le labbra gli donavano un’espressione crudele che, anche mentre lavorava, sembrava gravitare naturalmente verso un sorrisetto compiaciuto. Come se sapesse che le donne lo stavano guardando. Come se sapesse di avere la loro attenzione, ma non si degnasse di darne loro in cambio.
Bastardo presuntuoso.
Rhetta non riusciva a sopportare uomini del genere. Non la stupiva che Jordan non le avesse mai parlato di suo fratello. Chiaramente, se ne vergognava.
Il caro defunto marito di Rhetta era stato un bell'uomo. Aveva attirato l'attenzione di molte donne, ma aveva avuto occhi solo per una. Sfortunatamente, quella donna non era stata Rhetta.
Ma Moriah, l'amore della vita di suo marito, che lo aveva respinto. Dal canto suo, Moriah aveva fatto il suo interesse e si era sistemata con l'uomo più ricco della città. Rhetta si era trovata a prendere Charles dopo tutto quello. Lui le aveva chiesto la mano quando aveva capito che non poteva vivere senza di lei, ma non l'aveva mai guardata come aveva fatto con Moriah.
Charles era morto con il nome di Moriah sulle labbra. Rhetta non si lamentava di quel fatto. Sapeva, all’epoca, cosa stava facendo sposando un uomo che non l'avrebbe mai amata quanto lei aveva amato lui. Ma in quel momento era stata la sua unica opzione.
Era stata di fronte a tutti i lupi della valle e nessuno di loro si era avvicinato a lei come avrebbe fatto un compagno predestinato. Così aveva fatto la cosa più pratica, sposando qualcuno che forse non l'amava, ma che sicuramente aveva bisogno di lei. Proprio come stava facendo in quel momento con Jordan.
La sua attenzione tornò al fratello di Jordan. Beh, non c'era momento migliore del presente per finire quello che aveva iniziato. Doveva essere a casa in poche ore per dare la notizia alla sua famiglia.
Era stata lontana da casa tutto il giorno cercando di trovare il modo migliore per dire loro che era fidanzata. Sapeva che non sarebbero stati entusiasti delle nozze imminenti. Così come sapeva che anche il fratello di Jordan non lo sarebbe stato. Ma Rhetta aveva preferito fare pratica prima su di lui, poi sul branco di lupi che l'aspettava sulla soglia di casa sua.
Mentre tornava ad avvicinarsi alla porta da cui intravedeva l'alfa, fu fermata da una piccola donna.
"Sono qui per vedere il signor Garcia," disse Rhetta mentre aggirava la donna.
A quanto pareva, la donna compensava con la rapidità ciò che le mancava in altezza. Rapidamente aggirò Rhetta mettendo il suo corpo tra di lei e l'uomo in questione.
"Dovete ordinare dal menu," le disse.
Rhetta la guardò senza attenzione. Guardò sopra la sua spalla le donne in fila. Tutti i loro occhi erano puntati sul macellaio. Rhetta spostò di nuovo lo sguardo verso la piccola donna simile a un uccello che le sbarrava la strada. Poi si concentrò sul macellaio in fondo che le ignorava tutte.
Un normale lupo maschio, un lupo maschio non accoppiato, si sarebbe pavoneggiato di fronte a tanta attenzione. Dal momento che il macellaio rimaneva impassibile, Rhetta pensò che probabilmente fosse già accoppiato. Poteva esserlo con quella donna civetta appollaiata sotto di lei. Anche se i lupi si accoppiavano per la vita, sia i maschi che le femmine potevano comunque provare gelosia. Rhetta aveva i suoi genitori come esempio.
"Non devo fare un’ordinazione," disse Rhetta. "Ho degli affari da sbrigare con il signor Garcia."
"Allora può riferire i suoi affari a me. Sono la sua assistente."
La donna disse la parola ‘assistente’ come se avesse una certa importanza. Rhetta notò che la donna non disse la parola compagna. Rhetta poteva dire che quella donna non significasse nulla per quell'uomo. Proprio come poteva dire che nessuna delle donne in fila, desiderose di un briciolo della sua attenzione, significassero qualcosa per lui. Le dispiaceva per la ragazza, ma aveva una promessa da mantenere.
Rhetta fece un altro passo intorno alla ragazza e rientrò nella stanza.
"Non può farlo," insistette l'assistente. "Se vuole ordinare qualcosa parli con me. Solo io parlo con lui."
L'uomo incise l’animale, schizzando sangue sul grembiule. Un po' finì a terra vicino alle scarpe di Rhetta. Il fratello di Jordan alzò lo sguardo dalla carcassa. Alzò un sopracciglio come se pensasse che lei sarebbe stata schizzinosa. Aveva ben altro da fare. Lei diede un'occhiata alla carcassa. Aveva visto ben di peggio che l'interno del corpo di un animale.
"Sei Rory?" chiese.
Lui non rispose. Alzò ancora di più quel sopracciglio.
Rhetta trattenne il proprio ghigno. Non era lì per farsi nemico quell'uomo. Voleva convincerlo a venire al matrimonio, come il suo futuro marito sperava che potesse fare. Così, si avvicinò all'uomo e gli tese la mano, sapendo chiaramente che se lui le avesse offerto la sua, sarebbe stata insanguinata.
Sembrava uno scambio equo, dato che presto sarebbero stati una famiglia. Inoltre, Rhetta era cresciuta in una fattoria. Era stata immersa nelle budella fino agli occhi.
"Mi chiamo Rhetta. Sono la fidanzata di tuo fratello."
Lui le guardò la mano come se fosse un serpente pronto a morderlo. "Mi stai dicendo che mio fratello ha una fidanzata?" Il coltello sbatté a terra come per sottolineare la fine della sua frase.
"Te l'ho appena detto,” disse Rhetta. "È quello che sono."
Lui scoppiò a ridere, ma fu qualcosa di sinistro. Prese una mannaia. "Mio fratello ha una fidanzata." Zac. "Questo è fantastico.” Zac.
"Senti, possiamo andare da qualche parte a parlare?"
Lui alzò lo sguardo verso di lei. I suoi occhi la trafissero fino all'anima. Per la prima volta da quando era entrata nel negozio, Rhetta decise che sarebbe stato meglio fare un passo indietro.
"Parlare?" Zac. "Di cosa dobbiamo parlare?" Zac. "Forse vuoi parlare del fatto che mio fratello è il motivo per cui ora sono un mezzo uomo?"
Rhetta lo guardò dall'alto in basso. Non aveva idea di cosa volesse dire. Sembrava un uomo tutto intero, più che sufficiente per chiunque. La sua voce era profonda, più simile al ringhio di un lupo quando fiuta la preda e si prepara a colpire.
Rhetta sapeva che avrebbe dovuto essere intimorita, ma non lo era. Era stata cresciuta da due alfa. Entrambi i suoi genitori avevano quel tratto e, alla fine, era sua madre che avrebbe potuto torcere la gola di suo padre con un semplice tocco dei suoi artigli.
"Ho una gamba sola," ringhiò Rory, facendo il giro del tavolo. Il peso del suo corpo favoriva pesantemente un lato.
Rhetta non poté fare a meno di guardare il corpo slanciato e magro del maschio che aveva di fronte. Era per lo più coperto dal grembiule con parti di stoffa bianca tra le macchie di sangue. In fondo al grembiule, vide due gambe. Anche se una sembrava più rigida dell'altra. Poi lui prese il suo bastone.
Jordan non aveva parlato di una ferita. Anche se, guardando l'omone camminare verso di lei con una leggera zoppia, Rhetta non si sentì come se fosse in presenza di un animale ferito. Le sembrava di essere in presenza di una bestia in gabbia pronta a liberarsi. Voleva fare un altro passo indietro.
Invece, mantenne la posizione. Gli animali selvatici e i lupi maschi possono sentire l'odore della paura. Una volta che l'odore si deposita sulla loro lingua, non ti guardano più se non come una preda.
"O forse vuoi parlare del fatto che è colpa di mio fratello se ho perso la mia fidanzata?"
Anche se la sua voce era profonda e stridente di rabbia, Rhetta vi sentiva del dolore. Le ricordava un cane maltrattato dal suo stesso padrone. Tutto ciò di cui il cane aveva bisogno era una mano ferma e sicura che lo guidasse e lo riportasse a una parvenza di civiltà. La mano di Rhetta si strinse e si rilasciò davanti a lei, ma non la allungò verso l’uomo.
"No, non mi ha detto niente di tutto questo,” gli spiegò. "Mi ha solo chiesto di venire da te e..."
"Perché aveva paura di farlo da solo,” sputò Rory.
"Vuole che tu venga al matrimonio."
Un'altra di quelle risate cupe venne dal suo petto enorme. "Mio fratello, che ha entrambe le gambe e ora ha una fidanzata tutta sua, mentre io non ne ho più una, vuole che partecipi al suo matrimonio?" Quegli occhi grandi la bloccarono ancora una volta. "Questa è una barzelletta. Perché non stai ridendo?"
"Perché non lo trovo divertente. Senti, non so cosa sia successo tra voi due..."
Rory si girò; così velocemente che Rhetta dimenticò che fosse ferito. "Ho perso la gamba! Ho perso la mia fidanzata. Jordan ha la sua gamba. Jordan ha una fidanzata. E tu vuoi che venga al matrimonio di mio fratello che ha due gambe per vederlo sposare la sua fidanzata che non lo ha respinto?"
"Sì, esatto."
"Shelly."
"Sì, Rory?" chiese l'assistente simile a un pennuto.
La donna si dispiegò dall'ombra. Rhetta aveva dimenticato che fosse lì. Dall'altra parte del divisorio, gli occhi di ogni cliente erano fissi sul fondo della stanza.
"Shelly, vai a prendermi la mannaia di mio padre,” disse Rory. "Mi taglierò la gola."
"No, Rory," gemette Shelly. "Non lo farò."
"Non lo farà." Rory ridacchiò mentre la guardava. Poi rivolse di nuovo la sua attenzione a Rhetta. "Mio fratello si prende la mia vita. La sua fidanzata viene a sbattermelo in faccia. E la mia assistente non vuole concedermi la morte."
"Sai," disse Rhetta. "Non sono venuta per farti arrabbiare. Forse dovrei tornare un'altra volta."
"Sai cosa è successo?" Usò la mano libera mano per indicarsi la gamba ferita.
Rhetta si accigliò guardandogli il piede. Non riusciva a vedere la ferita. Sembravano una gamba e un piede normali, coperti da pantaloni e scarpe.
"Sono andato a caccia con mio padre da quando ho imparato camminare. Ho imparato a seguire le tracce e a scuoiare un cervo prima di raggiungere la pubertà. Jordan è figlio suo, ma di un secondo accoppiamento. Nostro padre è morto quando Jordan era ancora piccolo. Ma ho deciso di essere un buon fratello maggiore e insegnargli essere un uomo."
Rory rise. Il suono fece nascere un brivido tra le scapole di Rhetta.
"Jordan odiava la caccia," continuò Rory. "Odia l'aria aperta. Brandisce un coltello solo se è in un ambiente sterile e l'animale è sul suo tavolo operatorio. Quando uccide, lo fa con le medicine e non con i suoi artigli nudi."
"Non ha artigli," disse Rhetta. "Non è un lupo."
"Pensi che sia una scusa?" urlò Rory. "Ogni uomo dovrebbe essere in grado di cacciare e provvedere alla propria famiglia. Ma lui faceva schifo a seguire le tracce. Ogni ramo su cui saltava si spezzava. Così, gli ho dato il compito più semplice della nostra battuta: piazzare la trappola. Ma non è riuscito a fare nemmeno quello."
La temperatura nella stanza sembrò abbassarsi e un brivido scivolò lungo la schiena di Rhetta.
"Qualcosa nel bosco lo ha spaventato,” disse Rory. "Sono andato da lui, per assicurarmi che stesse bene, e ho messo il piede nella trappola."
"Oh, mio Dio," disse Rhetta. "Mi dispiace tanto. Ma devi capire che non l'ha fatto apposta."
"Non importa," disse Rory. “È fatta. E ora non ho più una vita. Jordan mi ha tolto la vita. C'è cattivo sangue tra di noi. Il mio sangue."
Rory si voltò e si diresse verso un corridoio. Chiudendo di fatto la conversazione. Peccato per lui che non conoscesse affatto Rhetta. La conversazione non sarebbe finita finché lei non avesse deciso che lo era. Lo seguì su per le scale.

Конец ознакомительного фрагмента.
Текст предоставлен ООО «ЛитРес».
Прочитайте эту книгу целиком, купив полную легальную версию (https://www.litres.ru/pages/biblio_book/?art=67033172) на ЛитРес.
Безопасно оплатить книгу можно банковской картой Visa, MasterCard, Maestro, со счета мобильного телефона, с платежного терминала, в салоне МТС или Связной, через PayPal, WebMoney, Яндекс.Деньги, QIWI Кошелек, бонусными картами или другим удобным Вам способом.