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Sangue Scremato & Versi Violenti
Angel Martinez
Le parole feriscono più che i sentimenti quando Carrington dà la caccia a dei feroci libri che minacciano la città. Quando uno di essi lo aggredisce, crede si tratti di un incidente isolato. Ma libri simili spuntano presto in tutta la città, minacciando innocenti con duri versi poetici e strofe vuote che causano danni fisici. È un caso frustrante con troppe variabili e poche risposte, e la posta in gioco sale a ogni attacco. Con l'aiuto dei disadattati colleghi del 77° e del Reparto Libri Rari della biblioteca pubblica, i pezzi mancanti diminuiscono, ma non i problemi di Carrington. Il suo comandante lo mette ai ferri corti all'inizio di ogni turno. La sua compagna in polizia ha perso la pazienza per quelle che ritiene sue pessime scelte di relazioni e per la sua incapacità di scegliere l'uomo giusto nell'ampio ventaglio di due. Il Municipio richiede che i libri vengano fermati immediatamente. È abbastanza per far rinunciare al sangue scremato a un vampiro nutrizionalmente disagiato.
Le parole feriscono più che i sentimenti quando Carrington dà la caccia a dei feroci libri che minacciano la città. Quando uno di essi lo aggredisce alla propria festa di compleanno, crede si tratti di un incidente isolato. Ma libri simili spuntano presto in tutta la città, minacciando gente innocente con duri versi poetici e strofe vuote che causano danni fisici. È un caso frustrante con troppe variabili e non abbastanza risposte, e la posta in gioco sale a ogni attacco. Con l'aiuto dei disadattati compagni di squadra del 77° e del Reparto Libri Rari della biblioteca pubblica, i pezzi mancanti diminuiscono, ma non i problemi di Carrington. Il suo ufficiale comandante lo mette ai ferri corti all'inizio di ogni turno. La sua compagna in polizia ha perso la pazienza per quelle che ritiene sue pessime scelte di relazioni e per la sua incapacità di scegliere l'uomo giusto nell'ampio ventaglio di due. Il Municipio richiede che i libri vengano fermati immediatamente. È abbastanza per far rinunciare al sangue scremato a un vampiro nutrizionalmente disagiato.

Translator: Carmelo Massimo Tidona



Table of Contents
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Title Page (#u48c68bdd-2355-5c1d-8c84-4b578cb353bd)
Legal Page (#u5b23a4b6-ae1c-5012-ad89-ad2b09813f76)
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Riconoscimento dei marchi (#ub07edda5-086d-5d01-8353-3416ca981c3a)
Capitolo Uno (#u74ac1240-5018-5cc9-95ce-b610eeaa8627)
Capitolo Due (#uebff3c9a-fd7e-5c54-a57f-89d2d663279e)
Capitolo Tre (#u21865923-ff3f-51fa-a48e-169203d2d5ed)
Capitolo Quattro (#u38a3a8f9-5599-54df-8292-949b6e0eab5d)
Capitolo Cinque (#ubf4621b2-e93a-57d1-95f2-1cf09bd1e9f7)
Capitolo Sei (#u7b1eec20-3340-5813-8845-5cbb2a03f0b5)
Capitolo Sette (#u173d973d-e574-5543-ac88-1b8dd4d81e9b)
Capitolo Otto (#u38e184ef-35f1-5dd8-b611-78c47229d844)
Capitolo Nove (#udf4ac4ab-76eb-508b-bbdb-5b105133495d)
Capitolo Dieci (#uacf48009-e192-5b31-bb29-5f8730cf09d6)
More exciting books! (#u616937c6-3a70-521a-9ecc-0c098137aaab)
L’autrice (#u14aeccc0-d5d7-569d-9b24-15a605d59739)
Pride Publishing books by Angel Martinez

Single Books
Wild Rose, Silent Snow (https://www.pride-publishing.com/book/wild-rose-silent-snow)
Boots (http://www.pride-publishing.com/boots)

Offbeat Crimes
Lime Gelatin and Other Monsters (http://www.pride-publishing.com/lime-gelatin-and-other-monsters)
The Pill Bugs of Time (http://www.pride-publishing.com/the-pill-bugs-of-time)
Skim Blood and Savage Verse (http://www.pride-publishing.com/skim-blood-and-savage-verse)
Feral Dust Bunnies (http://www.pride-publishing.com/feral-dust-bunnies)
Jackalopes and Woofen-Poofs (http://www.pride-publishing.com/jackalopes-and-woofen-poofs)
All the World’s an Undead Stage (http://www.pride-publishing.com/all-the-worlds-an-undead-stage)

Endangered Fae
Finn (http://www.pride-publishing.com/finn)
Diego (http://www.pride-publishing.com/diego)
Semper Fae (http://www.pride-publishing.com/semper-fae)
No Fae is an Island (http://www.pride-publishing.com/no-fae-is-an-island)

Anthologies
50’s Mixed Tape: The Line (http://www.pride-publishing.com/50s-mixed-tape)

Les livres de Angel Martinez et Bellora Quinn publiés par Pride Publishing

AURA
Quinn’s Gambit (http://www.pride-publishing.com/quinns-gambit)
Flax’s Pursuit (http://www.pride-publishing.com/quinns-gambit)
Kellen’s (http://www.pride-publishing.com/quinns-gambit) Awakening

Livres d'Angel Martinez et de Freddy MacKay publiés par Pride Publishing

Lijun
Fireworks and Stolen Kisses (http://www.pride-publishing.com/fireworks-and-stolen-kisses)
Trysts and Burning Embers (http://www.pride-publishing.com/trysts-and-burning-embers)
Insoliti crimini
SANGUE SCREMATO E VERSI VIOLENTI
ANGEL MARTINEZ
Sangue scremato e versi violenti
ISBN # 978-1-80250-069-1
©Copyright Angel Martinez 2017
Copertina di Posh Gosh ©Copyright Marzo 2017
Tradotto da Carmelo Massimo Tidona 2021
Prima edizione pubblicata 2017
Questa edizione pubblicata 2021
Pride Publishing

Ogni persona, luogo o evento è frutto dell’immaginazione dell’autore e non ha alcun nesso con avvenimenti reali. Qualsiasi riferimento a persone, vive o morte, luoghi ed eventi realmente esistiti è puramente casuale.

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta in nessuna forma, né sotto forma di stampa, fotocopia, digitale o qualsiasi altro mezzo senza il permesso esplicito dell’editore Pride Publishing.

Le domande devono essere indirizzate in prima istanza, per iscritto, a Pride Publishing. Atti non autorizzati o limitati in relazione a questa pubblicazione possono dar luogo a procedimenti civili e / o azioni penali.

L’Autore e l’Illustratore invocano la Legge sui Diritti d’Autore e la Patents Acts 1988 (e successive modifiche) e dichiarano di essere gli autori rispettivamente del libro e dell’illustrazione di copertina

Pubblicato nel 2021 da Pride Publishing, United Kingdom.

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, scansionata o distribuita in qualsiasi forma stampata o elettronica senza autorizzazione. Si prega di non partecipare o incoraggiare la pirateria di materiali protetti da copyright in violazione dei diritti degli autori. Acquista solo copie autorizzate.

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Libro terzo della serie Insoliti Crimini
Le parole feriscono più che i sentimenti quando Carrington dà la caccia a dei libri selvaggi che minacciano la città.

Quando un libro feroce lo attacca alla sua stessa festa di compleanno, Carrington crede si tratti di un incidente isolato. Ma libri simili spuntano presto in tutta la città, minacciando gente innocente con duri versi poetici e strofe vuote che causano danni fisici. È un caso frustrante con troppe variabili e non abbastanza risposte, e la posta in gioco sale a ogni attacco.

Con l'aiuto dei disadattati compagni di squadra del 77° e del Reparto Libri Rari della biblioteca pubblica, i pezzi mancanti diminuiscono, ma non i problemi di Carrington. Il suo ufficiale comandante lo mette ai ferri corti all'inizio di ogni turno. La sua compagna in polizia ha perso la pazienza per quelle che ritiene sue pessime scelte di relazioni e per la sua incapacità di scegliere l'uomo giusto nell'ampio ventaglio di due. Il Municipio richiede che i libri vengano fermati immediatamente. È abbastanza per far rinunciare al sangue scremato a un vampiro nutrizionalmente disagiato.
Dediche
A tutti gli amanti dei libri d’antiquariato: che i vostri libri possano sempre comportarsi bene.

E anche ai veri bibliotecari del Reparto Libri Rari della prima filiale della biblioteca pubblica di Philadelphia: le mie scuse per aver dato a Erasmus un lavoro senza neanche un colloquio, ma sono certa che sarebbe stato un’eccellente aggiunta allo staff.
Riconoscimento dei marchi
L’autrice riconosce i marchi commerciali e i relativi detentori dei seguenti elementi menzionati in quest’opera di fantasia:

Mio Mini Pony: Hasbro, Inc.
Winnie the Pooh: A.A. Milne, The Walt Disney Company
Peter Coniglio: Beatrix Potter
Manhattan Bagel: Einstein Noah Restaurant Group, Inc
Federal Donuts: Federal Donuts
Dunkin’ Donuts: Dunkin’ Brands
Jupiter: Holst
BlackBerry Passport: BlackBerry Limited
Lamborghini: Automobili Lamborghini S.p.A.
Dudley Do-Right: Alex Anderson, Chris Hayward, Allan Burns
The Dunciad: Alexander Pope
Enrico IV Parte I & II: Shakespeare
Batman: DC Comics
Nosferatu: Prana Film
Lestat: Anne Rice
V8 Corvette Stingray 3LT: General Motors Company
Indiana Jones: The Walt Disney Company
Mutt and Jeff: Mutt & Jeff
Camelot: Alan Jay Lerner, Frederick Loewe
Post-it: 3-M
PBS News Hour: PBS NewsHour
Nightly Business Report: NBC Universal
BBC World News America: BBC World News
Coors: Molson Coors Brewing Company
Dogfish: Dogfish Head Craft Brewery
Saab: Saab AB
Slurpee: 7-Eleven, Inc.
Sempre più stranissimo: Lewis Carroll
Dumpster: Dempster Brothers, Inc.
«La reputazione è una veste effimera e convenzionale, guadagnata spesso senza merito e perduta senza colpa»: Otello, Shakespeare
West Side Story: Leonard Bernstein, Stephen Sondheim
La fata turchina: Carlo Collodi
Styrofoam: The Dow Chemical Company
Sharpie: Newell Brands, Inc.
«Ancora una volta, alla breccia»: Enrico V, Shakespeare
My Fair Lady: Frederick Loewe, Alan Jay Lerner
Conigli nella neve: Beatrix Potter
Dr Seuss: Dr Seuss
Orgoglio e Pregiudizio: Jane Austen
L’importanza di chiamarsi Ernesto: Oscar Wilde
Re Lear: Shakespeare
Bauman’s: Bauman Rare Books
Unearthed: Long Trail Brewing
Capitolo Uno
Neanche l’antica quercia dietro la casa dei suoi genitori forniva abbastanza rifugio dal sole. Carrington inclinò all’indietro il cappello a tesa larga e azzardò un’occhiata attraverso il fitto filtro di foglie. Decisamente un errore. Ora non vedeva più. Non osò muoversi con la vista a pois e rimase lì con un vago sorriso, sperando che nessuno gli si avvicinasse mentre tentava di allontanare sbattendo le palpebre le immagini residue impresse a fuoco sulle sue retine troppo sensibili. Aveva perfino indossato i suoi migliori occhiali da sole per l’occasione, sperando sarebbero bastati se le nuvole promesse avessero collaborato. Ancora nessun segno di sollievo meteorologico.
«Carr? Tutto bene laggiù? Sembra ti stia venendo un colpo o qualcosa del genere».
«Manda. Grazie agli dei». Tastò alla cieca attorno a sé finché la sua compagna non gli afferrò la mano. «Non ci vedo».
Amanda gli sistemò la mano nell’incavo del gomito con una leggera pacca. «Che hai fatto? Hai fissato il sole?» Fece una brevissima pausa. «Oh, cavolo. L’hai fatto».
«Ho solo guardato in su attraverso le foglie».
Lei non fece proprio un sospiro, ma la lunga ispirazione lo fu per metà. «Va bene. Ci sono io. Mamma arpia si avvicina velocemente a ore dodici».
«Per favore non chiamarla così». Carrington sapeva che sua madre non aveva sentito, però. Riusciva a capire quanto fosse lontana dal miasma di profumo che la precedeva. La festa di compleanno era stata un’idea di sua madre, ovviamente. Come poteva anche solo aver pensato di non festeggiare il suo trentunesimo compleanno? Specie se significava dare a lei una scusa per invitare tutte le famiglie ricche e i pezzi grossi locali alla faccenda. E all’esterno? Ovvio che dovesse essere all’esterno. Il tempo a giugno era glorioso, e Carrington esagerava sempre i sintomi della sua “malattia” per avere attenzione.
Sua madre stava sibilando ben prima di arrivare davvero da loro. «Carrington, non puoi startene imbronciato in un angolo alla tua stessa festa. Oh, ciao, Amanda. Che adorabile… cravatta».
«Non sono imbronciato. Sto facendo tutto quello che posso per restare verticale e non metterti in imbarazzo». Batté le palpebre, portando in parte a fuoco i lineamenti disapprovanti e molto soggetti a lifting di lei.
«Non serve essere tanto melodrammatico». Sua madre eseguì con esperienza un’Amandectomia e pretese il braccio di Carrington per sé mentre lo conduceva verso il lungo tavolo da buffet sul patio. L’azienda di catering aveva tirato fuori la torta, parecchi strati di perfezione rococò al cioccolato che lui si sarebbe goduto se gli fosse rimasta la capacità di mangiare. Essendo l’ospite d’onore, ci si aspettava comunque che tagliasse quel maledetto affare.
«Fa’ solo uno sforzo, caro, è tutto quello che ti chiedo. Non hai neppure salutato il sindaco o il commissario della polizia».
«Non potremmo spostare il tavolo due metri verso la casa? O orientare la torta in modo che sia all’ombra?»
Lei emise un verso di disapprovazione. «Certo che no. Il catering dovrebbe prima rimuovere tutto. Il mondo non gira sempre attorno a te, Carrington».
D’accordo. Almeno il mal di testa non era ancora accecante. Avrebbe tagliato la torta, fatto qualche saluto, poi si sarebbe tuffato nell’ombra fresca della casa. Ce l’avrebbe fatta. Amanda lo aveva aiutato a fare pratica alla fine dei loro turni di notte. Acclimatamento. Doveva essere quella la chiave. Non poteva continuare a svenire ogni volta che era alla luce diretta del sole per più di una manciata di minuti. Era umiliante.
«Ecco Junior!» La pacca sulla spalla di Carrington Sr. fu più pesante del necessario, ma lui strinse i denti e tenne duro. «Finalmente ti sei deciso a unirti alla tua festa».
«In effetti sono qui dalle due, papà». Carrington mostrò per un attimo un accenno di zanne; non proprio una minaccia, ma sapeva che infastidiva suo padre. Come previsto, il sorriso del padre scomparve.
«Cerca di essere civilizzato, per favore. Tua madre ha lavorato molto duro per fare questa cosa per te».
Tu lo sai che non è per me. Io lo so. Mamma lo sa. Perché fingiamo? No, sapeva la risposta. Era la scusa del giorno per la socializzazione di potere dei suoi genitori. Da bravo figlio diligente, ci si aspettava che recitasse il suo ruolo. Più accuratamente, essendo il figlio che aveva rifiutato il dovere per vivere la propria vita, veniva regolarmente ricattato per quelle cose facendo leva sul senso di colpa. Salutò il sindaco e il commissario e gli altri lord e lady di prestigio e plutocratico valore… non male.
Avrebbe dovuto ricordarselo. Kash avrebbe apprezzato, almeno.
Dovette lottare per non incurvare le spalle mentre il sole lo martellava. Sta’ dritto, Ignora la nausea. Sorridi. Sorridi. Cerca di mostrare apprezzamento mentre la cugina Tiffany canta Tanti Auguri. Probabilmente quelle lezioni per la voce sono costate parecchio, dopotutto. Come, scusi? Oh, già. Il responsabile del catering gli aveva porto il coltello d’argento infiocchettato per tagliare la prima fetta. Tradizione. Cerimonia. Ondata di capogiro.
Strinse i denti e desiderò con forza che le chiazze nere nel suo campo visivo si placassero e tornassero quando avrebbe avuto tempo per loro. Si accigliò quando una di queste, nell’angolo dell’occhio, si mosse, anche se non c’era niente quando girò la testa. Concentrati. Sorridi. Sotto lo sguardo vigile del responsabile del catering, riuscì a effettuare i due tagli per la prima modesta fetta prima di riconsegnare il coltello con mano tremante.
«Manda», sussurrò, e lei era proprio lì, sempre vigile. Avrebbe voluto che non fosse costretta a esserlo. L’unico motivo per cui lei era presente era che Carrington era stato incoraggiato, tormentato, a portare un’ospite non maschio. E così l’aveva fatto, sebbene sua madre disprezzasse Amanda e fosse gelidamente condiscendente con lei a ogni occasione.
Amanda gli prese il gomito e lo sostenne con discrezione mentre lo guidava verso le porte del patio. «Ce la fai?»
«Faccio del mio meglio», mormorò lui, la schiena ancora quanto più dritta gli riuscisse di tenerla. Ogni passo gli causava fitte di dolore alla testa. Ogni respiro gli faceva desiderare di non aver fatto colazione. Una mano spietata gli strizzava il cuore mentre la sua vista andava e veniva come un film montato male.
«Lo so, Carr. Ci siamo quasi. Biblioteca?»
«Sì per favore. È sempre buio là dentro».
Benedetto, benedetto buio. Riuscì ad arrivare a una delle poltrone assurdamente larghe accanto al caminetto, funzionante ma mai acceso, e affondò nei cuscini con le proprie forze, lasciando che la testa sbattesse contro lo schienale mentre si toglieva gli occhiali scuri e lasciava che i suoi occhi maltrattati si beassero della penombra. In genere le tende erano tirate lì, in modo che i tessuti e i ritratti non sbiadissero a causa del sole. Non che qualcuno leggesse davvero l’esercito di libri sugli scaffali che andavano dal pavimento al soffitto. Come il caminetto, erano per lo più per far scena.
«Ben fatto. La tua borsa frigo è nel bagagliaio?»
«Sì. Come sempre, sei troppo buona con me». Carrington si afflosciò sulla poltrona. Perché aveva accettato quella storia senza senso del compleanno, comunque? Sua madre avrebbe potuto inventarsi un’altra scusa per una festa in giardino. «Manda… mi dispiace».
Amanda si fermò a metà di un passo mentre usciva dalla stanza e lo trafisse con la sua migliore occhiataccia. «Non cominciare. Se si tratta di tua madre, non sei il suo custode e non puoi fare in modo che io le piaccia. Se si tratta di avermi fatta venire qui oggi, ho mangiato molto bene. Se si tratta di nuovo di non essere il miglior vampiro del mondo e far schifo come compagno, chiudi il becco. Non farò questa discussione con te oggi».
Lui quasi si scusò di nuovo, ma riuscì a tenere la bocca chiusa attorno alle parole. Sempre pragmatica, Amanda non gli permetteva di lamentarsi e autocommiserarsi, anche se gli avrebbero potuto far bene un pochino di lagne quel pomeriggio. La sua soluzione più pratica di andare alla sua auto per portargli una tazza da caffè termica di sangue scremato aveva più senso, ovviamente.
Del movimento alla periferia del suo sguardo lo fece sobbalzare. Un brivido d’allarme gli percorse la pelle, del genere che spesso lo avvertiva che qualcosa di non proprio bello era nelle vicinanze. Quando si voltò verso il tavolino da salotto accanto al suo gomito, però, non c’era niente, neppure un’ape o una falena. Una lampada antica era poggiata sul tavolo, libellule colorate catturate per sempre in una vetrata di ambra, e accanto a essa vi era un libro. Strano. Qualcuno lo aveva lasciato parzialmente aperto e in piedi sulla copertina e la costola.
Non è modo di trattare un libro. Quando allungò una mano per prenderlo, con l’intenzione di poggiarlo in piano, il formicolio paranormale si intensificò. Con un fruscio di pagine, il libro usò la copertina aperta per dondolare veloce avanti e indietro, scivolando via dalla sua mano allungata. Quello era inatteso.
Riscuotendosi in fretta, ritrasse la mano e sussurrò: «Va tutto bene, piccolo libro. Non ti farò del male, e non ti leggerò neppure se preferisci di no. Ti serve aiuto?»
Se il libro avesse avuto una qualche intelligenza, non sarebbe stato il primo oggetto pensante animato che avesse mai incontrato. Uno dei suo colleghi era un giubbotto di pelle dal passato dubbio con un malsano senso dell’umorismo.
Il libro si scosse con violenza sul tavolo nell’imitazione di una step dance e delle parole stampate schizzarono fuori dalle pagine a velocità allarmante. Appena prima di schiantarsi contro la testa di Carrington, le parole gli strillarono contro.
«Morto che parla, anguilla tutta pelle, lingua secca di bue, stringa di cuoio!»
Ebbe il tempo per una frazione di secondo di orrore prima che le parole lo investissero con la forza di numerosi pugni.

* * * *

Quando si svegliò, era disteso sul tappeto con Amanda china su di lui.
«Carr? Non avevi detto di stare così male. Devo chiamare qualcuno?»
«Le parole mi hanno colpito», biascicò lui prima che il suo cervello si ricollegasse a dovere. «Libro… era… il libro là sopra».
Amanda seguì il gesto della sua mano, la fronte aggrottata. «Già. Ci sono un sacco di libri qua dentro. Ti sei alzato per prendere un libro e sei svenuto?»
«No. C’era un libro. Sul tavolo. Mi ha aggredito. Con le parole».
«Merda». Amanda mise un braccio sotto di lui, sostenendolo contro di sé mentre gli porgeva lo spuntino di sangue. «Bevi questo, Carr. Chiamo i paramedici».
Lui le afferrò la mano quando estrasse il telefono. «Manda, no. Sto bene. Più o meno. C’era un libro animato qua dentro, che si muoveva autonomamente, come GP. Mi ha… non sono sicuro di come descriverlo, ma mi ha tirato degli insulti e le parole… le parole mi hanno colpito».
Amanda si immobilizzò. La sua espressione passò di scatto dalla preoccupazione a quella vacuità ferrea che la sua faccia assumeva nelle situazioni di pericolo. In silenzio, si alzò e chiuse la porta. Accendendo le luci mentre passava, perquisì la stanza, controllando sotto i mobili, salendo sulle sedie per esaminare i lampadari.
«Riconosceresti il libro, Carr? È tornato sugli scaffali?»
«Era piuttosto riconoscibile». La tazza ancora in mano, Carrington usò i mobili per far leva e rialzarsi. «Cuoio nero lucido e oro. Dovrebbe essere facile individuarlo in un confronto letterario».
Esaminò la stanza con lo sguardo, i suoi occhi da predatore che elaboravano molto più rapidamente di quanto potessero fare quelli di un umano, ma il libro non era sugli scaffali. «Non è qui».
«Sei sicuro?»
«Se n’è andato». Carrington scosse la testa. «Giuro che era qui, Manda. Non ho avuto uno strano episodio di insolazione».
Lei alzò una mano. «Ti credo. Se quella strana cosa si muove usando la copertina, non potrà allontanarsi molto. Resta qui».
In caso ci sia sfuggito, intendeva, piuttosto che Stammi fuori dai piedi. Avevano lavorato assieme per abbastanza anni da sviluppare un codice e un ritmo nella loro collaborazione. Carrington sorvegliò la porta, deciso a fare in modo che niente passasse inosservato davanti a lui mentre Amanda esaminava le stanze vicine.
Per fortuna non ci volle molto, e nessun ospite passò da quelle parti a chiedere perché stesse di guardia a una porta aperta, irradiando poliziotto, sforzando ogni senso in caso di segni di quel fremito paranormale. Dopo l’ultima stanza dell’ala est, Amanda tornò rapida lungo il corridoio scuotendo la testa.
«Niente». Indicò con un gesto la tempia di Carrington. «Ti sta venendo un brutto bernoccolo lassù, Carr».
«Non durerà a lungo». Carrington emise un pesante sospiro. «Deve essersene andato. Non lo sento nelle vicinanze, comunque. Porterò in disparte mia madre e le farò sapere, con discrezione, che potrebbe avere un’entità paranormale in visita a casa sua e di chiamarci immediatamente se la vedessero di nuovo».
«Chiediamo una perquisizione?»
«Sì. Più tardi stasera. Mia madre non mi perdonerebbe mai se interrompessi la sua festa. L’entità potrebbe anche essersi demanifestata del tutto da questa zona ed essere rispuntata da qualche altra parte ormai».
Amanda si accigliò. «Anche se sono piuttosto sicura che quella parola non esista».
«A volte la lingua richiede improvvisazione. Ti spiacerebbe molto se lasciassimo la festa in anticipo?»
«Oh, cavolo, no. Tagliamo questa corda di velluto».
Sua madre disapprovò, ovviamente, ma non fu affatto disturbata dalla situazione quando Carrington la trasse in disparte. Lei lo infastidiva in molti modi, ma doveva ammirare la sua imperturbabilità.
«Non c’è mai stato questo abracadabra senza senso prima che ti prendessi la tua malattia», sbuffò lei. «D’accordo, terrò gli occhi aperti e mi inventerò una scusa per te con i tuoi ospiti e dirò loro che non ti sei sentito bene. Suppongo non ti farebbe bene tornare alla festa con l’aria di chi è appena uscito da una rissa, comunque».
«Io non ho l’aria…»
Lei gli agitò davanti una mano tempestata di anelli. «Non ha importanza, Carrington. Non voglio discutere. Hai già chiarito a sufficienza che sei deciso a non fare nessuno sforzo oggi».
«Mamma…» No, aveva ragione. Discutere non faceva mai cambiare idea a nessun Loveless. Carrington produsse un sorriso per lei, sperando non fosse troppo distorto, e la baciò sulla guancia. «Grazie».
In auto, più tardi, Amanda lo guardò di traverso dal sedile di guida. «Perché cavolo la stavi ringraziando? Per aver organizzato una festa in un giorno di sole, con cibo che non potevi mangiare e persone che non ti piacciono?»
Accasciato al posto del passeggero, col cappello tirato in basso, Carrington non fece neppure una pausa per pensare alla risposta. «Si è ricordata del mio compleanno».
«Beh, cavoli. Lo sai quanto suona patetico, vero?»
«Lo so».
Lei allungò una mano al semaforo successivo e gli diede una pacca sul ginocchio. «Che vuoi farne del resto del tuo compleanno?»
«Mi serve un sonnellino». Carrington odiava il tremito nella sua voce. Un altro giorno con troppo sole seguito dal nascondersi nella sua stanza tenuta al buio dalle tende, a tormentarsi per quel disgraziato libro. No, un attimo… «Uno breve. Poi voglio andare in biblioteca».
Amanda non rise né fece domande. Si diresse semplicemente verso l’appartamento di Carrington a Fairmount, conscia che le avrebbe spiegato dopo, quando si fosse sentito meglio. Quando infine lei avrebbe ricevuto una promozione, Carrington ne sarebbe stato devastato. Avrebbe dovuto fare una petizione alla stazione perché lo lasciassero lavorare da solo.

* * * *

Le nuvole erano finalmente arrivate quando Carrington si svegliò nel tardo pomeriggio. Bellissime nel loro pendulo, turbolento splendore, stendevano una pesante coperta di umidità sulla città e lo provocavano facendogli dondolare davanti la promessa di un’esilarante temporale.
La filiale principale della biblioteca pubblica era proprio in fondo alla strada rispetto al suo condominio, di fronte al museo d’arte. Se si sporgeva abbastanza dalla finestra, riusciva quasi a vederla.
«Che stai facendo?»
Carrington ritirò dentro la testa e chiuse la finestra prima di voltarsi verso Amanda. «Prendo una boccata di luce del giorno non tossica. Pronta per una passeggiatina?»
«Già. È un tempo perfetto per i vampiri. Probabilmente ci inzupperemo».
«Ho esattamente nove ombrelli nel portaombrelli accanto alla porta, sai. Sei più che la benvenuta se vuoi prenderne uno».
«Nah. Sono un tale fastidio. Arrivi e non c’è un posto per metterli e gocciolano su tutto il pavimento…»
«D’accordo. Niente lamentele per la pioggia allora».
«Mi lamenterò per qualunque cavolo di cosa io voglia, vampirello». Lo urtò con la spalla e rise quando lui fece altrettanto. «Ti senti meglio?»
«Molto. Grazie. È stata un’idea stupida accettare la follia di mamma. Suppongo di sperare sempre in qualche genere di, non so, riconciliazione? Anche se è probabilmente chiedere troppo».
Amanda si limitò a grugnire mentre procedevano lungo le scale, ancora con addosso il tailleur pratico ma stropicciato che aveva indossato alla festa. Carrington fece una smorfia. Doveva aver dormito sul suo divano mentre lui si riposava.
«Ti prego, dimmi che non hai appallottolato quella bella cravatta e non te la sei cacciata in tasca». Certo, la cravatta giallo e arancio aveva un motivo ripetuto di Applejack di Mio Mini Pony che Amanda aveva indossato per infastidire gli altri ospiti, ma era comunque una buona cravatta di seta.
«L’ho piegata e messa nel taschino della giacca. Non è la mia prima cravatta».
«Errore mio. Sono tremendamente dispiaciuto».
«Cosa cerchi in biblioteca, comunque?»
«Non cosa, Manda. Chi».
Proprio mentre attraversavano Logan Circle, la pioggia iniziò a picchiettare. Carrington accelerò il passo e si limitò a dare una pacca al monumento a Shakespeare mentre gli passavano accanto piuttosto che fermarsi a dire buon pomeriggio a Pietraccia e Amleto. Era una cosa sciocca, ma gli piaceva dare un riconoscimento a entrambi i personaggi nell’opera di Calder in caso nessuno che fosse passato quel giorno si fosse reso conto di chi fossero.
Assurdo, in effetti. Ma la sua vita era assurda da parecchi anni. La sua preoccupazione per i sentimenti feriti delle statue era blanda in confronto a gran parte del resto. Arrivarono all’ingresso proprio quando la pioggia stava iniziando un pesante ritmo di percussioni sugli scalini di pietra. I tacchi delle loro scarpe eleganti risuonarono forte nell’area quasi vuota. Non più preoccupato che Amanda si inzuppasse, di sé stesso non avrebbe potuto importargli meno visto che non si raffreddava, Carrington rallentò a un passo normale e infine rispose alla domanda.
«Voglio visitare il Reparto Libri Rari e vedere se qualcuno ha mai sentito parlare del nostro libro lanciaparole».
«Quindi sembrava un libro vecchio? Antiquariato o roba simile?»
Carrington emise un lieve sbuffo mentre salivano le scale oltre la statua del Dr Pepper, quella per cui quell’idiota di suo fratello ridacchiava sempre, anche se il fondatore della biblioteca non aveva niente a che fare con le bevande gassate.
«Non ho avuto la possibilità di esaminarlo. È possibile che il libro fosse antico e di sicuro si qualifica come raro».
«Sicuro come la morte», mormorò Amanda.
Seguirono il percorso su per gli scalini di marmo fino al terzo piano, dove Carrington li condusse a una breve rampa di scale dietro una porta a vetri. Questa dichiarava Reparto Libri Rari in lettere dorate al centro, con un ulteriore avviso dipinto sulla partizione di vetro alla sinistra della porta in più sobrie lettere nere: Per favore suonare il campanello per entrare.
«Per favore bussare se non è richiesta una risposta», mormorò Carrington mentre premeva il pulsante.
«Cosa?»
«Niente. Scusa. Citazione di Winnie the Pooh».
Amanda unì le sopracciglia. «Capito. È uno dei tuoi giorni strani».
Ci volle qualche minuto a camminare avanti e indietro e una seconda scampanellata prima che uno dei bibliotecari, un giovane afroamericano, scendesse in fretta le scale. Magro come un manico di scopa e più basso della media, arrivò apparentemente senza fiato, ansimando mentre apriva la porta.
«Ehi, scusate, avevate un appuntamento?»
Carrington per poco non si colpì la fronte. Ovvio. L’accesso alla sezione Libri Rari era su appuntamento. Avrebbe dovuto chiamare per cortesia. «No, noi…»
«Oh. Mi dispiace davvero, ma il tour era alle undici di stamattina, e al momento ci sono solo io qui».
Il che significa che non fai tour? O hai altri doveri urgenti in un reparto pieno di libri antichi dentro delle teche e non puoi fare tour quando sei solo? Carrington spinse da parte le sue divaganti speculazioni ed estrasse il distintivo. «Sono l’agente Loveless. Lei è l’agente Zacchini. Ci serve solo un attimo del suo tempo, per favore».
Occhi scuri saettarono tra Carrington e Amanda in modo preoccupato. «È successo qualcosa? Mia madre sta bene?»
«Non ho alcuna informazione su sua madre. Abbiamo solo qualche domanda. È la sua competenza sui libri insoliti che ci serve».
Il bibliotecario si afflosciò con visibile sollievo e tenne aperta la porta. «Entrate, agenti. Sono Erasmus Graham, uno dei bibliotecari in organico. Il mio settore specifico è Beatrix Potter, ma vi aiuterò come posso».
«Beatrix Potter?» Amanda si sfilò la giacca mentre entravano in una stanza contornata di teche chiuse di libri sotto vetro. «Come Peter Coniglio?»
La risatina di Graham fu calda e autocritica. «Sì. Abbiamo la più grande collezione di disegni della signorina Potter della nazione, qui. Passo buona parte delle mie giornate con affascinanti conigli e anatre inglesi».
«Al mondo farebbe comodo un po’ più di fascino». Carrington si fermò davanti a una teca di vetro con un corvo impagliato la cui targa dichiarava che l’uccello era Grip, animale domestico di Charles Dickens e musa di Edgar Allan Poe. Mi chiedo se fosse parente del nostro Edgar. «Signor Graham, siamo del 77°. L’unità crimini paranormali».
«Erasmus, vi prego». Li condusse a una scrivania ed estrasse abbastanza sedie perché tutti potessero accomodarsi. «Sento parlare della vostra unità a volte. La cugina della moglie di mia madre è la comandante della vostra stazione».
«Oh, grazie al pane imburrato», disse Amanda. «Doverci spiegare a volte richiede più tempo delle domande».
La risata di Erasmus fu lieve e smorzata, come dovrebbe essere quella di un bibliotecario. Era difficile immaginare che alzasse mai la voce. «Allora, come posso aiutarvi, agenti? State cercando un antico manoscritto?»
«Forse». Carrington si mosse a disagio sulla sedia di metallo, appoggiò una caviglia sul ginocchio, incrociò le gambe, infine passò a una posa rilassata a gambe allungate. La nonchalance era più difficile quando ti faceva male il sedere. «Abbiamo incontrato uno strano libro oggi. O meglio, io l’ho incontrato. Amanda non l’ha visto».
Erasmus aveva una matita pronta su un blocco note come se avesse avuto bisogno di prendere appunti. «Era strano l’argomento? La lingua?»
«Ha colpito in faccia Carr, l’agente Loveless, con delle parole».
«Delle… parole?» Erasmus mise giù la matita e si tirò il lobo dell’orecchio destro. «Non sono sicuro di capire».
«Ho avuto un incontro paranormale questo pomeriggio». Carrington si spostò di nuovo in avanti, le mani unite tra le ginocchia. A volte il contatto visivo prolungato aiutava i normali umani a credere a quello che diceva, anche se doveva ammettere che funzionava meglio con quelli di scarsa intelligenza. «C’era un libro su un tavolo che si muoveva per conto suo. Si è dondolato un po’ sulla copertina e quando ho tentato di parlargli mi ha lanciato contro delle parole offensive. Effettive lettere fisiche che mi hanno colpito alla testa».
Lo strattonamento d’orecchio peggiorò ed Erasmus aprì la bocca parecchie volte prima di sbottare con: «Un libro l’ha presa a pugni?»
Carrington si lasciò ricadere la testa tra le mani.
«A volte se lo dimentica». La voce di Amanda tremava e non era per le lacrime. «Non tutti hanno a che fare con la merda che vediamo noi. Alcune delle cose paranormali in cui ci imbattiamo sono cose normali. Come vampiri e lupi mannari».
Erasmus fece un verso che avrebbe potuto fungere anche da cigolio di una sedia. «D’accordo. Immagino che per la vostra unità quelli siano normali… più o meno».
«Già. Ma a volte ci imbattiamo in cose che dovrebbero essere immuoventi… Carr? Qual è la parola?»
«Inanimate».
«Quello. Ma quelle cose si muovono di loro volontà. Abbiamo un giubbotto spaccone che è una specie di consulente per la stazione. Pensa di essere divertente, ma il suo cuore è al posto giusto. Anche se… Sai cosa intendo. Quindi questo libro si muoveva per conto suo. Carr ha pensato che forse poteva parlarci, invece lui gli ha sputato contro brutte parole dure. Gli ha perfino lasciato il segno».
«Portando il concetto di parole che feriscono un po’ troppo oltre». Erasmus gli mise una mano sulla spalla e la lasciò lì fino a quando Carrington alzò lo sguardo. «Sta bene?»
Arrestato da caldi occhi scuri, lui annuì. Occhi adorabili. Se solo fosse più grosso. Un po’ meno scheletrico. «Sì, bene. Mi hanno tirato addosso di peggio. Il motivo per cui siamo venuti qui è chiedere se tu o i tuoi colleghi abbiate mai sentito parlare di un libro simile».
«Non ho mai sentito niente del genere». Erasmus riprese la matita. «Cosa le ha detto? O, ah, tirato addosso? Se è qualcosa che non le dispiace dirmi».
Carrington si sforzò di ricordare tutte le parole volanti, ma lo shock del momento le aveva allontanate quasi tutte. «Temo di non poterle citare testualmente. Di sicuro c’era qualcosa sulla pelle d’anguilla. E una lingua secca di bue».
Erasmus sbuffò dal naso e si strozzò, alzando una mano mentre tossiva per riprendere il controllo. «Mi dispiace. Non è davvero divertente».
«Già. Sono piuttosto sicura che lo sia», disse Amanda, anche se non aveva fatto neppure un sorriso.
«Un attimo. Sembra Shakespeariano». Erasmus scrisse rapidamente sul telefono. «Sì. Lo è. Enrico IV, Parte 1».
«Con Falstaff?» Carrington prese il telefono che gli veniva porto, ed eccola là, l’esatta citazione che gli era saltata addosso, nel contesto della sua scena della commedia. «Sì. Hal e Falstaff che si scambiano insulti. Ecco cosa mi ha lanciato contro il libro».
Un sorriso luminoso aveva acceso il volto di Erasmus al riconoscimento del personaggio da parte di Carrington, al punto che si sarebbe pensato che avesse detto qualcosa di enormemente intelligente e originale. Lui capiva, ovviamente. Fare una citazione letteraria ed essere capiti da qualcuno? Valeva un sorriso.
«Potrebbe aiutare a rintracciare il libro, se sapessimo qual è il suo contenuto». Erasmus scribacchiò sul suo blocco, lettere del tutto aliene per quanto riuscì a dire Carrington. Avrebbe potuto esserci un’H da qualche parte là in mezzo. «Può descrivere l’aspetto del libro? Dimensioni? Copertina?»
Carrington ripescò tutto quello che riusciva a ricordare accompagnato da un furioso scribacchiare illeggibile.
Alla fine, Erasmus alzò di nuovo lo sguardo. «Di sicuro è qualcosa da cui cominciare. Non mi è familiare questo libro e non posso fare promesse. Ma lo farò vedere a tutti e lo cercheremo per voi».
Carrington si alzò e tese la mano, ricevendo una calda, solida stretta. «Grazie, signor… Erasmus. Apprezziamo il tuo aiuto».
«Nessun problema. Grazie a voi, agenti».
Amanda stava decisamente sforzandosi di non sorridere. «Per cosa?»
«Per essere venuti da noi. Ai Libri Rari. Questo è davvero eccitante».
Carrington gli passò un biglietto da visita con la promessa di tenersi in contatto. «Chiama se il reparto dovesse scoprire qualcosa, qualunque cosa, per favore».
Mentre uscivano dalla biblioteca, Amanda tenne lo sguardo davanti a sé e mormorò: «Sembrava gentile».
«Manda. Non cominciare».
«Cosa? È vero. E il mio gaydar è andato fuori scala».
«Non ho dubbi, e sono sicuro che sia un uomo adorabile. Solo che non è il mio tipo, da nessun punto di vista».
Lei gli ficcò un dito nella spalla mentre uscivano nella pioggerellina. «Potresti provare qualcosa di diverso, invece del tuo solito stupido tipo».
«Deve esserci un po’ di elettricità, di chimica! E poi senti chi parla. Ahi!» La seconda ditata era stata molto più forte.
«Non sono io quella che viene scaricata ogni settimana. Almeno mi prendo delle pause nel frattempo».
«La mia ultima volta è stata settimane fa. Vieni?»
«Nah. La mia auto è laggiù». Amanda agitò una mano verso l’area di parcheggio al di là del suo palazzo. «Ti vengo a prendere domani mattina».
Giusto. Turno di giorno domani. Per ragioni di sicurezza, a lui non era permesso guidare durante i turni di giorno. Carrington augurò la buonanotte con un gesto della mano e salì nel suo appartamento per bersi un cocktail, che nel suo caso era un bicchiere di globuli rossi lavati con un ombrellino ficcato dentro.
Ah, la vita folle e maligna di un vampiro.
Capitolo Due
«Loveless! Nel mio ufficio! Ora!»
Carrington non era neanche arrivato a poggiare il suo frigo portatile sulla scrivania. Lo porse ad Amanda e zigzagò tra le scrivanie nella passeggiata della vergogna verso l’ufficio della tenente. Per fortuna erano arrivati presto, e Kash era l’unico altro agente presente per il momento.
Se ne stava appoggiato con la schiena alla sua scrivania in tutta la sua gloria calma e concentrata. «Buona fortuna. La tenente non ha ancora preso il caffè».
«Grazie mille. Dov’è Kyle?» Era ormai così insolito vedere Kash senza il suo compagno che il cuore di Carrington perse un colpo per la preoccupazione.
«Ha detto che visto che eravamo in anticipo sarebbe andato a prendere il caffè. Da cui il non averlo ancora preso».
Carrington si toccò il cappello mentre gli passava oltre. «È stato un piacere. Mandate la squadra delle pulizie a grattare via i resti».
Non che temesse davvero per la sua vita. La loro tenente era l’antisacerdotessa di un’antica divinità e comprendeva la magia nera, ma lui non si era mai sentito a rischio con lei. Il suo lavoro, però, era un'altra storia. Non era che cercasse di infastidire la tenente Dunfee. Semplicemente aveva un talento per farlo. Quando arrivò al suo ufficio, lei stava camminando avanti e indietro, che non era mai un buon segno, con Edgar il corvo fluorescente appollaiato su una spalla.
«Palle imbracate! Palle imbracate!» gracchiò Edgar mentre agitava le ali rosa e blu.
«Fuori, Edgar. Ora», scattò la tenente Dunfee.
In un frullio di penne troppo accese e starnazzi seccati, il corvo volò fuori dall’ufficio, sfiorando la testa di Carrington nel farlo. Lui chiuse la porta, si mise sul riposo da parata e attese che il cazziatone iniziasse.
«Quattro ore per fare rapporto su un incontro, Loveless. Giustificati».
«Nessuna scusa, signora».
«Che non è una giustificazione».
Si stava sforzando di trovare una possibile spiegazione che non iniziasse con non volevo irritare mia madre quando la tenente Dunfee sbatté un palmo sulla scrivania. Lui si fece piccolo e perse il filo dei propri pensieri.
«Quattro ore, viziato vampiro snob. Quattro ore in un luogo in cui si trovavano ufficiali di spicco. Dove si trovava il sindaco, per amor di tutti gli dei!»
«Sì, signora. Le mie scuse. Era la casa dei miei genitori. Abbiamo pensato…» Deglutì a forza. No, non avrebbe tirato Amanda sotto l’autobus con sé. «Io ho pensato che la zona fosse libera. L’entità si era spostata».
«So che casa era, Loveless».
Carrington fissò il pavimento mentre annuiva. «Mi dispiace, signora. Mia madre… avrebbe fatto difficoltà. Ostruzionismo. Se fosse stato prima. È stata orribile?»
Le dita che tamburellavano sulla scrivania, la tenente Dunfee fece un lento, pesante sospiro e infine agitò una mano in segno di negazione. «No. Ho mandato Monroe e Soren, che sono stati educati e affascinanti, ne sono certa. Non hanno fatto alcuna lamentela. Ma tu fai rapporto e io prendo le decisioni. È così che funziona. Qualunque informazione incidentale tu abbia riguardo la difficoltà di accesso a un sito verrà presa nella dovuta considerazione. Capisci?»
«Sì, signora». Quella sembrava la fine della ramanzina. Anche se si costrinse a restare dritto, dentro di sé si afflosciò per il sollievo. Avrebbe potuto andare molto peggio.
«In libertà. Procedi». Il gesto della mano stavolta fu più stanco che irritato. Carrington si voltò per andarsene solo per essere bloccato da un «E, Loveless?»
«Signora?»
«Buon compleanno passato».
«Grazie».
Ecco. Lei non lo odiava. No. A essere onesti, l’aveva sempre saputo, e il loro rapporto spinoso era solo quello. Spinoso. Molto meglio dell’aperta ostilità dei “veri” vampiri all’Unità Paranormale Statale, prima che diventasse il primo agente assegnato al 77°. Le unità statali di tutto il paese erano state sovraccariche di casi e ad alcune città con grandi concentrazioni di incidenti paranormali erano stati concessi fondi per distretti paranormali, battezzati da qualche borioso pezzo grosso federale in base all’abusato adagio del “settimo figlio di un settimo figlio”. 77°.
Alcuni stati si erano fatti avanti reclutando aggressivamente per riempire i nuovi dipartimenti. La Pennsylvania, assieme ad alcuni altri, aveva usato le nuove unità per scaricare i paranormali “aberranti” secondo la logica che alle città più grandi potevano sempre far comodo più agenti anche se i loro talenti paranormali si dimostravano inutili.
Un’eccellente spinta al morale, quella.
Gli arrivi del mattino resero lo spazio meno simile a un cavernoso magazzino vuoto, cosa che era, e più a una stanza degli agenti, altra cosa che era. Kyle era tornato con il caffè per tutti. Amanda stava ascoltando Greg Santos raccontare una qualche storia, una stravagante a giudicare dalle braccia agitate di lui e dalle risate di lei. Larry il fantasma stava portando la caraffa del caffè al lavandino per iniziare a fare la sua bevanda imbevibile.
Nell’angolo opposto, Giubbotto di Pelle era seduto accasciato su una vecchia sedia da scrivania. Vikash era accosciato accanto a lui, parlava in tono urgente e gli porgeva un blocchetto e una penna. Con quello che parve uno sforzo erculeo, GP prese il blocchetto e vi scribacchiò sopra qualcosa prima di restituirlo a Kash. Fecero avanti e indietro alcune volte fino a quando Kash batté un dito su qualunque cosa GP avesse disegnato, chiaramente facendo una domanda. GP fece spallucce, si afflosciò di più su sé stesso e sollevò entrambe le maniche a coprirsi il volto inesistente. Si scosse a un ritmo di singhiozzo. Carrington era quasi certo che non stesse ridendo.
Alla fine Kash si alzò, diede una pacca sulla spalla a GP e si allontanò col blocchetto.
Carrington si risparmiò la classica domanda sta bene. La risposta era fin troppo ovvia. «Che è successo?»
«Per quanto sono riuscito a mettere assieme…» Kash si massaggiò la mascella con aria confusa. «GP ha avuto una… beh, una sbandata».
«Una sbandata? E per cosa, un trench prêt-à-porter?»
Kash gli rivolse un’occhiata dall’alto del suo naso lungo e dritto. Blanda per molti, molto seccata per Kash. «Non prenderlo in giro, Carr. È molto agitato». Girò il blocchetto in modo da fargli vedere lo schizzo di quello che sembrava un caban. «Penso sia come lui. Un caban verde».
«Interessante. Abbigliamento animato proprio come lui?» Carrington prese il blocchetto e indicò il disegno del vagone di un treno. «E questo allora cos’è?»
«Lei lo ha lasciato. È chiaro che lui pensasse ci fosse qualcosa tra loro, ma lei è salita su un treno e se ne è andata».
Carrington gettò un’occhiata furtiva all’angolo in cui GP era ancora seduto in un mucchietto sconfitto e gli si formò un duro groppo in gola. Non mi metterò a piangere per la storia fallita di un giubbotto di pelle. Ma la tensione rimase. «È…» Terribile. Trovare qualcuno come te quando pensi di essere un solitario fenomeno da baraccone. E poi essere lasciato. «Povero GP».
«Uhm. Sì». Vikash sfilò gentilmente il blocchetto dalle mani di Carrington. «Lo farò sapere a tutti, almeno».
«Per tenere gli occhi aperti per lei? Suppongo non possa far male».
Kyle si avvicinò, facendo attenzione a tenere Kash tra sé e Carrington. «Per chi? Abbiamo una persona scomparsa?»
«Sì. Un caban verde animato».
«Carr». Kyle alzò gli occhi al cielo. «È troppo presto per fare battute».
Invece di rispondere, Carrington si limitò a indicare GP, che era quasi scivolato giù dalla sedia nella sua tristezza.
«Oh. Davvero? GP aveva… un’amica giacca?»
«Aveva è la parola chiave». Carrington diede una pacca sulla spalla a Kash. «Magari riunisci tutti così non dovrai spiegarlo altre otto volte. Oh, e grazie per esservi occupati dei miei genitori ieri sera».
Kash scosse la testa. «Nessun problema. Davvero una bella casa».
«Tua madre ci ha seguiti dappertutto così da non dover contare l’argenteria, ma non è stato troppo brutto», aggiunse Kyle.
«Adorabile», rispose Carrington nel tono più asciutto che gli riuscì di ottenere.
Per fortuna, l’assegnazione dei compiti mattutina lo salvò da ulteriori discussioni su sua madre e il di lei classismo. La tenente Dunfee distribuì i soliti avvertimenti per le pattuglie e i possibili avvistamenti di isopodi del tempo, tutta routine. Carrington scivolò in basso sulla sua sedia. Non era davvero necessario prestare troppa attenzione. Finché…
«Zacchini, Loveless, nel mio ufficio».
Carrington si raddrizzò di scatto. Il cazziatone non era finito? «Signora?»
«Non strozzarti con la cravatta». La tenente Dunfee batté un dito sui suoi appunti e si allontanò dal podio. «Nuove informazioni».
Amanda si sporse verso di lui mentre si alzavano per lasciare la sala briefing. «Ti ha già fatto il culo, vero?»
«Sono così felice di avere una compagna tanto comprensiva. Sì. E a dovere. Questo sembra qualcosa di diverso».
Quando arrivarono nel suo ufficio, la tenente Dunfee stava battendo un biglietto contro la scrivania con aria accigliata. Aveva una varietà spettacolare di modi di accigliarsi. Grazie ai suoi anni di esperienza, Carrington interpretò quel particolare cipiglio come preoccupata con contorno di leggermente inquieta.
«Libreria a questo indirizzo», porse il biglietto ad Amanda, «chiedete del proprietario. Le informazioni preliminari mi portano a credere che sia un altro».
«Un altro… attacco di un libro?» azzardò Carrington.
Il cipiglio si tramutò in un’occhiataccia. «Non saltiamo alle conclusioni. Non sono ancora convinta che tu non ti fossi preso un colpo di sole. Parlate solo con quell’uomo».
Quel briciolo di dubbio gli si contorse nello stomaco. «Sì, signora. Sicura che non dovremmo portare rinforzi?»
«Fuori. Fuori dalla mia vista. Ne ho avuto più che a sufficienza di vampiri saccenti stamattina».
Occhiali da sole ben piazzati, cappello calzato a dovere sulla testa, Carrington seguì fuori Amanda per andare all’auto nel sole ormai fiammeggiante. Cercò di leggere l’indirizzo mentre camminavano, ma il biglietto era troppo brillante e riuscì solo a inciampare scendendo dal marciapiede. Una rapida occhiata gli mostrò che Amanda era già all’auto di pattuglia, perciò non lo aveva visto inciampare. L’ultima cosa di cui aveva bisogno quella mattina erano commenti sarcastici sul fatto che i vampiri avrebbero dovuto essere aggraziati.
Nell’auto, col parasole abbassato, riuscì finalmente a leggere l’indirizzo di Sansom Street. «Una di quelle librerie sulla Rittenhouse Square».
«È quella che ti piace con i vecchi libri ammuffiti?»
«Bauman è un negozio di libri rari e antichi. Hanno cose meravigliose». Carrington tirò su col naso, offeso. «E no, deve essere un posto nuovo. Non riconosco il nome. La Booktique».
«Oh, splendido. Lezioso. Già lo odio».
Era un altro glorioso giorno di giugno, ovviamente. C’era stato un tempo in cui gli era piaciuto giugno. L’aveva atteso con ansia. Gli ultimi giorni di scuola, il campo di lacrosse, tempo infinito per i libri e l’ozio: era questo che quel mese aveva significato. A meno di essere un vampiro adulto. Ora, preferiva l’uggiosa umidità di febbraio con il suo debole sole anemico.
Almeno era abbastanza fortunato da lavorare con persone che tolleravano ciò che era, anche se molti di loro avevano problemi a comprenderlo. Caso esemplare la sua proposta di creare una squadra di lacrosse notturna. Tutti avevano creduto che stesse scherzando.
Amanda imboccò la Sansom alla diciottesima, con Manhattan Bagel all’angolo. Sarebbero passati davanti a un Federal Donuts e un Dunkin’ Donuts prima di arrivare a destinazione. Era un crudele, crudele scherzo della chimica del suo cervello a renderlo estremamente conscio di ogni regno dei carboidrati in città ora che non poteva assumerne del tutto.
«A sinistra».
Amanda grugnì, a indicare che l’aveva visto e stava cercando un parcheggio. La Booktique aveva un’insegna sul davanti che promuoveva le offerte e Carrington provò un’ondata di delusione per il fatto che fosse un coffee shop e una libreria. Non che la combinazione avesse qualcosa di sbagliato. Comodo, suppose, per i normali umani. Per lui era solo deprimente e un tantino nauseante, il suo naso ipersensibile assalito da paste e caffè mentre tentava di guardare i libri.
«Non siamo qui per i libri», mormorò.
«Niente affatto. Ma non starà male se vorrai tornare dopo il turno».
Lo sguardo di Carrington si spostò dalle lettere dorate sull’insegna rossa ai tavolini e alle sedie sistemati alla sinistra della porta, al poster dell’ultimo bestseller spazzatura in vetrina. «Fammi valutare l’interno prima. Fin qui, non è il mio genere di libreria preferito».
Quando misero piede all’interno, i clienti alzarono lo sguardo da libri e portatili per guardarli avanzare, ma ben presto tornarono ai loro mondi insulari quando gli agenti in uniforme passarono oltre. Circolare. Non c’è niente da vedere.
Solo che qualcosa c’era. Oh se c’era. Un uomo si stava avvicinando dal retro della libreria, un Adone, un dio, e la gola di Carrington fu improvvisamente troppo secca perfino per un patetico squittio.
«Oh, cavolo. Sul serio?» Amanda lo guardò di traverso con forza sufficiente a far ribaltare un camion.
«Cosa?»
«Hai quella faccia. Quella con cui stai quasi sbavando come se avessi visto la miglior bistecca del mondo. Se ancora ti piacesse la bistecca».
«Non è vero. È solo un uomo di bell’aspetto».
Per fortuna, a Carrington furono risparmiate ulteriori analisi delle sue ossessioni dall’arrivo dell’uomo in questione.
«Grazie di essere venuti, agenti». Tese una mano perfettamente curata. «Heath Armstrong. Sono il proprietario».
Anche la sua stretta era perfetta, non floscia come uno straccio per i piatti né aggressiva come un toro in calore. Carrington si ritrovò a precipitare negli occhi dal blu più luminoso in cui fosse mai caduto, sapendo di avere la bocca spalancata e di star facendo la figura dell’idiota. Pur conscio di questo, non riusciva a rialzarsi dalla picchiata sociale.
«È lei ad aver chiamato, signore?» Ora era Amanda a stringere la mano del proprietario del negozio.
Carrington non si era neppure accorto che si fosse mosso. Si erano presentati? Credeva di sì. C’era un ricordo di una vibrazione nel suo petto, e se avesse blaterato qualcosa di incoerente di certo tutti sarebbero stati a fissarlo adesso. Ma non riusciva a ricordare di aver pronunciato le parole.
«L’ho fatto io, sì». Quegli occhi blu saettarono in giro per il negozio e un perfetto sopracciglio dorato si alzò. «Possiamo andare nel mio ufficio? Preferirei non spaventare i clienti».
Seguirono Armstrong… seguirono le sue spalle larghe e la vita sottile, i pantaloni di flanella grigia che gli cadevano a pennello abbracciando i glutei sodi… oltre gli scaffali fino a una porta dietro la sezione dei libri di cucina, inspiegabilmente fianco a fianco con uno scaffale di manga poco rifornito.
La porta si aprì su un ufficio angusto, con due scrivanie diagonali traboccanti di documenti, cataloghi e buste da lettera. Due consunte sedie da ufficio e una sedia di metallo pieghevole completavano il set.
«Mi spiace per il disordine. L’apertura del negozio ha esaurito tutte le mie risorse. Non mi ha dato ancora molto tempo per sistemare l’ufficio».
Carrington sentì le parole attraverso il filtro di Jupiter di Gustav Holst che gli suonava nella testa. Doveva rimettere sotto controllo la sua materia grigia errante subito, prima di blaterare qualcosa di bizzarro e socialmente inadeguato. «Ha assistito?» Blaterò, sì, ma almeno sull’argomento giusto. «All’, ah, evento».
«Il libro infernale posseduto?» Perfetti denti bianchi lampeggiarono quando Armstrong abbaiò una risata a disagio. «No. Ha attaccato una mia dipendente in magazzino».
Con quello che sperò essere un professionale cenno del capo, Carrington estrasse il suo Blackberry Passport dalla tasca della giacca e aprì il fascicolo di un nuovo caso, i pollici che volavano sopra la minuscola tastiera in un modo che non gli riusciva con una virtuale. Qualcosa nella sensazione tattile dei tasti lo aiutava a tenere più leggero il suo tocco. Dopo il cambiamento, aveva distrutto gli schermi di parecchi telefoni prima di comprendere il problema. Amanda chiamava il suo telefono il Lamborghini, visto che era costoso, ma non lo rompeva. Valeva davvero il suo prezzo.
«Qual è il nome della dipendente, signor Armstrong?»
«Heath».
Carrington alzò lo sguardo con un sopracciglio inarcato. «Anche il nome della vittima era Heath?»
Quei luminosi occhi blu lo fissarono confusi, poi luccicarono quando Armstrong rise di nuovo, stavolta di una risatina calda e corposa che accarezzò la schiena di Carrington. «No, chiamatemi Heath, per favore. La mia dipendente, quella che è stata aggredita dal libro, è Myra Dennis. L’ho mandata a casa, poverina».
Accanto a lui, Amanda inspirò lentamente dal naso. «Era l’unica testimone, e l’ha mandata a casa?»
«Era davvero scossa». Anche quando Heath Armstrong era accigliato, i suoi lineamenti erano perfetti, dalle sopracciglia bionde arcuate alla piccola fossetta del mento. «Posso fare di meglio che darvi una testimone oculare, però. Ho tutto sui filmati della sicurezza».
«Perfetto». Carrington distolse a forza lo sguardo e cercò di aggiungere Myra Dennis ai suoi appunti. In qualche modo, venne fuori come gli occhi più blu. Cancellò esasperato e riscrisse.
«Ci serviranno comunque le informazioni di contatto della signorina Dennis». Grazie a Dio Amanda riusciva a pensare chiaramente per entrambi.
«Certo. Di qualunque cosa abbiate bisogno, agenti, fatemelo sapere».
Quell’occhiata extra nella sua direzione aveva un significato? C’era stato un accenno di insinuazione? Oh, sì, sta andando bene. Tutti i vampiri sono così sagaci. È uno dei nostri superpoteri. Carrington riuscì a riprendere il controllo abbastanza da chiedere: «Prima che vediamo il filmato, hai motivo di credere che il libro sia ancora nel negozio?»
Un affascinante rossore colorò le guance di Armstrong… di Heath. «Non posso esserne certo, ovviamente. Ho chiuso a chiave il magazzino. Ma nei filmati della telecamera… beh, vedrete».
Carrington socchiuse gli occhi per la luce quando lo schermo prese vita. Per quando i suoi occhi sensibili si furono adattati abbastanza da vedere più che macchie sfocate, Heath aveva fatto partire il filmato. Un po’ sgranato, come accadeva spesso con le registrazioni di sicurezza, ma non male. Era chiaro che il negozio aveva delle apparecchiature di alto livello. Il filmato mostrava una donna di mezza età che caricava scatole di libri su un carrello a mano.
«Perché c’è una telecamera nel suo magazzino, signor Armstrong?»
Heath parve scosso dalla domanda di Amanda. «Per proteggere i dipendenti, agente».
«Spiare i dipendenti li protegge?» La voce di Amanda si era addolcita e aveva perso ogni espressione, un segno sicuro del fatto che non fosse contenta.
«Sto molto attento con le assunzioni, ma qualche disonesto potrebbe sfuggire anche alle mie precauzioni. Se ho prove chiare di un dipendente che ruba, quelli onesti non saranno mai sospettati».
Un movimento nell’angolo in alto a destra del filmato colse l’attenzione di Carrington. Tempismo perfetto prima che la conversazione degenerasse. Indicò lo scaffale sopra la testa della donna. «Lì. Hai visto?»
«Visto cosa, Carr?» Amanda si sporse in avanti sopra la sua spalla.
«Aspetta… ecco!»
«Sì. C’è un libro animato, è vero».
Tutti e tre si sporsero verso lo schermo affascinati e inorriditi. Carrington combatté contro la distrazione della spalla di Heath a contatto con la sua, del suo calore che si irradiava come un sole meno ostile. Sullo schermo, un libro dondolava lungo lo scaffale sulle estremità della propria copertina. La donna, allertata dal movimento, alzò di scatto la testa e barcollò indietro di un passo alla vista di un libro semovente. Rimase immobile e il libro le sputò addosso delle parole, lettere fisiche che le colpirono la testa e le spalle.
Se ci fosse stato l’audio, Carrington era certo che l’avrebbero sentita urlare mentre cadeva in ginocchio, entrambe le braccia gettate in alto per proteggersi dalle parole violente.
«Di nuovo, per favore», insistette Carrington. Le parole erano volate troppo veloci perché riuscisse a leggerle. Erano le stesse che avevano aggredito lui o no?
Una mente… Digitò le parole man mano che le distingueva una a una, inclinando la testa quando le lettere sullo schermo si torcevano. Piume… Chiese una terza riproduzione, e un’altra ancora finché non le ebbe tutte.
Una mente di piume, e un cuore di piombo.
Era l’intero insulto scagliato contro Myra, con tanto di punteggiatura. Decisamente diverso dalle parole che gli erano state tirate in testa. Quando le lettere la colpivano, si disintegravano in una fine cenere nera, come se l’impatto le rendesse prive di sostanza. Alla fine, Carrington permise al nastro di andare fino alla conclusione dell’incontro. Il libro saltellava ancora da bordo a bordo, spinto da qualunque strana passione guidasse la sua furia letteraria. Poi iniziò ad aprirsi e chiudersi velocemente, agitando la copertina anteriore e posteriore. Sorprendentemente, si alzò tremante di un paio di centimetri dallo scaffale e… scomparve.
Carrington fissò il fermo immagine della registrazione in pausa, battendo i pollici sul bordo del suo Blackberry. Stesso libro? Libro diverso? Se era lo stesso, conteneva solo insulti? E quando lanciava un insulto, perdeva quelle parole?
«Carr?»
Batté le palpebre rimettendo a fuoco il mondo e trovò Amanda che lo fissava con un esasperato quasi sorriso e Heath con qualcosa che avrebbe potuto essere preoccupazione. «Scusate. Di che colore era il libro?»
«Non lo so. Io non l’ho visto». Heath gli rivolse un radioso, anche se dispiaciuto, sorriso.
«Va bene così. Potremmo avere le informazioni di contatto della signorina Dennis? Poi vorremmo esaminare il magazzino, se non le spiace».
Heath eseguì recuperando il numero di telefono e l’indirizzo della vittima dai suoi file. L’appartamento di Myra Dennis era vicino. Avrebbero potuto passarci dopo. Con un piccolo gesto aggraziato della mano, Heath li fece uscire dall’ufficio e li condusse a un’altra porta su cui era scritto Riservato al personale.
Era stranamente deludente. Si era sempre immaginato i magazzini delle librerie come luoghi meravigliosamente disorganizzati traboccanti di libri su scaffali e tavoli. Un dipendente esperto avrebbe imparato quel caos a memoria e avrebbe saputo in un istante dove poter trovare ogni singolo libro.
Quel magazzino era sterile in modo deprimente. Scatole anonime erano ordinatamente impilate. I pochi scaffali contenevano materiale da imballaggio a eccezione di un triste scaffale che sembrava essere dedicato ai libri danneggiati, sparsi in piccole pile come i morti nel dipinto di un campo di battaglia.
«Niente?» Amanda era spalla a spalla con lui a esaminare la stanza.
Carrington si immobilizzò, trattenendo il respiro e cercando anche il più piccolo fremito paranormale. «Niente».
Lo scaffale su cui il libro aveva eseguito la sua danza rabbiosa era proprio davanti a lui. Si rannicchiò e trovò i resti dei minuscoli mucchietti di particelle nere, smossi dato che ovviamente dei dipendenti erano passati da lì.
«Manda, mi servirebbe un pezzo di carta, per favore».
Per quando ebbe indossato i guanti e recuperato un sacchetto per le prove dalla tasca, Amanda stava reggendo una busta da lettera. Facendo attenzione a non smuovere niente che non fosse polvere di lettere feroci, Carrington raccolse quanto più poté della cenere nera nel sacchetto.
«Dovreste essere puliti, credo», disse a Heath alzandosi. «Dovrebbe essere sicuro per i dipendenti usare questa stanza. Un’ultima domanda. Hai qualche idea di come questo specifico libro si sia trovato qui?»
Fissando le particelle di polvere nera, Heath scosse la testa. «Io non ne ho idea».
Carrington attese un istante, giusto nel caso che potesse far seguito un ricordo improvviso, ma no. Heath continuò a fissare il pavimento con un cipiglio piuttosto attraente. L’impulso di allisciargli le rughe tra le sopracciglia, magari con la lingua, fu forte in modo imbarazzante.
«Ah. Ehm. Beh. Grazie del tuo viso, ehm, tempo oggi». Carrington riuscì ad armeggiare per estrarre un biglietto da visita e porgerglielo. «Se ricordi qualcos’altro, qualunque cosa, chiamaci».
Con una torsione delle labbra che era fin troppo ovviamente un tentativo di non sorridere, Heath si mise il biglietto nel taschino della camicia e gli diede una pacca. «Io lo farò di sicuro. Grazie, agente Loveless».
«Carrington. È…»
Accanto a lui, Amanda sputò imprecazioni sussurrate e lo sospinse con una spallata verso la porta. «Grazie, signor Armstrong. Ci faremo risentire».
Diede seguito con un secco scappellotto sulla nuca di Carr non appena furono tornati all’auto.
«Ahia! Sinceramente, la testa mi fa già abbastanza male durante i turni di giorno. Per cos’era questo?»
«Perché sei un idiota. Dio. Pensavo che avrei dovuto prendere uno straccio per quanto sbavavi».
Carrington fissò nostalgico il davanti della libreria mentre si allontanavano. «Era piacevole da guardare».
«Maledizione, Carr! L’hai sentito? Quanti io e me può mettere in una conversazione una persona? Un cavolo di ego deambulante. E quel negozio? Era tutto ciò che odi in una libreria».
«Non era così male». Si mosse a disagio, conscio di non aver davvero prestato attenzione al contenuto della libreria. «Era piuttosto forbito. Chiaramente ambizioso e padrone della situazione. Molto bello».
«Pensavo stessimo parlando del negozio ma sì, era sexy. Se hai il fetish di Dudley Do-Right».
«Dudley era un cervello di gallina con l’ambliopia».
«Ha! Allora li guardavi i cartoni animati quando eri piccolo. Mi hai detto di non averlo mai fatto».
Carrington la guardò di traverso mentre si fermava a un semaforo. «Ero del tutto sincero. Non li ho mai guardati da bambino. I miei genitori non me lo permettevano mai».
Gli fece un po’ male il fatto che Amanda rise per tutto il tempo fino all’appartamento della testimone.

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