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Il Guerriero Sfregiato
Brenda Trim
Essere un Guerriero Oscuro e proteggere gli altri è stato l'unico obiettivo della vita di Gerrick Haele per secoli, almeno fino a quando salva una donna dalle grinfie di un Arcidemone. La sconosciuta gli fa provare delle sensazioni che lo portano a credere che sia la sua Prescelta. Il problema è che la Prescelta di Gerrick è stata assassinata quattrocento anni prima, e nella vita se ne ha una sola. La magia Oscura e l'inganno lo portano lungo un percorso fatto di viaggi nel tempo, sieri e combattimenti all'ultimo sangue. Riuscirà a mettere da parte i propri dubbi ed essere l'uomo di cui Shae ha bisogno, o il suo passato tornerà a perseguitarlo?
Essere un Guerriero Oscuro e proteggere gli altri è stato l'unico obiettivo della vita di Gerrick Haele per secoli, almeno fino a quando salva una donna dalle grinfie di un Arcidemone. La sconosciuta gli fa provare delle sensazioni che lo portano a credere che sia la sua Prescelta. Il problema è che la Prescelta di Gerrick è stata assassinata quattrocento anni prima, e nella vita se ne ha una sola. La magia Oscura e l'inganno lo portano lungo un percorso fatto di viaggi nel tempo, sieri e combattimenti all'ultimo sangue. Riuscirà a mettere da parte i propri dubbi ed essere l'uomo di cui Shae ha bisogno, o il suo passato tornerà a perseguitarlo?
Shae Mitchell ha trascorso gli ultimi sette mesi tormentata, violentata e torturata da vili Arcidemoni e vuole solamente che la sofferenza finisca. È sul punto di arrendersi quando Gerrick la porta in salvo. Il sollievo di essere stata liberata ha però vita breve, infatti si rende conto che i demoni hanno fatto molto di più che violarla fisicamente. Si dovrà battere per liberarsi dall'influenza dell'Arcidemone e scoprirà la chimica esplosiva che condivide con il sexy Guerriero Oscuro.

Translator: giuliswords


IL GUERRIERO SFREGIATO

Indice
1. CAPITOLO UNO (#u474627d1-9899-507d-859b-070158fd93a4)
2. CAPITOLO DUE (#u49852288-2c85-5199-8050-c0b5b04c2837)
3. CAPITOLO TRE (#ud7fc275a-e2cf-503e-9c24-c0cf43b868d9)
4. CAPITOLO QUATTRO (#u6d9d01b1-d0e2-5e45-ae1b-c425b1a71beb)
5. CAPITOLO CINQUE (#ua536c662-8ab8-53c5-9ad7-4f35586cb560)
6. CAPITOLO SEI (#u4311f683-ee3f-5a51-94ba-d8385bcec5e4)
7. CAPITOLO SETTE (#u2f3f9f0d-d56b-57ee-b02e-bc67e3da2a74)
8. CAPITOLO OTTO (#ucd2eb923-1a22-5f82-8160-e8d89952d015)
9. CAPITOLO NOVE (#u1593abf2-1e82-5e79-894e-3be54c6795e8)
10. CAPITOLO DIECI (#u71a5aef9-23b8-5c76-bcd3-7a78863fa51c)
11. CAPITOLO UNDICI (#u42028556-2259-52c6-baf6-271055df557a)
12. CAPITOLO DODICI (#u32b8a325-622c-5c09-bbcf-4a001c25a391)
13. CAPITOLO TREDICI (#ud284007f-909c-5318-a851-05d462653697)
14. CAPITOLO QUATTORDICI (#ud5d9e6bb-62ad-574c-b474-ccc12770f5eb)
15. CAPITOLO QUINDICI (#u594d743c-b384-5fad-a087-0f23c2e54d65)
16. CAPITOLO SEDICI (#ub316b8f7-59b2-5df1-8159-178aac6b84ea)
17. CAPITOLO DICIASSETTE (#u5f022a27-9220-5a55-bfd6-b385a2bf425a)
18. CAPITOLO DICIOTTO (#u3015d62f-75c0-5390-8d89-4fe8fd3a8d5a)
19. CAPITOLO DICIANNOVE (#u6e9fca13-d440-5e56-a44a-871aaa020d61)
20. CAPITOLO VENTI (#u6bb3ac1b-b52b-522c-8a9d-dfda6d218073)
21. CAPITOLO VENTUNO (#u6216375c-a043-5301-99f9-893bef293b4d)
22. CAPITOLO VENTIDUE (#u2fe54f4e-46bd-5eeb-863c-37c55231916e)
23. CAPITOLO VENTITRé (#u20e868af-1080-5967-b9b1-e1dcb4c75cb5)
24. CAPITOLO VENTIQUATTRO (#ue029088c-8a94-57e7-a3b0-57b06f8f3bb5)
25. CAPITOLO VENTICINQUE (#uc77d04bd-b95e-548f-a2a0-6dd3191a057d)
26. CAPITOLO VENTISEI (#u514af6b0-5172-50e4-943c-41a0d21e3169)
Epilogo (#u713e7ad9-b800-5006-b947-dfb34cec55ff)
Estratto De ‘Il Guerriero Dannato’, (#u6581ee2a-101e-58ff-9801-41aa29d9a322)
Senza titolo (#u0b80fa12-c1b9-50cd-be81-c40f8b325988)
Copyright © 2016 di Brenda Trim
Editor: Amanda Fitzpatrick
Copertina di Patricia Schmitt (Pickyme)


Questo libro è un’opera di fantasia. I nomi, i personaggi, i luoghi e gli eventi descritti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice oppure sono usati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza con persone, viventi o defunte, luoghi o fatti reali è puramente casuale.
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere usata, riprodotta elettronicamente o stampata senza permesso, ad eccezione di brevi citazioni comprese nelle recensioni.

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Durante la stesura di questo libro abbiamo affrontato molte sfide, tra cui una grande perdita che ci ha segnate profondamente. Questo libro è dedicato a chiunque porti i segni del viaggio che è la vita. Le cicatrici sono bellissime, quindi indossatele con orgoglio perché significa che siete stati più forti di qualsiasi cosa abbia cercato di farvi del male.

CAPITOLO UNO
Gerrick osservò i Guerrieri, ansioso da morire di entrare in azione. “Direi di avanzare ad armi spianate, adesso. E sappi che non usiamo pistole, Mack, quindi non fare la furbetta” ringhiò alla donna che non aveva detto niente. Gli prudevano le mani dalla voglia d’imbracciare le armi. L’adrenalina gli faceva battere forte il cuore.
Mack, la Prescelta del Principe Kyran, gli mostrò i palmi. “Non prendertela con me, brontolone. Anch’io sono pronta per entrare. Sono io che li ho trovati, ti ricordi?"
Prima che Mack suggellasse l’unione con Kyran e diventasse parte del gruppo si era imbattuta nella tana dell’Arcidemone e aveva scoperto dove teneva prigioniere diverse donne. Gerrick e gli altri Guerrieri le avevano cercate senza sosta, notte e giorno, ma non avevano avuto successo. Per Gerrick il non essere stato in grado di proteggerle dal male era stata una fonte di frustrazione. Difendere gli innocenti dai demoni e dai loro tirapiedi era suo dovere di Guerriero Oscuro.
Zander mise la mano sulla spalla di Gerrick nel tentativo di calmarlo. “Abbi pazienza. Non possiamo entrare senza prima aver sistemato le barriere. Pema, Iside e Suvi stanno facendo la loro parte, e tu e Jace siete i prossimi. Concentrati su questo”.
Gerrick prese un respiro profondo; sapeva che il Re Vampiro aveva ragione, ma gli risultò difficile non agire quando il suo sangue glielo imponeva. Si trattava di una dolorosa costrizione, impossibile da ignorare, ma il tono del comando impartito da Zander non lasciava spazio all’interpretazione. Gerrick prese diversi respiri profondi, cercando di calmare l’ansia e concentrarsi su ciò che doveva fare.
Si fermò accanto a Jace ed estrasse il bastone dalla sacca magica dello spazio nel regno della Dea. Venne immediatamente pervaso dall’energia. Il bastone nodoso di tiglio si estendeva per due metri e gli era stato donato da suo padre quando era diventato un adulto. Il pollice dell’uomo si spostò inevitabilmente sul piccolo ciondolo in argento avvolto attorno all’impugnatura di pelle. Il dolore e la rabbia aumentarono, rendendogli difficile concentrarsi. Non era disposto a lasciarsi distrarre dal passato, quindi si guardò attorno nel parcheggio buio.
Gerrick non era a suo agio con il numero di umani presenti in zona. Stavano per sollevare un vespaio, e non voleva che degli innocenti restassero feriti solamente perché si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Andava contro il giuramento del Guerriero, ma non c’era nulla che potessero fare da quando Kadir si era insediato nel centro di Seattle.
Guardò dietro l’angolo dell’edificio di mattoni mentre si riparò dal vento freddo e dalla pioggia. Vide un maschio umano correre via da un negozio e farsi strada nella loro direzione. Gerrick mormorò rapidamente un incantesimo, indirizzandolo verso quello che credeva fosse un bar. Era difficile distinguere gli edifici commerciali di Pioneer Square, talmente erano simili tra di loro. Diede un’alzata di spalle quando decise che l’umano era al sicuro.
"È l’area più grande che abbiamo mai gestito, Zander” esordì Pema qualche secondo più tardi. “Ci sono così tante uscite da controllare. Non so se possiamo farcela”. Quando Gerrick si voltò vide che le tre streghe si stavano tenendo per mano, e ognuno dei loro Prescelti toccava loro le spalle. Guardò il rosa e il rosso sgargiante della loro magia fluttuare attorno ai loro corpi. La luce che producevano era brillante, quasi accecante per la sua vista sensibile di mago.
Confidava nel fatto che le streghe fossero in grado di gestire l’incantesimo. Dopo tutto le Alte Sacerdotesse appena incoronate erano di gran lunga le streghe più potenti del Regno di Tehrex e rappresentavano le aggiunte più recenti al Consiglio dell’Alleanza Oscura.
Zander attirò nuovamente l’attenzione di Gerrick mentre quest’ultimo si stava sistemando lo sgian dubh nella guaina intorno alla vita. La presenza di Zander era imponente e non aveva nulla a che fare con il fatto che era il Re. A distinguerlo erano il suo potere intrinseco e la sua sicurezza di sé. Gerrick era circondato dagli uomini più potenti del regno, ma nessuno di loro reggeva il confronto con Zander. Ciò che lo rendeva straordinario era il condividere il proprio potere con chi lo circondava, acquisendo la loro fiducia. “So che è un’area vasta, e sarà impossibile coprire tutte le uscite. Gestiscine più che puoi, ma lascia aperte quelle che conducono all’acqua. Li intrappolerà. L’obiettivo è impedire ai demoni di fuggire, ma prima di tutto non possiamo permettere a quei selvaggi degli Skirm di scappare e attaccare gli umani.
Quando venne aperta la porta di un bar in Yesler Street si udì risuonare la musica nella notte, e diversi umani uscirono barcollando dal locale. Il gruppo di soprannaturali si fece teso; nessuno disse nulla.
“Zander, sarebbe bello se avessi il potere di far evacuare l’area” borbottò Gerrick. Prese un respiro profondo per calmare i nervi, quindi lo raggiunse una zaffata di urina acre misto all’odore del mare. Per poco non diede di stomaco.
“Ci state pensando troppo” disse Mack. “Sono le due di notte e molto probabilmente tutti i presenti sono ubriachi. Sicuramente non ci hanno nemmeno notati. E poi non siamo vicini a una zona residenziale. Riduciamo al minimo il rischio che rappresentano quei bastardi e entriamo”. A Gerrick piaceva la femmina esuberante. Sorrise quando lesse il testo stampato sulla maglietta che indossava: ‘Amo il Mio Succhia-sangue’. Si rivolgeva sempre al proprio Prescelto chiamandolo ‘succhia-sangue’ o ‘sanguisuga’ e indubbiamente era stato Kyran a regalarle quella maglietta.
“Cerca di restarmi accanto, peperino. Non voglio che tu sia convinta di poter affrontare l’intera schiera di Skirm. Ora sei immortale, ma non sei invincibile” le disse Kyran tirandole una ciocca degli ispidi capelli neri. Il Principe Vampiro aveva subito un drastico cambiamento di atteggiamento da quando era rimasto intrappolato nel Reame dei draghi con la sua Prescelta; non era più il Guerriero infelice e distante che era una volta. Gerrick riconosceva che il nuovo Kyran era decisamente un miglioramento.
“Ok, abbiamo finito. Adesso tocca a voi” Pema distrasse Gerrick dai propri pensieri facendogli perdere un battito. Stavano per entrare nella tana di Kadir, e non era mai troppo presto.
“Grazie” Gerrick annuì e controllò che Jace fosse pronto. Quest’ultimo era il guaritore del gruppo, ma anche un combattente fortissimo e lo stregone più potente del Reame; Gerrick era felice di averlo al proprio fianco. I due si guardarono per un momento prima di iniziare a recitare l’incantesimo nella vecchia lingua.
Le luci verdi, blu e viola della magia di Jace e Gerrick si fusero a quelle rosse e rosa delle streghe. Gerrick percorse con la magia l’area di dieci isolati che le streghe avevano delimitato intorno a Pioneer Square, intrecciando i propri incantesimi con i loro. Quando pronunciò l’ultima parola dell’incantesimo si ritrovò a sudare e a respirare a fatica, ma il lampo di luce bianca segnalò che avevano avuto successo.
Gerrick si rivolse a Zander “Abbiamo fatto, Maestà” lo informò. Gli stregoni avevano la capacità di vedere la magia, mentre gli altri soprannaturali potevano solo percepirla. Solo gli stregoni avevano visto il lampo bianco che indicava che l’incantesimo era stato completato.
Zander cambiò atteggiamento; il suo tono autoritario attirò l’attenzione di tutti. “Hayden, tu e i muta-forma aspettate in posizione. Kyran, porta il tuo gruppo dove abbiamo stabilito. Tutti gli altri mi seguano. Sincronizziamoci, ricordatevi che entriamo cinque alla volta. La nostra missione è entrare e salvare le donne e possibilmente sconfiggere gli Arcidemoni”.
"State in allerta” disse Gerrick alle streghe e alle loro compagne, che sarebbero rimaste fuori. “Forse le donne si faranno prendere dal panico e cercheranno di scappare. Dobbiamo essere preparati per il peggiore dei casi”. Rabbrividì al pensiero degli orrori che avevano sofferto per mano dei demoni. Non gli era piaciuto ritardare il salvataggio dopo che Elsie aveva avuto la sua premonizione, ma tutti sapevano che era meglio non ignorare gli avvertimenti di lei, quindi avevano aspettato.
Si sistemò la giacca di pelle nera; rimpianse di non aver scelto un cappotto più pesante poiché faceva freddo a dicembre a Seattle, soprattutto talmente vicino all’oceano. Il cuoio offriva però più protezione contro i coltelli e i denti, quindi tutti erano vestiti di pelle dalla testa ai piedi.
“Cosa facciamo se vengono verso di noi?” Chiese Suvi, serrando le labbra e battendo i tacchi incredibilmente alti sul marciapiede. Per Gerrick era un mistero come la strega fosse riuscita a stare in piedi, figurarsi a correre o combattere; l’interessata non sembrava però affatto turbata dalle scarpe che indossava.
“Contenetele, ma non fate loro del male a meno che non ci sia altra scelta. Jessie è la prova che le femmine non sono stupide come gli Skirm. Siamo qui per aiutarle” rispose Zander dando voce ai pensieri di Gerrick. “D’accordo, andiamo”.
Gerrick si mise in marcia al seguito di Kyran e Mack. Il gruppo si diresse silenziosamente verso una tromba di scale che conduceva alla metropolitana. La zona non era l’ideale per affrontare demoni e Skirm. Stavano andando dove si trovavano i resti dell’incendio di Seattle e Gerrick non aveva dubbi che la zona non fosse affatto stabile, soprattutto per una battaglia.
Gli tornò in mente di com’era Seattle prima del grande incendio del 1889. Le carrozze erano trainate dai cavalli e le strade erano sterrate, inoltre le persone non erano assillate dal pensiero di precipitarsi da un posto all’altro. Era molto diversa dalla città di oggi; allo stesso modo però era lo stile di vita, drasticamente differente senza la tecnologia moderna. A Gerrick piaceva quando era tutto più semplice, ma non voleva rinunciare al cellulare e a Internet. Avere informazioni a portata di click era qualcosa di inestimabile per il loro lavoro.
Il gruppo scese i gradini di cemento usurato e Kyran si fermò in fondo quando Mack gli portò una mano sul braccio. “Non morire, succhia-sangue” mormorò la donna tatuata.
Kyran le rivolse un ampio sorriso e le accarezzò la guancia rosea con un dito. “Non fare niente di stupido come ad esempio affrontare Kadir”. Gerrick guardò Mack sorridere ironicamente e annuire. Era la loro versione di un ‘Ti amo’. Non erano una coppia sdolcinata e Gerrick ne era grato; l’ultima cosa di cui aveva bisogno era che gli rinfacciassero quello che non avrebbe mai più vissuto.
Gerrick si guardò alle spalle e fece mentalmente l’appello dei presenti. A parte lui, Mack e Kyran, c’erano Rhys e i Guerrieri Oscuri di New Orleans. Rhys era il compagno di pattuglia di Gerrick, e come lui viveva a Zeum con i Guerrieri Oscuri di Seattle. Era il burlone del gruppo che faceva sempre scherzi a tutti, ma Gerrick sapeva che c’era ben altro in lui.
Il suono di uno stridio metallico attirò la sua attenzione; Kyran stava forzando la porta che dava l’accesso all’edificio. Nell’istante in cui si aprì completamente vennero investiti dall’odore di muffa e aria viziata, con accenni del tanfo emesso dai roditori, dalle feci e dall’urina. Nell’avanzare si rese conto che gli scalini di cemento lasciavano il posto a quelli di legno di più recente fattura, dato che le autorità umane sostituivano spesso le sezioni marce del sottosuolo. Gerrick si chiedeva come avessero fatto gli umani a non imbattersi nei demoni prima d’ora. Kadir aveva fatto di tutto per tenere nascosta la sua tana.
Dovettero attraversare in fila indiana la sezione successiva per quanto era angusta. Notò che i mattoni degli edifici si stavano consumando e necessitavano di riparazioni. Superarono diverse attività commerciali irriconoscibili e dovettero scavalcare del legname e altri detriti. Non comprendeva come mai gli umani lasciassero marcire delle opere di architettura come i gabinetti antichi.
Gerrick captò un rumore in lontananza e indicò la direzione in cui avrebbero dovuto proseguire. Aison, uno dei Guerrieri Oscuri di New Orleans, era saltato su un vecchio divano sbiadito e aveva disturbato una famiglia di topi. Gerrick trattenne una risata quando il Guerriero fece lo slalom tra i roditori in fuga.
Era un labirinto, e a volte era difficile aggirarvisi, inoltre le condizioni non erano affatto ideali per combattere. Erano circondati da materiale infiammabile e Gerrick temeva che eliminando gli Skirm avrebbero innescato il prossimo devastante incendio di Seattle. Sfortunatamente non sembrava esserci un altro modo se non quello di impiegare le lame di titanio nella caccia agli Skirm, poiché era il metodo più semplice per ucciderli.
L’odore di zolfo e morte si intensificò, avvisandoli che si stavano avvicinando. Kyran alzò la mano e tutti si fermarono.
“Le donne sono dietro l’angolo in fondo al corridoio” sussurrò Mack.
Gerrick lanciò un incantesimo silenziatore sul gruppo che avanzò dietro l’angolo, rendendosi conto di trovarsi nei pressi delle vecchie saune. Era l’area tenuta meglio, ed era ovvio che qualcuno aveva ripulito la maggior parte delle macerie, convertendo lo spazio in alloggi.
Kyran aprì la porta e si appiattì contro al muro, quindi gli altri emularono il suo gesto. Gerrick trovava ironico il fatto che nove grossi maschi avanzassero aderenti al muro, sicuramente dall’esterno poteva sembrare divertente.
Kyran si rilassò dopo aver fatto capolino dietro l’angolo. Si staccarono quindi dal muro e Gerrick notò che l’attività in cui si trovavano era stata una farmacia, almeno secondo ciò che affermava la scritta rovinata sulla vetrina incrostata di sporcizia. Parecchi muri erano stati abbattuti per creare un unico grande spazio e la stanza era vuota, fatta eccezione per una grande gabbia circolare al centro.
All’improvviso si udì un tonfo, quindi Mack si mise a correre e Kyran imprecò prima di inseguirla. Gli altri furono in movimento un secondo più tardi; all’improvviso però il gruppo si fermò in uno spazio buio, ammuffito e affollato di gabbie molto più piccole rispetto a quella che avevano visto. Le celle erano colme di donne. Per poco Gerrick non diede di stomaco quando lo raggiunse il tanfo. Era un misto di talmente tanti odori da far venire le vertigini: carne in decomposizione, feci, urina e zolfo, nonché tessuto e legno ammuffiti e carbonizzati. Si guardò intorno e vide un mucchio di cadaveri in un angolo in vari stadi di decomposizione, e rabbrividì dalla repulsione. Quei poveri esseri meritavano di meglio che venir gettati via come spazzatura.
Gerrick non ebbe modo di analizzare ulteriormente ciò che li circondava, dato che il gruppo di Zander attaccò i demoni. Riconobbe i segugi infernali da una precedente battaglia a Woodland Park, e cercò di non imprecare. Erano bestie feroci e implacabili nella loro ricerca. Erano presenti anche demoni della furia e demoni snelli, verdi e viscidi. Doveva provare a mettere a tacere la propria rabbia, ma lo spettacolo al proprio cospetto era esasperante. L’ultima cosa che voleva era alimentare il potere dei demoni della furia.
Un cane delle dimensioni di un cavallo e con la bava alla bocca si avventò su di lui prima che potesse reagire, facendolo cadere. Balzò però subito in piedi, impugnò le armi e infierì sul muso del cane. In risposta l’animale emise un latrato e scosse il muso, ma l’attacco fu sufficiente per recidere il tendine di una delle sue zampe anteriori. Sfortunatamente la bestia non venne rallentata dal ritrovarsi su tre zampe. Lo fissò con occhi rossi ardenti, esprimendo chiaramente il desiderio di uccidere.
Gerrick era completamente concentrato sul proprio obiettivo quando effettuò l’offensiva successiva. Imprecò quando non fu abbastanza veloce da evitare i canini del segugio. L’uomo fu grato di non aver indossato vestiti più leggeri quando i denti dell’animale non gli affondarono nella carne.
La mossa successiva consistette nel correre verso al demone e portargli le braccia intorno al collo possente. Diede una testata alla bestia quando questa fece per ribellarsi, e mantenne salda la presa sull’animale. Sollevò l’arma prima di abbassare lo sgian dubh e incidervi la pelle liscia e nera del segugio, mentre questi strinse i canini sulla spalla di Gerrick, facendosi strada lentamente attraverso la pelle.
Il mago fece una smorfia di dolore ma non si arrese e affondò il coltello nel segugio infernale, cercando di colpirlo al cuore. Sentì il cane agitarsi e spostare con sé il Guerriero fino a quando quest’ultimo finì di schiena contro delle sbarre di metallo. Qualche minuto più tardi riuscì a colpire il cuore del segugio infernale, che emise un latrato molto simile al suono prodotto dalle gomme che sbandano sull’asfalto, poi s’immobilizzò. Gerrick traslò la lama un’ultima volta, assicurandosi che la bestia fosse morta. Lo lasciò quindi andare prima di scalciarlo via.
Sobbalzò quando qualcuno gli toccò la spalla ferita. Ansimava ed era senza fiato, quindi si voltò e perse diversi battiti quando vide la femmina nella gabbia. Era completamente nuda. Sul collo e sulla spalla aveva delle spesse cicatrici dovute a evidenti segni di morsi, ed era piena di lividi dalla testa ai piedi. Quant’era sporca. Aveva i capelli arruffati, e forse una volta erano stati ramati, ma era difficile da stabilire. Si soffermò però sui suoi occhi di un verde giada intenso, che per qualche ragione gli erano molto familiari.
Ovviamente avevano trovato le prigioniere, e quella di fronte a sé era un disastro, ma il suo corpo lo eccitava parecchio. Era il momento peggiore in assoluto per provare eccitazione e attrazione sessuale, senza considerare l’aggravante del trauma che quella donna aveva subito. Né il buon senso né la lotta tra la vita e la morte in cui era impegnato gli impedirono di desiderare quella donna oltre la ragione. Non riusciva a pensare lucidamente, era completamente ammaliato.
“Dietro di te!” Esclamò lei, distraendolo.


Shae era sbalordita dal fatto che il Re Vampiro e i suoi Guerrieri Oscuri fossero venuti a salvarle. Sbatté le palpebre, chiedendosi se fosse un’illusione dovuta alla vista a infrarossi che aveva sviluppato insieme alla sete di sangue. Sapeva che stava succedendo qualcosa quando innumerevoli Skirm e demoni si erano precipitati nella stanza in cui era stata tenuta prigioniera. Pochi secondi dopo le sue preghiere erano state esaudite grazie all’afflusso dei Guerrieri. Aveva pregato e supplicato di venir liberata o uccisa, e non riusciva a non sperare e provare gioia.
Le vennero le lacrime agli occhi quando si rese conto che in un modo o nell’altro sarebbe uscita da quella gabbia.
Fissò il Guerriero dallo sguardo freddo come il ghiaccio. Aveva combattuto il segugio infernale come qualcuno che non aveva nulla da perdere, caricando il demonio e avvolgendo le braccia muscolose attorno alla bestia. Era uno spettacolo sanguinario e irreale, ma ora che lo guardava negli occhi vedeva un uomo smarrito, distrutto e solo. Rifletté su come si sentiva. Notò che anche lui era segnato come lo era lei. Il lato sinistro della sua faccia aveva una cicatrice che si estendeva dalla tempia al collo, ma era qualcosa che non toglieva nulla al suo bell’aspetto. Lo faceva sembrare pericoloso...e affascinante.
Notò un movimento con la coda dell’occhio. “Dietro di te!” Lo avvisò.
In un batter d’occhio il Guerriero si voltò e affondò la lama nel petto dello Skirm che si stava avvicinando. Era uno che non perdeva tempo, ed era bellissimo vederlo uccidere un nemico dopo l’altro senza mai stancarsi, nonostante il sangue che gli colava dalla spalla. Guardò in basso quando percepì l’odore ferroso, e si rese conto che il liquido le ricopriva le dita. La sete di sangue la spinse a leccarne ogni goccia.
Uno Skirm sbatté contro alla sua gabbia, distraendola dai pensieri maliziosi, quindi Mack allungò una mano e lo afferrò per la testa. Si contorse, tirò e tirò finché il corpo del nemico non cadde ai propri piedi. Shae alzò la testa e guardò negli occhi sbalorditi di lei del colore del whisky. “Sei tornata per noi. Pensavo fossi morta” mormorò la prigioniera.
“Ci puoi scommettere che sono tornata. Sarei venuta prima, ma ho fatto una deviazione a Khoth. Ti portiamo fuori di qui...il prima possibile”. Pronunciò l’ultima parte della frase mentre affrontò uno Skirm che l’aveva raggiunta da dietro. Era feroce e veloce come il vento. Shae si accorse che non era più umana e si rese conto che si era accoppiata con uno della famiglia reale dei vampiri quando notò il marchio della famiglia Tarakesh tatuato sotto il suo orecchio sinistro. Shae non aveva visto il marchio mistico l’ultima volta in cui aveva interagito con la femmina, e si chiese se la ricerca del Re l’avesse portata dal suo Prescelto.
Shae era al corrente delle dinamiche dei marchi d’accoppiamento e di come e quando apparivano. Nei Prescelti umani il segno appariva sempre sotto l’orecchio sinistro e restava un segno mistico fino al completamento dell’accoppiamento, quando mutava in un tatuaggio in modo che non potesse mai essere rimosso. A causa della maledizione che si era protratta per sette secoli la ragazza non aveva mai visto un marchio d’accoppiamento, fatta eccezione per quelli dei suoi genitori e nonni. Fortunatamente era stata rimossa di recente e i Prescelti erano stati benedetti ancora una volta.
Il Principe Kyran raggiunse la donna dopo essersi occupato del demone della furia che l’aveva preso di mira. “Vedo che sei riuscita a metterti nei guai, peperino”.
“Non più del solito. Cosa diavolo sono quei cosi schifosi?” Chiese lei. Shae si voltò e vide che diversi demoni pus si erano uniti in battaglia. Si ricordò di aver combattuto contro uno di quei bastardi sul ring non molto tempo prima. La melma che lasciavano sulla loro scia aveva complicato la battaglia, infatti uno dei Guerrieri Oscuri scivolò e si schiantò contro un muro. La struttura fragile tremò ma resistette all’impatto, e l’uomo si diede la spinta e trafisse la gola del demone con un pugnale. Il pus verde trasudava dalla ferita e l’odore che emetteva era nocivo. Non diede fastidio a Shae come fece ai Guerrieri che erano visibilmente disgustati, ma doveva ammettere che era schifoso.
Il suo Guerriero sfregiato era coinvolto in duello con uno dei demoni pus a quattro braccia. Non aveva idea del perché la propria mente insistesse nel provare particolare interesse per quello sconosciuto, il quale venne vincolato da due delle braccia del demone mentre con le altre due fece per prendergli la testa. Gli occhi azzurri di lui irradiavano determinazione, infatti diede una gomitata al demone nello stomaco nel tentativo di liberarsi. Shae osservò l’arto di lui affondare in modo inefficace nel corpo molliccio del nemico.
“L’inguine!” Esclamò Shae cercando di attirare l’attenzione di lui. “Colpisci all’inguine!”.
La guardarono un paio di occhi di ghiaccio, quindi il Guerriero annuì come a indicarle di aver compreso il suo suggerimento. Un secondo dopo il demone urlò dal dolore, e quando cadde a terra il suo Guerriero non perse tempo nel decapitarlo. Era un combattente impavido e la scena la eccitò.
Un altro Guerriero urlò dal dolore quando venne catturato da quattro braccia viscide, quindi il suo Guerriero balzò in aria prima di affondare la lama nel cranio del demone. Atterrò poi in piedi senza fatica, e si voltò su sé stesso quando sentì che uno Skirm lo stava avvicinando da dietro. Il primo Guerriero si occupò del demone pus mentre il preferito di Shae continuò a battersi. Nel giro di pochissimo entrambi i maschi si ritrovarono a prendere fiato dopo aver annientato i nemici che li avevano attaccati.
“Grazie, Gerrick”. Shae prese un appunto mentale: il suo Guerriero sfregiato dagli occhi azzurri si chiamava Gerrick.
“Figurati, Caell”.
I due si voltarono imbracciando le armi, pronti per proseguire la carneficina, ma nelle loro vicinanze non erano presenti avversari. Shae percepì però l’arrivo di altri demoni. “Andate via, ne stanno arrivando altri. Fate in fretta” implorò la femmina che era tornata per salvarle.
“Mi chiamo Mack, e sarà un piacere rispettare finalmente la mia promessa”. Mack alzò la gamba per abbattere la serratura con un calcio mentre gli altri si occuparono delle restanti celle, ma il Principe Kyran la anticipò.
“Lo stavo per fare io, succhia-sangue” protestò Mack.
“Lo so” rispose, e Shae era finalmente libera. Non si fermò a riflettere prima di correre incontro a Mack e stringerla in un abbraccio.
“Mi chiamo Shae, e ti devo la mia vita”. Erano trascorse settimane infinite, forse mesi, di torture, stupri e combattimenti, e finalmente era fuori da quella cella. Non erano ancora al sicuro, ma sicuramente non avrebbe più fatto ritorno in quella prigione; avrebbe preferito morire. “Un grazie non è abbastanza per quello che hai fatto. Se dovessi mai aver bisogno non esitare a chiamarmi”.
“Parliamone dopo. Sai come si fa a uscire in fretta da qui? Dove siamo entrati è troppo lontano” disse Mack, interrompendola prima di allungarsi a cercare qualcosa nello zaino.
“Non ne ho idea. Mi hanno teletrasportata qui”.
Mack le porse dei vestiti, ma Shae scosse il capo. “Dalli a Cami. Ne ha più bisogno di me”. Fece cenno con la testa a un’umana che stava tremando dalla paura. Non sembrava molto più umana. La fragile donna era lì da meno tempo di tutte, ma indubbiamente era la più traumatizzata.
“Dovremo uscire da dove siamo entrati. Venite, ci conviene muoverci” tuonò Gerrick. La voce di quest’ultimo era in grado di calmare l’anima di Shae nonostante il tono fosse agitato e nervoso; anche il corpo della donna reagiva a essa. Si trattava di qualcosa di rassicurante e inquietante allo stesso momento; gli orrori che aveva vissuto non l’avevano uccisa. Shae si voltò, diretta verso l’uscita. Era pronta per lasciarsi quel capitolo della propria vita alle spalle.

CAPITOLO DUE
Gerrick osservò Zander mentre li guidò fuori da lì. Gli faceva male tutto a causa della battaglia, ma non abbassò la guardia. Non credette nemmeno per un secondo che l’operazione potesse essere stata talmente semplice; Kadir era un bastardo meschino e spietato, e tutto sommato era risultato troppo facile avere la meglio sui nemici.
Restò in allerta e percepì dei ringhi e guaiti di animali provenire da est rispetto a dove si trovavano. Forse Hayden e gli altri muta-forma stavano tenendo lontani i demoni e gli Skirm abbastanza a lungo per dar loro modo di portare in salvo le donne. Gerrick osservò le poverette terrorizzate da dove si trovava nella sezione posteriore del gruppo.
Erano tutte sporche, sanguinanti e ricoperte di lividi, ma non era attratto da nessuna come lo era da Shae. Lo sorprese il rendersi conto della varietà di donne che erano state rapite; da umane a muta-forma e vampiri e da Valchirie ad Arpie. Lo adirava il vedere che all’Arpia erano state vincolate le ali. Era scioccante il fatto che la creatura fosse riuscita a non soccombere in quelle condizioni, ovvero privata di tutto ciò che le dava vita. Nessuno si meritava di venir torturato in modo così brutale. Zander non aveva nemmeno fatto cenno di rimuovere le catene d’argento dalle ali dell’Arpia, e Gerrick si rese conto che forse era per la sicurezza di tutti quanti. La sua reazione sarebbe stata imprevedibile, e un’Arpia fuori controllo era l’ultima cosa che serviva in quel momento.
In condizioni normali tutte quelle femmine avrebbero rappresentato un pericolo. Ciò che avevano passato aveva solamente peggiorato la situazione, rendendole imprevedibili; le creature si guardavano intorno spaventate e scattavano al minimo rumore. Quando incrociarono la strada con un ratto tutte le donne si misero in posizione di attacco, scoperchiando i canini all’innocuo roditore. Spostarono poi lo sguardo freneticamente da Zander a Kyran a Mack e a tutti gli altri. Le loro espressioni terrorizzate suggerivano che il modo migliore di agire era tenerle a bada almeno per il momento. L’ultima cosa che serviva al Reame era una dozzina di donne pericolose in fuga.
Gerrick si rese conto che avevano oltrepassato le terme, e si sorprese di non aver incontrato altri nemici. Il Guerriero non abbassò mai la guardia; era stato troppo facile, il che lo preoccupava. Attraversarono l’area ora vuota, ma che aveva chiaramente ospitato gli Skirm e i demoni. Il suo sesto senso lo avvertì di restare in guardia mentre il gruppo avanzò il più silenziosamente possibile.
In quel punto l’aria non era più pregna dello stucchevole tanfo di morte. C’era qualcosa che non andava. Prese Shae tra le braccia in un gesto istintivo, come a volerla proteggere dal pericolo. In quanto Guerriero il suo scopo era quello di proteggere sia il Reame che gli umani, quindi non era nulla di nuovo, ma il gesto svolto nei confronti di Shae andava oltre i suoi normali doveri. Era qualcosa che gli nacque da dentro, e il pensiero lo spaventò a morte. Non si concesse di avventurarsi in quella parte remota del proprio essere. Il dolore era troppo, quindi lo allontanò il più possibile, fuori portata della propria razionalità.
Fu un rumore a interrompere la marcia del gruppo, quindi Gerrick si alzò in punta di piedi per controllare i dintorni. “Restate qui” disse a Aison e Caell prima di farsi strada a spallate nel gruppo.
Quando raggiunse Mack si rese conto che Kadir e Azazel stavano bloccando il cammino. Entrambi i demoni stavano rivolgendo loro un ghigno orgoglioso, e avevano le braccia incrociate al petto. La differenza di corporatura tra il demone Behemoth e quello Daeva sarebbe stata comica se la loro presenza non avesse rappresentato una minaccia. Uno era alto più di due metri e aveva la pelle grigia e un paio di corna nere, mentre l’altro assomigliava a un modello.
Gerrick osservò con cautela le luci nere e grigie della magia Oscura che irradiavano i due. Si stavano preparando per scagliare un incantesimo, quindi il Guerriero si scervellò per trovarne uno abbastanza potente da proteggere il gruppo. Sfortunatamente non esisteva nulla in grado di contrastare un tale potere Oscuro.
Gerrick rivolse un’occhiata a Shae, la quale fissava immobile i demoni. L’ira di lei era chiara sul suo volto, e si accorse che aveva i muscoli tesi ed era pronta ad attaccare. Per la prima volta si rese conto che l’aura attorno a Shae, che normalmente era viola e blu, presentava degli accenni di nero. Qualsiasi cosa avessero fatto a quelle donne era molto diverso da ciò che aveva subito Jessie, la cui aura era un trionfo di colori dell’arcobaleno, senza alcun accenno di nero.
“Re Vampiro, vedo che stai portando via ciò che non ti appartiene. Un’altra volta” disse Kadir con la sua voce profonda che fece vibrare i muri come fosse stato il motore di un’Harley-Davidson.
Gerrick si accorse che le donne avevano preso a tremare dietro di sé. In quel momento non erano più gli esseri malefici e feroci che erano sembrate, al contrario erano come topolini terrorizzati. Gerrick era pronto a scommettere che se Kadir avesse detto loro di affrettarsi nelle loro gabbie le prigioniere gli avrebbero obbedito. Tutte tranne Shae, indubbiamente. Quest’ultima non si sarebbe mossa; la sua ira bramava vendetta.
“Non ti apparteniamo” esordì Shae prima di avanzare di un passo. Gerrick le portò una mano sul braccio per fermarla, quindi la donna abbassò lo sguardo sulla mano di lui e poi sul suo volto. L’uomo scosse il capo, al che la ragazza scoprì i canini; lo spettacolo fu più erotico di quanto sarebbe dovuto essere.
Zander intervenne prima che Shae potesse commentare. Indubbiamente aveva molte cose da dirgli in quel momento. “Sembra che i tuoi piani abbiano fallito ancora, Kadir. Sei pronto a tornare al tuo creatore, demone?” Zander balzò in avanti senza esitare, deciso a distruggerlo. Era motivato dal desiderio di vendetta per Elsie, la sua Prescelta, la quale aveva sofferto per mano di Kadir.
“Dammi l’Amuleto e le lascerò andare. Tutte tranne Shae. Lei la tengo” rispose Kadir quando schivò con facilità l’attacco di Zander.
Gerrick abbassò la mano e strinse la presa sul coltello, poi avanzò di qualche passo prima di incappare in un paio di spalle larghe. Kyran gli si era messo davanti e lo stava guardando.
“Allora sei più stupido di quanto pensassi”. Fu Bhric a prendere in giro il demone. Gerrick voleva solamente che il Principe Vampiro usasse le proprie abilità per congelare il demone sul posto. Era come se gli avesse letto nella mente, infatti notò il bagliore tipico di quando Bhric faceva appello ai propri poteri.
Zander accompagnò il suo movimento nel voltarsi velocemente verso gli Arcidemoni. “Non terrai nessuna di loro, e di sicuro non ti darò l’Amuleto. Lucifero dovrebbe essere ormai abituato ai propri alloggi, congelato nel lago all’Inferno”.
Gerrick vide Kadir vacillare prima di solidificarsi in un attimo. “Ti piace il nostro incantesimo? È grazie alle tre streghe contro cui hai cospirato affinché venissero eliminate. Sappi che tutte le tue iniziative falliranno. Ti conviene ritornare da Lucifero con la coda in mezzo alle gambe” gli promise Zander prima di infierire sul braccio di Kadir, da cui uscì del sangue nero. La puzza di zolfo aleggiò presto nello stretto passaggio.
Kadir espresse la propria rabbia con un grido di guerra prima di scagliare Zander contro al muro. Kyran si mosse per evitare di venir colpito dal fratello, e cercò di unirsi alla battaglia, ma si trovò ad affrontare Azazel. Si spostò con la super velocità dietro all’Arcidemone dal bell’aspetto e gli conficcò un pugnale nella spalla.
“Con le streghe non ho fatto del mio meglio. Forse ci riproverò” commentò Kadir respirando pesantemente nell’allontanarsi da Zander e Kyran. Gerrick rimbalzò sui talloni dall’impazienza; voleva unirsi in battaglia ma sapeva che avrebbe creato solamente dei problemi. Si trovavano in un passaggio troppo stretto per muoversi liberamente, e i Guerrieri sarebbero stati troppo occupati a evitarsi l’un l’altro per attaccare efficientemente i nemici.
Lo scontro che i quattro stavano intrattenendo era molto confusionario. Kyran venne sbattuto contro a un muro e di conseguenza caddero dei detriti dal soffitto. Gerrick agitò la mano davanti a sé per allontanare la polvere che si era sollevata, e così facendo non si accorse in tempo che Shae si era messa di corsa nella direzione di Kadir.
“Mi avete tolto la vita e farò lo stesso con voi!” Esclamò Shae lanciandosi contro ad Azazel, ma il bel demone l’afferrò a mezz’aria.
“Oh, mia bella Shae. Non ti ho tolto la vita. Te ne ho data una nuova” commentò con fare sensuale all’orecchio di lei prima di affondarle i canini nel collo e banchettare con il suo sangue. La ragazza urlò e si agitò dal dolore, quindi Gerrick agì d'istinto facendo apparire la verga magica e pronunciando un incantesimo che raggiunse Azazel nel braccio, attirando la sua attenzione. I canini del demone strapparono un po’ di carne di Shae quando sollevò la testa.
La ragazza non si lamentò a causa della ferita, al contrario colse l’occasione per affondare le unghie in uno degli occhi del demone. Kyran si spostò dietro ad Azazel con la super velocità, quindi affondò la lama in una gamba del nemico, il quale lasciò andare Shae quando incespicò. La gamba amputata cadde a terra, e il demone fece finire parte del sistema di illuminazione in testa a Kyran. Mack prese quindi parte allo scontro mentre Gerrick liberò Shae dalle grinfie della bestia. Mack e Kyran affrontarono un Azazel in difficoltà, mentre Zander si occupava di Kadir.
Sembrava che stessero avendo la meglio sui nemici nel momento in cui anche gli altri componenti del gruppo aiutarono i Guerrieri che stavano già combattendo; almeno fino a quando li raggiunsero un mucchio di Skirm e demoni minori provenienti dai tunnel dietro di loro. Gerrick e gli altri si trovarono obbligati ad affrontare i nuovi arrivati, quindi l’uomo non ripose la verga e non smise di scagliare incantesimi. Quando però questi si fecero inefficaci, il Guerriero impiegò la verga come un bastone. La conficcò nel collo di un demone della furia, e fece esplodere la testa del nemico quando incanalò la magia nell’oggetto.
Gerrick perse di vista Zander e gli Arcidemoni, ma udì delle urla. Improvvisamente delle luci nere pervasero il tunnel, e quando queste sparirono così fecero anche gli Arcidemoni. Doveva essere successo qualcosa alle streghe per dare modo agli Arcidemoni di teletrasportarsi.
Breslin si affrettò da Gerrick, ma inciampò e cadde prima di raggiungerlo. L’uomo affondò la punta della verga nel petto di uno Skirm prima di pronunciare un incantesimo che lo uccise. Si godette il momento in cui il tirapiedi si dissolse in un milione di pezzi, e si abbassò per evitare la gamba amputata di Azazel che venne scagliata da Breslin. Gerrick era sorpreso del fatto che la donna non vi avesse dato fuoco grazie ai suoi superpoteri dopo essere inciampata nell’arto.
Gli risultava difficile localizzare sia i nemici che le donne a causa del caos che aveva prevalso nel tunnel angusto. Un aspetto che lo colpì era la ferocia con cui le prigioniere affrontavano gli Skirm e i demoni. La loro rabbia e sete di sangue ricordavano quelle di animali selvatici, il che lo preoccupava seriamente circa il loro stato mentale.
Il numero dei nemici diminuì, quindi i Guerrieri affrontarono la battaglia con più calma, mentre le donne non ridussero di intensità i loro attacchi. Era come se anche il minimo di razionalità avesse abbandonato la loro mente. Gerrick provò ad approcciare la piccola umana che chiamavano Cami, ma venne spinto via quando gli graffiò le braccia. Bhric fece la stessa fine quando tentò di avere a che fare con Shae, e quando Gerrick si accorse che il Principe Vampiro aveva sollevato una mano per esercitare il proprio potere su di lei, gli sbatté contro di proposito per distrarlo e fece finire il ghiaccio contro a un muro. Non avrebbe più permesso che le venisse fatto del male.
L’aria nel tunnel si fece pesante, e Gerrick rallentò i propri movimenti quando Zander esercitò i suoi poteri. Non aveva mai sentito così tanta pressione e controllo da parte del Re Vampiro, ed era sorpreso di essere rimasto in piedi dopo un tale dispendio di energie. Gli ordini di Zander echeggiarono nel tunnel. “Basta! Fermatevi!” Tuonò.
Si udivano solamente i respiri pesanti dei presenti. Quando Gerrick si guardò intorno si rese conto che Shae si trovava a qualche metro da lui ed era appoggiata a un muro. Sembrava essere rilassata, ma il modo in cui contraeva la mascella, le rughe d’espressione attorno alla bocca e gli occhi agitati tradivano il suo stato d’animo. L’uomo provò ancora il desiderio di raggiungerla per abbracciarla, ma scosse il capo all’impulso bizzarro e si fece violenza per non assecondarlo.
“Gli Arcidemoni non torneranno stanotte, sono troppo feriti. Adesso usciamo e torniamo a Zeum, per stanotte il bagno di sangue finisce qui” decretò Zander prima di voltarsi verso l’uscita.
I componenti del gruppo presero quindi a seguire Zander, e Gerrick si rese conto che a tutte le donne, a eccezione di Shae, era stato fornito almeno un capo di abbigliamento. L’uomo si tolse quindi la giacca di pelle prima di avvicinarsi a lei. Ricevette un’occhiata cauta quando l’aprì e le disse “Mettila. Fuori fa freddo”. Non distolse lo sguardo da Shae mentre quest’ultima tentò di celare il modo in cui tremava a causa della bassa temperatura.
“Non mi dà fastidio un po’ di freddo” protestò nell’infilare le braccia nelle maniche. “Non è niente rispetto a ciò che ho subito”. Le sue parole esprimevano chiaramente quanto si vergognasse dello stato in cui versava.
Quando si avvolse completamente nella giacca si lasciò scappare un sospiro. Gerrick avrebbe potuto giurare di averla vista avvicinarsi il bavero al naso per inalarne l’odore. Osservò un piccolo sorriso farsi strada sul volto di lei quando si abbassò per togliersi anche le scarpe. L’ultima cosa che voleva era farla camminare sulle tavole scheggiate, i vetri rotti e altri detriti, senza contare le strade fredde all’esterno.
Shae spostò lo sguardo da Gerrick agli stivali di lui che teneva in mano. “Sei sicuro che non ti facciano male i piedi? Sono abituata al disagio”.
Gli si contrassero le interiora alle parole di lei. Era pronto a scommettere i suoi preziosi sgian dubh che non avrebbe accettato la giacca se non avesse capito che stavano per incontrare degli umani. Era chiaro che non avrebbe mai violato la regola secondo la quale gli esseri soprannaturali non potevano rivelare l’esistenza del Reame di Tehrex. Il modo in cui guardava Zander e i suoi fratelli gli faceva capire quanto fosse un vampiro dedito al Reame.
Shae non sapeva quanto dolore avesse dovuto sopportare Gerrick in vita sua. “Il dolore fisico non è niente” le disse onestamente prima di incamminarsi.
“Ma dai” mormorò lei ironicamente. “Comunque mi chiamo Shae” esordì appena dopo.
Quando si voltò per guardarla gli si allargò un sorriso in volto alla vista di lei che saltellava nell’indossare gli stivali prima di affrettarsi al suo fianco. Si corrucciò alla strana sensazione, non sorrideva mai. “Capito”.
“Devi essere il simpaticone del gruppo, Gerrick” commentò lei sarcasticamente, il che gli fece venire voglia di sorridere ancora. “Per dire”.
“Già, io sono Gongolo e lui è Cucciolo” disse indicando Bhric.
“Vaffanculo, io sono Sexy” rispose il Principe Vampiro. Gerrick proseguì tranquillamente fino a quando non sentì un chiodo conficcarsi nel tallone; gli venne da imprecare ma si trattenne. Non voleva che Shae gli desse gli stivali, non avrebbe mai permesso che si facesse male.
“Già, si vede che sei un mattacchione. Sudi sempre così tanto quando combatti?” Domandò lei toccando il bavero della giacca che indossava. L’azione gli diede un assaggio del seno di lei, e cazzo, quanto gli venne duro. Non si concesse di dilungarsi circa il modo in cui la pelle nuda di lei lo eccitasse, quindi si voltò e riprese a camminare.
“Preferiresti indossare la mia maglietta? È madida”. Non stava aiutando il proprio stato, in quanto l’immagine di lei con addosso la sua maglietta era ancora più eccitante. Aveva fatto sesso con tante donne nel corso dei secoli, ma non aveva mai desiderato che qualcuna di loro indossasse i propri capi d’abbigliamento. In quel momento voleva invece che Shae avesse addosso la propria maglietta e nient’altro; si rese conto che forse era a causa di ciò che la povera donna aveva dovuto subire.
“Mi va bene la giacca, grazie, Sudaticcio. Allora, che giorno è oggi?” Domandò raggiungendolo.
“Il primo dicembre”. Non era un tipo da conversazione, preferiva di gran lunga ascoltare. Avrebbe ascoltato quella voce sexy per giorni interi; nel suo tono era presente un accenno di asperità che la distingueva dalla maggior parte delle donne.
“Okay…di che anno?”
“Duemila quindici” rispose con fare incuriosito. Quanto tempo ha trascorso qua sotto? Pensò.
“Oh santo cielo” trasalì lei. Notò la disperazione sui tratti di Shae. Sentì il bisogno di confortarla, ma qualcosa gli suggerì che fosse l’ultima cosa che lei volesse. “Sono passati solamente sette mesi; mi sembra di essere qui da decenni”. Le altre donne scoppiarono a piangere quando si resero conto del tempo che era trascorso. Tutto ciò che gli altri Guerrieri poterono fare era confortare le femmine sconsolate. Gerrick si aspettava che anche Shae avesse un crollo, invece proseguì con i pugni stretti ai fianchi, la mascella contratta e lo sguardo stretto avanti a sé. Era chiaro che fosse incazzata, la sua reazione esprimeva di più del pianto delle altre prigioniere.
Quando raggiunsero le scale Gerrick cedette il passo alle donne. Zander e Breslin le aspettarono invece in cima alle scale. Una volta raggiunta la strada procedettero verso il parcheggio il più velocemente possibile, considerato che le prigioniere erano tante ed erano ferite. Gerrick imprecò quando sentì il freddo ai piedi; non aveva mentito circa il disagio fisico, ma erano trascorsi diversi secoli da quando aveva patito il freddo. Grazie alla Dea si sarebbe liberato presto dell’irritazione dovuta al chiodo nel tallone.
Prima che potessero raggiungere il parcheggio si resero conto che c’era uno scontro in atto, e Gerrick non esitò a scattare di corsa. “Merda. Breslin, resta con le donne. Anche voi, Cade e Caell” impartì Zander prima di raggiungere il compagno Guerriero.
Rhett, un demone di fuoco, nonché l’aggiunta più recente alla squadra, si affrettò al loro fianco quando raggiunsero il parcheggio dove le streghe e gli altri Guerrieri stavano affrontando un gruppo numeroso di Skirm. Diamine, quanti sono?! Pensò Gerrick. Kadir e Azazel di sicuro non avevano perso tempo a mettere in piedi un esercito. Si rese conto in quel momento che cos’aveva interrotto la magia delle streghe.
Il demone di fuoco lanciò delle fiamme dai palmi. “Vi divertite sempre così tanto? A quando la prossima iniziazione?” Mack scoppiò a ridere al commento di lui. Conosceva Rhett da qualche tempo, ed era ritornato con lei e Kyran dopo il loro soggiorno a Khoth, il Reame dei draghi.
“Stai pensando di restare qui per un po’, fiammifero? Sei sicuro che non ti mancherà il tuo lavoro da ufficio?” La ragazza lo provocò nel combattergli di fianco.
“Non m’immaginerei di andarmene tra poco, raggio di sole” Rhett grugnì quando la sua disattenzione gli fece accusare un pugno nelle costole. Rise nell’abbassarsi per schivare il pugno scagliato dallo Skirm. “E poi non ho ancora dato abbastanza fastidio al tuo Prescelto. E mi piace questo posto. Ci sono tante donne e tanti bei posti che vorrei vedere, sembrano promettere tante avventure”.
Gerrick rimbalzò sui talloni ghiacciati prima di attaccare ferocemente gli Skirm, eliminando tutti quelli nelle vicinanze. Due umani scelsero proprio quel momento per attraversare la strada per raggiungere il porto dei traghetti. Gerrick udì le loro esclamazioni di stupore, e così fecero gli Skirm. Due di essi fecero per dirigersi verso gli umani, quindi il Guerriero non si fermò nemmeno a pensare quando corse loro dietro.
I due umani strillarono quando gli Skirm scoprirono i canini prima di lanciarsi su di loro. Gerrick ringhiò e imprecò nel placcare uno dei due, finendogli sulla schiena e facendolo cadere a terra. Sfortunatamente la donna venne attaccata dall’altro Skirm, urlando dal dolore. Gerrick non sopportava le urla stridule, quindi mormorò un incantesimo per ammutolirla e tirò un sospiro di sollievo quando il rumore cessò. La vittima si guardò attorno terrorizzata nel trattenersi la gola.
Non aveva intenzione di prolungare la sofferenza della sfortunata, quindi infilò lo sgian dubh nel petto della creatura, udendo il rumore soddisfacente di quando raggiunse il suo cuore nero. Non si guardò indietro e incenerì anche il secondo Skirm. Il maschio umano si affrettò a soccorrere la donna nel momento in cui il Guerriero si voltò e fece ritorno al proprio gruppo. A metà strada si rese conto di non aver annullato l’incantesimo. Non vedeva l’ora di tornare a casa, era stata una lunga notte.
“Accidenti Gerrick, li hai spaventati a morte. Non riuscivo a capire se volessi attaccare loro o gli Skirm. Sicuramente avranno degli incubi per un po’” lo ammonì Mack.
“No invece, uno dei vampiri cancellerà loro la memoria” ribatté Gerrick prima di affrettarsi ad annientare anche il resto dei nemici. Fu un lavoro pulito e veloce quello di eliminare gli Skirm che avevano approcciato le streghe.
Fece poi un cenno a Breslin, il quale guidò le donne dietro l’angolo mentre le streghe stavano riportando l’attacco a Zander. In pochi minuti le prigioniere si sistemarono nelle monovolume, ed erano tutti pronti a fare ritorno a Zeum. Gerrick rilassò il capo sul poggiatesta; si chiese che cosa sarebbe successo.


Shae chiuse gli occhi e appoggiò la testa al finestrino durante il viaggio verso la famosa base di Zeum. Era stata finalmente liberata dalla tortura degli Arcidemoni. Per sette lunghi mesi aveva pregato affinché arrivasse quel momento, e ora che era finalmente giunto non aveva idea di che cosa fare. Prima del rapimento concludeva una lunga giornata rilassandosi facendo l’uncinetto, ma in cattività non aveva avuto con sé i propri strumenti. Dubitava però che l’hobby la calmasse ancora dopo tutto ciò che aveva subito.
Le mancava la sua famiglia e voleva essere portata subito a casa, ma si trattenne dal chiederlo. Le vennero le lacrime agli occhi quando ripensò alla propria vita. Indubbiamente la credevano morta.
Sicuramente i suoi genitori avevano già assimilato la perdita, e allo stesso modo aveva fatto suo fratello che era più grande di lei di diversi secoli; i due erano però intimi come fossero stati gemelli. Suo fratello era presente in tutti i ricordi di Shae; le aveva insegnato a giocare a baseball e a guidare. Le rare volte in cui era andata per locali con gli amici suo fratello era sempre stato lì a proteggerla.
Le tornò alla mente l’espressione accanita del nonno; sicuramente l’aveva cercata innumerevoli volte per le strade. Era pronta a scommettere fino all’ultimo centesimo che l’uomo avesse impiegato i propri sensi di lupo per cercare di rintracciarla, e sicuramente l’aveva frustrato parecchio non trovarla. Era impossibile rintracciare qualcuno quando veniva teletrasportato, ed era così che l’avevano rapita i demoni quella dannata notte. Adorava suo nonno e avrebbe fatto di tutto per sentire ancora le sue braccia forti attorno a sé; la facevano sentire al sicuro. Non credeva che si sarebbe più sentita al sicuro.
Si ritrovò a chiedersi se uno degli zii avesse tramutato la sua camera in studio. Viveva insieme alla famiglia allargata come tutti gli esseri soprannaturali, e lo spazio era poco. Non abitavano in una villa enorme, quindi la loro modesta casa non concedeva loro il lusso di avere uno studio. Per quanto le mancasse la propria famiglia non riusciva a immaginarsi di rivederli quella notte. Voleva dire loro che era viva, ma non era sicura di riuscire a reggere una conversazione circa l’accaduto.
Non era più la stessa donna che era stata rapita tutti quei mesi prima. Allora era un vampiro felice che sorrideva spesso e a cui piaceva uscire con gli amici. Le piaceva andare ai concerti e alle enoteche, e nonostante non fosse un’atleta, giocava nella squadra di softball della banca; una manicure e una pedicure bisettimanale erano più nelle sue corde rispetto al fare attività fisica. Era uscita con diversi uomini ma al momento non c’era nessuno di speciale nella sua vita. Non riusciva nemmeno a immaginarsi che un uomo la toccasse. Non sapeva più chi era.
Le sarebbe scoppiata la testa se avesse continuato a scervellarsi per darsi risposta alle domande che la assillavano.
Udì qualcuno menzionare Dante, il suo capo, nonché il Signore dei Cambion. Ripensò quindi al suo lavoro e si chiese se avessero mantenuto la sua postazione. Le tornò alla mente il giorno di tanti anni prima quando Dante l’aveva assunta. Aveva flirtato con lei dicendole che l’avrebbe assunta se avesse indossato delle minigonne. Lo aveva mandato a fanculo, certa che non l’avrebbe assunta, ed era rimasta scioccata quando l’aveva fatto. Più avanti le aveva detto che era stata la sua sfacciataggine a convincerlo. Shae sapeva che Dante faceva parte del Consiglio dell’Alleanza Oscura insieme a Zander, e pregava di non dover avere a che fare con il proprio capo nel futuro prossimo.
Aprì immediatamente gli occhi quando sentì che la monovolume si era fermata. Si guardò attorno con fare sospetto e notò che avevano parcheggiato accanto a un doppio portone nero adornato da incisioni complesse e lavorate. Lo spostamento era durato fin troppo poco per i suoi gusti; avrebbe preferito restare seduta lì in silenzio per evitare il più possibile la realtà.
Il portone si aprì improvvisamente, e vi uscì di fretta una donna minuta dai capelli mori. A Shae batteva forte il cuore quando scese dal veicolo, e raggiunse le altre donne che sembravano agitate tanto quanto lei.
Zander si avvicinò alla donna e la baciò delicatamente prima che lei si rivolgesse al gruppo. “Benvenute a Zeum. Se non l’avete ancora capito sono Elsie, la Prescelta di Zander. È bello avervi finalmente qui. Seguitemi, parliamo dentro, qui fuori fa freddo”. Elsie guardò negli occhi tutte le presenti.
Vennero incitate dai Guerrieri a entrare in casa, il che fece adirare Shae. Non le piaceva trovarsi in una situazione sconosciuta, non importava quanto gli altri stessero sorridendo e stessero cercando di metterle a loro agio. Non conosceva quelle persone e ne aveva passate abbastanza per non fidarsi di nessuno. Azazel era l’esempio perfetto; esteticamente era bellissimo ma era la persona più malefica con cui avesse mai avuto a che fare.
Si impose di ricordarsi che si trattava della residenza del suo Re e che era stata salvata dai Guerrieri Oscuri, ovvero i più rispettati del Reame. Lo sforzo di controllare la propria reazione la fece sudare nella giacca di Gerrick. Non vedeva l’ora di andarsene, e si sentiva claustrofobica nella villa immensa.
“Devo chiamare la mia famiglia, sicuramente sono preoccupati per me” disse Cami immediatamente.
“Mi spiace ma non puoi” rispose gentilmente Zander.
La cosa fece incazzare subito Shae, così come le altre donne. Nessuno le avrebbe mai più obbligate a fare qualcosa contro la loro volontà. Il vampiro cercò di ideare alcuni modi per fuggire nel momento in cui si sarebbe presentata l’occasione; in quel preciso istante era impossibile, circondata dai Guerrieri e le loro Prescelte. Prima o poi avrebbe trovato un modo per farlo.
“Perché no?!” Sbottò Cami.
“Perché non sappiamo abbastanza di come si sia sviluppata la situazione. Gli umani non possono sapere del Reame di Tehrex, e dobbiamo fare dei test per determinare gli effetti del veleno dei demoni su di voi” spiegò Zander.
“Voglio andare a casa, adesso!” Esclamò Cami.
“Può andare a casa se vuole” esordì Shae. “Siamo state prigioniere abbastanza a lungo, non potete dirci che cosa fare!”
“Calmatevi”. La Principessa Breslin cercò di tranquillizzarle sollevando le braccia in cenno pacificatore. Peccato, perché Shae era parecchio incazzata e voleva prendere a pugni la donna.
“Non possiamo tenerle qui, sarebbe crudele dopo tutto ciò che hanno passato” commentò Gerrick. Shae era scioccata dal fatto che il Guerriero le stesse difendendo, tanto più che non le sembrava il tipo che s’interessava di qualcosa. Lo aveva visto combattere con un certo distacco, il che le aveva fatto chiedere se provasse dei sentimenti.
“E invece restano, Gerrick. Non sappiamo che cosa abbiamo per le mani e che rischio rappresentino” ribatté Zander.
“Zander ha ragione. Là fuori non è sicuro per loro” aggiunse Breslin. Shae non ci pensò due volte e si tolse la giacca di Gerrick prima di correre verso la donna dando una spallata al fianco della Principessa. La raggiunse un pugno alla guancia che le fece vedere brevemente le stelle. Scoprì quindi i canini e si accovacciò, quindi colpì Breslin allo stinco. Udiva qualcuno urlare qualcosa in sottofondo ma non vi prestò attenzione.
Breslin l’afferrò per la caviglia e tirò. Shae aveva trascorso mesi sul ring, e fu quindi in grado di restare in piedi senza smettere di prendere a pugni la Principessa. Combattere era diventato la sua seconda natura, e non perdeva mai. Perdere sul ring significava morire, e non aveva intenzione di morire nel futuro prossimo. Breslin ringhiò e scoprì i canini, quindi Shae notò che negli occhi color ambra di lei presero a brillare delle fiamme di rabbia. Nemmeno lei aveva intenzione di arrendersi. Improvvisamente qualcuno cinse la vita di Shae, e delle forti braccia la sollevarono da terra.
“Tutto ok, dolcezza?” Domandò il demone di fuoco alla Principessa quando si accucciò accanto a lei. Non le interessava chi la stesse trattenendo, avrebbe fatto in modo che Breslin non potesse rispondere alla domanda. Shae si agitò nella presa, e in risposta venne stretta ulteriormente, rendendole impossibile muoversi anche solo di un centimetro.
“Non chiamarmi dolcezza” sbuffò Breslin uscendo infuriata dalla stanza.
“Le piaccio, me lo sento” commentò il demone del fuoco nel momento in cui Shae affondò le unghie nella carne delle braccia che le stavano trattenendo i fianchi. Impiegò tutte le proprie energie per voltarsi e capire chi l’avesse vincolata. Era Gerrick e aveva un ghigno in volto.
“Mettimi giù. Me ne vado” sbottò portando indietro la testa. Il Guerriero cercò di evitare l’offesa, ma la sommità della testa della ragazza lo raggiunse al mento. Sperava di riuscire a rompergli il naso e restò delusa quando si rese conto che non l’aveva ferito nemmeno un po’.
“Non vai da nessuna parte, Shae. Non adesso” le mormorò Gerrick all’orecchio quando la strinse ulteriormente a sé. La rabbia di lei riaffiorò con veemenza e riprese a contrastarlo. Si rifiutava di venir messa in un’altra gabbia.

CAPITOLO TRE
Era come se Gerrick stesse stringendo a sé una lince. Shae era esplosa senza ascoltare ragioni. Non che lui fosse d’accordo con il trattenere quelle donne, ma capiva che al momento stavano avendo a che fare con qualcosa di sconosciuto, e non le avrebbero lasciate andare così facilmente.
Era strano; le altre donne erano arrabbiate e avevano protestato, ma solamente Shae era impazzita. La rossa tra le sue braccia era completamente fuori controllo.
Aveva portato indietro la testa e lo aveva colpito al mento, al che Gerrick aveva imprecato. “Smettila, accidenti. Stiamo cercando di aiutarti. Non stai migliorando la tua situazione”. Era come se stesse parlando con un muro. Quando portò l’attenzione su Jessie lesse lo stupore sul volto di lei.
Jessie, l’amica di Cailyn si era unita al gruppo qualche mese prima dopo essere stata morsa e infettata dal medesimo Arcidemone. Era stato grazie a lei se il Reame aveva appreso la differenza tra il morso di un Arcidemone su un maschio e su una femmina. Prima di Jessie nessuna donna era stata infettata da un Arcidemone, quindi era credenza comune che il morso portasse al mutamento in uno Skirm decerebrato.
Fece appello ai propri poteri e mormorò “Codlata”; le sue dita irradiarono luce blu e l’uomo percepì il formicolio a lui familiare quando si attivò l’incantesimo. Qualche istante più tardi Shae si abbandonò tra le braccia di Gerrick e la ragazza chiuse gli occhi.
“Che cosa le hai fatto?!” Domandò Cami.
Gerrick la vide trasalire quando portò l’attenzione sull’umana. Chiaramente non era pronta ad affrontarlo come aveva fatto Shae. Era al corrente che molti lo vedessero come un Guerriero spietato, freddo e menefreghista, ma non si era mai prestato a modificare la concezione altrui di sé perché gli andava bene così. Credeva che fosse meglio essere temuto piuttosto che facilmente approcciabile. “Non l’ho uccisa, se è questo che ti preoccupa. Le ho solamente fatto un incantesimo soporifero, si sarebbe fatta male”.
Sollevò le gambe di Shae portandosele al petto, percependo immediatamente la pelle morbida di lei addosso. Abbassò lo sguardo sulla ragazza, come attratto dal viso che aveva rilassato sul proprio braccio. Aveva i capelli sporchi e secchi, ma erano quelli più lunghi che avesse visto da secoli. Immaginò che una volta puliti e pettinati le avrebbero raggiunto il sedere. Non era tipico per le donne moderne portare i capelli talmente lunghi, il che rendeva quella tra le sue braccia un enigma.
Le ciocche tempestate di nodi le scivolarono oltre la spalla, attirando l’attenzione di lui sul seno nudo. Era molto sporca, eppure si distingueva il rosa dei capezzoli. Era pronto a scommettere che se li avesse trattati come voleva si sarebbero fatti rossi e turgidi.
Prese un respiro profondo prima di avanzare verso le scale che portavano al seminterrato. Per la prima volta fu in grado di distinguere l’aroma naturale di lei di gelsomino, nonostante la puzza che le assediava la pelle. Aveva un profumo divino, e Gerrick non riuscì a limitare la propria erezione. Fece di tutto per distrarsi, ma il suo stupido membro non lo ascoltò. Voleva ciò che voleva, e non gli importava che non fosse il momento giusto.
Era incuriosito dalla reazione del proprio corpo. Stava portando una donna nelle loro segrete per imprigionarla, eppure gli era venuto duro come la pietra. L’ultima cosa che doveva accadere era che Rhys o Orlando se ne accorgessero, in quanto non gli avrebbero più dato tregua. Scese le scale cercando di concentrarsi su nient’altro che la donna che aveva tra le braccia.
Gli risultò però impossibile, distratto dai suoi respiri delicati e i gemiti. Da sveglia era un uragano, mentre in quello stato era una donna fragile che Gerrick voleva semplicemente tenere con sé e proteggere. E, cazzo, quanto la odiava per il modo in cui lo faceva reagire. Non aveva provato una tale attrazione per nessuno da quando aveva incontrato la sua Evanna. Il suo cuore e la sua anima appartenevano alla sua Prescelta defunta.
Era stato amore a prima vista quello che aveva provato per Evanna quattrocento anni prima. All’epoca era un giovane stregone di soli cinquant’anni, e l’aveva catturato sin da subito. Gli tornarono alla mente i suoi capelli biondi e i suoi occhi del colore della giada, e di come sorrideva con facilità. Era qualcosa che Gerrick faceva in sua compagnia.
Avevano scoperto di essere Prescelti quando avevano fatto sesso per la prima volta ed erano apparsi i relativi marchi di accoppiamento. L’aveva persa di lì a poco, era morta per mano di un Arcidemone e il suo Skirm. Nulla era servito a riportarla da lui, nemmeno la propria abilità di plasmare il tempo. Per poco non si era giocato completamente il proprio dono quando aveva tentato ripetutamente di salvarla in quel maledetto giorno, e in quell’occasione aveva imparato che l’uso del potere ti presenta sempre il conto. La cicatrice sul proprio volto era il prezzo che aveva richiesto la Dea per il tentativo di lui di cambiare il destino. Avrebbe accettato di venir ricoperto di cicatrici se solo fosse servito a salvare Evanna. Si corrucciò nel scendere le scale e cercando di allontanare i ricordi dolorosi dalla mente.
Udì Zander e gli altri accompagnare le donne lungo le scale dietro di sé. Si accorse che Elsie, la Prescelta di Zander stava cercando di rassicurare una delle vittime. Gerrick non sapeva come mai perdesse tempo; nemmeno a lui piaceva la situazione, ma non c’era modo di cambiarla. Non aveva senso cercare di confortarle, e francamente gli sembrava uno spreco di fiato.
Non era freddo e ostile come credevano in molti, semplicemente non vedeva il senso di dire a queste donne che sarebbe andato tutto bene. Le stavano imprigionando nuovamente, qualche ora dopo averle liberate. Nessuno sapeva se le cose sarebbero effettivamente migliorate o se avrebbero dovuto eliminarle a causa della loro pericolosità. Abbassò lo sguardo su quello pacifico di Shae e le giurò in quel momento che non avrebbe mai permesso che le venisse fatto del male, non importava che cosa avrebbero appreso su di loro.
Gerrick avanzò oltre il seminterrato, dove si trovavano una clinica medica, una stanza delle armi, uno spazio per l’allenamento e delle stanze extra per gli ospiti. Al piano inferiore i mattoni e il cemento lasciavano spazio alla pietra e alla terra. A Seattle era una vera e propria sfida avere un piano interrato, figurarsi delle segrete, ma erano riusciti a farlo grazie all’uso della magia. Si ricordò di aver scavato e di aver utilizzato la pietra per rinforzare i muri delle segrete.
Gli vennero i brividi quando si accorse dello sbalzo di temperatura, e vide che a Shae venne la pelle d’oca. Si appuntò mentalmente di fare in modo che la ragazza avesse a disposizione dei vestiti caldi e tante coperte. Si fermò quando raggiunse la prima cella, di cui aprì la porta con un piede.
“Prendi delle coperte e delle lenzuola. Non voglio metterla sul materasso così com’è” disse Gerrick. A differenza di alcuni compagni Guerrieri, Gerrick non era mai stato chiuso nelle segrete, ma era contento che avessero migliorato le postazioni, fornendole di veri e propri letti. Shae non si meritava di dormire sul pavimento sporco o su una branda.
“Faccio preparare tutti i letti” rispose Nate affrettandosi attraverso la porta con delle lenzuola in mano “ma non mi ha detto nessuno che le avreste messe nelle segrete. Quanto può essere difficile mandare un messaggio? Wow, che bomba” commentò Nate facendo cadere a terra le coperte quando notò Shae.
Gerrick scosse il capo. Non sapeva come mai Angus, il drago muta-forma che era stato in passato il loro maggiordomo, avesse disposto che Nate fosse il suo sostituto. Chiunque sarebbe stato più adatto e in grado di concentrarsi sui compiti affidatogli. Non Nate, il quale trascorreva più tempo a sbavare dietro alle donne piuttosto che occuparsi della casa.
“Queste donne hanno subito degli orrori impronunciabili, non comportarti da coglione. Sistema le coperte sul letto così posso far coricare Shae” sbottò Gerrick; voleva cavare gli occhi di Nate per aver guardato il corpo nudo di lei. Gli sottrasse una coperta e l’avvolse attorno alla ragazza. Nate si voltò verso le sbarre, e sia il suo silenzio che il rossore delle sue guance indicavano che aveva compreso quanto il suo commento fosse fuori luogo.
Gerrick fece coricare Shae una volta sistemato il letto. Tecnicamente aveva portato a termine il proprio compito, ma si rese conto che non voleva lasciarla da sola. “Shae non si sveglierà ancora per un po’, e deve pulirsi. Manda qualcuno dello staff affinché se ne prenda cura” richiese il Guerriero nel guardarsi attorno nella nuova residenza di Shae. Un muro era costituito dalle sbarre, mentre gli altri tre dalla pietra; aveva più privacy di prima e sicuramente l’avere un water e una doccia funzionante sarebbe stata cosa gradita, a differenza della natura dell’alloggio, per cui avrebbe protestato.
Guardò la donna addormentata. Sembrava tranquilla a riposo, ma Gerrick non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di lei che perdeva la cognizione. Le accarezzò la testa con una mano, si chiedeva che aspetto avrebbe avuto da pulita. S’immaginò che avesse i capelli di un rosso intenso e che forse avrebbe avuto il naso tempestato di lentiggini.
“Nate!” Chiamò Zander. Gerrick ritirò subito la mano per non farsi beccare ad accarezzare la testa di Shae. Non sapeva che cosa gli fosse preso, ma doveva darsi una regolata. “Fa’ in modo che ogni donna abbia a disposizione delle salviette e degli articoli per l’igiene. Fatti dare le loro taglie e fa’ avere loro dei vestiti il prima possibile. Le nostre ospiti dovranno anche avere a disposizione del cibo e sacche di sangue”.
Gerrick uscì dalla cella quando vi entrarono diversi membri dello staff con salviette e altri oggetti. Jace li raggiunse subito dopo. “Le prelevo del sangue prima che la puliate, così posso fare subito degli accertamenti”. Gerrick reagì d’istinto mostrando i canini al maschio; non sapeva come mai fosse talmente protettivo nei suoi confronti. Sapeva che servivano dei campioni di sangue, e prima l’avrebbe fatto meglio sarebbe stato.
Jace strinse lo sguardo su Gerrick. “Qual è il tuo problema? Non le faccio del male. Non sa nemmeno che le sto prelevando del sangue”.
Bella domanda, pensò Gerrick, che ignorò il guaritore nell’uscire dalla cella. Restò nel corridoio per osservare l’andirivieni di membri dello staff; era come se i suoi piedi si rifiutassero di portarlo al piano superiore. Non aveva più senso che restasse lì, eppure non riusciva a distogliere lo sguardo dalla donna.
Le segrete erano piccole, e le donne avevano occupato quasi tutte le celle presenti. Jace terminò l’operazione e il resto dei Guerrieri salì al piano terra, mentre Gerrick restò nei pressi della cella di lei. Due femmine di muta-forma avevano riempito dei secchi di acqua calda dalla doccia e avevano iniziato a pulire Shae.
Era come stregato dalla vista di quest’ultima. Le venne rimossa la terra dalle braccia e si rese conto di quanto fosse pallida, non che ciò inficiasse sulla sua bellezza. Diamine, nemmeno lo sporco più ostinato era in grado di renderla meno bella; era stupenda, e Gerrick si sentì improvvisamente un guardone.
Si fece forza per allontanarsi e dirigersi al piano terra. Non voleva stare ancora da solo, quindi si mise in ascolto della conversazione che veniva intrattenuta in cucina. L’aroma di aglio e cipolle aleggiava nella stanza, e il Guerriero si chiese che cosa stesse cucinando Elsie questa volta. Gli venne l’acquolina in bocca.
Secondo Gerrick Elsie era la cuoca migliore del mondo. Era in grado di trasformare tutto in un capolavoro, sia che si trattasse di formaggio alla griglia o un étouffèe di gamberi; era sempre tutto delizioso. Non si sorprese quando aprì la porta della cucina e vi trovò la maggior parte dei Guerrieri e delle loro Prescelte. Dall’arrivo di Elsie alla base la cucina era diventato un ottimo punto di ritrovo, per quanto si entrasse a proprio rischio, dato che Zander e Elsie erano noti per fare anche altro oltre a cucinare. Non che Gerrick volesse negare loro la felicità che provavano. In realtà non poteva essere più felice per il vampiro che aveva atteso sette secoli per trovare la propria metà.
“Come stanno?” Domando Zander quando lo vide.
“Shae dorme ancora e le altre sono ancora arrabbiate, ma sono certo che saranno grate di essere state tirate fuori da quell’inferno” rispose appoggiandosi poi a uno dei banconi. Portò una caviglia sull’altra e incrociò le braccia al petto.
“Per usare un eufemismo” commentò Hayden, l’Omega dei muta-forma, nel prendere un sorso del suo drink. “Adesso cosa facciamo?”
“Tutto il possibile per aiutarle a stare meglio. Non si meritano di passare dalla stretta mortale di Kadir alle nostre segrete” disse Elsie nel sistemare in un’ampia padella le verdure che aveva tagliato. Gerrick sperava che avrebbe fatto il suo tipico stufato. Era stata una notte fredda e lunga, e il suo stracotto era proprio quello che gli serviva.
“Lo faremo, a ghrá, nessuno vuole vederle rinchiuse laggiù più del necessario. Jace ha già dato i campioni del loro sangue agli scienziati e mi ha assicurato che sono già al lavoro” rispose Zander dando un bacio sulla testa a Elsie.
“Sembra che i demoni abbiano scelto individui di tutte le specie soprannaturali. Dovremo organizzare una riunione del Consiglio e invitare le Arpie e le Valchirie. Non possiamo prendere decisioni per chi è al di fuori della nostra specie” commentò Hayden. Gerrick osservò l’Omega corpulento attraversare la stanza per dare un’occhiata dentro la pentola.
“La vera domanda è se gli Arcidemoni le controllano. Chiaramente non sono come Jessie, e non possiamo fermarci al fatto che sono donne” aggiunse Zander.
“Sono completamente diverse da com’ero. Non ho mai provato quell’ira. Ero confusa dai cambiamenti che stava subendo il mio corpo, ma avevo sempre il controllo sulle mie emozioni. Era come se nella mia testa ci fosse solamente una minima pressione. Jace mi ha spiegato che era come se Azazel stesse cercando di mettersi in contatto con me, ma era qualcosa di semplice da ignorare. La cosa più difficile da fare è stato adattarmi ai cambiamenti...oh, aspettate, il localizzatore. Pensate che possano averli messi anche in queste donne?” Domandò Jessie porgendo a Elsie la ciotola di patate che aveva fatto a dadini. Sicuramente sta facendo lo stufato, pensò Gerrick, il cui stomaco prese a brontolare. Aveva più fame di quanto pensasse, e sicuramente Shae stava morendo di fame. Le si vedevano le costole come se fosse malnutrita; si fece un appunto mentale per fare in modo che la ragazza facesse una colazione abbondante appena sveglia.
Le considerazioni di Jessie circa la propria situazione fecero tornare in mente a Gerrick di quando aveva salvato lei e Cailyn da un incidente d’auto diversi mesi prima. Azazel e un Fae di nome Aquiel, insieme allo Skirm dell’Arcidemone, avevano fatto uscire Cailyn di strada prima di attaccare le due. Azazel aveva scagliato un incantesimo mortale Fae su Cailyn, la Prescelta di Jace e sorella di Elsie, mentre Jessie era stata avvelenata.
L’unico modo per guarire Cailyn era stato mandare Gerrick e altri Guerrieri a New Orleans per svolgere una missione pericolosa al fine di impossessarsi di un antidoto. Quando l’avevano soccorsa, Jessie stava avendo le convulsioni dal dolore causato del morso di un Arcidemone, e solo qualche giorno dopo avevano capito che era stata trasformata da umana a qualcos’altro che il Reame non aveva mai visto. Si era soprannominata un Dhampiro.
“Ne dubito” commentò Gerrick. “Erano all’oscuro del nostro arrivo, e non ci avrebbero mai permesso di liberare le prigioniere senza agire se avessero saputo che saremmo venuti a salvarle. Era chiaro che non avessero intenzione di rinunciare ai loro giochini”.
“Sono d’accordo” commentò Zander posando il proprio drink. “Gli Arcidemoni erano convinti che il loro covo fosse irrintracciabile. Ad ogni modo non sarebbe una brutta idea controllare le ragazze. Il sistema di protezione di Zeum avrebbe disattivato i dispositivi, quindi sicuramente non ci troveranno, ma saranno a rischio quando se ne andranno da qui. La vera preoccupazione è il loro comportamento. Non è saggio lasciare che si aggirino liberamente per il Reame con tutta l’ira che hanno in corpo. Spero che il loro sangue ci fornisca le risposte che ci servono. La differenza tra Jessie e loro è chiara, e voglio saperne di più. Sembra che Kadir si sia accanito su Shae, e voglio parlarle per capire se sa qualcosa circa il suo piano”.
“Non riesco a immaginare che atrocità abbiano vissuto quelle ragazze”. A Jessie venne la pelle d’oca e si cinse la vita con le braccia. “Avete visto i loro colli? È come se alcune di loro siano state i loro giochini da masticare. Mi ricordo il dolore di quando mi ha morsa Azazel; bruciava come se fossi stata all’Inferno. Odio pensare che abbiano sofferto più di una volta. Per una volta vorrei essere l’unico Dhampiro al mondo”.
Gerrick strinse i pugni al petto. Il lato sinistro del collo di Shae era disseminato di cicatrici spesse. Zander aveva ragione, era chiaro che la poveretta fosse l’obiettivo frequente dei demoni, il che fece venire sete di sangue a Gerrick. Non sapeva niente di quella donna, ma non riusciva a credere che avesse fatto qualcosa per meritarsi quel tipo di trattamento.
“Jessie, non so che cos’abbiamo per le mani, ma non sei mai stata sola” la rassicurò Zander. “Ciò che mi colpisce è il fatto che nonostante l’esposizione continua al veleno dell’Arcidemone non si siano mai trasformate in Skirm”.
Gerrick ne era grato. Gli Skirm eliminavano tutto ciò che era stato l’essere umano, diventando dei tirapiedi decerebrati. E nonostante l’ira che la pervadeva, non sembrava che Shae fosse controllata da qualcuno. Ne erano una dimostrazione il suo rifiutarsi con ostinazione di arrendersi e la sua determinazione di fare appello a tutto ciò che restava di sé.
Zander proseguì. “Le ferite e la sua reazione feroce sono un’indicazione del fatto che Shae ha sofferto più di tutte, quindi potrebbe avere le risposte che cerchiamo. Dobbiamo trovare il modo di ridurre al minimo la sua rabbia e fare in modo che riesca a controllarla; è una delle mie e mi rifiuto di perderla per mano di quei bastardi”. Nemmeno Gerrick avrebbe fatto in modo che ciò succedesse.
“Zander, come vuoi che gestisca le famiglie delle umane? Non posso informarle che le loro care sono state salvate dalla prigionia solo per essere limitate nelle nostre segrete” esordì Orlando. Questi era un altro Guerriero Oscuro, ed era il loro collegamento con il mondo umano tramite il Dipartimento di Polizia di Seattle; spesso gli capitava di dover informare le famiglie circa gli sviluppi delle indagini.
“Non diremo niente fino a quando non avremo le risposte che ci servono. Non sappiamo nemmeno se sia saggio lasciarle interagire con le loro famiglie. La protezione del Reame è la priorità. L’ultima cosa che ci serve è che delle umane e delle Arpie si aggirino liberamente per la città in cerca di vendetta. Orlando, tu e Santiago procuratevi tutte le informazioni disponibili sulle loro famiglie. A proposito, dov’è Santiago?” Domandò Zander guardandosi attorno nella cucina affollata.
Gerrick si chiedeva la stessa cosa. Il Guerriero era sempre meno presente ultimamente. Attribuì la sua assenza al fatto che il muta-forma sembrava inquieto nei tempi recenti, e forse aveva bisogno di un po’ di privacy per esprimere in sicurezza il proprio lupo.
“Non lo so, se n’è andato senza dire una parola quando siamo risaliti dai sotterranei” rispose Orlando. Gerrick si accorse del modo in cui Hayden sembrava stizzito allo scambio, e si chiese se fosse tornata in atto la vecchia dinamica di potere. In passato Hayden aveva tentato di far uscire i suoi muta-forma dai Guerrieri Oscuri in quanto dimostravano lealtà a Zander piuttosto che al loro Omega.
“Non ti preoccupare per lui, Zander. Dopo la battaglia il suo lupo aveva bisogno di uscire, quindi è andato a fare una corsa” commentò Hayden, confermando il sospetto di Gerrick. Sicuramente c’era di più dietro al comportamento dei muta-forma, qualcosa di cui Gerrick era all’oscuro, ma non voleva sprecare delle energie per comprenderlo. Lo faceva infuriare il fatto che la propria mente continuasse a tornare alla rossa nelle segrete che si sarebbe svegliata dall’incantesimo da un momento all’altro.

CAPITOLO QUATTRO
Shae si svegliò; era fiacca e la sua mente era come annebbiata. Era passato fin troppo tempo da quando i demoni l’avevano nutrita con il sangue, e ne avrebbe avuto bisogno in fretta. Le avevano negato il sostentamento al punto da farla diventare feroce, e quando le avevano fornito le vittime le aveva attaccate con voracità fino a prosciugarle. I demoni e i loro tirapiedi si erano goduti lo spettacolo.
Non c’era nulla che potesse fare per modificare e controllare il proprio appetito. Tutte le volte in cui si tratteneva sentiva la spinta di Azazel nella propria testa che la sforzava a dare il peggio di sé. Prima del rapimento non avrebbe fatto del male a una mosca, mentre ora uccideva degli esseri umani innocenti.
Quando si voltò si rese immediatamente conto che c’era qualcosa di diverso. Era bello non trovarsi a tremare dal freddo ed era fantastico essere vestita. Sotto di sé non aveva il pavimento di cemento, al contrario giaceva su un materasso morbido come una nuvola. Era forse la cosa più morbida su cui si fosse mai coricata. La Dea aveva finalmente ascoltato le sue preghiere e l’aveva mandata ad Annwyn?
Quando aprì gli occhi vide un soffitto di pietra. Non era a Annwyn, ma nemmeno nella sua cella. Nell’aria non aleggiava la puzza di zolfo e di morte, né si odorava il marciume dei corpi in decomposizione. Si passò una mano tra i capelli, restando scioccata quando si rese conto che le dita scorrevano perfettamente nelle proprie ciocche setose.
Si mise immediatamente a sedere e si toccò una spalla, rendendosi conto che non era più sporca. Non aveva idea di chi l’avesse lavata, e la metteva a disagio sapere che qualcuno l’avesse toccata in modo talmente intimo mentre era addormentata; era però troppo grata di essere pulita per arrabbiarsi. Si portò una ciocca di capelli al naso e inalò il profumo fresco di shampoo floreale che ricordava il suo preferito.
Dea, si era persa il semplice lusso di farsi una doccia. I sette mesi precedenti di cattività e torture le avevano fatto dimenticare il piacere di qualcosa di talmente semplice come il lavarsi. Non era mai stata il tipo di donna a cui piacevano i caldi bagni lunghi, ma in quel momento si sarebbe immersa in una vasca per una settimana.
Il bagno avrebbe dovuto aspettare, almeno fino a quando non avrebbe capito dove diavolo si trovava e chi avrebbe ucciso per aver osato imprigionarla ancora. Quando si guardò attorno nella cella vide un muro, quindi si alzò su gambe tremanti e attraversò la stanza. Il pavimento di pietra grigia era morbido e di gran lunga più pulito dell’inferno dove era stata confinata. Notò la presenza di una doccia e di un gabinetto così come di un lavabo fornito di sapone, dentifricio e spazzolino da denti. Si affrettò a spalmare il dentifricio sullo spazzolino prima di lavarsi i denti. Chiunque l’avesse lavata non si era preoccupato di pulirle i denti e i canini, e quanto era bello farlo. Un altro lusso che le era stato negato.
Nello spazzolarsi i denti le tornarono in mente i ricordi di quando il Re e i suoi Guerrieri Oscuri avevano salvato lei e le altre. Le vennero le lacrime agli occhi quando le tornò in mente il combattimento che ne era conseguito; non era un sogno, era veramente libera dalle grinfie del demone. Aveva ormai perso le speranze di uscire viva da quella cella, e il sollievo di essersi liberata dei demoni era la sensazione più appagante che avesse mai provato.
Le venne voglia di nascondersi la testa tra le mani quando si rese conto del motivo per cui si trovava ancora in una cella. Aveva attaccato la Principessa Breslin. Shae non sapeva che cosa le fosse preso; era esplosa quando avevano detto che le avrebbero rinchiuse ancora.
La rabbia era ancora presente, ma era qualcosa che la accompagnava da mesi. Senza contare la vibrazione nelle vene che non cessava mai. Era come sentire delle unghie grattare una lavagna, e la faceva impazzire. Aveva fatto di tutto per cercare di porvi fine, ma non aveva trovato tregua dal tormento. Aveva persino cercato di raschiarsi le braccia per liberarsi dalla sensazione, ed era stata un’infinitesima parte di ciò che aveva dovuto subire.
Si distrasse dai pensieri inquietanti, chiedendosi cosa fosse stato delle altre donne. Sputò il dentifricio e si sciacquò la bocca prima di affrettarsi alle sbarre dove attirò l’attenzione delle altre. Sentiva le ragazze dormire, e si rese conto che il Re aveva progettato bene le segrete, in quanto non riusciva a vedere nelle altre celle.
L’avrebbe aiutata vedere le ragazze. In cattività aveva rifiutato qualsiasi forma di connessione con le altre, tutelandosi nel caso in cui fosse stata obbligata ad affrontarle. Chiaramente non aveva avuto successo, dato che in quel momento aveva bisogno più di ogni altra cosa di sapere che stessero bene. La sua priorità era stata proteggerle, e l’aveva fatto diverse volte sacrificandosi per risparmiare la tortura di un’altra donna.
Ritentò quando non le rispose nessuno. “Cami, Crystal, ci siete?”
Si udì il movimento delle lenzuola prima di un sospiro di sollievo. “Shae. Oh mio Dio” esordì Cami. “Credevo che quel tizio ti avesse uccisa”.
Le tornò in mente il paio di occhi del colore del ghiaccio, che le fecero stringere lo stomaco. Gerrick. Il mago che aveva aiutato a soccorrerle. Lo stesso che le aveva scagliato contro un incantesimo quando aveva attaccato Breslin. Provò una scarica d’ira, nonostante dovesse ammettere quanto quell’uomo fosse sexy, e si rese conto che il suo corpo reagì in modo interessante quando ripensò al sentirlo addosso. “Ha usato la magia per farmi addormentare. Sto bene. Voi come state?”
“Siamo tutte qui e ci hanno dato dei vestiti e da mangiare”. Alla parola ‘mangiare’ lo stomaco di Shae prese a brontolare. Non mangiava del cibo vero da più di sei mesi ed era malnutrita. “Siamo terrorizzate. Beh, almeno io lo sono, ma non ci hanno fatto del male. Credo che prima o poi torni qualcuno”. Shae notò l’incertezza nel tono di voce di Cami.
“Zander è un bravo leader e non ci farà del male, a meno che non rappresentiamo un rischio per noi stesse o gli altri. Qui sarete al sicuro. E non preoccupatevi, Zander non ci farà restare qui per sempre, userà le risorse a disposizione per aiutarci”.
“Ci credi veramente? Ero convinta che ci avrebbero uccise e basta”. Shae comprendeva i dubbi di Cami, ma l’umana non conosceva il mondo dei soprannaturali. Non pensavano come gli umani.
Questi ultimi costituivano una società usa-e-getta con un’elevata percentuale di divorzi, cosa che non esisteva nel Reame di Tehrex. Lì tutti nascevano con in sé una metà dell’anima del proprio Prescelto, qualcuno fatto apposta per loro, ed era impossibile tradire in ogni modo. Il tasso di fertilità nel Reame era però molto basso, quindi gli esseri soprannaturali tutelavano particolarmente i figli e le famiglie in generale. Erano stati loro a coniare il modo di dire ‘la famiglia prima di tutto’.
Shae sosteneva che gli esseri soprannaturali fossero in grado di apprezzare totalmente ed essere completamente devoti ai loro simili; Zander, in quanto Re Vampiro, avrebbe fatto di tutto per salvarle. Era qualcosa di cui la ragazza non dubitava; l’unico aspetto che non credeva possibile era che potessero effettivamente essere salvate da loro stesse. Erano diventate delle assassine spietate e imprevedibili.
Si rese conto che la propria fame era mutata nella sete di sangue che aveva provato solamente in cattività. Era un vampiro, ed era sempre stata in grado di controllare i propri canini, ma ultimamente erano sempre in prima fila ed era come se avessero una vita a sé. In quel momento le scesero ulteriormente pensando a nutrirsi, e la ragazza si sentiva una tigre dai denti a sciabola più che un vampiro.
Di una cosa era certa: non avrebbe potuto nutrirsi di nessuno fino a quando la sua fame non sarebbe stata sotto controllo, altrimenti avrebbe finito per uccidere il malcapitato. Si voltò verso il suono degli stivali sugli scalini di pietra, facendosi piccola al pensiero che uno dei Guerrieri l’avrebbe vista soffrire. Non voleva che qualcuno la vedesse in quello stato, specialmente Gerrick.
Indietreggiò di qualche passo rispetto alle sbarre ed incrociò le braccia al petto. Nel giro di pochi secondi vide davanti a sé Zander e un’altra donna. Non erano lì per ucciderle; sarebbe stato qualcosa per cui Zander avrebbe mandato i Guerrieri, e indubbiamente quella donna non era una di loro. Non solo era stata assente durante il salvataggio, ma non portava nemmeno il simbolo dei Guerrieri Oscuri sull’avambraccio.
“Sire” mormorò, genuflettendosi in segno di rispetto.
“Shae. Sono contento che ti sei svegliata. Come ti senti?”
“Molto meglio di quando mi avete trovata, ma non sono più quella di prima. Quando posso tornare a casa? Mi manca la mia famiglia e mia mamma è sicuramente preoccupata per me”.
“Tua mamma e tutti gli altri tuoi famigliari hanno assillato i miei Guerrieri per mesi. Sono sicuro che vorrebbero vederti, ma non posso ancora lasciarti tornare a casa. Il tuo sfogo di prima è uno dei motivi. Abbiamo preso dei campioni di sangue per capire con cosa abbiamo a che fare, ma prometto che ti verrà dato tutto ciò che ti serve per farti sentire a tuo agio”.
Strinse i denti e si trattenne dal rispondere sgarbatamente. Non sarebbe mai stata a proprio agio in una cella. Provò un bisogno impellente di cavargli gli occhi, e per quanto si ammonisse di non farlo, la sua rabbia non diminuì. L’unica cosa che la placò fu il sapere che Zander era talmente potente da ucciderla con un solo battito di ciglia, e adesso che era libera voleva vivere. “Non posso restare chiusa qui dentro. Devo uscire da questa gabbia o impazzirò”.
“Lo capisco, ma ho una responsabilità nel confronto dell’intero Reame e degli umani. È la mia decisione finale sulla questione, e gradirei la tua cooperazione. Da parte di tutte voi, in realtà” disse riferendosi alle presenti.
“Ma solo io mi sono comportata male. Lascia andare le altre, non devono restare qui per forza”.
“Sai bene che non sarebbe saggio, Shae. Ognuna di voi ha sofferto le pene dell’inferno, qualcosa che non sono in grado di comprendere, ma fidatevi quando vi dico che vi lascerò andare appena sarà sicuro farlo. Jace e il team di scienziati sono al lavoro da un po’. Nessuno vi vuole vedere chiuse in queste celle”. Zander confermò i sospetti di Shae. Desiderava liberarle. La vera domanda era: sarebbe stato possibile?
“Devi capire che sono stata colta di sorpresa al pensiero di farmi rinchiudere ancora, e sono impazzita. Non lo farò più” gli promise, ma dubitava delle proprie parole. Non poteva giurarci, per quanto sperava di essere in grado di controllare il proprio comportamento.
“Shae, stai giocando con il fuoco, non insistere. La mia decisione è definitiva. Ci sono troppe incertezze, fine della storia. L’unico motivo per cui sono sceso è per dirti che il veleno del demone ha cambiato molte cose e una di queste è che non posso leggerti nella mente. L’unica altra volta in cui mi è successo è stato con Jessie, cioè lei” disse indicando la donna accanto a sé. “Sembra essere molto simile a te”.
Shae restò a bocca aperta prima di avanzare verso le sbarre come se vi fosse stata attratta. Guardò Zander e poi la donna accanto a lui. Era stata talmente concentrata a parlare con Zander e cercare di modulare la propria rabbia per riconoscere qualcosa di peculiare in Jessie. E se ciò che stava dicendo il Re era vero, era sicuramente colpa del veleno del vampiro.
Osservò con attenzione la bellissima bionda dagli occhi castani davanti a sé. Non c’erano indizi fisici su di lei a dimostrazione di ciò che stava dicendo Zander, infatti non sembrava avere cicatrici, ma in lei c’era qualcosa di famigliare.
“È vero” commentò Jessie rispondendo alla domanda che Shae non aveva espresso a voce. “Azazel mi ha morsa e mi ha inserito un localizzatore nel fianco diversi mesi fa. Non mi dimenticherò mai la sensazione dei suoi canini nel collo” aggiunse nell’abbassare la maglietta per mostrare due cicatrici che Shae fece fatica a distinguere. Definirle cicatrici è un’esagerazione, assomigliano a delle punture di zanzara, pensò Shae amaramente.
Si toccò le proprie. Provava indignazione. Era sempre stata una donna sicura di sé, mentre ora era sfigurata dalle cicatrici. Si sentiva brutta e usata, e non sapeva come avrebbe fatto a convivere con la propria immagine. Non aveva nemmeno più il controllo sulla propria mente, che le fece provare una scarica di rabbia incontrollabile senza preavviso. Senza contare il fatto che ora vedeva il mondo in toni di rosso e arancione, nonostante fosse un aspetto assolutamente trascurabile rispetto a ciò che aveva sofferto.
Già, quella donna non conosceva il dolore. Era stata morsa solamente una volta e non aveva più dovuto provare l’agonia provocata dal veleno del demone. Non era nemmeno stata stuprata o torturata o obbligata ad uccidere innumerevoli demoni, umani o altre prigioniere. Certo, a Shae aveva fatto piacere uccidere fino all’ultimo i demoni che aveva affrontato, ma eliminare gli innocenti aveva lasciato un segno nella sua anima che non sarebbe mai stato rimosso.
“Ma tu non sei stata imprigionata per mesi, e adesso tu sei libera e io sono qui dentro”.
“Abbiamo confinato Jessie in una cella come questa fino a quando ci ha provato che non fosse un pericolo. Ci arriverai anche tu” aggiunse Zander incrociando le braccia al petto. Shae voleva credergli con tutto il cuore, ma la speranza era qualcosa di fragile a cui non osava aggrapparsi con troppa forza.
“Hai ragione” intervenne Jessie, sorprendendo Shae. “Non mi ha portata con sé quando se n’è andato, e di questo sono grata. Mi dispiace che tu e le altre abbiate dovuto soffrire così tanto, ma siamo più simili di quanto pensi. Hai imparato a gestire la vista a infrarossi? Ci ho messo un sacco di tempo a capire come farla smettere”.
Shae inarcò un sopracciglio. “Sei riuscita a farla smettere?” La ragazza bruciava di gelosia; era stato tutto così facile per questa donna. Non aveva nemmeno dovuto avere a che fare con i mal di testa accecanti causati dalla vista a infrarossi.
“Sì. Ti posso insegnare” propose Jessie con un sorriso cordiale in volto. Shae percepì l’interesse delle altre prigioniere; era certa che stessero ascoltando attentamente, dato che era qualcosa che volevano tutte. Doveva fare attenzione a come avrebbe risposto.
“Mi piacerebbe. In realtà farebbe comodo a tutte noi. Sono mesi che la vista infrarossi mi provoca dei mal di testa terribili. Sarebbe un sollievo se riuscissi a liberarmene. Posso farti una domanda? Come ti nutri?” Chiese a bassa voce. Non voleva rivelare la propria sete di sangue incontrollabile in quanto riteneva che l’avrebbe aiutata ad apparire migliore agli occhi del Re, ma allo stesso momento aveva bisogno di aiuto a gestirla.
“Mi ricordo dei mal di testa, anche se gli scienziati ritenevano che fossero i tentativi dell’Arcidemone di controllarmi, non il cambiamento nella mia vista. Mi nutro mangiando come facevo prima, ma non credo sia ciò che mi stai chiedendo. Bevo sangue un giorno sì e uno no, e ti posso dire che in quanto umana ho creduto di essere impazzita quando sono passata dal non sapere niente del mondo soprannaturale a provare la sete di sangue. Non ho mai creduto in queste cose perché nel mio mondo non sono mai state considerate reali, quindi ho veramente creduto di essere diventata pazza. Fortunatamente Zander e gli altri Guerrieri Oscuri mi hanno aiutata a gestire la mutazione”.
Shae soppesò le parole di Jessie; si chiedeva se avesse ragione. Il pensiero di quegli stronzi di Arcidemoni che tentavano di influenzarla le faceva venire voglia di abbattere le sbarre per correre da loro e ucciderli. Non voleva continuare a vivere se fossero stati in grado di manipolarle la mente.
Assimilò solamente dopo il resto dell’affermazione di Jessie. “Non mangio cibo vero da così tanto tempo. Mi mancano i gamberi e le capesante” disse malinconicamente. “Cosa succede alle vittime quando ti nutri?”
Jessie guardò Zander e poi Shae, quindi quest’ultima si rese conto di aver detto qualcosa di strano. Si irrigidì, era pronta per ciò che sarebbe successo dopo. “Non consideriamo vittime i nostri donatori. E la maggior parte delle volte Jessie consuma il sangue nelle sacche che Jace porta a casa dall’ospedale”.
“Ma quando mi nutrivo da una persona la mia sete di sangue non aveva la meglio su di me. Era facile controllare la fame, e prendevo solamente ciò che mi serviva”. Jessie e Shae si scambiarono un’occhiata empatica. “Non ho vissuto tutto ciò che hai dovuto soffrire tu, ma comprendo i cambiamenti che stanno accadendo in te. Non esisteva un termine per definirmi, e mi rifiutavo di essere associata a uno Skirm, quindi ho deciso di chiamarmi Dhampiro. Zander mi ha accettata come una di loro”.
“Dhampiro” ripeté Shae. “Mi piace”. Era combattuta; non sapeva più quale fosse il suo posto. Non era più un vampiro, ma era d’accordo con Jessie; non era nemmeno uno Skirm. Gli appellativi erano importanti nella loro società. Era stata un vampiro, un funzionario prestiti, una figlia e una sorella. Le era di conforto avere un nuovo modo per descrivere la propria identità, dato che odiava essere lasciata nel limbo.
“Mi sai dire qualcosa circa il piano di Kadir? Forse non lo sai, ma ha usato un vampiro per rapire la mia Prescelta, e devo sapere se lei o degli altri sono in pericolo” le chiese Zander cambiando argomento. Shae lo guardò scioccata. Avevano tenuto la cosa segreta al Reame; non aveva idea che la nullità che l’aveva rapita avesse fatto lo stesso con la Prescelta del Re. Si trattava della sua Regina, e provò empatia per la poveretta. Sapeva fin troppo bene cosa voleva dire essere torturata.
“Non so molto. Non ha mai nascosto quanto fosse incazzato quando hai sventato tutti i suoi piani. Ogni volta in cui l’hai battuto mi ha dato speranza, anche se si sfogava buttando una di noi sul ring”.
“Shae, mi—” cominciò Zander.
“No” lo interruppe; non voleva le sue scuse. “Eravamo contente che lo fermassi. L’ultima cosa che serve al Reame è che lui diventi più potente. Per quanto riguarda i suoi piani, non so quanto ci sia oltre l’ovvio volerti sottrarre l’Amuleto di Triskele”. Shae ripensò all’Amuleto benedetto dalla Dea e di come investiva il custode di certi poteri. Non invidiava Zander per il proprio compito di proteggere l’artefatto Santo che disegnava un bersaglio sulla sua schiena ma anche su quella dei suoi cari. La ragazza non si sentiva a proprio agio con il pericolo che correva il maschio Alfa di fronte a sé.
Il Re fece per rispondere, ma si interruppe quando udì il suono dei passi. Tutti e tre si voltarono verso le scale su cui apparvero degli stivali di pelle nera, e Shae si rese conto di desiderare che si trattasse del proprio Guerriero sfregiato.
“Jace. Ci sono novità?” Domandò Zander all’uomo che si fermò a qualche metro da sé. Era delusa, e si chiese se Gerrick la stesse evitando. Non che gliene avrebbe fatto una colpa, dopo il modo in cui si era comportata. Si ammonì mentalmente prima di concentrarsi sulla preoccupazione principale del momento, ovvero uscire da quella dannata cella.
“In realtà sì” rispose guardando Shae di sfuggita. “Sono arrivati i risultati preliminari delle analisi del sangue delle ragazze”. A Shae accelerò il battito cardiaco e si ritrovò a respirare a fatica quando l’agitazione ebbe la meglio su di sé. Avevano già trovato un modo per aiutarle? E se fossero state delle brutte notizie? Non era sicura di voler stare a sentire ciò che aveva da dire il guaritore. Si cinse la vita con le braccia in attesa del responso.
“Che cosa avete dedotto?” Domandò Zander.
“Niente di sorprendente. I livelli di veleno nelle ragazze sono ben più alti di quelli di Jessie. Addirittura in una di loro sono cento volte più elevati”. L’uomo non doveva pronunciare il suo nome perché Shae sapeva di essere la donna in questione. Aveva provocato appositamente i demoni in modo che mordessero e stuprassero lei, lasciando in pace le altre. “Gli scienziati teorizzano che il veleno si sia moltiplicato spontaneamente, ma non credo sia la spiegazione corretta. Ritengo che il motivo sia collegato al numero di volte in cui è stata morsa, ma anche ai picchi di rabbia. Non abbiamo rilevato quel fenomeno in Jessie, i suoi livelli sono diminuiti progressivamente da quando l’abbiamo confinata qui, e non ha dimostrato le emozioni di queste donne, quindi a questo punto sono tutte congetture”.
“Prendi un altro campione adesso che sono calme. È l’unico modo per dimostrare la loro teoria” ordinò Zander. Shae non desiderava diventare un ratto da laboratorio, e le prese a bruciare la rabbia nelle vene; fu solamente il proprio bisogno di risposte a sovrastare il disagio provocato dal venir analizzata e bucherellata.
“Stiamo per trovare una cura?” Domandò poi Zander al guaritore quando questi si avvicinò alla cella di Shae.
Jace si guardò indietro verso il Re Vampiro. “In realtà abbiamo preso la cura su cui stavamo già lavorando e l’abbiamo adattata alla struttura del veleno che abbiamo rilevato nel loro sangue. Abbiamo un antidoto che possiamo testare. Sfortunatamente al laboratorio non possiamo fare altro senza dati empirici. Il problema è che non abbiamo idea degli effetti collaterali che l’antidoto potrebbe avere su un essere vivente”. Shae sentì la speranza gonfiarle il petto; forse avrebbe avuto la possibilità di tornare a com’era prima dell’incubo. Non le fregava un cazzo degli effetti collaterali, voleva la cura.

CAPITOLO CINQUE
“Non sapevo avessimo fatto così tanti progressi!” esordì Zander in tono entusiasta.
Jace si avvicinò alle sbarre della cella di Shae e rispose al Re nel sistemare il kit a terra. Aveva diversi oggetti in mano.
“Lascia che ti aiuti” mormorò Zander raggiungendo il Guerriero.
“Nel corso dei secoli abbiamo sviluppato diversi antidoti che credevamo che avrebbero funzionato, ma solamente dopo aver avuto a che fare con Jessie abbiamo realizzato qualcosa di efficiente. Puoi per favore portare il braccio tra le sbarre in modo che possa prendere un campione di sangue?” Domandò Jace a Shae.
“Cosa vi fa pensare che possa funzionare su queste donne?” Chiese Zander.
“È accaduto qualcosa che non era mai successo prima. Il siero che abbiamo aggiunto ai campioni di sangue ha neutralizzato il veleno presente”.
Shae ascoltò con attenzione nel portare il braccio tra le sbarre. “Pensate che sia veramente possibile?” Voleva crederci. Avrebbe sempre avuto addosso delle cicatrici e i ricordi l’avrebbero sempre tormentata, ma sarebbe stata una donna libera se solo fosse stata capace di non provare più sete di sangue.
“Come ho detto” rispose il guaritore nel portarle un laccio emostatico intorno al braccio, poi disinfettò l’area interessata e alzò lo sguardo su di lei. “Non abbiamo modo di sapere se è veramente efficace, ma i test iniziali sono promettenti”.
“Wow, è la notizia migliore di tutto il giorno, cazzo!” esclamò Zander porgendo a Jace una siringa e un tubo per far defluire il sangue nella provetta. L’uomo inserì l’ago senza darle fastidio. “So che non ce ne avresti parlato se non fossi preparato per proseguire”.
“Sì, ho una dose con me”. Shae perse un battito all’affermazione del guaritore, e le presero a sudare le mani dall’entusiasmo. Improvvisamente non le importò di essere un ratto da laboratorio. “Io e gli scienziati” proseguì Jace “crediamo di doverla usare su una delle ragazze con i livelli più bassi di veleno nel sangue”. L’entusiasmo di Shae lasciò spazio alla delusione di non essere adatta alla prova.
Jace rimosse il laccio emostatico e la siringa, quindi le pulì il braccio. “Mi dispiace, Shae. So che vuoi offrirti volontaria, ma i tuoi livelli sono troppo alti”.
Shae non si preoccupò di nascondere la propria rabbia e la delusione. “Immaginavo. Promettimi che farai tutto ciò che serve per guarire le altre”.
“Non ho intenzione di lasciare nessuna di voi in questo stato” la rassicurò Jace, quindi si spostò con Zander alla cella successiva.
Shae cercò di portare la testa tra le sbarre per osservare ciò che stavano facendo. Ringhiò dalla frustrazione quando si rese conto di non riuscire a farlo, quindi si concentrò su ciò che stavano dicendo. Li sentì chiedere a un’altra ragazza se fosse stata disposta a farsi iniettare l’antidoto. Shae non fu sorpresa di apprendere che avevano scelto la prigioniera più recente. Era stata imprigionata solamente qualche giorno prima e Shae non sapeva nemmeno come si chiamava.
Udì del movimento contro il metallo e dei mormorii quando Jace le spiegò che cosa avrebbe fatto. Sembrava tutto molto cinico, qualcosa che non prendeva in considerazione l’importanza di ciò che stava per succedere. Non sopportava il fatto di non riuscire a vedere quello che stavano facendo. Sembrava che tutti nelle segrete fossero in attesa della reazione della ragazza. Improvvisamente esplose il caos; udì delle urla e vide Jessie affrettarsi verso la cella.
“Cosa sta succedendo?” Esclamò Shae, ma non le rispose nessuno. Udì Jace tuonare degli ordini, dicendo di tenere ferma la donna, e le vennero i brividi lungo la schiena. Non era il guaritore che aveva sperato fosse.
Vide passare Jessie davanti alla propria cella dopo un’attesa agoniante. “Jessie, cos’è successo? Ditemi qualcosa!” La implorò Shae, ma la ragazza avanzò senza risponderle né guardarla negli occhi. Qualche minuto più tardi Zander e Jace le passarono davanti portando con sé la ragazza. Lo spettacolo le fece venire la nausea. Urlò dalla disperazione e fece agitare le sbarre. La poveretta era irriconoscibile.
Sanguinava dagli occhi, dal naso e dalle orecchie, così come da ciò che una volta era stata la bocca. La carne del suo corpo aveva iniziato ad annerirsi e a marcire, lasciando intatte solamente qualche macchia della sua pelle color caramello. A Shae venne da vomitare quando la raggiunse il tanfo che emanava. Era chiaro che la donna stesse marcendo da dentro. Aveva abbandonato la testa indietro e la carne bruciata metteva in mostra i nervi del collo di lei, ed era come se le fossero stati dislocati gli arti. Le venne un conato quando vide cadere un pezzo del mignolino di lei sul pavimento di pietra. Le vennero le lacrime agli occhi al pensiero che la donna era morta per nessuna buona ragione. Si sentì ribollire di rabbia.
“L’avete uccisa. Come avete potuto farlo?!” Jace si voltò all’accusa di lei, e lesse il rimorso nei suoi occhi color ametista. Non l’aveva fatto apposta e chiaramente soffriva a causa dell’accaduto. Shae sapeva che i Guerrieri Oscuri erano dei bravi uomini che si meritavano il rispetto e la fiducia, e nonostante la rabbia che provava in quel momento, la sua opinione su di loro non era cambiata.
“Non sapevo sarebbe successo” rispose Jace prima di salire al piano superiore. Shae fissò le scale per un lungo istante prima di raggiungere il letto dove vi si abbandonò, ignorando i pianti e le domande delle altre donne. Era sempre stata quella che aveva rassicurato le altre, dicendo loro che qualcuno le avrebbe portate in salvo, ma non aveva più niente da offrire loro. Era appena stata privata dell’unico bagliore di speranza che aveva provato in sette mesi. Non sarebbe mai più uscita da quella cella. Le venne voglia di abbattere i muri e scattare di corsa fino a che l’avrebbero retta le gambe. Non sarebbe mai più stata la donna di prima e non c’era speranza nemmeno per le altre, quindi perché avevano mentito?
Si coricò nel riflettere sulle implicazioni che ciò avrebbe avuto sul proprio futuro. Si era preparata a morire in infinite occasioni nel giro dei mesi precedenti, ma le era sempre stata negata la possibilità. Maledì silenziosamente la Dea per aver giocato alla carota e il bastone con lei. Non si era calmata dallo sfogo che aveva avuto, e quel pensiero la fece solamente arrabbiare di più.
L’ira peggiorò, ed era come se avesse avuto il proverbiale diavolo sulla spalla che le sussurrava all’orecchio di vendicarsi. Si ammonì; era ridicola e doveva calmarsi. Cercò di respirare a fondo come aveva suggerito Jessie, eppure affondò con le unghie nelle lenzuola fino ad arrivare al materasso.
Venne distratta da qualcuno che bussò alle sbarre. Era stata talmente presa dai propri pensieri da non rendersi nemmeno conto che qualcuno stava scendendo le scale. Inizialmente vide una figura arancione-rossiccia, e poi distinse l’odore del maschio. Dovette sbattere le palpebre diverse volte prima di vedere distintamente il volto sfregiato di Gerrick. Aveva ancora la vista a infrarossi, ma riconobbe il cupo insieme della sua bocca e gli occhi del colore del ghiaccio. Stranamente la sua rabbia svanì come polvere nel vento. La mera presenza di lui la tranquillizzava, e Shae si godette la sensazione.
“Ti ho portato da mangiare. Le altre hanno mangiato mentre tu dormivi” la informò porgendole un vassoio di metallo. Le prese a brontolare lo stomaco quando la raggiunse il profumo emanato dal piatto. Le venne voglia di privarlo del vassoio in fretta e furia prima che la propria sete di sangue avesse la meglio su di sé e si ritrovasse a nutrirsi dal collo di qualcuno. Il bisogno di sangue era diventato un incubo ed era terrorizzata dall’intensità della propria sete del momento.
Durante i mesi precedenti i demoni avevano affinato la sete di Shae per renderla un’arma di violenza e morte. Odiava la propria mancanza di controllo; le sfuggiva di mano proprio quando credeva di aver avuto la meglio su di essa. Si ritrovò a fissare il cibo tra le mani di Gerrick, godendosi il delizioso aroma che emanava, ma la sua attenzione si spostò in fretta verso la vena del collo di lui. Doveva avere il suo sangue. Nulla aveva importanza in confronto al bere il suo sangue fino all’ultima goccia.
“Tutto ok, Rossa?” La sua voce roca la distrasse dall’istinto omicida che le aveva annebbiato la mente. Se avesse fatto del male a quell’uomo avrebbe distrutto tutto ciò che restava di buono nel proprio cuore e nell’anima.
“No. È come se dentro di me ci fosse qualcosa che vuole solo uccidere. Lo odio” ammise portandosi la testa tra le mani. Non aveva avuto intenzione di dire la verità, ma le erano sfuggite le parole di bocca e non aveva la minima intenzione di rimangiarsele, adesso che lui ne era a conoscenza. Voleva che quell’uomo sapesse tutto di sé, sia le cose belle che quelle brutte.
“Quindi ti arrendi? Hai intenzione di lasciarli vincere?” Inclinò il capo di lato e la guardò attraverso le sbarre.
Gli occhi di ghiaccio di lui inizialmente sembravano freddi e distanti, ma Shae fu in grado di individuarvi il calore e la voglia di vivere. “Dev’essere bello giudicarmi dall’esterno di questa cella. Non hai idea di che cos’ho passato e di quanto abbia combattuto” sbottò.
“Ecco il fuoco che ho visto prima. Dovrai tenertelo stretto se vuoi uscirne. Ora, vuoi questo cibo? Io non sono sul menù”. Che peccato, pensò Shae. Voleva il suo sangue più di ogni cosa. Per poco non sorrise quando lo vide inarcare appena un angolo della bocca. Il suo mezzo sorriso le fece venire le farfalle allo stomaco e le fece provare bisogno sessuale. “Non preoccuparti, ti porteranno presto del sangue”.
“Come se ti morderei veramente. Dammi da mangiare”. Le venne l’acquolina in bocca al pensiero di assaggiare il sangue di lui, a dispetto del suo tono imperativo.
“Dovrai venire più vicina” la sfidò; Shae giurava di aver visto un barlume di lussuria negli occhi di lui. Si chiese se si fosse sbagliata, quindi esitò quando si alzò e si diresse verso di lui. Non le sfuggì il modo in cui la guardava, e l’ansia le fece aumentare il battito cardiaco. Dopo tutto ciò che aveva passato credeva di aver avuto abbastanza degli uomini, ma Gerrick la stava facendo dubitare.
“Che profumino” mormorò concentrandosi sul cibo.
“È lo stufato di manzo fatto in casa, una specialità di Elsie. Sono sicuro che quando l’assaggerai mi darai ragione” si fermò in corrispondenza del passavivande della cella.
“Non mangio da quando mi sono fatta quel panino al prosciutto al lavoro il giorno in cui mi hanno rapita. Tutto ciò che ci hanno dato sono stati degli umani da prosciugare”. Non sapeva come mai si stesse aprendo con lui; sicuramente era vittima di un suo incantesimo che le faceva vuotare il sacco, perché non sembrava in grado di chiudere la bocca. “E se non li uccidevamo quando ce li portavano ci torturavano e ci stupravano. La cosa peggiore era che a parte di me piaceva uccidere”. Si sarebbe aperta totalmente se Gerrick avesse veramente voluto conoscerla. Quando i due incrociarono lo sguardo, Shae lesse comprensione negli occhi di lui, non repulsione.
Gerrick non avrebbe dovuto sapere cosa significasse quando una femmina veniva violata in modo inimmaginabili. E non avrebbe nemmeno dovuto capire cosa significasse venir privati della possibilità di risparmiare la vita di un innocente. Erano state private del libero arbitrio ed erano state solamente soggette al dolore e al tormento. L’empatia che dimostrava lui era però innegabile.
“Il sangue di ogni vita a cui hai posto fine è una responsabilità di Kadir e Azazel, non tua, e non avrò pace fino a quando non li avrò uccisi”. Shae era commossa dalla veemenza del tono di lui e dal suo intento di proteggerla. Di sicuro era qualcosa che faceva parte della natura dei Guerrieri Oscuri, il cui dovere era proteggere i civili, ma sembrava andare oltre. “Non parliamone più. Devi mangiare”. Non distolse lo sguardo da lei nel porgerle il vassoio.
Si allungò verso il vassoio di legno e le loro mani si sfiorarono. Immediatamente venne come catapultata in un altro mondo. Era disorientata e non aveva idea se si fosse veramente spostata da qualche parte o se si trovasse in un ricordo. Ciò che sapeva era che si trovava in una prateria, ma dubitava di esserci già stata.
Era una vista mozzafiato dominata da una distesa di lavanda a perdita d’occhio. Le vennero i brividi, e quando abbassò lo sguardo si rese conto di avere addosso un abito di puro cotone, diverso da quelli che aveva indossato.
Il tessuto azzurro-verde era spesso, pesante e grezzo al tatto, e si estendeva fino alle caviglie. Il top era bianco e si componeva di talmente tanti strati che le rendevano difficili i movimenti. Percepiva la costrizione tipica di un corsetto che le strizzava la cassa toracica e le rendeva difficile respirare. Il seno minacciava di traboccare dalla scollatura e un corpetto nero adornava l’esterno della blusa. Era un tipo di abbigliamento che ricordava quello dei secoli precedenti.
“Santa Dea, dove mi trovo?” Sussurrò. Avanzò di diversi passi fino a quando sentì un sasso farle male al piede, quindi lo sollevò e si rese conto di avere addosso solamente dei sandali di seta che non fornivano alcun tipo di protezione. Erano le calzature peggiori che avessero mai potuto inventare.
“Evanna” le sussurrò all’orecchio una voce bassa e roca. Quando si voltò per poco non cadde a terra. Era Gerrick, ma non assomigliava affatto al Guerriero che aveva incontrato.
Aveva un sorriso a trentadue denti sul suo bellissimo viso privo della cicatrice. I suoi capelli biondi erano lunghi e acconciati in una coda all’altezza della nuca, a differenza del taglio corto a cui era abituata. I suoi occhi di ghiaccio irradiavano calore e la invitavano a perdercisi dentro. Nulla nella sua espressione ricordava la freddezza di ciò che era diventato; non si trattava del Guerriero che aveva combattuto come se non avesse avuto nulla da perdere.
Gli abiti di lui non le risultavano strani come quelli che indossava in prima persona. Riconobbe il kilt e il top ondeggiante, tipico scozzese. Gerrick indossava persino i calzettoni al polpaccio e le scarpe nere, così come lo sporran. Era stupendo, e Shae non poté non chiedersi che cosa portasse sotto al kilt.
La prese tra le braccia e la baciò in bocca, ma si rese conto di conoscere già la sensazione del suo abbraccio e del sapore delle sue labbra. Era come creta nelle sue mani, e le loro labbra danzarono in sincrono. Trasalì quando la strinse ulteriormente a sé contro al suo petto solido e tra le sue braccia forti. La ragazza non provava più il disgusto che sentiva ogni volta in cui veniva toccata, al contrario quell’uomo stimolava la passione e il desiderio di lei.
Gli accarezzò i bicipiti e poi gli portò le braccia al collo infilandogli le mani nei capelli setosi. Lo sentì gemere dal piacere, quindi gli tirò appena le ciocche quando gli mordicchiò il labbro inferiore; era pronta per far scendere i canini, ma non li sentì affatto. Non provava nemmeno sete di sangue.
Aprì la bocca per chiedergli che cosa stesse succedendo, ma lui colse solamente l’occasione per farvi entrare la lingua. Era aggressivo, e assunse subito il controllo della situazione, prendendo da lei ciò che voleva. La propria mente fu sgombera di tutti i pensieri tranne che di quell’uomo e dei suoi baci. Era ovunque sul proprio corpo; le tirava le stringhe della blusa e le allentò prima di interrompere il bacio. Shae sollevò il capo e prese un respiro. “Gerrick” esordì.
“Mmmm” mormorò lui sulla pelle del collo di lei mentre le accarezzò il fianco, diretto al seno. “Che bello toccarti, Evanna”. Due cose avrebbero dovuto interrompere il momento di intimità, ma il cervello di lei non era in grado di elaborarle. Uno: parlava con un accento che non aveva notato, e due: l’aveva chiamata Evanna. Chi diamine era Evanna? Che cosa stava succedendo. Si chiamava Shae...vero?
Aprì la bocca per porgli una domanda, ma la chiuse subito quando Gerrick pronunciò un incantesimo che fece cadere a terra il tessuto che componeva la propria camicia, il quale venne steso a terra come fosse stato una coperta. Riprese a baciarle le labbra, forzandola a terra e spostandole i capelli da una spalla all’altra prima di farla accomodare.
Si rese conto che i propri capelli erano biondi. Era spaventata quando lo guardò negli occhi. Gerrick le portò una mano sulla guancia, e la visione svanì in un flash.
In un batter d’occhio si trovò nuovamente nelle segrete e Gerrick era di fronte a sé e le aveva portato una mano sulla guancia. Per poco non rovesciò il contenuto del vassoio quando balzò indietro.
“Cos’è successo? Ti sei immobilizzata per qualche minuto” commentò lui.
Stava impazzendo. “Ti conosco?”
“Sì. Ci siamo incontrati qualche ora fa quando vi abbiamo salvate da Kadir”. Gerrick indietreggiò e si appoggiò al muro dietro di sé portando una caviglia sopra l’altra; sembrava confuso.
“No, intendo prima di allora. Avrei potuto giurare che…” lasciò la frase in sospeso, non era sicura di che cosa dire. Non avrebbe assolutamente mai ammesso di aver immaginato di limonare con lui in un campo di fiori con addosso degli abiti di secoli prima.
“Non ci siamo mai incontrati prima. Non mi dimenticherei di te” ammise. Poteva sembrare rilassato con le braccia abbandonate lungo i fianchi, ma i suoi occhi tradivano ciò che provava veramente. Era attratto da lei, ma era ovvio che la cosa non gli piacesse. “Mangia” ordinò.
Shae si sedette sul letto con le gambe incrociate, quindi si concentrò sul piatto avanti a sé. Grugnì quando ne prese un morso, il brodo caldo e appetitoso era paradisiaco. “Grazie per avermi portato da mangiare, credevo che non mi sarebbe più stato dato” commentò.
Il Guerriero le rivolse un’occhiataccia. “Credevi che vi avremmo lasciate morire di fame? Non siamo dei selvaggi, Shae.”
Strinse lo sguardo su di lui quando ingoiò il boccone. “So che Zander non torturerebbe mai così qualcuno della propria specie. Ho solo pensato che dato il fallimento dell’esperimento, darmi da mangiare non fosse una priorità”.
“Allora non conosci così tanto bene i Guerrieri Oscuri. Nessuno di voi è un esperimento”. Praticamente stava ringhiando, era chiaramente molto arrabbiato. “Jace mi ha riferito quello che hai detto. Non ha mai avuto intenzione di farle del male”.
“Lo so. L’ho sentito ammettere di non sapere quali effetti avrebbe potuto avere su di noi. Ho capito che era arrabbiato a causa di ciò che era successo. Non so che cosa mi sia preso...ho solamente reagito. Ma Dea, non ho mai visto niente del genere, e fidati che ho visto parecchie cose durante la mia prigionia”.
“Posso solo immaginare che cosa tu abbia visto nel loro covo. So fin troppo bene di che cosa sono capaci. Lasciano solamente morte e distruzione sul loro cammino, ma fortunatamente abbiamo messo loro il bastone tra le ruote quando vi abbiamo liberate”.
Quando abbassò lo sguardo sul piatto si rese conto di aver divorato tutto in tempo record; avrebbe dovuto mangiare più lentamente. Il suo stomaco non era abituato al cibo, e le vennero i crampi, ma doveva ammettere che Gerrick aveva ragione: era il miglior stufato che avesse mai mangiato. Non riusciva a comprendere come mai la sua Regina avesse fatto qualcosa di talmente umile come cucinare. Non vedeva l’ora di dire a sua mamma che la Regina Vampiro aveva cucinato per lei. Sarebbe stata tanto scioccata quanto Shae. Nella mente di quest’ultima la famiglia reale era al di sopra di compiti del genere, specialmente considerato il fatto che avevano a disposizione dei domestici a cui delegare tali obblighi. Sicuramente avevano cose più importanti da fare come gestire tutta la specie dei vampiri.
Il solo pensiero della famiglia reale e della propria madre fecero crescere la necessità di Shae di uscire dalle segrete. “Pensavo che sarei morta in quelle celle. Avevo abbandonato tutte le speranze di riuscire a scappare e rivedere la mia famiglia. Sarò stata liberata dalle loro grinfie, ma non sono libera. Lasciami andare, Gerrick” lo implorò sperando di fare leva sulle sue emozioni. Quando però notò l’espressione stoica sul volto di lui si rese conto di aver fatto un errore. Forse erano vere le voci che giravano circa l’assenza di sentimenti nel Guerriero che aveva di fronte a sé.
Non si arrese. “Devo tornare dalla mia famiglia. Non serve che i miei poveri genitori continuino a credermi morta” sussurrò cercando di sembrare miserabile. Non le risultò molto difficile dato che era ricoperta di lividi e ridotta male, quindi era certa di sembrare patetica. Arrabbiarsi e impartire delle richieste non aveva funzionato, ma forse quell’approccio l’avrebbe aiutata.
Si mise le mani nelle tasche anteriori dei pantaloni di pelle; non sembrava affatto commosso dall’implorare di lei. “Bel tentativo, ma non succederà. Sei in grado di garantirmi che non attaccherai nessuno dei membri della tua famiglia? Vuoi veramente rischiare?” Si spinse in piedi sollevandosi dal muro prima di avvicinarsi alle sbarre della cella.
Shae si alzò in piedi; gli rivolse un’occhiataccia stringendo i pugni. Era sexy, ma la faceva anche infuriare. Era stata forte per così tanti mesi, e ora voleva solamente nascondere la testa nella sabbia e far finta che fosse tornato tutto alla normalità. Voleva sentirsi amata e al sicuro. A casa sua si era sempre sentita così, e non avrebbe permesso ai demoni di privarla anche di quello. Abbassò lo sguardo quando sentì una fitta di dolore alla mano e si rese conto di aver distrutto il cucchiaio che stringeva. Merda.
“Ho fatto cose impronunciabili...non voglio più fare del male a nessun essere vivente, specialmente ai miei famigliari. Ma non posso nemmeno restare confinata dietro queste sbarre per un altro istante!” Esclamò, non riuscendo a controllare la propria ira.
Era come se i muri si stessero stringendo su di lei e si ritrovò a far fatica a respirare. Lasciò cadere il cucchiaio, quindi afferrò il vassoio e lo scagliò contro le sbarre. Sfortunatamente non raggiunse il maschio come era sua intenzione. Le pesava il petto e dalle dita si allungarono degli artigli, quindi strappò le lenzuola fino a quando non c’era più nulla da distruggere. In quel momento si fermò a fissare l’uomo incredibilmente bello.
“Hai finito?” Domandò lui in tono apatico. Shae non si fidava delle proprie parole, quindi si limitò ad annuire senza distogliere lo sguardo da lui. Si trovò improvvisamente con le lacrime agli occhi; quel maschio aveva risvegliato qualcosa in lei che non comprendeva e non era certa di voler comprendere. Era troppo schietta, e tenne la bocca chiusa per la prima volta da quando Gerrick l’aveva raggiunta nelle segrete.
Gerrick si allungò attraverso il passavivande e le afferrò le mani. “Non sarò tranquillo fino a quando non ti avrò portata a casa dalla tua famiglia. E se per farlo devo diventare uno scienziato, allora così sia”.
La sincerità nel suo sguardo era innegabile, e riscaldò il suo cuore freddo. Era sicura che l’uomo sarebbe rimasto fedele alle proprie parole. Intrecciò le dita con quelle di lui e strinse la presa. Era come se il tepore di Gerrick l’avesse pervasa fino al braccio, infondendole nuova vita.

CAPITOLO SEI
Un paio di ore più tardi a Gerrick sembrava di rivivere il momento in cui Zander aveva incontrato Elsie per la prima volta e la tensione a Zeum era stata al massimo. In quanto Guerriero Oscuro, Gerrick era abituato a una certa quantità di stress e di caos, ma ultimamente la situazione era peggiorata. Il fatto che non riusciva a togliersi Shae dalla mente di certo non aiutava. Era successo qualcosa quando le aveva porto il vassoio; aveva percepito una scarica di forza e una sensazione di appartenenza quando si erano sfiorati. Poi la ragazza si era isolata nella propria mente, e nonostante l’avesse negato, Gerrick si era reso conto che era successo qualcosa di importante che aveva però messo da parte, probabilmente a causa di ciò che aveva passato.
Aveva provato a dormire e si era impegnato a trovare qualcosa da fare quando non c’era riuscito. Avanzò lungo il corridoio prima di raggiungere la stanza della tecnologia. Ciò che desiderava fare veramente era tornare alle segrete, quindi fece per dirigersi verso il piano interrato, ma si fermò diverse volte sui propri passi. Non aveva ragione di tornare da lei, per quanto avesse provato a trovare un motivo.
“Festeggiamo veramente il Solstizio d’Inverno quest’anno?” Sentì che era stato Rhys a porre la domanda. Quindi avanzò verso la stanza dove si trovava l’uomo e vide che era circondato dalle donne della casa.
“Eccome se lo festeggiamo” lo informò Breslin. “Questa famiglia ne ha passate già troppe quest’anno, dobbiamo rilassarci”. Gerrick non poteva negare, ma non era certo di essere in vena di festeggiamenti.
“Tutte le scuse sono buone per comprarti un vestito nuovo” Mack stuzzicò la Principessa Vampiro.
“Non mi serve una scusa per comprarmi un vestito nuovo, ma quando sarà la prossima volta in cui mi potrò agghindare?” Breslin si voltò e le rivolse un sorriso, stava digitando al computer. Gerrick era venuto a sapere che Mack aveva rifiutato i tentativi della Principessa di modificare il proprio stile, il che era diventata una dinamica comica a cui assistere.
“Esattamente qual è lo scopo di questo festeggiamento?” Domandò Jessie.
“È cambiato nel corso dei secoli. L’intento originale era di collegarci con i nostri antenati, ma i Tarakeshes l’hanno sempre vista come l’occasione per rafforzare i nostri legami all’interno della famiglia. Negli anni scorsi abbiamo espanso i festeggiamenti in modo da invitare un certo numero di persone selezionate a unirsi a noi” rispose Breslin.
“Anche per me è la prima volta. Che cosa succede durante questa festa? E cosa devo sapere in quanto Regina Vampiro? Sono sicura che ci sia qualcosa di importante che devo fare” indagò Elsie.
Non era la tipica Regina; aveva i capelli lunghi castani acconciati in una coda di cavallo, e la maggior parte dei giorni indossava dei jeans e una felpa. Non che la sua mise diminuisse il suo potere acquisito. La donna minuta era feroce, forte e sapeva comandare; il ruolo di leader le veniva naturale. Cucinava per loro, li metteva in riga quand’era necessario ed era in grado di affrontare qualsiasi tipo di nemico in battaglia. Elsie non aveva l’aspetto tipico di una Regina, ma ricopriva quel ruolo perfettamente.
Breslin alzò gli occhi al cielo. “Ci disponiamo a cerchio a lume di candela, e tu e Zander farete un’offerta alla Dea. Oltre a quello, sorella, si mangia, si beve e si balla”.
“Disporsi a cerchio a lume di candela non sembra tanto male, ma che tipo di offerta dobbiamo fare alla Dea? Non intendi un sacrificio, vero? Ne ho abbastanza di quelli per una vita intera” commentò Mack stringendo il suo sguardo dagli occhi del colore del whisky.
Rhys rise all’unisono con Breslin. Queste due sono completamente immerse nel mondo del soprannaturale ma ragionano ancora da umane, pensò Gerrick. “No, non dobbiamo sacrificare niente. Lasciamo del vino e delle gemme alla Dea”.
“Esatto, ci piace farla ubriacare e lasciarle dei gioielli” scherzò Rhys.
“Vaffanculo, Rhys” lo rimproverò Breslin.
“Ehi Jessie, che cosa ti metti?” Domandò Rhys in tono da cascamorto. “Spero un vestito quasi trasparente”.
“Pensavo a qualcosa di sexy e di rosso. Quanti invitati ci saranno?”
“L’anno scorso eravamo in duecento, ma immagino che quest’anno Zander abbia diminuito il numero di invitati. Ultimamente le cose sono imprevedibili, e poi non sappiamo che cosa succederà con le ragazze nelle segrete”.
Se fosse stato per Gerrick sarebbero già state liberate; non riusciva a digerire il fatto che Shae sarebbe rimasta in cella fino al Solstizio. Il suo bisogno di essere lasciata andare gli faceva saltare i nervi. Stava diventando la sua ossessione e gli era quasi impossibile restarle lontano. Forse sarebbe andata alla festa con lui. Si ammonì mentalmente, gli piaceva l’idea molto più di quanto gli convenisse. Ovviamente se l’avessero liberata avrebbe espresso il desiderio di tornare dalla propria famiglia, il che faceva sorgere un altro problema; non sapeva come avrebbe fatto se Shae se ne fosse andata dalla base.
“Speriamo che allora siano già libere. Sappiamo che sono pronte per fare ritorno dalle loro famiglie. I loro leader cosa dicono sul fatto che vengono tenute qui?” Domandò Mack portandosi una manciata di arachidi in bocca.
“I loro leader sono d’accordo con Zander e il Consiglio circa il tenerle qui fino a quando gli scienziati avranno raccolto tutte le informazioni necessarie” rispose Elsie piegando una gamba sotto al sedere.
Gerrick si fece piccolo al ricordo dell’ultima volta in cui avevano testato un antidoto, e si chiese come avrebbero fatto a trovare le risposte che cercavano. Né Jace né gli scienziati sarebbero stati inclini a tentare ancora la sorte. Shae aveva tentato di offrirsi volontaria e l’avrebbe rifatto. L’istinto protettivo di lui avanzò nella sua mente, e Gerrick giurò che avrebbe fatto tutto il possibile per fermarla. Gli si strinse il petto all’idea di Shae che resta ferita o peggio, viene uccisa.
“Personalmente vorrei vedere le segrete meno occupate” aggiunse Gerrick. “Deduco che Zander abbia colto l’occasione per parlare apertamente con le Arpie. Com’è andata? Sono disponibili a unirsi all’Alleanza?”
“Macché, sono molto testarde. Anche con me presente si sono rifiutate di unirsi a noi” aggiunse Breslin. “Ad ogni modo se diventassero membri dell’Alleanza avremmo la fedeltà delle Arpie, il che è un successo. Ho motivo di credere che le ragazze usciranno dalle segrete prima del Solstizio. Non riesco a immaginare di tenerle imprigionate per più a lungo. Per cambiare argomento: dobbiamo fornire tutti i dettagli a Nate; deve familiarizzare con l’aspetto che dovrà avere la sala da ballo, dato che questa è la sua prima festa da quando è diventato il nostro maggiordomo. Quanto dovrebbe essere ampia la pista da ballo?” Domandò Breslin a nessuno in particolare.
“Ugh, vi prego non ditemi che devo ballare a questa cosa. C’è un motivo per cui non ballo. Sono imbranata!” Si lamentò Mack abbandonandosi teatralmente sulla sedia.
Rhys sorrise. “Aspetta a dirlo, prima prova un po’ della mia bevanda miracolosa che ti fa credere di saper ballare”.
“Pensavo che il suo effetto garantito era fare in modo che le donne si strusciassero su di te e ti implorassero di vivere la tua...magnificenza” lo stuzzicò Elsie.
Rhys la raggiunse e le portò un braccio attorno alle spalle. “La maggior parte delle donne reagisce così, ma Mack ha un Prescelto. È un peccato che ti sia trovata il Prescelto prima di avermi provato, ma ti prometto che la mia bevanda ti farà muovere quel sederino. È il suo scopo principale”.
Gerrick strinse lo sguardo sul Guerriero cascamorto. I suoi commenti libertini non impedivano a Gerrick di ricordarsi di quanto l’amico fosse in realtà amorevole e legato agli abitanti di Zeum. Era un Cambion, quindi ci si aspettava che fosse particolarmente libidinoso, ma non avrebbe mai perso di rispetto alle donne della villa. Diamine, Gerrick aveva trascorso abbastanza tempo con Rhys da vedere con i propri occhi chi questi era in realtà.
“Accoppiarmi è stata la decisione migliore che abbia mai preso. E come ho detto, io non ballo. Allora, vai al Solstizio con Thane?” Domandò Mack a Jessie cercando di comportarsi in modo naturale.
“Mi piace e sono certa che ci divertiremo, ma non andiamo come coppia” ammise Jessie dando un’alzata di spalle.
Mack rilassò la schiena sul divano e incrociò le gambe. “Mi sorprende che non te l’abbia chiesto”.
Il Reame di Tehrex verteva attorno a regole e aspettative mutate drasticamente da quando la maledizione dell’accoppiamento era stata annullata dalla Dea. Quelle donne non comprendevano completamente il significato del commento di Mack. “È un Guerriero Oscuro. L’onore è il suo secondo nome. Non vuole diventare troppo intimo per non darti l’impressione che siate in una relazione. Un giorno troverà la sua Prescelta e tu verrai messa da parte. Quando avrà trovato la sua donna niente e nessuno avrà più importanza”. Gerrick conosceva bene quella sensazione, e il ricordo della perdita lo sorprese come una coltellata. Il fatto che fosse attratto da Shae come lo era stato con la sua Evanna era come rigirare il coltello nella piaga.
Jessie sospirò. “Vorrei poter sapere se troverò mai il mio Prescelto. C’è ancora così tanto di sconosciuto circa la mia specie. Credete che le ragazze nelle segrete, le super-naturali, racchiudano comunque in loro l’anima del loro Prescelto?”
La domanda di Jessie fece gelare il sangue di Gerrick quando prese in considerazione le parole di lei. La Dea Morrigan aveva creato la maggior parte degli esseri facenti parte del Reame di Teherex, e li aveva destinati l’uno all’altro assegnando a ciascuno una porzione dell’anima della propria metà. Perdere l’anima in sé era come morire. Era così che si era sentito quando Evanna era stata uccisa. Era stato devastante.
“Perbacco, la Dea protegge le sue creature come meglio può. Lucifero è l'unico in grado di rubarti l'anima, ed è troppo debole, imprigionato all'inferno. I suoi tirapiedi fanno il possibile, ma non ne sono capaci” rispose Breslin. Gerrick sapeva che tutto ciò che diceva Breslin era vero, e provò sollievo nell’apprendere che l’anima di Shae fosse al sicuro.
“Buono a sapersi. Zander sta già soffrendo abbastanza per la morte di quella donna. È sufficiente che si senta responsabile in quanto ha dato l’ordine di testare e sviluppare l'antidoto”. Elsie sì massaggiò il ventre e fece una smorfia disgustata quando osservò il verde che fuoriusciva dalle branchie del pesce che stava cucinando.
“Tutto bene, piccolina?” Le chiese Rhys.
“Sono solo un po’ fuori gioco. Me la caverò”.
“Ah, mi spiace doverti dare questa notizia El, ma sei un vampiro e non dovresti stare male” Rhys proseguì dicendo un’ovvietà.
“Hai ragione, ma non sono esattamente un vampiro tipico” ribatté Elsie inarcando un sopracciglio nello stesso modo in cui lo faceva Zander.
“Elsie ha ragione. Lei è tutto al di fuori che tipica. E poi è un vampiro immortale. Forse lei non sta morendo, ma io si” si lamentò Nate quando raggiunse il gruppo nella stanza. Che cosa devo fare per questa dannata festa? E perché non può occuparsi di tutto Angus prima di andarsene?”
“Te ne andresti anche tu se fossi stato mille anni senza la tua Prescelta e avessi appena scoperto che è viva. Smetti di lamentarti, è una festa, non un esercito che devi affrontare da solo” ribatté Gerrick, il quale era felice di sapere che Angus se ne sarebbe andato. Lo rispettava anche perché comprendeva quanto gli fosse costato mantenere la propria promessa di vedere le prigioniere portate in salvo. Gerrick si era sempre ritenuto un uomo d’onore, ma dubitava di essere in grado di perorare la propria causa per talmente a lungo allo scopo di liberare Evanna.
“Lo preferirei. Sono un Máahes di Khoth, non un organizzatore di eventi o un baby-sitter” si lamentò.
Gerrick comprendeva il punto di vista di Nate, ma sapeva anche che era esattamente per quel motivo che Angus gli aveva chiesto di restare. Non avrebbe permesso che la propria famiglia restasse senza un drago, in caso fosse servita della protezione in più. Indubbiamente Angus considerava tutti i presenti come familiari. “Sei un drago muta-forma, e quando troveremo il nuovo nascondiglio di Kadir sarà qualcosa che chi tornerà utile. Quel bastardo pagherà per quello che ha fatto”.
Jessie fece una smorfia e portò avanti il busto. “Mi piacerebbe vederli arrostiti. Mi sembra che Azazel stia provando a entrare nella mente delle ragazze”.
Gerrick raddrizzò la schiena. Il pensiero di quel bastardo che cercava di manipolare Shae gli fece stringere i pugni. “In che senso?!” Tuonò.
“Non nel senso che riesce a influenzarmi o qualcosa del genere, è più tipo una specie di vibrazione nel sangue che mi fa arrabbiare per nessun motivo apparente” spiegò Jessie.
“Credi di riuscire a individuare la fonte della vibrazione per localizzare i demoni?” Domandò Gerrick; sperava di riuscire a trovare il modo di eliminare i demoni una volta per tutte. Non che ciò avrebbe posto fine alla guerra, ma voleva che quegli Arcidemoni sparissero in fretta.
Jessie chiuse gli occhi e nella stanza scese il silenzio per un paio di secondi, quindi la ragazza li riaprì. “No, è troppo debole. Mi spiace”.
“Beh, valeva la pena provarci. Dobbiamo comunque tornare a quella che era la loro tana per vedere se gli Skirm hanno lasciato qualche indizio” suggerì Gerrick; doveva fare qualcosa.
Si alzò in piedi e allontanò Rhys da Elsie quando si rese conto che gli occhi della ragazza si erano fatti vitrei e sedeva perfettamente immobile senza muovere un muscolo. Quando si guardò attorno notò che tutti i presenti erano in attesa di ascoltare ciò che la Regina avrebbe avuto da dire. Gerrick stava iniziando a odiare quel suo dono particolare; ogni volta in cui aveva una premonizione significava che lui sarebbe finito nei guai. “Mack deve venire con te” esordì Elsie uscendo dallo stato di trance.
“A Kyran non piacerà” commentò Mack. “Mi sai dire qualcosa di più prima che debba affrontare faccia a faccia il mio Prescelto?”
Elsie incrociò lo sguardo dell’amica. “Tutto ciò che so è che devi esserci anche tu, scusami ma non sono riuscita a vedere altro. Una specie di disturbo elettrostatico ha interferito con la mia visione”.
“Il tuo dono non avrebbe potuto scegliere un momento meno opportuno per non funzionare bene. Andiamo, Kyran verrà con noi. È quasi buio” mormorò Gerrick interrompendo qualsiasi discussione nascente


Kyran svoltò nel medesimo parcheggio dove si erano fermati la notte precedente. Gerrick era meravigliato dalla differenza che incontrarono; il sole era da poco tramontato e dovettero fare il giro del parcheggio un paio di volte prima di trovare posto. Gli umani si aggiravano avvolti nei loro giacconi e protetti dai loro ombrelli. Gerrick era stupito dal fatto che fossero ignari di tutto quanto. Era d’accordo sul fatto che il Reame dovesse essere tenuto segreto, ma dubitava che gli umani si sarebbero accorti se Orlando avesse mutato forma in leopardo nel bel mezzo del Pike Place Market. Di sicuro avrebbero parlato dell'animale, ma la trasformazione da uomo a felino sarebbe stata tralasciata semplicemente perché giustificata dalla tecnologia moderna.
Quando Gerrick uscì dall'auto gli vennero i brividi a causa dell’aria fredda; desiderava che per una volta smettesse di piovere, ma a Seattle era come chiedere che non splendesse più il sole. Quando Mack scese dall’auto raggiunse Kyran dal suo lato del veicolo. “Non mi piace per niente. Quando Elsie ha le visioni prevedono sempre la morte di qualcuno. Non mi interessa quello che ha detto, tu resti nell’auto. Non ho intenzione di perderti” le promise.
Mack si alzò in punta di piedi e diede un bacio sulle labbra del proprio Prescelto. Kyran si sciolse immediatamente nell’abbraccio, quindi Gerrick distolse lo sguardo dalla dimostrazione d’affetto. Non avrebbe mai immaginato che potesse esistere la Prescelta per Kyran, né tanto meno avrebbe potuto prevedere l’effetto che avrebbe sortito su di lui. “Grazie a te non è più così facile uccidermi, succhia-sangue. Vedo che hai paura, resta dietro di me e ti proteggerò” lo prese in giro Mack.
“Peccato perché questo non è il momento giusto né il luogo per i preliminari, Prescelta. Più tardi ho intenzione di dimostrarti che cosa penso di ciò che hai appena detto” commentò Kyran. Gerrick credeva che a Kyran sarebbe spettata una Prescelta più sottomessa. Il Guerriero trovava ironica la scelta della Dea, ma di sicuro Mack lo faceva sorridere tantissimo.
“Parole, solo parole. Andiamo al chiuso, si fotta questa pioggia, mi sta facendo appiattire i capelli” disse lei coprendosi i capelli neri appuntiti.
“Niente riuscirebbe a far appiattire quei capelli, stanno su con il ferro” la prese in giro Gerrick nel dirigersi verso l’ingresso dei sotterranei.
Mack gli fece il dito medio nell’avanzare tra le pozzanghere prima di scendere gli scalini vecchi e rovinati. Lo pervase il tanfo di morte nell’istante in cui aprì la porta. La prima volta in cui si erano recati in quel luogo era stata predominante la puzza di muffa e polvere, ma in quel momento l’odore di zolfo e di morte erano soffocanti. Qualche secondo più tardi si chiuse la porta e l’oscurità li circondò immediatamente. Diedero modo ai loro occhi di adattarsi al buio prima di avanzare. Gerrick era scioccato dalla differenza che trovarono nei sotterranei. Dove c’era stato del legname marcio e dei detriti si trovava del sangue nero e i segni della carneficina. Era all’oscuro del fatto che il combattimento si fosse esteso fino a quella sezione del tunnel.
A Gerrick vennero i brividi alla vista della carcassa del demone di pus in uno dei vecchi edifici. Cazzo, questa puzza è non ti fa respirare, pensò. “Dovremo pulire questa merda prima che la vedano le autorità umane”.
“Magari sparissero tutti come gli Skirm” dichiarò Mack tappandosi il naso con le dita.
“Magari, peperino” commentò Kyran dandole una pacca sul sedere.
Mack reagì strillando e ridendo. “Quindi a chi tocca pulire questa merda? E che cosa facciamo con i cadaveri? Di sicuro non possiamo portarli in braccio per Pioneer Square”.
“Oh, sarebbe un bello spettacolo. Merda, forse dovremmo aprire un portale alla nostra proprietà all’Isola di Whidbey in modo da poterli bruciare. Potremmo creare una squadra di pulizia composta da questi nuovi demoni minori” commentò Gerrick. “Sembra che dovrò occuparmi io di questo progetto dato che Jace sta lavorando sull’antidoto. Forse mi può aiutare Killian”.
“Grazie alla Dea non dovrò prenderne parte” mormorò Mack.
Gerrick le rivolse un ghigno malizioso. “Non ho detto questo. Non sei ancora stata iniziata veramente nei nostri ranghi, farai sicuramente parte della squadra di pulizia”.
Kyran scoppiò a ridere, poi si abbassò per sussurrarle all’orecchio. “Gerrick ha ragione. E se farai la brava dopo ti insapono”.
“Non c’è niente che mi possa convincere ad aiutare a fare questa cosa. La sola puzza è abbastanza per uccidermi. E di sicuro non tocco quella cosa” disse indicando il cadavere del demone di pus, l’ammasso di carne verde maleodorante.
“Potrei aprire un portale nella tua camera per facilitarti le cose”.
“Oh no, non lo farai” disse lei agitando un dito nel vuoto. “Quanti di questi cosi credi che siano riusciti a scappare? Non è che si stanno aggirando per la città aggredendo gli umani, vero?” Le importava della propria specie e la sua vita aveva un solo scopo: dare una voce alle vittime. Gerrick la ammirava, ma si chiese cosa sarebbe accaduto alla sua organizzazione di giustizieri. Mack aveva insegnato ai membri del SOVA a odiare i vampiri, ma ora le cose erano diverse per lei dato che era la Prescelta di un vampiro.
“Non credo che ne siano scappati molti. Hayden e gli altri muta-forma hanno sorvegliato l’area quando ce ne siamo andati e sicuramente hanno eliminato tutti quelli che hanno trovato” la rassicurò Kyran.
Quando percepì l’odore tenue di Shae di gelsomino si rese conto che si stavano avvicinando all’area dove erano state trattenute le ragazze. Il suo corpo reagì immediatamente, facendogli provare una scarica di desiderio. Imprecò sottovoce; si sentiva uno scemo.
“Nessuno di loro sopravviverà per molto a lungo” promise Gerrick con entusiasmo crescente. Viveva per uccidere gli Skirm e dare la caccia agli Arcidemoni che li avevano trasformati, non era normale per lui perdersi negli occhi color giada di una ragazza.
Raggiunsero il luogo dove avevano tenuto prigioniere le donne, quindi Gerrick si fermò sui propri passi. Lo spettacolo gli fece attorcigliare le budella e provò il desiderio di uccidere qualcosa. Le condizioni in cui le avevano tenute erano deplorevoli. Non aveva notato talmente tante cose. Aveva visto i cadaveri, ma non si era reso conto del volume della pila dei corpi morti. Era sconvolto dal fatto che Shae avesse vissuto per mesi con quella massa in decomposizione a qualche metro.
Doveva trattarsi di un particolare tipo di tortura quello di giacere nei propri escrementi guardando negli occhi un essere umano morto, lo stesso che si aveva prosciugato e ucciso. Senza contare il fatto che le ragazze dovevano espletare i propri bisogni in un secchio e non potevano nemmeno pulirsi. Strinse i denti; era la ciliegina sulla torta. Shae era stata brutalizzata al di là di ogni comprensione.
Pregava la Dea che i codardi gli apparissero di fronte, in modo da potersi vendicare di Shae. Il bisogno fervente lo travolgeva, facendogli dubitare delle proprie reazioni. Per un secondo si chiese se Shae potesse essere la propria Prescelta, ma poi ebbe modo di assimilare la realtà. Non aveva senso, non poteva essere la sua Prescelta. Avevano solamente una Prescelta nella vita, e quando gli era stata rivelata la propria l’aveva persa solo qualche giorno più tardi. Non avrebbe mai più avuto ciò che condividevano Mack e Kyran.

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