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Fuorigioco
Sawyer Bennett
Il figlio privilegiato di un membro del Congresso americano, nonché star dell'hockey, Ryan Burnham s'invaghisce della cameriera dal cuore d'oro che si sta pagando gli studi universitari in seguito alla morte dei suoi genitori. Fuorigioco è il primo di una serie di cinque libri di letteratura rosa contemporanea.
Ryan Burnham è il figlio privilegiato di un membro del Congresso americano, nonché capitano della sua squadra di hockey universitaria. Proprio quando sta per realizzare il suo sogno di giocare nella NHL, i suoi genitori pretendono che intraprenda un percorso diverso. Un percorso che è tenuto ad accettare per tutelare l'immagine pubblica della sua famiglia.
Obbligata ad abbandonare la sua carriera musicale dopo la morte straziante dei suoi genitori, Danny Cross vive una vita completamente diversa da quella di Ryan.
Stenta ad affermarsi, tra il doppio lavoro, la frequenza part-time del college, ed il volontariato in un rifugio per senzatetto. La sua missione è quella di costruirsi il proprio successo.
Grazie ad un incontro fortuito, i loro mondi incredibilmente differenti s'incontrano, spingendo entrambi a chiedersi se siano davvero sulla strada giusta verso l'autorealizzazione e la felicità. La loro relazione sarà in grado di sopravvivere? Soprattutto con tutti contro di loro in ogni momento. Possono cambiare molte cose in soli dieci giorni...

Translator: Mark James Grilli


Sawyer Bennett

Fuorigioco

Fuorigioco - La Serie

© 2021 - Sawyer Bennett

Traduzione italiana a cura di Mark James Grilli

1  Ringraziamenti
Non mi sarei aspettata di scrivere questo libro. In effetti stavo per iniziare a lavorare al sequel di Forever Young, ma l’idea per questo romanzo mi è balzata in testa senza sosta. Così ho trascorso qualche settimana a ponderare la cosa. Ho anche provato a scrivere il sequel di Forever Young, tuttavia non sono nemmeno riuscita ad iniziare perché questo libro continuava a dominare i miei pensieri. Perciò ho deciso: diamine, fammi sgomberare la mente da questa cosa.
Ho scritto all’impazzata per una settimana buona. Circa 45.000 parole dopo avevo la mia prima bozza. Ho corretto qualcosa qua e là, anche se, fatta salva qualche modifica, in realtà il testo era pronto. A questo punto desidero ringraziare pubblicamente Kristina Sessoms e Alyssa Shaver. Entrambe si sono offerte come beta-readers, fornendomi ottimi consigli, molti dei quali sono venuti utili.
Un abbraccio in particolare ad Alyssa, la quale ha trovato il titolo del libro. Averla avuta come beta reader dev’essere stato un segno del destino, dato che è una grande appassionata di hockey, ex giocatrice lei stessa, nonché violinista. Scoprirete perché tutto ciò è importante durante la lettura di questo romanzo.
Come sempre, grazie, Shawn, per avermi permesso di inseguire i miei sogni. So che questo mi porta a prestare attenzione al mio laptop invece che a te per molte ore. Sei la cosa più bella della mia vita, tesoro!

1 Riflessioni
Non so cosa mi abbia spinto a farlo. Forse le aspettative impossibili, o magari la mia autocommiserazione. Semplicemente sapevo di avere bisogno di qualcosa di diverso. Avevo bisogno che qualcuno...qualcosa...mi riportasse sulla giusta strada.
Altrimenti mi sarei perso...sarei diventato un guscio vuoto, un relitto umano. Perciò l’ho fatto. L’ho approcciata, l’ho corteggiata, e infine l’ho conquistata. E così ha salvato la mia vita...


1 Capitolo 1

Ryan

Heh, heh, heh, heh...
Odio quei dannati maiali verdi che si prendono gioco di me. Premo il pulsante riavvia, e faccio scorrere il dito sullo schermo, tirando indietro l’uccellino blu. Lo lascio volare, picchiettando velocemente sullo schermo, e il mio missile blu peloso si divide in tre, scatenando la sua ira verso i miei provocatori. Il ghiaccio va in frantumi, ed io stermino le scrofe verdi. La vittoria è mia.
“Sbrigati, Ryan. Datti una mossa.”
Lancio un’occhiata al gruppo che cammina davanti a me. Stanno tutti ridendo, tenendosi a braccetto. Sembrano una fottuta replica di Friends. Indossiamo tutti splendidi capi firmati, omaggio dell’oscena ricchezza delle nostre famiglie. Sfoggiamo perfetti tagli di capelli, freschi di parrucchiere, mentre viviamo le nostre vite perfette da studenti del college. E a volte odio assolutamente tutto questo.
Stasera andremo in giro per i bassifondi. Stiamo passando da una festa della confraternita ad un diner aperto 24 ore su 24 nei dintorni per prendere qualcosa da mangiare. Diamine, tutto questo è imbarazzante.
A causa dell’enorme quantità di alcool e marijuana presenti alla festa siamo tutti in fame chimica. A dire il vero, il mio è più un languorino, solo dovuto alla fame, perché sfortunatamente non posso fare uso di cannabis, dato che la divisione sportiva della Northeastern sorprende i suoi atleti con test antidroga a sorpresa. E non ho alcuna intenzione di mettere a rischio il nostro campionato di hockey per qualche spinello. Mi auguro che anche Mike e Carter siano stati lontani da quella merda stasera. Dal modo in cui stanno ridacchiando le ragazze, deduco che abbiano preso parte anche loro.
Sono le 3 del mattino, e non sono abbastanza ubriaco da ignorare il fatto che vorrei poter scaricare i miei amici e tornarmene alla confraternita per dormire un po’. È stata una lunga nottata e sembra che stia per allungarsi ancora di più.
Gli uomini della nostra allegra combriccola rappresentano una fetta della prima linea della squadra di hockey della Northeastern. Siamo alquanto uniti. Il mio braccio destro e migliore amico, Mike Yanalas, si rivolge ad un gruppo di giovani teppisti appoggiati ad una vecchia Dodge Charger fumando sigarette. Sta stringendo a sé la sua fidanzata, Cameron.
“Che cazzo guardate?” gli urla Mike. È ubriaco marcio, ed io sospiro tra me e me. Non voglio assolutamente dover parare il suo culo ubriaco in una rissa stasera.
Fortunatamente questi aspiranti gangster non rispondono, sgattaiolando via nell’oscurità. Non mi sorprende, a dirla tutta. Siamo tizi ben piantati, e la maggior parte delle persone sarebbe pazza a sfidarci.
Svoltiamo in Hay Street, sbucando nella mia zona. La palestra dove mi alleno è a pochi isolati di distanza, e la mia confraternita è nella direzione opposta. Sally’s Diner è situato quasi al centro di questi due punti, ed è stato il nostro punto di ritrovo dopo le feste nei miei tre anni da studente alla Northeastern. Allungo il passo per raggiungere gli altri.
Entrando da Sally, respiro a pieni polmoni l’aroma inebriante del bacon e delle patatine fritte. Il posto è abbastanza pieno, anche se sono le prime ore del mattino. Ci sono parecchi tavoli gremiti di studenti ubriachi, e un vecchio seduto al bancone con una tazza di caffè.
Dopo aver unito alcuni tavoli, il gruppo si siede, tirando fuori i menu appiccicaticci dai segnaposto al centro dei tavoli. Avvolgo un piede attorno ad una sedia scalciando indietro, in modo da tirarla fuori da sotto il tavolo. Mi metto comodo, stendendo le gambe di fronte. Incrociando le caviglie, continuo ad ignorare il gruppo giocando ad Angry Birds.
Ignoro il menu. So già che ordinerò l’Husky Special. Un cheeseburger con sopra un uovo fritto e una valanga di patatine fritte come contorno. Mi sto allenando duramente per prepararmi al campionato di hockey che inizierà tra qualche settimana, quindi posso sopportare il sovraccarico calorico.
“Bleah…questo tavolo è disgustoso. Non capisco perché ci ostiniamo a venire sempre qui.”
Rimango concentrato sulla mia missione di distruggere il maggior numero di maiali possibile, mentalmente esasperato da Angeline. Il fatto che sia qui con noi mi fa girare le palle, e il suo piagnisteo da viziata mi sta facendo saltare i nervi.
Sono rimasto sbalordito quando si è presentata alla festa stasera, dato che abbiamo tentato furiosamente di evitarci da quando ci siamo lasciati qualche settimana fa. Tuttavia, suppongo che rivederci fosse inevitabile, dato che la nostra cerchia sociale era molto unita. Non aiuta nemmeno il fatto che Mike sia il mio migliore amico, e Cameron la sua.
Lancio una rapida occhiata ad Angeline, scuotendo la testa. Sta cercando di pulire il tavolo con il disinfettante per le mani ed i tovaglioli, la faccia contorta in una smorfia. Osservarla mentre si affanna a pulire un tavolo sporco, mi fa capire ancora una volta che ho preso la decisione giusta quando l’ho lasciata. Angeline è un po’ troppo pignola per i miei gusti. Cavolo, si rifiutava di abbracciarmi dopo le partite se non dopo aver fatto la doccia. Col senno di poi, mi stupisce che non mi abbia disinfettato con il suo gel prima di fare sesso. O che non mi abbia fatto infilare il cazzo in due preservativi.
Mi mordo il labbro inferiore, sbigottito. Vedere Angelina stasera è stato surreale. Mi aspettavo che fosse ancora furiosa con me per averla scaricata. Invece mi è venuta incontro e mi ha abbracciato forte, dicendomi di essere felice di vedermi. Ho ricambiato il complimento, anche se non lo pensavo davvero. Era la cosa più cortese da fare.
Col trascorrere della notte, Angeline è passata dalla chiacchierata amichevole al flirtare sfacciatamente. Non ho potuto ignorare le innumerevoli volte in cui ha appoggiato la mano sul mio braccio mentre mi stava parlando, o il modo in cui stava in punta di piedi per sussurrarmi qualcosa all’orecchio.
Non mi fraintendete. Stasera Angeline sfoggia un paio di jeans attillati, un top pressoché inesistente, e dei tacchi vertiginosi. Trasuda sesso e se non avesse sprecato le sue energie con me, avrebbe reso un altro ragazzo ben felice di avere le sue attenzioni.
Verso fine serata, mentre la band stava suonando una delle ultime canzoni, ha riprovato a convincermi a ballare con lei. Ho rifiutato cortesemente, dicendole che probabilmente non era una buona idea. Sembrava averla presa bene, ma poi si è autoinvitata quando abbiamo deciso di andare da Sally. Sarei dovuto tornare a casa, ma stavo morendo di fame, e ho pensato che avrei potuto tollerare un’altra mezz’ora con Angeline.
Quindi eccoci qui seduti, mentre sto provando a concentrarmi sul lancio dei pennuti contro i suini, prestando parzialmente attenzione alla conversazione tra i tavoli. Bastano cinque secondi: qualcuno cita Descartes, e si parte per la tangente.
Trovo esilarante che quando gli studenti del college si ubriacano o si sballano, iniziano subito a discutere di filosofia. Voglio dire, a nessuno frega niente della filosofia, con l’aiuto di un po’ di alcool, improvvisamente tutti vogliono pontificare.
Siamo tutti iscritti ad un corso livello 300 di filosofia chiamato “Filosofi del XVII e XVIII secolo”. Nel campus gira voce che il Prof. Anderson, che ha circa 120 anni, passi praticamente tutto il tempo della lezione a dormire, dicendoti esattamente cosa chiederà durante l’esame finale. Pare che il corso sia una passeggiata. Lo spero proprio, dato che sono stato ammesso all’ultimo anno con ottimi voti, e mi auguro di avere orari semplici, in modo da poter concentrare gli sforzi sull’hockey.
“Beh, io penso che il dualismo sia una stronzata,” sento Mike affermare con fare plateale, biascicando. “Se la mente esiste indipendentemente dal cervello, allora come si creano le memorie fisiche? Ditemi come può avere senso.”
“Niente di tutto questo ha senso,” borbotto, gli occhi ancora incollati al mio iPhone. Nessuno mi degna di uno sguardo, il che mi sta bene. Il mio videogioco è decisamente più interessante della discussione su Descartes.
“È una visiona alquanto ristretta da parte tua,” mi sbeffeggia Angeline. “Ad ogni modo, trovo molto affascinante il concetto del ‘Penso, dunque sono’. Voglio dire, è alquanto profondo, ad un livello che non mi ero mai degnata di considerare prima d’ora.”

Sono alquanto certo che Angeline non abbia mai pensato a qualcosa di più profondo dei jeans griffati da indossare la mattina dopo, tuttavia sono colpito da come stia riuscendo a sviare il discorso dalla soporifera filosofia del dualismo.
Vedo la cameriera avvicinarsi con la coda dell’occhio, ma non alzo lo sguardo, dato che sono pericolosamente vicino al battere il mio punteggio record. Rimane ferma per qualche secondo, mentre la conversazione imperversa, aspettando pazientemente una pausa allo spreco di neuroni. Dato che nessuno si ferma a tirare il fiato, lei si schiarisce la voce.
Il silenzio cala sulla tavolata, quando sento Angeline dire con voce sfrontata: “Chiedo scusa. Siamo nel mezzo di un’importante conversazione. Pensi sia appropriato interromperci con la scusa che siamo pronti per te?”
Tutti scoppiano a ridere istericamente, tranne me. Sogghigno tra me e me, scuotendo semplicemente la testa. Angeline riesce a sminuire chiunque, facendolo sentire uno schifo in una manciata di secondi. È una vera forma d’arte per gli individui scandalosamente ricchi e follemente narcisisti.
In realtà Angeline non ha ancora finito con lei. Si rivolge al resto della tavolata e dice: “Suppongo che non possiamo davvero colpevolizzarla per la sua ignoranza. Voglio dire, serve frittelle per guadagnarsi da vivere. Probabilmente questa conversazione è troppo per lei.” Infine si lancia in una serie di risatine che mi fanno digrignare i denti.
Okay, io stesso ammetto che è davvero un colpo basso, ma non dico niente. Tengo la testa china, evitando il contatto con Angeline ad ogni costo. È ubriaca e crudele. Non è di certo una buona combinazione, e non ho le forze per litigare con lei stasera. Diamine, è una delle ragioni per le quali ho rotto con lei. Sembrava doverci essere sempre da litigare.
Prima che Angeline possa proferire parola, sento la cameriera rispondere: “Sono davvero desolata. È solo che…vi ho visti tutti seduti qui, e, beh, scusate la mia ignoranza, ma sono alquanto certa che secondo il Rasoio di Occam, tra le varie teorie discordanti e a parità di condizioni, la teoria più semplice è probabilmente quella corretta. Ho notato che avete già dato un’occhiata ai menu e che li avete rimessi a posto. Dunque, la teoria più semplice è che siete pronti ad ordinare. Mettiamola così…Io penso di avervi visto guardare i menu, dunque sono qui per prendere la vostra ordinazione. Insomma, so che Occam è precedente rispetto a Descartes, ma è pur sempre un ottimo principio, non pensate?”
C’è un istante di silenzio attonito, ed io rivolgo lo sguardo verso la cameriera. Questa è la cosa più interessante che sia successa in tutta la serata…Angeline messa a tacere. Il resto del tavolo scoppia in una risata per l’impudenza della cameriera, e sono certo che Angeline sia furiosa. Tuttavia non la guardo, perché quando mi metto a guardare la nostra filosofa servi-frittelle, i miei occhi si allargano e il respiro si fa corto. È mozzafiato. No, unica. No…non si tratta di questo. Straordinariamente unica…ecco cos’è.
Ha i capelli biondo scuro che porta in una coda alta. È una bionda naturale. Si capisce dal colore delle sopracciglia, e sono sicuro che se le togliessi le mutandine, potrei averne conferma. Gli ultimi dieci centimetri sono tinti di un lavanda pallido. Ha un anellino argentato alla narice sinistra e un piccola piccola barretta in argento sul sopracciglio destro. Non è truccata, ma è il tipo di bellezza che deve rimanere completamente al naturale. Ha un’incarnato perfetto e una manciata incredibilmente sexy di lentiggini attorno al naso. I suoi occhi sono di uno splendido color nocciola che scommetto diventano più verdi quando è arrabbiata o emozionata. In questo momento sono pieni di malizia, ed ha due labbra piene e rosa che sogghignano ad Angeline.
Non so cos’abbia questa ragazza, ma cazzo, è uno schianto. E chiaramente anche fottutamente intelligente.
Non mi sono mai piaciute le ragazze con piercing in faccia o capelli tinti. Il tipo di ragazze che i miei genitori si aspettano che io frequenti indossano perle e cashmere, ed hanno un pedigree lungo un chilometro legato ai loro nomi. Come la mette giù mia madre? “Tuo padre è sotto i riflettori, quindi dobbiamo mantenere le apparenze in ogni momento.”
Il mio sguardo si sposta verso il corpo della cameriera, e riesco a farlo solo perché lei è impegnata in una guerra di sguardi con Angeline al momento. Indossa una t-shirt della Northwestern e degli shorts davvero corti che mettono in risalto chilometri di gambe abbronzate. Porta scarpe da ginnastica ed un piccolo grembiule attorno alla vita. Subito sopra il suo seno destro, che sembra attraente quanto quello sinistro, c’è un cartellino con su scritto “Danny”.
Miracolo dei miracoli, Angeline sembra essere rimasta ammutolita. Non esce più niente dalla sua bocca, ma continua a lanciare occhiatacce.
Danny appoggia la matita dietro l’orecchio e mette le mani sui fianchi. “Facciamo così…quando siete pronti ad ordinare, che ne dite…” fa una pausa per dare un’occhiata al tavolo, e indicando Carter: “…se…alzate semplicemente la mano quando siete pronti ad ordinare e sarò subito da voi per assistervi. Okay?”
Senza aspettare una risposta, fa l’occhiolino a Carter e ci volta le spalle. Non riesco a resistere, scoppio a ridere a crepapelle, e Angeline mi fulmina con lo sguardo. Io la ignoro, continuando a sghignazzare.
“Aspetta, Danny.” le dico. Lei si gira e mi guarda sorpresa. Sono sicuro che non si aspettasse di essere chiamata per nome. “Siamo pronti ad ordinare. Credo che tu abbia esposto un’eccellente argomentazione filosofica.”
Ritornando verso il tavolo, Danny mi fissa, e mi accorgo che mi sta studiando. Senza sussultare o abbassare lo sguardo, ricambio il suo sguardo con altrettanta intensità.
Si avvicina a me, abbastanza da poter sentire il suo profumo…sa di pioggia estiva. “Allora, cosa volete?”
È ancora più bella da vicino, e spero di non avere la lingua penzolante. Vorrei dirle che desidero lei, con un contorno di lei, e per dessert…lei. Invece ordino l’Husky Special.
Mi fa l’occhiolino. “Certo, stallone.”
Sento Mike ridacchiare, ma lo ignoro.
Lei fa il giro del tavolo, prendendo le ordinazioni di tutti. Dopo la bella lezione impartita ad Angeline, tutti sono adeguatamente sommessi ed educati. Credo che nessun altro voglia scontrarsi con questa ragazza.
La osservo con attenzione. Pur essendo stata definita ignorante pochi minuti fa, sembra essere sicura di sé e disinvolta. Sorride ad ognuno di noi mentre prende le ordinazioni, anche ad Angeline, la quale è visibilmente conciliante mentre ordina una macedonia e un bicchiere di acqua con ghiaccio. Sono sorpreso ed estremamente incuriosito da questa ragazza.
Perché una persona così intelligente lavora in un diner? E cosa spinge una persona a volersi tingere i capelli di viola o a farsi un piercing al naso? Non lo comprendo, eppure mi trovo a volerlo scoprire.
Una volta che Danny ha preso la nostra ordinazione, la conversazione riprende, anche se ora si parla di hockey invece che di filosofia. Mi sa che stiamo incominciando a smaltire la sbornia. Io, Mike, e Carter discutiamo della gara di apertura della stagione contro il Boston College. Mentre parliamo, osservo Danny muoversi ed interagire con i clienti. Ride molto ed ha un sorriso incantevole con le fossette. Ho anche notato che ha un culo spaziale, ma hey, sono un maschio.
A quanto pare però non sono discreto quanto credo, dato che Carter si sporge e mi sussurra: “È davvero sexy, eh? Stai pensando di fartela?”
Scoppio a ridere. “No, amico. Non è il mio tipo.”
“Beh, con quel corpo è più il mio tipo. Mi chiedo se ha altri piercing non visibili.”
Ammetto di aver pensato la stessa cosa. Eppure non credo che lo scoprirò. Si capisce guardandola che non è il tipo di ragazza da una botta e via. Oh, penserà di essere una dura con i suoi capelli tinti ed i piercings, ma guardandola si capisce che è un angioletto e non una diavolessa. Peggio per me. E anche per lei.
E una botta e via sarebbe l’unico modo per ottenere una risposta alle mie domande. Non è decisamente adatta come potenziale fidanzata, dato che i miei genitori farebbero una scenata se mi facessi vedere dalla stampa con lei al mio fianco. Questo pensiero è alquanto deludente per me. Non mi interessava qualcuno così da tantissimo tempo, e ora sono incazzato di dover vivere la mia vita seguendo i dettami dei miei genitori.
Sospiro silenziosamente e colpisco scherzosamente Carter con un pugno sul braccio. “Dacci dentro, bello. Grazie al tuo brutto muso potresti avere una chance con lei.”

1 Capitolo 2
Danny

Esco dalla doccia tremando in maniera incontrollabile. Il nostro boiler è rotto da due giorni, e sto per andare a fare il culo al padrone di casa. Se io e la mia coinquilina Paula non fossimo così dannatamente povere, ci trasferiremmo in un appartamento migliore. Tuttavia, le cose stanno come stanno, tiriamo a campare, e non possiamo permetterci più di questa squallida topaia.
“C’era acqua calda, Danny?”
Apro la porta del bagno, e sento Paula sbattere le pentole. Credo stia cucinando del Ramen per cena.
“No. Sempre fredda come il ghiaccio,” le rispondo.
“Cazzo. Quel coglione buono a nulla. Cazzo.”
“Modera il linguaggio! Sentirti imprecare mi sta facendo sanguinare le orecchie. E mi devi tre sigarette.”
Sento Paula pestare i piedi lungo il corridoio. Fa capolino e mi passa le sigarette lanciandomi un’occhiataccia. Procedo subito a buttarle nel water.
“Sei proprio una stronza, Danny.”
Mandandole un bacio, le rispondo: “Ti voglio bene anch’io.”
Eccome se voglio bene a Paula. È un misto tra una figura materna e la mia migliore amica. Viviamo assieme da quasi due anni ed ha quindici anni più di me. Ci siamo conosciute lavorando assieme da Sally, ma da allora si è trovata di meglio…lavora in un negozio di dischi vintage.
Paula è una professionista del turpiloquio. Sto provando senza successo a farle abbassare i toni fin da quando la conosco. Non è che io non dica parolacce, ma Paula passa tutto il suo tempo a sbraitare oscenità. Perciò ho scommesso con lei che non sarebbe riuscita a smettere di usare la parola che inizia per “C”, al che lei mi ha prontamente presa in giro, dicendo: “È un gioco da ragazzi.”. Abbiamo stabilito che ogni volta che dirà quella parola, dovrà rinunciare ad una delle sue preziose sigarette…che io distruggo con piacere proprio davanti a lei. Credo che presto dovrà dire addio alla nicotina.
Esco dal bagno, e lei mi segue nella mia camera. Lascio cadere l’asciugamano per terra, ed inizio a vestirmi.
“Allora, hai il turno notturno da Sally?” mi chiede.
“Già. Finisco alle 7.”
Inizio a vestirmi mentre lei si appoggia contro lo stipite della porta. “Bella, che orari del cavolo! Perché non lasci quel ca—.”
Aggrotto le sopracciglia, sfidandola a continuare.
“—intendo dire quello stupido lavoro?”
“Brava ragazza.” le faccio i complimenti. “E dove lo trovo un altro lavoro? Sono una studentessa ventunenne senza esperienze lavorative, Sally escluso. Tra l’altro…le mance non sono niente male.”
Ripenso allo splendido ragazzo che mi ha lasciato una mancia di cinquanta dollari qualche notte fa. Era chiaramente uno studente del college - probabilmente alla Northeastern - proprio come me. E considerata la mancia di cinquanta dollari, è sicuramente pieno di soldi. Ridacchio ripensando a quel gruppo. Ho capito fin dal momento in cui quell’arrogante tipa mora mi ha messo gli occhi addosso che avrebbe provato ad umiliarmi. Per fortuna ha scelto un argomento del quale ovviamente non sapeva niente, a differenza mia.
Il mio momento preferito è stato quando me ne sono andata, e il figaccione che giocava ad Angry Birds mi ha chiamata per nome. Girandomi per guardarlo, sono quasi trasalita vedendo come mi fissava. In maniera sensuale…come se volesse divorarmi. Gli ho lanciato qualche altra occhiata mentre mangiavano, e sembrava sempre ricambiare gli sguardi. Per un attimo ho pensato di flirtare un po’, ma a che pro? Non sarebbe andata oltre, dato che siamo proprio agli antipodi. Ho già provato a frequentare un riccone come lui, ed è stato un disastro. Inoltre non ho né il tempo, né l’energia per stare dietro ai ragazzi in questo momento della mia vita. Forse un giorno.
Una volta che il chiassoso gruppo se n’è andato, mi sono avvicinata per iniziare a pulire il tavolo. Ho notato che non avevano lasciato la mancia, tipico degli studenti ubriachi. Suppongo che l’unica ricompensa ottenuta da questo tavolo sia stata la soddisfazione di fare ingoiare la lingua a quella studentessa arrogante. Mi sganascio solo a ripensarci.
Una volta portato via l’ultimo piatto, mentre stavo per tornare in cucina, la porta si è aperta, e Mr. Sexy è rientrato. L’ho guardato avvicinarsi a me, e poi ci siamo fissati.
Infilando la mano in tasca, mi ha detto: “Ecco la tua mancia. Mi ero dimenticato di lasciarla.” La mossa era calcolata per invadere il mio spazio personale, una cosa incredibilmente sexy in quel momento.
Mi ha guardato per qualche secondo, poi ha detto: “Beh, grazie di averla presa con filosofia stasera. Sei riuscita senza dubbio a rimettere Angeline al suo posto, e mi dispiace per quello che ti ha detto.”
Ho girato la testa verso di lui. “Perché sei dispiaciuto? Non ti dovresti scusare per lei.”
Accennando un sorriso mi ha risposto: “Suppongo proprio di no.”
Dopo qualche secondo passato a fissarci, ho pensato che stesse per dire qualcos’altro, invece si è girato per andarsene, dicendomi: “Ti auguro una buona notte.”
Quando gli ho detto: “Anche tu” se n’era già andato.
Mi sono accorta che mi aveva lasciato cinquanta dollari solo dopo la fine del mio turno, mentre contavo le mance. Con quei soldi avrei potuto decisamente comprare un sacco di Ramen per me e Paula.
“Credo di poterti fare ottenere un posto al negozio di dischi.”
Eh? Riporto l’attenzione su Paula, smettendo di pensare ad uomini sexy che lasciano enormi mance. La guardo sorridendo.
“Non se devo vestirmi così,” le dico scherzosamente.
Paula è agli inizi della sua crisi di mezza età. I suoi capelli nerissimi sono impreziositi da colpi di sole rossi. Si è fatta una frangetta corta ed alquanto alta, lasciando la fronte scoperta. Stasera ha deciso di vestirsi da dark, e indossa una minigonna scozzese rosso scuro e nera ed un top nero scollato. Ha completato il look con dei leggings con dei teschi, e degli anfibi.
“Senti chi parla, tesoro! Hai proprio abbracciato il tuo lato bizzarro tra quei capelli e la ferraglia in faccia.”
Rido mentre indosso gli orecchini, scuotendo la testa. Mi avvicino alla sua faccia, scuotendo le mie ciocche color lavanda. “Mmmh mmmh. Il mio look è pura arte.” Guardandola scherzosamente con espressione di disgusto, sogghigno. “Tu invece hai un pessimo gusto.”
“Puttana.”
“Sgualdrina.”
“Baldracca.”
“Povera vittima.”
“Torta alle fragole.”
Scoppiamo entrambe a ridere. Cerchiamo sempre di gareggiare quando ci insultiamo, per vedere chi riesce a fare ridere l’altra per prima. Questa volta è un pareggio.
Mi siedo sul bordo del letto per mettermi le scarpe.
Paula si avvicina e si siede accanto a me. “Allora, che programmi hai per domani?”
Mi sfugge inavvertitamente un sospiro. “Domani sarà una giornata piuttosto piena. Avrò due lezioni la mattina e le ripetizioni a pranzo. Poi ho promesso ad Ann che l’avrei sostituita al diner per qualche ora, dato che deve andare ad un incontro scolastico per il figlio. Infine dovrò passare qualche ora al rifugio per senzatetto.”
Wow, che vita frenetica.
Paula si alza e si mette le mani sui fianchi. Mi fissa senza dire una parola.
“Perché mi stai guardando così?”
“Niente.”
“Oh no, non ci pensare nemmeno. Non fare la mammina con me.”
“Dai, Danny. Ti stai sfinendo così. Mi preoccupo solo per te.”
Mi alzo dal letto e abbraccio Paula. “So che ti preoccupi per me, ma so prendermi cura di me stessa.”
Lei ricambia con un grande abbraccio. “Lo so, tesoro. Questo però non impedisce che io mi preoccupi.”
La abbraccio di nuovo e poi mi allontano prima di iniziare a balbettare come un’idiota. Paula è l’unica persona al mondo che tiene a me. Beh, a parte Sarge, anche se non lo vedo molto spesso.
“Sto bene,” la rassicuro. “E comunque tutto questo durerà ancora poco, no?”
“Certo, piccola. Ancora poco.” Il tono sembra rassicurante, ma si capisce che pensa che io sia destinata alla servitù eterna.


Sono le tre del pomeriggio e sono stravolta. Dopo essere uscita dal lavoro alle 7 stamattina, ho avuto giusto il tempo di farmi una doccia veloce prima di andare a lezione. Dopo un’ora terribile passata a dare ripetizioni di Storia e Cultura Occidentale ad un calciatore — che era più interessato a palpeggiarmi che allo studio — ora sono da Sally per terminare il turno di Ann. Dopo due tazze di caffè mi sento leggermente meglio. Fortunatamente per me il locale è deserto per ora. Mi chino sul bancone per consultare gli annunci in cerca di qualche impiego per il weekend: se riuscissi a trovare qualche casa da pulire durante il weekend, questo mi aiuterebbe a ripagare i miei debiti.
Il tintinnio del campanello segnala che è arrivato un nuovo cliente. Alzo la testa, piegando il giornale a metà e mi fermo. È Mr. Cinquanta Dollari di Mancia. E mi rendo conto che non avevo esagerato con l’immaginazione. È davvero sexy come lo ricordavo. Indossa una t-shirt grigia madida di sudore ed un paio di pantaloncini da corsa blu navy. Sembra avere un po’ il fiatone, quindi immagino abbia appena finito di correre.
“Siediti dove preferisci,” gli dico.
Lui si avvicina al bancone, mantenendo il contatto visivo. È passato di qui sicuramente per vedere me. Ho capito le sue intenzioni guardando quei suoi occhi color whiskey.
Lo fisso affascinata mentre si passa una mano tra i capelli umidi per scostarli dalla fronte. Sono castano scuro ed ondulati, ed al limite della lunghezza per il gusto di una madre. Secondo me sono perfetti. Peccato che non abbia il tempo e la voglia di agire di conseguenza.
Si siede su uno sgabello di fronte a me, rivolgendomi un sorrisone. “Hai messo in imbarazzo qualcun altro con la filosofia ultimamente?”
Scoppio a ridere ed iniziò a scuotere la testa. “No. Non oggi, perlomeno.”
“Beh, stavo correndo e ti ho vista qui. Ho pensato di fare un salto per ringraziarti.”
Aggrotto le sopracciglia. “Ringraziarmi?”
“Esatto. Quei venti secondi passati ad umiliare Angeline con la tua conoscenza filosofica sono stati i più divertenti da secoli.”
Non è molto femminile, ma non riesco ad evitare di grugnire per tutta risposta. “Beh, allora devi vivere proprio una vita monotona.”
“Sono Ryan Burnham, a proposito.” Mi porge la mano e gliela stringo. La sua mano è calda e molto più grande della mia. Sento i calli sui palmi e sulle dita.
“Danny Cross. Felice di fare la tua conoscenza…ufficialmente.”
Mi lascia la mano. “Idem.”
Il punto della mano in cui mi ha toccata formicola, e cerco immediatamente di scacciare questi pensieri. Non è il caso di sbavare per un ragazzo, soprattutto uno che è chiaramente fuori dal mio livello sociale. Ho troppo cose importanti in ballo in questo momento, o così sembro ripetermi spesso ultimamente.
“Allora, Danny.” inizia. Mi fissa con espressione divertita, e un pizzico di curiosità. “Sei chiaramente una ragazza molto intelligente. Frequenti la Northeastern? L’altra notte ho notato che indossavi una t-shirt della scuola.”
Ha notato e si ricorda la maglietta che indossavo l’altra notte? Nemmeno io me lo ricordavo, e vederlo ricordare quel dettaglio mi rende felice per qualche motivo.
“Ho iniziato lo scorso autunno, ma al momento frequento solo due corsi.”
“Solo due corsi e sai chi sono Occam e Descartes?” Si vede che è scettico.
“Ho frequentato un’altra scuola prima della Northeastern. Tecnicamente sarei al terzo anno.”
“Dove andavi a scuola?”
“Non ha importanza.” Schivo la domanda, decidendo di essere evasiva. Non capisco perché, ma credo di voler vedere quanto gli interessi davvero. È un gioco un po’ malato che faccio con me stessa perché so che questa cosa non ha futuro.
“Perché non mi vuoi dire il nome?” Mi fissa sorridendo in maniera enigmatica.
“Perché sei così curioso?”
“Perché sei così sfuggente?”
Decido che è necessario cambiare discorso. “Vuoi ordinare qualcosa? Devo ricominciare a lavorare.”
Ryan osserva il diner vuoto, poi riporta lo sguardo su di me. Aggrotta le sopracciglia. È affascinante ed irritante al tempo stesso. Attendo pazientemente una sua risposta.
Quando capisce che la palla è in campo, lancia un’occhiata al suo orologio e si alza dallo sgabello. “In realtà devo proprio andare. Mi vedo con alcuni amici in palestra.”
Non dico nulla —gli sorrido semplicemente con gentilezza—ma in realtà sono un po’ delusa che se ne vada così presto. Mi guarda come se volesse dire qualcos’altro, ma è titubante. E non appena mi rendo conto che sta temporeggiando, si china sul bancone avvicinandosi di più a me. “Danny…posso invitarti a cena stasera? Mi piacerebbe davvero poterti conoscere meglio.”
Ah, accidenti. Perché questo ragazzo così deliziosamente sexy e totalmente affascinante deve proprio chiedermi di uscire? Il nostro flirtare scherzoso mi stava divertendo, ma non credevo che sarebbe andato oltre. Voglio dire, lui è un Dom Perignon…ed io sono una Coca-Cola. E come se queste differenze non fossero abbastanza, non ho davvero tempo per complicare la mia vita con qualcosa del genere.
“Riesco a sentire le rotelle che ti girano in testa, Danny. Non ti sto chiedendo di sposarmi…ti sto solo invitando a cena.”
Inizio a scuotere la testa. “Direi di no. Ho troppe cose in ballo in questo momento.”
Mentre provo a razionalizzare il mio rifiuto mi convinco di aver fatto la scelta giusta nel respingerlo. Ho visto gli amici con i quali ha trascorso l’altra notte. Tutta quella supponenza aleggiava nell’aria. Non è proprio il mio genere, e allora perché disturbarmi a farmi coinvolgere da qualcuno, anche se solo per cena, sapendo già che alla fine non andrà per il verso giusto. Sarebbe come portare Cenerentola al ballo, per poi dirle che il giorno successivo dovrà ricominciare a fare la serva.
Prima che abbia il tempo di dire di nuovo di no, si avvicina e mi prende la mano. Carezzandomi il polso con il pollice, mormora: “Non ti avevo presa per una fifona, Danny. Dai…è solo una cena stasera, e possiamo andare dove vuoi.”
Dovunque? Suona bene. Posso dedicargli del tempo stasera, alle mie condizioni e nella mia zona, in modo che si renda conto che questa è una brutta idea.
Il tocco del suo pollice sul mio polso mi sta facendo palpitare. Sposto via la mano. “Dovunque io voglia andare, eh?”
Mi sorride con fare brillante, resosi conto che sto per cedere. “Si, dovunque tu voglia.”
“Ok. Ci troviamo qui alle 6.”
Si riavvicina e riprende la mia mano. Prima che riesca a spostarla, si porta le mie nocche alla bocca, baciandole dolcemente. “Ci vediamo tra qualche ora.”
Una volta lasciata andare la mia mano, si gira, dirigendosi verso la porta. Lo vedo fare uno scatto e sparire dalla mia vista. E la pelle della mia mano brucia leggermente per il tocco delle sue labbra.

1 Capitolo 3
Ryan

“Perché ti stai vestendo così elegante?”
Lancio un’occhiata a Mike che è sdraiato sul suo letto con le mani dietro la testa.
“Ho un appuntamento stasera.” rispondo.
“Ma non mi dire! Con chi?”
Esito per un secondo prima di rispondere, e poi mi schiaffeggio mentalmente per averlo fatto. Non mi vergogno di uscire con Danny, quindi non dovrei esitare. Eppure continuo ad essere evasivo quando rispondo. “Si chiama Danny. Studia qui al terzo anno.”
Mike non dice nulla, quindi intuisco che non sia interessato a sapere altro. Apro il mio guardaroba e tiro fuori una giacca sportiva marrone. Non so dove andremo stasera, ma dato che ho detto Danny che l’avrei portata ovunque, preferisco essere pronto per una serata elegante, se è ciò che vuole. Valuto una cravatta, decidendo poi di non metterla. I miei genitori mi obbligano ad indossarne una in così tante occasioni che ogni volta che posso evitare, ne approfitto.
“Allora, dove hai conosciuto questa ragazza?”
“È la cameriera dell’altra sera da Sally.”
“Quella figa con i capelli viola che ha completamente messo al tappeto Angeline?”
Ridacchio. “Già. Proprio lei.”
Mike emette un fischio lungo e lento, scuotendo la testa avanti e indietro, come a compatirmi.
“Che c’è?” gli chiedo.
“Dai, amico. Non è esattamente materiale per la nostra cerchia sociale.”
Questo mi fa incazzare anche se dentro di me so che Mike non pensa davvero a quello che dice.
“Perché cazzo dovrebbe essere importante?” Le parole escono dalla mia bocca più dure di quanto volessi, ma non mi scuso.
Alzando le mani per scusarsi, replica gentilmente: “A me non importa, socio. Sto solo pensando a cosa direbbero i tuoi genitori. Già mi immagino tua madre che dice ‘Oh tesoro…ha i capelli viola. È appena uscita di prigione?’.
Scoppio a ridere perché è esattamente ciò che mia madre direbbe, e Mike ha azzeccato la sua imitazione perfettamente. Questo mi fa accigliare. Mike ha ragione nel dire che Danny verrebbe ostracizzata dalla mia famiglia e dai miei amici solo a causa del suo aspetto. E questo mi fa incazzare di nuovo. E mi fa incazzare essermi incazzato. Non conosco questa ragazza. La trovo semplicemente interessante e voglio solo frequentarla un po’. Non posso arrabbiarmi per qualcosa che i miei amici potrebbero o meno fare in sua presenza, quando in realtà probabilmente non la incontreranno mai.
“Rilassati. È solo una cena. Non è che la sto portando a casa dai miei vecchi.”
“Proprio come pensavo. Stai solo cercando di scopartela, vero?”
Lanciò un’occhiata a Mike e lo vedo sogghignare. “No, niente affatto. Smettila di pensare male, amico.” Afferro le mie chiavi ed il mio portafoglio, pronto ad uscire. “Però, nel caso in cui lei decidesse di saltarmi addosso, non mi tirerei di certo indietro.”
La risata di Mike riecheggia fuori dalla porta.


Mi rendo conto di essere un po’ nervoso mentre entro da Sally. Il diner è strapieno di commensali, e la noto immediatamente dietro il bancone, occupata con il conto di qualcuno.
Indossa ancora gli stessi vestiti di prima…jeans, una t-shirt, e delle scarpe da ginnastica. Ha di nuovo i capelli legati in una coda di cavallo, e mi chiedo come le starebbero sciolti. Trovo che i colpi di sole color lavanda siano affascinanti, e mentirei se non ammettessi di trovare i suoi piercings facciali alquanto sexy. E improvvisamente mi rendo conto del perché sia così attratto da lei. È perché sembra innocente da morire, eppure i capelli tinti e la ferraglia in faccia conferisce un tocco da ribelle a quel suo guscio dolce.
Danny alza lo sguardo e mi vede qui in piedi. Mi segnala con l’indice di darle un minuto, ed io le rispondo con un cenno. Sono contento anche solo di poterla osservare per qualche minuto.
Sono impressionato dalla sua grazia e disinvoltura. Sta ridendo con un cliente che sta pagando proprio ora, e il suo sorriso illumina letteralmente la stanza. Il cuoco dietro il bancone di servizio le dice qualcosa e lei fa una smorfia, lanciandogli addosso uno strofinaccio che lo colpisce dritto in faccia. Lui scoppia a ridere, e tutti i clienti seduti al bancone urlano in coro. È proprio il suo mondo questo, perché è senza dubbio una persona socievole.
Danny si toglie il grembiule e lo lancia sotto il bancone. Afferrata la borsetta, si dirige verso di me, e mi sento il cuore battere forte. Come fa una persona che ha appena finito di lavorare in un diner lurido ad avere un aspetto così dannatamente sexy?
“Hey” mi dice. “Mi dispiace, ho dovuto lavorare più a lungo del previsto. Non ho avuto tempo di fare la doccia o cambiarmi.”
“Nessun problema. Vuoi tornare a casa per poterlo fare?”
Scuote la testa. “Non dobbiamo andare in nessun posto elegante. Meglio stare sul casual. Anche se mi è venuto in mente che probabilmente ora so di unto e di patatine fritte.”
Non so cosa mi prenda, ma mi avvicino a lei e abbasso la testa in modo da posizionare il mio naso proprio dietro il suo orecchio. Faccio un respiro profondo, inspirando con fare drammatico in modo che lei mi possa sentire. Poi le sussurro all’orecchio: “Secondo me hai un profumo delizioso.”
Ed è proprio così. Il suo shampoo profuma di eucalipto e di fiori d’arancio. La guardo proprio mentre trema per le mie parole, e mi sento come quel fottuto Tarzan in questo momento.
Faccio un passo indietro, mi giro per aprire la porta, e la faccio passare davanti a me. Tiro fuori le chiavi e mi avvio verso la portiera del passeggero della mia Range Rover nera. Dando un’occhiata alle mie spalle mi accorgo che lei si sta avviando nella direzione opposta Rimetto le chiavi in tasca, facendo uno scatto per raggiungerla.
“Ottima serata per una passeggiata” sottolineo.
Lei ride, e quel suono mi scalda il sangue. È una risata profonda, rauca, e, wow, così dannatamente sexy.
“Stiamo solo andando alla fermata dell’autobus. Stasera esplorerai Boston ‘in stile Danny’. Anche se sei un po’ troppo in tiro per i mezzi pubblici.”
Le sorrido con nonchalance. “Non ti preoccupare. Sono pronto.”
Lei ricambia il sorriso. “Bene. Sarei delusa se non fosse così.” Le sue parole suonano come una sfida, e non ha idea di quanto io possa essere competitivo.
Oh Danny, Danny. So cosa stai provando a fare, e dovrei lavorare un po’ di più sull’essere meno trasparente. Non ho dubbi sul fatto che Danny stia provando a spaventarmi. Se pensa che prendere l’autobus sia spaventoso, chiaramente non ha mai dovuto schivare un difensore di cento chili per evitare di essere sbattuto contro le balaustre.
“Quindi dove stiamo andando? Mi hai detto che sono troppo elegante, ma dovrai darmi un indizio migliore.”
Lei mi rivolge semplicemente un sorriso evasivo e dice: “Vedrai.”
Devo ammettere che ora lei mi incuriosisce ancora più di prima. In qualche modo mi aspettavo che pretendesse di essere portata in un ristorante costoso. Voglio dire, è quello che di solito vogliono le ragazze. E il fatto che ci stia portando con i mezzi pubblici, invece di usare la mia macchina incredibilmente bella ed esageratamente costosa mi fa rimanere quasi sulle spine nel pensare a cosa dovrò aspettarmi.
Non abbiamo molte occasioni per parlare durante il tragitto, dato che l’autobus è strapieno di pendolari serali. Però devo ammettere che il mio primo viaggio in bus non è spiacevole. Danny è appoggiata accanto a me. Si sta tenendo ad un palo di metallo di fronte a sé, e quando il bus sbanda, le soffici curve di Danny oscillano contro di me. Appoggio la mano sulla sua schiena più volte per aiutarla a rimanere ferma, e lei mi rivolge un sorrisetto che ricambio.
Finalmente Danny mi annuncia che abbiamo raggiunto la nostra destinazione, e scendiamo insieme a pochi altri viaggiatori. Sta iniziando a fare buio, e sono un po’ stupito di trovarmi in una parte della città alquanto losca. Le strade sono piene di spazzatura, e osservando gli edifici vedo numerose finestre rotte. Proprio quando sto per chiedere spiegazioni a Danny, lei si avvia dall’altro lato della strada, ed io la seguo. Camminiamo per l’isolato, girando l’angolo, e ci imbattiamo in una fila di persone in coda davanti ad un portone. Ci sono circa venti persone o giù di lì in fila, e sono confuso. Siamo in un nightclub?
Danny si accorge dell’espressione sul mio viso e mi prende per mano. Mi scorta oltre la fila fino all’ingresso, salutando parecchie persone. E poi vedo un cartello su una porta…”Helping Hands Ministry”. Lanciando un’altra occhiata alle persone in fila mi accorgo chiaramente che sono…senzatetto.
Sono di ogni tipo…neri, bianchi, gialli, giovani, vecchi, uomini e donne. Il loro unico comune denominatore è che sono tutti poveri…molto, molto poveri, a quanto pare. Alcuni indossano stracci, mentre altri sono ricoperti di sporcizia da testa a piedi. Mi rendo conto di essere rimasto a fissare questi poveracci, ma non riesco ad evitarlo. Finalmente giro lentamente lo sguardo verso Danny che mi sta guardando in attesa che io mi dia alla fuga.
“Faccio volontariato qui più volte alla settimana. Stasera è il mio turno, e ho pensato che potessi aiutarmi.”
Aggrotto le sopracciglia. “Ed è qui che volevi portarmi a cena? Non è molto romantico.”
Lei non dice niente, semplicemente mi fissa con attenzione.
Sospirando le prendo la mano, dirigendomi verso la porta. “Va bene, diamoci da fare allora.”
Constato con felicità che Danny mi ripaga con un sorriso abbagliante con le sue fossette mentre l’accompagno verso la porta.
Ci avviamo oltre la lobby, giù per una rampa di scale che portano al seminterrato. Mi indica una porta che si apre su un’ala dell’edificio che, a quanto mi dice, ospita residenti a tempo pieno. Quando le chiedo delle persone in fila fuori, mi dice che sono qui solo per mangiare, ma che vivono in strada.
Danny apre una serie di porte doppie, e ci troviamo in una grande sala da pranzo. Ci sono tavoli pieghevoli da otto posti con sedie di metallo attorno ad ognuno di essi. Trovo strano il fatto che su ogni tavolo ci sia un piccolo vaso con dentro un mazzo di fiori di plastica. La maggior parte dei posti sono occupati, e noto che appena la gente finisce il pasto e se ne va, i volontari accolgono altre persone.
Seguo Danny lungo il perimetro della stanza verso il retro, dove si trova un bancone di servizio, dietro il quale si sviluppa una grande cucina. Una porta girevole permette alle persone di andare avanti e indietro tra la cucina e la sala da pranzo.
“Era l’ora che ti degnassi di arrivare, Danny. Mi sto facendo il culo per cercare di preparare il cibo per domani.”
“Datti una calmata, Maverick. Sono qui adesso, e ho portato un aiutante. Però ci aspettiamo entrambi un buon posto dopo aver finito.”
Danny mi guarda e io le sussurro: “Maverick?”
Lei si sporge verso di me e sussurra: “Top Gun è il suo film preferito.”
Lancio un’occhiata a Maverick. È asiatico ed estremamente basso. Indossa un grembiule sopra i vestiti, ed è macchiato di cibo; sta mescolando un grande pentolone sui fornelli, ed il cappello sulla sua testa dice: “Honey Badger Don’t Care”.
Danny apre un cassetto e tira fuori due grembiuli, lanciandone uno a me. “Mav, questo è Ryan. Sarà il mio braccio destro stasera.”
Odio ammetterlo, ma non ho apprezzato il riferimento a Top Gun. Il braccio destro in teoria dovrebbe aiutare l’altra persona a rimorchiare, e col cavolo che aiuterò Danny ad ottenere questo.
Maverick mi guarda, studiando i miei vestiti. “È vestito in maniera alquanto lussuosa. Sei sicura che sia pronto a sporcarsi le mani?”
Prima che Danny riesca a rispondere, dico: “Certo che posso sporcarmi le mani. Dimmi cosa devo fare.”
May mi guarda sbuffando, ma indica una pila di patate sul bancone. Mi tolgo la giaccia e la appendo su una sedia, arrotolando le maniche della mia camicia Dopo aver indossato il grembiule, prendo una patata e inizio a pelarla. Danny si avvicina a me per aiutarmi. Lavoriamo in cordiale silenzio, soprattutto dato che Maverick è qui con noi, e credo che mi farebbe a fettine se non svolgessi il mio compito scrupolosamente.
Non appena lascia la cucina portando con sé il pentolone che era sui fornelli, Danny si china verso di me e mi dà una spintarella con la spalla. “Allora, come sta andando?”
“Alla grande. Adoro pelare le patate. È una delle mie cose preferite al mondo.”
“Prima volta, eh?”
Rido. “Già. Però adoro provare sempre cose nuove, quindi posso spuntarlo dalla mia lista dei desideri.
Rimaniamo entrambi in silenzio per un minuto, poi le dico: “Sai, Danny…avermi portato qui non proverà niente.”
Mi guarda, e percepisco lo shock nel suo viso, consapevole di essere stata scoperta. Inizia a giustificarsi balbettando che non sta provando a dimostrare niente, ma io mi asciugo le mani con uno strofinaccio e appoggio un dito sulle sue labbra. Mi chino leggermente verso di lei, mormorandole dolcemente: “Non negarlo. Non ti si addice.”
Ha gli occhi spalancati e l’espressione confusa per circa tre secondi, dopo i quali scoppia a ridere. “Immagino che non potrò più farti altri tiri mancini.”
“Ho il tuo numero.” la rassicuro.
Parliamo di cose banali mentre lavoriamo, dato che non c’è la possibilità di fare conversazioni più profonde. Però scopro che Danny fa volontariato qui svariate volte alla settimana da quando aveva sedici anni, il che mi porta a confermare che è originaria di Boston proprio come me. Maverick continua a fare avanti e indietro tra la cucina e la sala da pranzo, portando pentole e vassoi sporchi. Mentre i residenti e gli ospiti lavano i loro piatti e posate in un’ara di lavaggio nella sala da pranzo, l’adorabile compito
Dopo due ore passate a pelare patate, strofinare pentole, e trasportare immondizia, mi rendo conto che effettivamente mi fa un po’ male la schiena. Il che mi sorprende, dato che sono un ragazzo decisamente in forma. Non si può giocare ad hockey in maniera agonistica senza essere in forma smagliante. Non so come faccia Danny a fare tutto questo due volte alla settimana, e provo estremo rispetto per una ragazza per qualcosa che non avevo mai sperimentato con l’altro sesso.
Dedizione.
Questo è un lavoro schifoso, e lei si è comunque offerta di farlo. Il che le fa ancora più onore.
Sto pulendo l’ultimo piano di lavoro, e lancio un’occhiata a Danny. Mi sta porgendo la giacca sportiva. “Te la sei cavata alla grande stasera. Che ne dici se ti offro una birra?”
Lascio il panno nel lavandino, e mi tolgo il grembiule. Afferro la giacca e l’appoggio sul mio braccio. Le porgo l’altra e lei se la infila,
Le sorrido, dato che in questo momento ha un aspetto incredibilmente adorabile, a braccetto con me. “Ti ho invitata io, quindi la birra te la offro io.”

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