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La Proposta Del Miliardario
Jambrea Jo Jones
Remington sa di non dover uscire con i dipendenti, ma tutto cambia quando suo padre gli lancia un ultimatum.
Elros vuole solo fare altri straordinari, ma ottiene molto di più…
Remington non vuole un fidanzato. È contento dello stile di vita libero e stravagante che conduce, ma suo padre vuole a tutti i costi che si sistemi. Quando uno dei suoi dipendenti si rivolge a lui chiedendogli altri straordinari, decide di prendere due piccioni con una fava. Può avere così un finto fidanzato che renderà felice suo padre, e in questo modo Remington sarà in grado di mantenere il fondo fiduciario e lo stile di vita che ne consegue. Cosa potrebbe andare storto? È disposto a scoprirlo.
Elros ha bisogno di soldi, e in fretta. Il suo capo gli propone di essere il suo finto fidanzato in cambio di una bella somma di denaro. Elros non è sicuro che vivere una soap opera nella vita reale faccia per lui, ma i soldi che gli vengono offerti sono troppi per lasciarsi sfuggire un'occasione del genere, non con sua madre malata di cancro e i conti che si accumulano in fretta.
Forse fingere potrebbe essere la soluzione migliore per entrambi.

Translator: Sara Coccimiglio



Table of Contents
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Title Page (#u6cf06ad1-5e1b-5d07-878e-fb96f641731c)
Legal Page (#uad3e3709-7f6f-52f2-95fb-3ec9a6acc1c5)
Book Description (#u108fadbf-5dad-563d-b964-a516afeaaa2d)
Dedica (#u698f795c-5f2a-52ce-9cdc-9c3506508788)
Riconoscimenti (#ucf363231-36fe-5932-b44b-74f669d46807)
Capitolo Uno (#uf2e2ee70-5c4e-51e1-9ac3-52d2a31e5f10)
Capitolo Due (#uef820390-c1fb-5847-a071-1b6ec641568f)
Capitolo Tre (#u879b7b36-8fd4-5c22-bd94-5e5a9cc2d597)
Capitolo Quattro (#u61879216-913e-5f17-8808-5de61d0103fe)
Capitolo Cinque (#uf16140fe-6ce0-5b1e-babf-3d336a136eee)
Capitolo Sei (#u9d2d358d-317e-5876-b809-33e6e74a05cf)
Capitolo Sette (#ua55dbe3e-381a-5385-8615-97dc30beea49)
Capitolo Otto (#uff3f6f6c-999b-56b5-b503-fb226d648456)
Capitolo Nove (#u26fe0da3-8c3b-50a9-b9b1-69883a383d8d)
Capitolo Dieci (#ue69b8b48-d4e2-5133-9e54-3f5a3c4fb19f)
Capitolo Undici (#u77cced5a-78ad-5960-a169-53be1004ebbd)
Capitolo Dodici (#u6f13e0bc-e1f0-5cbe-b5e3-749b21813074)
Capitolo Tredici (#u5e474fa6-8ffd-5cce-b9b8-493c0a7aaf84)
Capitolo Quattordici (#u3d898132-640b-51e0-81dd-44838366797f)
Capitolo Quindici (#u5bd5e3eb-8c54-5c14-88e2-236712725910)
Capitolo Sedici (#u5e9980ba-edfd-5c2a-b240-07c483653b38)
Capitolo Diciassette (#u3f74e70b-bc95-5056-b02b-368118bf04fb)
Capitolo Diciotto (#u75a5b645-18a5-5e44-9321-01f84f8ef6c4)
Capitolo Diciannove (#u29b52d00-7979-5220-b813-4d28410a867e)
Capitolo Venti (#u855d3e13-7549-56ff-bc07-842069e9703f)
Capitolo Ventuno (#uefdf9ffd-aaf9-50f9-a60e-66c49acfa41d)
Capitolo Ventidue (#ubcd05729-f4a1-52a4-a67d-87d31a6ad002)
Capitolo Ventitré (#u0a9a14af-f50c-56fd-8d66-7b48eccd6d33)
Capitolo Ventiquattro (#uad9f1cd3-4b87-527e-8f02-0bae947fe17a)
Capitolo Venticinque (#u01fd7977-96df-5148-8a5a-39dd2865c39b)
Capitolo Ventisei (#u0a31818e-097b-5b00-9d73-b81cb80b09f0)
Capitolo Ventisette (#udf2018f8-e659-54a5-a45b-889f2e35bd50)
Capitolo Ventotto (#u2dec646c-a151-5275-a108-6d004dd112a9)
Epilogo (#ub222b638-08cc-5cb7-8fbd-986ee84a0dca)
More exciting books! (#u46773d1d-5a37-5b35-96ed-81ba9f5708f6)
L'autrice (#u033c8343-efb2-57a0-95b6-813192b604b9)
Pride Publishing books by Jambrea Jo Jones

Single Books
Wishing Star (http://www.pride-publishing.com/wishing-star)
Tell Me Now (http://www.pride-publishing.com/tell-me-now)
Rayne’s Wild Ride (http://www.pride-publishing.com/raynes-wild-ride)
Playing With Fire (https://www.pride-publishing.com/book/playing-with-fire)
The Billionaire’s Bribe (http://www.pride-publishing.com/the-billionaires-bribe)

Alliance
Retribution (https://www.pride-publishing.com/book/retribution)
Salvation (https://www.pride-publishing.com/book/salvation)
Freedom (https://www.pride-publishing.com/book/freedom)
Reward (http://www.pride-publishing.com/reward)
Annihilation (http://www.pride-publishing.com/annihilation)
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Collections
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Stealing My Heart: Stealing Michael (http://www.pride-publishing.com/stealing-michael)
Totally Five Star: Vegas Sin (http://www.pride-publishing.com/vegas-sin)

Anthologies
Unconventional at Best: Operation: Get Spencer (http://www.pride-publishing.com/unconventional-at-best)
Unconventional in Atlanta: Where Tomorrow Shines (http://www.pride-publishing.com/unconventional-in-atlanta)
An Unconventional Chicago: Love Don’t Die (http://www.pride-publishing.com/an-unconventional-chicago)
Unconventional in San Diego: Blood on the Moon (http://www.pride-publishing.com/unconventional-in-san-diego)
Unconventional in Kansas City: Playing with Fire (http://www.pride-publishing.com/unconventional-in-kansas-city)
Stand to Attention: On the Home Front (http://www.pride-publishing.com/stand-to-attention)
I Need a Hero: Saving the Day (https://www.pride-publishing.com/book/i-need-a-hero)
LA PROPOSTA DEL MILIARDARIO
JAMBREA JO JONES
La Proposta del Miliardario
ISBN # 978-1-80250-075-2
©Copyright Jambrea Jo Jones 2020
Cover Art by Erin Dameron-Hill ©Copyright March 2020
Interior text design by Claire Siemaszkiewicz
Traduzione di Sara Coccimiglio 2021
Pride Publishing

Questa è un’opera di fantasia. Tutti i personaggi, i luoghi e i fatti sono frutto dell’immaginazione dell’autore e non rappresentano la realtà. Ogni somiglianza con persone, vive o morte, fatti e luoghi è puramente casuale.

Tutti i diritti riservati.

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in alcuna forma, elettronica o meccanica, senza il permesso scritto dell’editore.

Eventuali domande devono essere indirizzate per iscritto ai responsabili. Atti non autorizzati o limitati in relazione a questa pubblicazione possono dar luogo a procedimenti civili e / o azioni penali.

L’autore e l’illustratore hanno rivendicato i rispettivi diritti ai sensi del Copyright Designs and Patents Acts 1988 (e successive modifiche) per essere identificati come l’autore di questo libro e l’illustratore dell’opera d’arte.

Pubblicato nel 2021 da Pride Publishing, United Kingdom.
Remington sa di non dover uscire con i dipendenti, ma tutto cambia quando suo padre gli lancia un ultimatum.

Elros vuole solo fare altri straordinari, ma ottiene molto di più…

Remington non vuole un fidanzato. È contento dello stile di vita libero e stravagante che conduce, ma suo padre vuole a tutti i costi che si sistemi. Quando uno dei suoi dipendenti si rivolge a lui chiedendogli altri straordinari, decide di prendere due piccioni con una fava. Può avere così un finto fidanzato che renderà felice suo padre, e in questo modo Remington sarà in grado di mantenere il fondo fiduciario e lo stile di vita che ne consegue. Cosa potrebbe andare storto? È disposto a scoprirlo.

Elros ha bisogno di soldi, e in fretta. Il suo capo gli propone di essere il suo finto fidanzato in cambio di una bella somma di denaro. Elros non è sicuro che vivere una soap opera nella vita reale faccia per lui, ma i soldi che gli vengono offerti sono troppi per lasciarsi sfuggire un'occasione del genere, non con sua madre malata di cancro e i debiti che si accumulano in fretta.

Forse fingere potrebbe essere la soluzione migliore per entrambi.
Dedica
Grazie, Susan, per avermi spinta a scrivere questa storia.
Mercy, grazie per tutto l'aiuto che mi hai dato.
Questo libro è per voi.
Riconoscimenti
L'autore riconosce lo stato di marchio registrato e i proprietari dei seguenti marchi menzionati in questa opera di fantasia:

General Motors: General Motors LLC
War Memorial Coliseum: Board of Commissioners of the County of Allen, Allen County, Indiana
AutoCAD: Autodesk Inc.
The Embassy Theater: Embassy Theater Foundation
Netflix: Netflix Inc.
Corona: Cerveceria Modelo S.A. De C.V. Corporation
Via col vento: Margaret Mitchell, Lowe’s Inc.
Hot Fuzz: Universal Pictures, Rogue Pictures
Intensity: Dean Koontz
Il luogo delle ombre: Dean Koontz
Grand Wayne Center: Fort Wayne-Allen County Convention and Tourism Authority
Hall’s Guesthouse: Don Hall Guesthouse Hotel
The Journal Gazette: The Journal Gazette Company
PFLAG: Jeanne Manford
American Cancer Society: American Cancer Society Inc.
Domino’s Pizza: Domino’s IP Holder LLC
Paul: Universal Pictures
Shaun of the Dead: United International Pictures, Mars Distribution, Rogue Pictures
Jack Daniel’s: Jack Daniel’s Properties Inc.
Band-Aid: Johnson & Johnson Corporation
Capitolo Uno
Remington Marlow fissò il telefono sulla sua scrivania come se potesse prendere vita e morderlo. Suo padre era in vivavoce, intento a sputacchiare sciocchezze a quell'ora insana del mattino. Remi aveva bisogno di molto caffè per riuscire a sopportare quella conversazione.
“Dannazione, papà. Questo è ridicolo.” Sbattendo la mano sulla scrivania, Remington sollevò la cornetta.
L'intera azienda non aveva bisogno di conoscere i suoi affari privati. Jackson Marlow poteva anche essere suo padre, ma era fuori di testa se pensava che Remi avrebbe semplicemente assecondato quel piano stravagante che prevedeva che si accasasse. Era contento che suo padre fosse nell'ufficio principale, a circa cinque minuti di distanza, e non in fondo al corridoio, perché in quel caso avrebbe fatto qualcosa di avventato. Tipo strozzarlo. Odiava discutere della propria vita sentimentale… di nuovo. Non era più un bambino. Aveva appena festeggiato il suo trentaseiesimo compleanno, per la miseria.
“No, non lo è,” dichiarò Jackson. “Avevo rinunciato alla speranza di avere un erede quando mi hai detto di essere gay, ma adesso ci sono molte altre opzioni là fuori, Remi.”
“Papà…”
“Non provarci. Leggo i giornali, sai? So che i bambini possono essere adottati, oppure potresti anche pensare di usare un surrogato. Non sto dicendo che devi avere figli ora, ma non lascerò che ti faccia tutti gli uomini di Fort Wayne.”
“Non mi sto facendo tutti…” Remi si strofinò una tempia, incapace di ripetere le sue parole.
Suo padre sospirò e continuò la filippica. “Voglio che ti sistemi. Esci con un uomo. Conoscilo. Innamorati di lui e poi sposalo. Voglio che tu abbia quello che ho avuto io. Gli anni che ho passato con tua madre sono stati i migliori della mia vita e darei qualsiasi cosa per riaverli.”
“Lo so, papà. Lo so. Manca anche a me.”
“Forse ho sbagliato con te. Forse darti tutto quello che volevi, e assicurarmi che tu avessi una rendita mensile fino a quando fossi entrato in possesso del fondo fiduciario, non è stata la migliore delle idee. Bene, da oggi in poi puoi scordartela. Dovrai imparare a contare solo sui soldi che guadagnerai, senza alcun aiuto da parte mia. Ti taglierò fuori se non farai qualcosa della tua vita. Inizia a frequentare seriamente qualcuno e farò in modo che il fondo fiduciario sia completamente a tua disposizione il giorno del tuo quarantesimo compleanno, e non ti taglierò neppure lo stipendio mensile.”
“È per questo che hai messo quella clausola al fondo fiduciario? Capisco la rendita, ma come fa una persona a sopravvivere fino a quarant'anni?” Remi voleva lanciare il telefono dall'altra parte della stanza. Era così frustrato, dannazione. Aveva quasi quarant'anni e suo padre gli dava ancora la paghetta.
“Sei fortunato che non abbia aggiunto una clausola matrimoniale, Remi.” Le parole di suo padre furono più o meno come benzina gettata sul fuoco che stava iniziando a divampare nel suo corpo.
“Sapevo che mi stavi controllando, ma questo supera davvero il limite.” Remi si pizzicò il ponte del naso. “Sai che la mamma voleva che avessi quei soldi quando ho compiuto ventuno anni. Tutti. Senza clausole. Senza rendite mensili. Tutti insieme.”
“Sì, ma l'ho convinta a ripensarci. Volevo che fossi più maturo. Ventuno anni sono troppo pochi per gestire una somma di denaro del genere. Quando è morta, ho capito di aver fatto la cosa giusta. La sua scomparsa ha distrutto un po' del tuo istinto di sopravvivenza.”
“Avevo appena perso mia madre. Ma non è questo il punto. Lo sai che sono un uomo adulto, vero? Che gestisco una società multimiliardaria?” Remi si coprì il viso con una mano. La testa gli martellava. Aveva bevuto troppo la sera precedente, e si era portato un ragazzo a casa. Remi non riusciva a ricordare il suo nome, ma aveva un culo bello stretto. Quello era qualcosa che valesse la pena ricordare.
La voce di suo padre lo riscosse dai postumi della sbronza.
“Lo so. E so anche che spendi soldi come se non ci fosse un domani.”
“Stai parlando come se dovessimo fallire entro il fine settimana.”
La testa pulsò più forte. Non era ancora del tutto sveglio. E oltretutto ora pensava a sua madre.
Caffè.
Dio, una tazza di caffè sarebbe stata perfetta in quel momento, ma non aveva ancora avuto la possibilità di berne neppure una goccia. E non poteva neanche dire alla sua segretaria, Sara Jo, di portargliene una tazza, perché stava già usando il telefono per parlare con suo padre.
Al diavolo la mia vita.
“Non sai mai quello che ti può riservare il futuro, figliolo.”
“Sei fortunato che ti voglio bene, papà.” Remi poteva essere arrabbiato con suo padre, perfino esasperato dalla sua insistenza, ma gli voleva bene.
Tutto quello che Remi doveva fare era dissuaderlo dall'idea che avesse bisogno di innamorarsi di qualcuno. Di solito ci volevano un paio di settimane per far cadere quel discorso. Non era la prima volta che succedeva.
Remi era abbastanza felice della propria vita. Non voleva sistemarsi.
Non voleva essere il daddy di qualcuno. Come avrebbe potuto sapere se un uomo lo voleva solo per i suoi soldi? Aveva già commesso quell'errore. Gli si era spezzato il cuore quando aveva scoperto che il suo conto in banca era tutto ciò che interessava al suo ex. Appena sapevano il suo nome, tutti gli si avvicinavano cercando di incastrarlo. Fort Wayne non era così grande e, anche ad Indianapolis, il nome Marlow era molto conosciuto in certi ambienti.
Non era il tipo da avere una storia seria… non più. Non dopo Harry.
“Sei fortunato che anche io ti voglio bene. Non ti darei un ultimatum se non fossi preoccupato per te. E non pensare di riuscire a dissuadermi. In qualità di esecutore testamentario del fondo che io e tua madre abbiamo istituito per te, ho già chiesto agli avvocati di redigere i documenti che stabiliscono i nuovi termini. C'era una clausola specifica negli accordi.”
“Sì, lo so. Non saprò mai come hai fatto a convincere la mamma a nominarti esecutore, in modo da consentirti di impostare i termini di pagamento e permetterti di cambiarli come ritieni opportuno. Ma non ne sono felice, papà.” Le sole parole non riuscivano ad esprimere abbastanza quanto poco fosse contento della piega che avevano preso le cose.
“Sapevo che non lo saresti stato. Ma sei mio figlio e voglio che tu sia felice.”
Dannazione. Non voleva uscire con qualcuno. Jackson era suo padre e Remi sapeva che lo stava facendo con le migliori, per quanto inquietanti, intenzioni. Stavano lavorando per espandere l'azienda. Remi aveva raramente un minuto libero. Prendeva sul serio il proprio lavoro. Certo, gli piaceva divertirsi e quello richiedeva soldi… più soldi di quelli che avrebbe potuto guadagnare con un semplice stipendio dell'azienda. La piccola eredità che aveva ricevuto dal nonno dopo la sua morte non sarebbe durata per sempre, e aveva già ricevuto la paghetta quel mese. I soldi del fondo fiduciario non gli sarebbero stati consegnati fino al compimento dei quarant'anni. Mancavano solo pochi anni, e probabilmente quello era il motivo per cui suo padre stava tirando fuori l'argomento con tutta quella insistenza.
“E se decidessi di dire fanculo e vivere del mio solo stipendio?” Remi si appoggiò allo schienale della sedia con un leggero sorriso stampato in faccia. Poteva farlo? Sì. Sarebbe stato facile? No, ed era abbastanza intelligente da capirlo anche da solo.
“Ho visto la lista delle tue ultime spese,” rispose Jackson senza cambiare tono. “Ti do una settimana di tempo per prendere una decisione. Ricorda solo che non avrai i soldi del tuo fondo per altri quattro anni, a meno che io non ti ritenga inadatto anche in quel momento e ti faccia aspettare ancora più a lungo.”
Il cuore di Remi era già stato spezzato una volta, non avrebbe permesso che accadesse di nuovo. Per quanto da un lato desiderasse provare quello che aveva provato suo padre, dall'altro sapeva che era qualcosa che a lui non sarebbe mai successo. I suoi genitori si erano incontrati al liceo e i soldi non avevano mai avuto un ruolo fondamentale nella loro storia d'amore. Non come tra lui e Harry. Il cuore di Remi non poteva sopportare di nuovo quel tipo di amore fasullo. Stava bene da solo. Tutto quello che gli serviva era convincere suo padre a lasciar perdere la sua vita sentimentale.
“Sono contento della mia vita, papà.”
“No, figliolo. Sei fottuto, nel vero senso della parola. Non è sempre sinonimo di felicità.” Jackson sospirò nel telefono. “I soldi aiutano molto, ma non ti terranno al caldo di notte né ti aiuteranno quando sarai malato.”
“È un po' indelicato da dire, papà, ma il sesso mi rende felice.” Beh, per quanto felice potesse essere.
“No, vuol dire che sei soddisfatto, per il momento. Voglio che tu sia felice per il resto della tua vita.” La voce di suo padre si era ridotta quasi a un sussurro.
“E se non riesco a trovare questa felicità?” sussurrò Remi di rimando.
“Voglio che almeno ci provi. È davvero chiedere troppo?”
“Sì. Puoi pensare di conoscere bene la mia vita ma non è così. E non ho tempo per quello che stai progettando. Sono nel bel mezzo delle trattative per rilevare una società siderurgica. Sai che avere un posto in cui lavorare personalmente il metallo che utilizziamo ridurrebbe notevolmente i costi di fabbricazione dell'azienda. Occupa quasi tutto il mio tempo e cercare un ragazzo con cui uscire non è semplice e istantaneo.” Remi sospirò. Si stava arrabbiando di nuovo.
“L'azienda siderurgica non va da nessuna parte. L'affare è quasi concluso. Se riesci a trovare il tempo per cercare un uomo con cui andare a letto, puoi trovare lo stesso tempo per uscire con qualcuno. Vorrei almeno vederti provarci. Non voglio che tu finisca come me, un vecchio che ha perso l'amore della sua vita e che morirà da solo. Hai quasi quarant'anni e io di certo non divento più giovane. Se mai avrai dei figli, voglio poter essere ancora un buon nonno.”
“Cazzo, papà.” Remi si strofinò il petto. Suo padre non sembrava demordere.
“È vero, ci sono andato pesante con te, figliolo. Ma dopo la morte di tua madre mi sono reso conto di quanto avessi perso. Era la mia anima gemella e ora mi ritrovo da solo. Non voglio che tu raggiunga i sessant'anni e continui a cercare storie di una notte. Voglio che tu abbia qualcuno che ti aspetti a casa, o che trovi te ad aspettarlo quando torna, e che ti amerà tanto quanto tua madre ha amato me.”
“Questo è ricatto emotivo.” Remi rise. O quello oppure scoppiare a piangere. Pensare a sua madre lo faceva ancora sentire devastato. Pensare a lei avendo dormito solo un paio di ore e senza aver bevuto almeno una tazza di caffè? Sarebbe morto prematuramente.
“Devo giocare tutte le mie carte, figliolo.”
Suo padre stava sorridendo dall'altra parte del telefono. Remi riusciva a sentirlo nella sua voce. “Papà…”
“Remi.”
“E va bene. D'accordo.” Riusciva a capire quello che stava provando suo padre e faceva schifo. Remi odiava il fatto che l'uomo si fosse ritrovato da solo. Cercava di vederlo il più possibile, perché adesso erano solo loro due contro il mondo intero, ma sapeva di non essere un valido sostituto di sua madre.
“Ottimo. Siamo ancora d'accordo per cenare insieme?” Suo padre sembrava speranzoso.
“Sì, porterò il vino.” Remi non avrebbe smesso di vedere suo padre, qualunque cosa fosse successa.
Jackson si schiarì la gola. “Ti voglio bene, figliolo.”
“Ti voglio bene anche io, papà.”
Remi riagganciò e si mise di nuovo comodo sulla sedia. Il mal di testa che aveva cercato di combattere per tutta la mattina si stava facendo più forte. Chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie. Che diavolo devo fare?
Non voleva che il suo cuore si spezzasse di nuovo, ma voleva anche poter dare a suo padre quello che gli aveva chiesto. Merda. Doveva uscire con qualcuno e mostrare a suo padre che faceva sul serio. Poteva vivere senza soldi ma quella sorta di ultimatum riguardava molto più del denaro. Ma dove diavolo avrebbe trovato qualcuno adeguato ad uscire con lui? Era felice di essere un playboy. Certo, in realtà non usciva più così tanto come in passato. Stava cercando di rendere solida la propria vita, anche se non nel modo che suo padre sperava.
Remi avrebbe dovuto pensarci più tardi, però. La prima cosa che doveva fare in quel momento era trovare del caffè, e poi dedicarsi ad alcuni documenti. Spinse indietro la sedia e uscì dall'ufficio, salutando Sara Jo con un cenno quando le passò davanti.
A Remi piaceva gestire l'officina siderurgica. Quel settore dell'azienda era tutto suo. L'aveva costruito dal niente. Stavano perdendo potenziali profitti perché dovevano pagare altre aziende sia per acquistare i metalli che per lavorarli. Ora che stavano ampliando quel settore avrebbero potuto gestire tutto da soli. Avevano iniziato con piccoli progetti, poi progetti di media grandezza e infine erano diventati l'azienda di riferimento della città. Di solito era suo padre che si occupava del lato amministrativo della società ma l'officina siderurgica era la creatura di Remi, che aveva capito di dover fare qualcosa di concreto per ridurre i costi di estrazione e lavorazione quando aveva visto le bollette da pagare.
Le macchinette del caffè erano situate nella sala relax al centro dell'edificio, così gli ingegneri – che creavano i progetti e si assicuravano che le strutture in acciaio reggessero – potevano arrivarci con la massima facilità. Almeno conosceva i nomi di tutti, anche se non li vedeva né parlava con ognuno di loro ogni singolo giorno. Si fidava del suo staff e sapeva che portava a compimento i progetti anche senza avere il suo fiato sul collo.
Sara Jo era nel bel mezzo della pianificazione di una cena aziendale, uno dei suoi compiti come sua segretaria. Era qualcosa che a Remi piaceva fare per mostrare gratitudine e apprezzamento per il duro lavoro svolto da tutti. Avevano passato un paio di mesi difficili, con molte cose di cui occuparsi e giornate piene di straordinari. L'officina aveva dovuto lavorare il doppio del normale quando l'impianto locale della General Motors aveva chiuso in modo che ingegneri e operai potessero entrare e inserire ulteriori condotti. C'era sempre così tanto da fare ultimamente. La ferrovia aveva bisogno di acciaio per le rotaie, la scuola locale necessitava di nuovi corrimani per le porte di emergenza per mettere in sicurezza l'edificio…
Essendo una officina che si occupava di lavorare il metallo ricevevano ogni genere di lavoro. Lui stesso aveva approvato alcuni progetti proprio qualche giorno prima e dovevano portarli a termine in fretta per potersi dedicare a lavori più grandi, come la costruzione di una torretta per il liceo, in modo che il guardiano potesse controllare l'intero campo e l'allenatore tenere d'occhio la squadra di football, o preparare le lamine d'acciaio e le longarine, in modo che la divisione edile potesse riparare il tetto del college prima che iniziasse il semestre.
Avevano tutti bisogno di una pausa. Se non avessero rallentato un po', il livello di attenzione sarebbe inevitabilmente calato e la sicurezza sarebbe stata a rischio.
Remi affrettò il passo, già pregustando il sapore del caffè. Se Sara Jo non fosse stata occupata ad organizzare la cena aziendale le avrebbe chiesto di prenderlo al suo posto, ma cercava di non distoglierla dal lavoro per cose tanto semplici. Le gambe di Remi funzionavano benissimo e poteva servirsi da solo. Le chiedeva di prendergli il caffè solo in casi eccezionali.
Se ne versò una tazza abbondante, tornò verso il proprio ufficio e chiuse la porta. Aveva un paio di scadenze di cui occuparsi e voleva mettere insieme i progetti, così da averli organizzati e a portata di mano durante la riunione. Si trattava di uno dei suoi progetti preferiti degli ultimi tempi, quello che riguardava la ristrutturazione dell'ultimo piano dell'edifico storico dell'Embassy Theatre. Concentrarsi sul lavoro avrebbe sicuramente spostato la sua mente lontana dai propri problemi personali.
Dopo quelli che gli sembrarono solo un paio di minuti, ma che probabilmente erano molti di più, udì un lieve bussare alla porta che gli fece perdere la concentrazione.
“Avanti,” disse Remi.
Sara Jo fece capolino. “Capo, hai un minuto libero per parlare con Elros Carter?”
Remi posò la penna. “Sì, certo.” Si passò una mano sul viso. Il mal di testa di quella mattina era sparito ma i suoi occhi erano stanchi per aver passato tutto quel tempo concentrato sui disegni del progetto. Conosceva bene quel nome, Elros Carter, ma non riusciva ad associare un volto.
“Vuoi che ti porti altro caffè?” Sara Jo gli sorrise.
Remi guardò la tazza ormai vuota e ci pensò un secondo, poi rispose. “No, va bene così. Credo di averne bevuto abbastanza.”
“D'accordo. Ricordati che hai una riunione all'una e mezzo.” Gli fece un piccolo sorriso.
“Credevo fosse all'una.” Remi guardò il calendario.
“È stata spostata un po' perché il signor Johnson ha avuto alcuni problemi.” Sara Jo gli lanciò uno sguardo consapevole, dicendogli senza bisogno di parole che era stato lui stesso a dare l'okay per il cambio d'orario.
“Va bene, immagino di avere più di un minuto libero per Elros Carter, allora. Fallo entrare.” Remi le fece cenno di andare.
Sara Jo annuì e aprì completamente la porta, facendo entrare un ragazzo alto con i capelli neri e gli occhi più scuri che Remi avesse mai visto. Doveva essere almeno un metro e ottanta e il suo corpo era snello e ben fatto. Il tipo di uomo che avrebbe puntato subito in un locale.
Merda.
Solo in quel momento collegò il suo nome al suo volto. Doveva essere davvero stanco. Sapeva bene chi era Elros. Remi aveva dieci addetti specializzati nel settore siderurgico e conosceva tutti i loro nomi. Quando Elros era stato assunto, Remi si era assicurato di non lavorare a stretto contatto con lui per tenersi fuori dai guai.
Non usciva con i dipendenti. E il motivo aveva un nome ben preciso. Si chiamava causa civile, e Remi non voleva avere niente a che fare con una di quelle. Tuttavia, un piano iniziò a prendere vita nella sua mente. Sapeva che era una cattiva idea ma avrebbe potuto togliergli di dosso suo padre. E, inoltre, non avrebbe infranto la regola di non uscire con i dipendenti, non se tutto fosse rimasto una mera invenzione.
Un finto fidanzato?
Quello poteva trovarselo.
Capitolo Due
El rimase in piedi davanti alla scrivania del signor Marlow finché non gli venne detto di sedersi. Giocherellò con i polsini della camicia e lisciò il tessuto dei pantaloni per cercare di calmarsi. Non funzionò. Il suo cuore batteva troppo forte e riusciva a sentire le goccioline di sudore scendergli lungo la schiena. El aveva una cotta per il “grande capo”… non che quell'infatuazione potesse evolversi in altro. Era solo un dipendente dell'azienda, mentre Remington Marlow era un miliardario che poteva avere qualsiasi uomo volesse. Inoltre, El era lì per parlare di lavoro, non per fare il punto sulla propria vita sentimentale. Doveva iniziare a parlare e chiedergli di poter fare delle ore extra. Doveva fare in fretta per poter tornare a casa e controllare la salute di sua madre. Non aveva tempo di pensare a qualcosa che ovviamente non sarebbe mai accaduto. Doveva concentrarsi sulle cose pratiche. Le fantasie e i sogni non facevano più parte della sua vita da un bel po' di tempo.
Poi, Remington Marlow fece la cosa più sbagliata. Sorrise.
Dio.
Il cuore di El aveva forse smesso di battere? Perché non riusciva né a sentirlo né a riprendere fiato. Il suo cervello smise di funzionare e, per un breve attimo, non riuscì nemmeno a ricordare perché fosse lì. Merda. Doveva andarsene da quell'ufficio prima di rendersi completamente ridicolo. Si sarebbe ritrovato senza un lavoro nel giro di un battito di ciglia, se il “grande capo” si fosse accorto dei suoi pensieri.
“Allora, come posso aiutarti?” chiese Remington, unendo le dita sopra la scrivania e fissandolo in modo penetrante.
“Io…” El si schiarì la gola. “Vede, mi chiedevo se fosse possibile fare qualche altra ora di straordinario. Abbiamo alcuni nuovi progetti sui quali potrei lavorare fuori orario d'ufficio.”
Ecco fatto. Era riuscito a dirlo senza troppi problemi. Sperava solo che la sua faccia non fosse diventata troppo rossa e che la voce non avesse tremato tanto quanto l'avevano percepita le sue stesse orecchie. Sarebbe stato imbarazzante. Era un dipendente specializzato, dannazione, doveva comportarsi come tale.
“Ho capito. Fammi controllare un paio di cose.” Il signor Marlow si voltò verso il computer e premette alcuni tasti, poi si accigliò. “Mi dispiace. Sembra che tu abbia già raggiunto il numero massimo di ore lavorative settimanali.” Digitò qualcos'altro.
El si coprì il viso con le mani e chiuse gli occhi. Avrebbe dovuto trovarsi un secondo lavoro e non poteva più permettersi di lasciare sua madre da sola, anche se a lei andava bene. El aveva bisogno di essere al suo fianco per aiutarla.
Non avevano bisogno di nessun altro e, se avesse chiamato la casa di riposo, sarebbe stato come ammettere di aver perso. Uno dei vantaggi di quel lavoro era la possibilità di lavorare da casa. L'azienda offriva ai dipendenti dei computer per poter accedere al sistema in modo da continuare a lavorare ai progetti di cui si stava occupando, anche se non era più nell'ufficio. Aveva cercato di non abusare di quel privilegio ma, con sua madre sempre più malata, era stato costretto a fare di tutto pur di stare con lei. Le ore di straordinario potevano essere svolte a casa, ed era proprio quello che El aveva sperato di poter ottenere andando a parlare con il grande capo. Non poteva trovare un altro impiego, perché sicuramente avrebbe richiesto la sua presenza fisica sul posto di lavoro.
Questa giornata può peggiorare ancora?
Sospirò e si asciugò le mani sulle cosce, poi si alzò e tese la mano. “Mi scuso per il disturbo. Grazie per il suo tempo, signor Marlow.”
“Non avere fretta.” L'uomo tamburellò con le dita sulla scrivania. “Siediti, per favore.”
Il signor Marlow lo stava fissando così intensamente da metterlo un po' a disagio. El si voltò per andarsene. Doveva uscire. Subito. Se non lo avesse fatto avrebbe rischiato di fare qualcosa di cui si sarebbe senza alcun dubbio pentito. Quindi doveva uscire da quell'ufficio e cercare subito un secondo lavoro. “Ho davvero bisogno di fare la pausa pranzo. Io ho…”
Il signor Marlow si alzò e gli si avvicinò. “E se avessi una proposta per te? Non voglio immischiarmi nella tua vita privata, ma quanto hai bisogno di lavorare?” Si avvicinò al bordo della scrivania e si sedette, le braccia incrociate sul petto.
Quello lo sorprese. Cosa aveva intenzione di fare il suo datore di lavoro?
“È personale.” El tornò verso la sedia. Qualcosa nel modo in cui il signor Marlow lo stava guardando lo metteva a disagio. Non riusciva però a capire cosa e non poteva permettersi di offendere il proprio datore di lavoro. Se fosse stato costretto a ricominciare da capo da qualche altra parte si sarebbe ritrovato ben più indebitato di quanto fosse in quel momento. Stava cercando di fare del suo meglio con quello che aveva e non aveva mai chiesto un congedo familiare o un giorno di permesso. Nessuno all'interno dell'azienda sapeva di sua madre, tranne Sara Jo, e El aveva intenzione di continuare a tenere le cose nascoste.
Il signor Marlow sollevò entrambe le mani. “Ho una proposta da farti. Ma voglio innanzitutto dirti che quello che sto per chiederti non influenzerà in alcun modo il tuo lavoro, soprattutto se rifiuterai. Capito?”
El annuì. Sentiva una strana sensazione di pesantezza nello stomaco, come se qualcosa che non doveva essere lì si stesse muovendo all'interno.
Cosa diavolo ha intenzione di chiedermi?
“Bene. D'accordo. Voglio che tu venga a vivere con me.”
“Cosa?!” El si alzò così in fretta che la sedia sulla quale era seduto si spostò indietro.
“Un attimo, in quel modo suonava strano. Voglio che tu finga di essere il mio ragazzo. Vieni a vivere con me per un po' e aiutami a convincere mio padre che ho deciso di mettere la testa a posto e che ho trovato un ragazzo.” Il signor Marlow lo fissò negli occhi.
“Io… cosa… non… Perché?” Quello doveva essere un incubo. Per quanto ne sapeva, la mossa successiva sarebbe stata trovarsi nudo nel bel mezzo del liceo che aveva frequentato a cercare di rispondere a una domanda impossibile del professore.
“Non devi rispondermi subito. Prenditi un giorno o due. Aspetta! Non hai un compagno, vero?”
E me lo chiede ora?
El tornò a sedersi. Un compagno? Come se ne avesse il tempo. E non doveva pensare all'assenza di vita sentimentale subito dopo aver sentito la proposta del suo datore di lavoro. Avrebbe dovuto sentirsi indignato.
“Guarda, vai a pranzo. Pensaci. Quando avrai una risposta, fammela sapere. Ti darò altri dettagli in quel momento. Ti farò sapere, eventualmente, quello che ti aspetta. Possiamo stipulare un contratto. Come ho detto, questo non influirà in alcun modo sul tuo lavoro. Mi faresti un enorme favore e io in cambio ti aiuterei con i soldi extra di cui hai bisogno. Non posso davvero farti fare altri straordinari, in questo momento, quindi non la sto usando come scusa.”
Il signor Marlow si alzò e gli tese la mano. El si alzò a sua volta e la strinse, poi si voltò e se ne andò.
Non aveva nient'altro da dire. Non riusciva a dire altro. La sua mente era in subbuglio. Era entrato in quell'ufficio intenzionato a chiedere ore extra di lavoro e ne era uscito con una proposta di fidanzamento.
Solo per finta.
Non sarebbe stato qualcosa di reale. E aveva sua madre a cui badare. Cosa ne avrebbe pensato lei? Non c'era modo che El le mentisse su qualcosa. Le era rimasto troppo poco tempo.

* * * *

El tornò a casa alcune ore dopo. Cercò di fare meno rumore possibile perché non sapeva se sua madre era sveglia oppure no. Avrebbe impiegato comunque pochi minuti per scaldarle la minestra. Sua madre probabilmente non avrebbe avuto fame ma El sperava di riuscire a convincerla a buttare giù perlomeno un paio di cucchiai di brodo.
Entrò in cucina e tirò fuori la minestra che aveva cucinato quel fine settimana. Ne faceva sempre un bel po', per velocizzare la preparazione dei pasti nei giorni successivi, quando aveva meno tempo. Avrebbe dovuto preparare qualcosa anche per sé ma ci avrebbe pensato più tardi. Avrebbe mangiato mentre tornava in ufficio. Mangiare di fretta e accontentarsi di quello che trovava era un'abitudine che aveva preso quando sua madre era peggiorata.
Prese una ciotola dal mobiletto. Avrebbe tanto voluto scaldarla sui fornelli ma non ne aveva il tempo. Se avesse avuto abbastanza soldi…
Soldi.
Forse non doveva pensarci, perché altrimenti sarebbe tornato di corsa in ufficio e avrebbe accettato tutto quello che gli aveva offerto il suo capo. Non doveva buttarsi a capofitto in quel modo. Cosa sarebbe accaduto a sua madre? Doveva parlarne prima con lei. E restava comunque un'idea folle. El si chiese come fosse venuta in mente al signor Marlow. Forse avrebbe dovuto chiederglielo prima di dargli una risposta.
Riempì la ciotola con la minestra e si voltò verso il microonde per scaldarla. A sua madre non piaceva che fosse troppo calda, così l'avrebbe lasciata raffreddare un po' sul tavolo mentre andava a svegliarla. Dovevano parlare, voleva sentire cosa ne pensava lei di tutta quella situazione.
Ma se si fosse trattato davvero di una buona proposta? E se in quel modo avesse potuto ottenere i soldi necessari per quel farmaco sperimentale? Forse avrebbero potuto permettersi anche di pagare un'infermiera che andasse a casa loro un paio di giorni a settimana. El avrebbe usato tutto l'aiuto che sarebbe riuscito a trovare.
Però, quando sembrava troppo bello per essere vero, di solito era troppo bello per essere vero. Lo aveva sentito ripetere spesso da sua madre nel corso degli anni.
Il bip del microonde lo fece sobbalzare.
“El? Sei tu?” Riuscì a sentire a malapena la sua voce giungere dalla sua stanza.
“Sì, mamma. Ti ho scaldato un po' di minestra.”
“Non ho fame.”
Suonava un po' meglio di quel mattino. La sua voce non si era spezzata mentre parlava. Forse quello era uno dei giorni sì, per lei. Afferrò il guanto da forno e tolse la zuppa dal microonde.
“Forse tra un po' ti verrà fame. Comunque adesso è troppo calda per essere mangiata, lasciala raffreddare.” El entrò nella sua stanza.
Sua madre si mise a sedere sul letto. Era debole e aveva davvero bisogno di mangiare. Se non lo avesse fatto, non sarebbe riuscita a trovare le energie necessarie per sopportare le controindicazioni dei farmaci.
“Va bene. Appoggiala pure lì.” Indicò il comodino.
El avrebbe fatto di tutto per lei, anche trasferirsi a casa del suo datore di lavoro in modo da poter ricevere i soldi che lui gli aveva promesso. Ci stava davvero pensando? Sì, lo stava facendo. Per far stare meglio sua madre e allungarle la vita, avrebbe fatto ogni cosa. Non era ancora pronto a dirle addio. Fanculo al cancro.
“A cosa stai pensando così profondamente?”
El si riscosse e spostò la poltrona reclinabile vicino al letto in modo da potersi sedere accanto a lei.
“Ho chiesto altri straordinari.” Scrollò le spalle come se non fosse un grosso problema.
“Oh, El, no. Dovresti usare quel tempo per fare qualcosa di divertente.”
“Quello di cui ho bisogno è che tu stia bene.” Le sorrise.
“Si vive solo una volta. Io dovrei saperlo meglio di chiunque altro. Ci sono un sacco di cose che avrei dovuto fare prima di ridurmi in questo modo.” Tirò più su la coperta, strattonandola con le dita.
“Tipo cosa?” El era curioso. Sua madre non aveva mai parlato di quello che le sarebbe piaciuto fare, probabilmente perché non avrebbe potuto comunque farle, dato che era una madre single. Forse temeva che El si sarebbe incolpato per questo.
“Viaggiare. Non avrei dovuto preoccuparmi di non avere i soldi. Parigi, Nuova Zelanda, Giappone… Ci sono così tanti posti da vedere al mondo. Una volta che me ne sarò andata, tu…”
“Non dire così.” El non riusciva a sopportare il pensiero di una vita senza di lei.
“Devi essere realistico, tesoro. Quando me ne sarò andata, dovrai viaggiare… o comunque fare quello che avresti voluto fare ma che hai sempre rifiutato. Dovrai goderti la vita.”
El odiava sentirla parlare così. Aveva lo stomaco sottosopra e voleva disperatamente piangere. Era sua madre. Non poteva lasciarla andare. Non ancora.
“Va bene.” Per il momento era meglio assecondarla, così avrebbero potuto chiudere quel discorso tanto penoso. “È successa una cosa strana al lavoro. Quando ho chiesto al mio capo di avere altri straordinari, mi ha risposto che avevo già raggiunto il numero massimo di ore lavorative.”
“Bene!”
El emise una risata. Quella era sua madre.
“Comunque, mi ha detto che aveva una proposta da farmi.”
“Sta diventando interessante.” Sua madre si sfregò le mani.
“Senti prima quello che mi ha proposto. Vuole che mi trasferisca a casa sua.”
“Aspetta, cosa? State uscendo insieme? Non mi avevi detto di avere un ragazzo.” Sembrava un po' confusa e anche un po' offesa.
“No, non stiamo uscendo insieme. Vuole che io sia il suo 'finto' fidanzato.”
“Perché?”
“Non gliel'ho chiesto. Ero troppo shoccato dalla sua proposta. Mi ha detto che mi avrebbe pagato, perché ho bisogno di soldi. Dovrei solo trasferirmi da lui e fingere che stiamo insieme.”
“Fallo.”
El era sconvolto. “Cosa? Mi stai prendendo in giro?”
“Certo che no. Accetta la sua offerta.”
“E tu?”
“Chiama la casa di riposo.”
“No.” Non poteva farlo. Non ancora.
“Allora chiama una di quelle infermiere a ore. Sono abbastanza sicura che siano coperte dall'assicurazione. Controlla. Ma voglio che tu accetti la sua proposta. Fallo per me. Non voglio che tu rimanga solo.”
“Mamma, non hai sentito la parola 'finto'?”
“L'ho sentita. Ma non si sa mai cosa può accadere. Fidati di tua madre.”
“Questo non è un romanzo rosa. Mi trasferirò solo per un periodo di tempo limitato. Firmeremo un contratto. Sarà tutto stabilito a tavolino.”
“Sarà meglio che ti dia da fare, allora. Ho visto il tuo capo. È sexy.”
El sospirò. “Devi proprio sentirti meglio.”
“La vita è breve, tesoro. Devi divertirti.”
Divertirmi. So ancora come si fa?
Sua madre gli aveva appena detto di accettare la proposta, e lei era l'unica persona al mondo a cui non riusciva a dire di no. Ma a quale prezzo?
Capitolo Tre
Poteva andare meglio.
Remi sbatté la testa contro la scrivania un paio di volte. Non servì a niente. Avrebbe dovuto pensarci di più prima di blaterare quella strana proposta.
Forse era meglio andare a pranzo e dimenticare tutto, attribuendolo a un'allucinazione da zuccheri. Non che ne avesse mai avuta una. Ma quello era un giorno buono come un altro per una prima volta. Voleva fare felice suo padre ma al tempo stesso sapeva che un finto fidanzato non sarebbe comunque durato. Era un'idea stupida pensare di poter fingere di avere una relazione per un certo periodo di tempo. Remi aveva bisogno di tagliare le spese e vivere solo della rendita mensile fino a quando i soldi del conto fiduciario non fossero stati nelle sue mani. Poteva mostrare a suo padre che era in grado di farlo. Forse quello avrebbe attirato l'attenzione di suo padre abbastanza da fargli capire che Remi non aveva bisogno di qualcuno nella sua vita, non in quel momento, e forse mai. Era gay. Perché avrebbe dovuto adeguarsi all'idea eterosessuale di relazione monogama?
Per papà.
Remi sospirò. Sapeva che suo padre aveva a cuore la sua vita ma a volte gli rendeva le cose davvero difficili.
Ripensò all'espressione sul viso di Elros. Era passato dallo shock al rimuginarci sopra. Sarebbe davvero così brutto?
La sua mente era troppo affollata di pensieri. Doveva uscire dall'ufficio e schiarirsi le idee. Si metteva sempre nei guai quando faceva le cose senza riflettere, come quella volta che aveva convinto suo cugino a fare quel tuffo dalla scogliera. Aveva pensato che sarebbe stato divertente ed era saltato con lui… senza pensare, aveva solo agito. Suo cugino aveva sbattuto la testa su una roccia, era svenuto ed era stato portato in ospedale. Solo dopo aveva scoperto che Michael aveva paura delle altezze. Forse Remi non avrebbe fatto una cosa simile se lo avesse saputo. Forse. Era proprio quell'atteggiamento del cazzo che lo metteva nei guai.
Un lieve bussare alla porta lo distrasse dai pensieri.
“Sei pronto per l'incontro col signor Johnson?” Sara Jo fece capolino dalla porta.
“È già l'una e mezzo?” Bene, ecco come saltare la pausa pranzo.
“Quasi. Volevo assicurarmi che tu avessi il tempo di rivedere gli appunti prima che arrivassero i dirigenti.”
“L'ho già fatto. Se hai già preparato la sala riunioni, vado subito lì.”
“È tutto pronto. Ho fatto il caffè e messo le bottigliette d'acqua nel frigo per averle alla giusta temperatura. Chiederò loro se vogliono altro quando arriveranno.”
“Perfetto, grazie.”
“Com'è andato l'incontro con El?”
Remi si era dimenticato che i due fossero amici. Avrebbe dovuto ricordarlo. Dannazione. Quello avrebbe potuto rendere difficile l'intera situazione, perché il piano non avrebbe funzionato con Sara Jo, lei forse avrebbe visto oltre le bugie. Ma nessuno poteva saperlo. Se qualcuno lo avesse saputo, lo avrebbe scoperto anche suo padre. Scopriva sempre tutto. Era tipo… il suo super potere.
“È andato bene.”
“Okay, d'accordo.” Sara Jo si chiuse la porta alle spalle.
Remi avrebbe dovuto parlare con El e assicurarsi che non dicesse niente, anche se non era d'accordo. Se non avesse accettato, Remi avrebbe cercato qualcun altro. Non aveva il tempo di convincere le persone. El era perfetto, maledizione. Aveva bisogno di soldi. Era intelligente. Sembrava anche facile parlare con lui. Ma c'era Sara Jo. Loro due erano buoni amici. Avrebbe mai creduto che stavano uscendo insieme? El le aveva già detto qualcosa al riguardo?
Forse si sarebbero rivelati più compatibili di quanto entrambi pensassero. Ma, per il momento, aveva bisogno di concentrarsi sugli affari. Non poteva presentarsi alla riunione con la testa che virava da tutt'altra parte. Ci sarebbe stato tempo per pensare a quello, più tardi, anche se non aveva un vero e proprio piano d'azione con Elros. Avrebbe potuto chiamarlo nel proprio ufficio. No, non poteva. Aveva detto al ragazzo che gli avrebbe concesso un paio di giorni per riflettere. Se lo avesse spinto a dargli una risposta prima del tempo, sarebbe stato scortese.
El era un buon dipendente. Aveva sempre lavorato sodo e creato ottimi progetti. Inoltre, era capace di controllare il lavoro delle altre persone e trovare errori come nessun altro nella squadra. Remi non parlava personalmente con tutti i dipendenti del settore siderurgico, ma si informava regolarmente e sapeva bene chi era capace di fare cosa. L'azienda non poteva permettersi di perdere qualcuno così esperto.
Remi desiderò aver chiesto ad El perché avesse così disperatamente bisogno di soldi. Forse avrebbe potuto offrirgli qualcosa di più specifico per convincerlo ad accettare la proposta. Era consapevole che avrebbe dato ad El tutto ciò di cui aveva bisogno pur di ricevere un sì da parte sua.
Ora basta, sul serio.
Aveva del lavoro da fare. Prese i disegni arrotolati sulla scrivania e si diresse verso la sala riunioni. Quell'incontro era molto importante e aveva bisogno di tutta la propria concentrazione. Sì. Doveva concentrarsi sul lavoro e non sul modo in cui le guance di El erano diventate rosse quando gli aveva detto di andare a vivere insieme. Quel rossore aveva conferito al suo viso qualcosa di ancora più affascinante. No. Quel pensiero doveva lasciarlo per dopo.
Le luci della sala riunioni erano già accese quando arrivò. Posò i disegni sul tavolo e li aprì. Avrebbe usato anche il proiettore. C'erano alcune foto che la squadra aveva scattato e che sarebbero state molto utili. Ma prima aveva bisogno di un caffè.
“Li faccio accomodare tra un attimo.” La voce di Sara Jo riempì la stanza. Il buon vecchio interfono. Se Remi aveva sussultato al suono della voce improvvisa, nessuno avrebbe potuto comunque dirlo dato che era ancora da solo. Prese il caffè e rimase in piedi accanto alla propria sedia, in attesa, poi diede il benvenuto a tutti quando entrarono. Ci siamo. È tempo di risplendere.
Sara Jo offrì loro il caffè e l'acqua in modo che Remi potesse concentrarsi sulla riunione. Accese il proiettore e l'immagine di un albergo abbandonato riempì metà parete. L'edificio era una meraviglia e, se Remi avesse ottenuto i vari permessi, dopo le ristrutturazioni quel posto avrebbe brillato, oltre a diventare una risorsa per Fort Wayne, qualcosa di cui avevano bisogno. Cominciò ad esporre la storia dell'edificio, spiegando il modo in cui gli appartamenti che avrebbero creato da quell'ex albergo avrebbero attirato turisti e viaggiatori, specialmente con il teatro annesso.
I pensieri di El arretrarono verso il fondo della sua testa mentre continuava ad esporre il progetto.

* * * *

Due ore dopo stava morendo di fame. L'incontro era andato bene, meglio di quanto avesse previsto. Doveva occuparsi di alcuni bilanci, mettere insieme delle cifre. Non era sicuro di quale fosse il prezzo dell'acciaio in quel momento, visto che variava spesso. Se ci fossero state troppe tasse, sarebbe stato costretto ad aumentare il prezzo del budget e rendere il progetto troppo costoso. Se solo avessero già avuto la loro acciaieria. Li avrebbe aiutati a coprire parte dei costi. Non tutti, ovviamente, ma utilizzare il proprio materiale avrebbe ridotto notevolmente il prezzo del progetto. Quello era il prossimo punto sulla lista.
Sospirò. Aveva troppe cose in sospeso. Riportò i disegni in ufficio, in modo da potersi mettere subito all'opera per aggiungere le modifiche di cui avevano discusso durante la riunione. Sarebbe stata una lunga notte ma voleva occuparsene il prima possibile per riuscire ad avere pronta in breve tempo la prima parte della bozza. Aveva appena dato i progetti della torretta del college e quelli per i due ospedali al dipartimento di ingegneria. Amava vedere quanto fosse richiesto il loro lavoro, perché lo rendeva consapevole che il suo bambino si stava espandendo.
Era una buona cosa essere così occupato. Avrebbe davvero voluto offrire a El gli straordinari di cui aveva bisogno, ma le leggi esistevano per un motivo. Lavorare troppo poteva portare i dipendenti a un esaurimento e Remi non poteva permettersi che venisse messa in pericolo la sicurezza. Certo, controllavano e ricontrollavano almeno tre volte ogni progetto prima di dare l'approvazione definitiva, ma poteva succedere di tutto. Non molto tempo prima una torre di controllo era caduta e aveva causato un paio di morti. Non si trattava di un loro progetto, grazie al cielo, ma quell'incidente aveva messo l'intero settore sull'attenti.
Remi si sistemò dietro il tavolo da lavoro, i progetti stesi davanti a sé. Cominciò da un lato, immaginandosi nella propria testa le dimensioni delle travi che avrebbero sorretto il primo piano dell'edificio. Doveva assicurarsi che fossero della giusta grandezza. A volte il cliente chiedeva un prodotto che non era disponibile, magari perché ormai non lo fabbricavano più. Avrebbe dovuto controllare sui vari cataloghi: collaborando con varie aziende che lavoravano l'acciaio, aveva la possibilità di avere più scelta. Avrebbe chiesto alla squadra di progettazione di occuparsene, loro si sarebbero informati e poi gli avrebbero fatto sapere se potevano ottenere o meno le travi di quelle dimensioni.
Aveva ormai finito l'inchiostro nell'evidenziatore quando qualcuno bussò alla porta.
“Avanti.” Remi guardò l'orologio.
Accidenti, era più tardi di quanto pensasse. Era il caso di fermarsi lì, perché più tardi avrebbe cenato con suo padre. Il pensiero della cena gli riportò alla mente El e la proposta che gli aveva fatto.
E, parlando del diavolo… El entrò nell'ufficio e si chiuse la porta alle spalle. Sembrava stanco.
“Signor Marlow…”
“Per favore, siamo fuori orario d'ufficio. Chiamami Remi.”
El si schiarì la gola. “Va bene… Remi.” Emise un sospiro.
“Qui sei libero di parlare tranquillamente. Tutto quello che dirai resterà tra noi. E ti ho già detto che nessuna risposta è quella sbagliata. Se non vuoi farlo, lo capisco perfettamente. È stata una richiesta improvvisa da parte mia e te l'ho sottoposta dopo una strana conversazione con mio padre. Vuole che mi sistemi. Non sono pronto a farlo… ma non è questo il punto. Ho sbagliato a chiedertelo. Sei una grande risorsa per l'azienda, non voglio che tu la consideri come una costrizione. È stata una proposta dettata dal momento. Te lo assicuro.”
“Lo farò!” sbottò El. Sembrava confuso, come se lui stesso non si fosse aspettato di pronunciare quelle parole.
“Lo… farai? Fantastico!”
Ora cosa avrebbe fatto? Non era arrivato così lontano con il piano nella propria mente.
“Sì. Ho dovuto parlarne con mia madre. Vivo con lei… non come uno sfigato incapace di vivere da solo, certo… ma ha bisogno del mio aiuto.”
“È una bella cosa. Penso che il mondo sarebbe un posto migliore se le persone si prendessero più cura dei propri genitori. Credo sia il caso di parlare dei dettagli. Perché non ti prendi il resto della serata per pensare a cosa vuoi inserire nell'accordo? Io farò lo stesso. Se non avessi già detto a mio padre che cenerò con lui, ti avrei proposto di farlo stasera, ma cosa ne dici di domani? Una cena?”
El prese un respiro profondo.
Non si tirerà indietro adesso, vero? Ha appena acconsentito.
Remi non riusciva a capire perché all'improvviso il consenso di El fosse diventato così importante. Tutto quello che sapeva era che voleva che il suo finto fidanzato fosse El.
“Mi organizzerò per domani. A che ora?”
“Perché non ordiniamo d'asporto? Possiamo parlare qui in ufficio, così non dovremmo preoccuparci di eventuali interruzioni. E sono serio: fammi sapere di cosa hai bisogno. Mi occuperò di tutto. Firmeremo un contratto. Se vuoi che un avvocato gli dia un'occhiata, ne troveremo uno che vada bene a entrambi. Se…” Remi non voleva dirlo, ma doveva farlo. Si sarebbe sentito il più grande stronzo del mondo se lo avesse tenuto per sé. “Se cambi idea in qualsiasi momento, strapperemo il contratto e sarà come se non fosse mai successo niente. Metteremo una clausola che lo permetta. Non voglio che ti senta a disagio.”
“Io… il tuo avvocato va bene. Mi fido di te. Non ho mai avuto motivo di credere il contrario.” El sorrise.
Fu un timido sollevarsi di labbra che lo rese adorabile. Remi non lo aveva mai guardato così da vicino, se lo era sempre impedito. Aveva un bel corpo, con gli occhi e i capelli scuri. E il suo viso, quando il sorriso si allargò leggermente, sembrò illuminarsi.
“Ottimo. Ho intenzione di finire di controllare questo e poi uscire. Ci vediamo domani?”
“È il progetto per la ristrutturazione degli appartamenti sopra il teatro?” El indicò i fogli.
“Sì.”
“Ci ho fatto un giro quando i giornalisti hanno iniziato a parlarne. Al momento è un disastro ma sono convinto che riusciremo a renderlo fantastico.” El fece scorrere un dito sopra i disegni.
“Sono completamente d'accordo.”
“Bene. Grande. Io… Sì, ci vediamo domani.” Si voltò in fretta e lasciò l'ufficio.
La porta si chiuse con un leggero cigolio.
Era arrivato per Remi il momento di trovarsi faccia a faccia con suo padre. Non poteva dirgli di El. Non ancora. Suo padre non era stupido. Se Remi gli avesse detto che aveva già un ragazzo, suo padre gli avrebbe riso in faccia. Ma avrebbe potuto sondare un po' il terreno. Se tutto fosse andato bene, i due si sarebbero comunque incontrati presto, quindi poteva iniziare a lanciare un paio di esche. Anche se la cosa gli si fosse rivoltata contro, avrebbe comunque pagato El. Non sarebbe certo stata colpa sua.
Dio, ho davvero intenzione di fare una cosa del genere?
Capitolo Quattro
El non riusciva a credere di aver accettato una proposta così rischiosa. Stava perdendo la testa, poco ma sicuro. Sarebbe diventato il fidanzato del capo. No, un attimo, il suo finto fidanzato. Non poteva che andare a finire male. Anche se Remington Marlow gli aveva assicurato che non avrebbe influito sul suo lavoro, El sapeva che era una bomba ad orologeria. E se fosse successo qualcosa a sua madre mentre era in giro a fingere di essere un fidanzato? Ne sarebbe stato devastato.
Sua madre lo aveva convinto a contattare la casa di riposo. El sperava ancora di riuscire a trovare una cura in grado di aiutarla, ma le sue condizioni non stavano affatto migliorando. Durante l'ultima visita il dottore aveva detto che si trattava di settimane, mesi se fossero stati fortunati. Fino a quel momento non lo erano stati… non da quando quella maledetta malattia era tornata con ancora più forza di prima.
Dovette accostare l'auto. Non era lontano da casa ma il pensiero che un giorno sarebbe rientrato e non avrebbe trovato sua madre ad aspettarlo, gli faceva male al cuore. El non sapeva cosa avrebbe fatto senza di lei. Era la sua roccia, la persona su cui poteva sempre contare e la madre migliore che un figlio potesse desiderare. E lo aveva cresciuto completamente da sola. I suoi nonni erano morti anni prima, aveva altri parenti che vivevano lontano e non aveva mai conosciuto nessuno dalla parte di suo padre. Quando sua madre se ne fosse andata, sarebbe rimasto da solo.
Si sfregò una mano sul petto, come se quel gesto potesse alleviare il dolore che lo riempiva. Non esisteva niente al mondo che potesse aiutarlo.
La cosa migliore che poteva fare era stare con lei, prendere un periodo di congedo e interrompere quella stupida idea di fingersi il fidanzato di un miliardario. Il tempo che passava con lei era più importante del denaro. Lo sapeva. E sapeva anche che, se sua madre non lo avesse incoraggiato, avrebbe rifiutato la proposta del signor Marlow.
El fece un respiro profondo e ricominciò a guidare. Doveva preparare la cena per sua madre. Sperava che mentre lui era fuori casa, avesse perlomeno bevuto il brodo, ma le ultime due notti la minestra era rimasta sul comodino, intoccata. Sembrava che sua madre mangiasse solo quando lui la costringeva.
Imboccò il vialetto e parcheggiò, poi entrò in casa. “Mamma?”
Lei non rispose. El appoggiò il cappotto sullo schienale di una delle sedie in cucina e andò verso camera sua. Stava dormendo. Dovette assicurarsi che il suo petto si muovesse per essere sicuro che stesse ancora respirando. Aveva comunque paura di controllare, ogni volta. Sapeva che sarebbe arrivato il giorno in cui non si sarebbe più svegliata. Per quanto brutto da pensare, pregò che se ne andasse in quel modo: senza dolore, senza rendersene conto, in modo quasi pacifico. Se El era stanco di tutto quel dolore, sua madre doveva esserne esausta.
“El.” Girò appena la testa e lo guardò. Un piccolo sorriso le allargava le labbra.
“Sì, mamma, sono qui.”
“Vieni. Siediti.” Batté una mano sul materasso.
El avvicinò una sedia al letto. Sua madre era così fragile. Non era sempre stata così. Crescendo, El aveva pensato che fosse la persona più forte del mondo. Adesso invece era ridotta pelle e ossa.
“Vedo che hai mangiato un po' di minestra.”
“Sono riuscita a camminare un po'. È stato piacevole. Sei diventato bravo a cucinare.”
“Solo grazie a te.” El sorrise, ripensando a quando aveva circa dodici anni. Sua madre gli aveva detto che gli avrebbe mostrato come preparare qualcosa di semplice da cucinare anche da solo, qualcosa di caldo e corposo… una minestra. Era stata una bella giornata. Gli aveva insegnato così tanto.
“Adulatore!” Lei tossì, ridacchiando. “Ora dimmi, hai risposto di sì alla proposta del tuo capo?”
“L'ho fatto, ma forse dovrei ripensarci.” El si mordicchiò il labbro. Era così combattuto.
“Non osare. Io me ne andrò, tesoro. Sappiamo tutti e due che accadrà. Nessuno di noi ha voglia di parlarne, ma dobbiamo farlo.”
“Sono d'accordo, mamma. Ma non stasera.” Le prese una mano e le baciò il dorso. “Pensi di poter mangiare del riso? O un'altra po' di zuppa?”
“Non ho fame, tesoro. Sono solo stanca.” Chiuse gli occhi e nel giro di pochi secondi si riaddormentò. Era spaventoso quanto in fretta riuscisse a cadere in un sonno profondo. Un giorno… semplicemente non si sarebbe più svegliata.
El chiuse gli occhi. Avrebbe voluto piangere ma, se avesse iniziato, non si sarebbe più fermato. E c'erano ancora un paio di cose che doveva fare quella sera prima di andare a letto. Il bagno di sua madre aveva bisogno di essere pulito e non aveva potuto farlo durante il fine settimana. Oltretutto il giorno dopo avrebbe dovuto aiutarla a lavarsi. Era qualcosa che non avrebbe mai pensato di fare, ma se la persona che più amava al mondo aveva bisogno del suo aiuto, lui glielo avrebbe dato totalmente. Sapeva anche che sua madre odiava essere così dipendente da lui. Era sempre stata abituata a fare tutto da sola, aveva dovuto imparare a contare solo su se stessa quando suo padre li aveva lasciati, obbligandola a diventare una madre single che faceva due lavori alla volta, spesso anche tre. Aveva fatto tutto quello per El. Certo, avevano discusso spesso nel corso degli anni, erano pur sempre madre e figlio, ma i momenti belli erano stati molti di più.
La cena. Aveva bisogno di mangiare qualcosa e capire come fare a finire la settimana. Per il momento avrebbe cenato, pulito il bagno, portato fuori la spazzatura, lavato i piatti e poi sarebbe andato a letto. Forse avrebbe avuto le idee più chiare, il mattino seguente, e non avrebbe pensato a quanto fosse figo il suo capo o a quanto sarebbe stato bello vivere con lui. Per davvero, non come un finto fidanzato.
Erano pensieri pericolosi. Remington Marlow poteva avere tutti gli uomini che voleva. Semplicemente non aveva tempo, con tutto il lavoro che aveva travolto la compagnia nell'ultimo periodo, ed El era stata la scelta più facile e veloce, la persona in quel momento migliore a cui chiedere di interpretare quel ruolo. El era stato semplicemente nel posto giusto al momento giusto. La parte difficile sarebbe stata far credere all'anziano Marlow che fossero davvero una coppia. Sperava che Remi avesse un piano anche per quello.
Chiuse la porta della camera di sua madre alle proprie spalle, dirigendosi poi verso la cucina. La domenica precedente aveva preparato il cibo per tutta la settimana quindi aveva vari piatti tra cui scegliere. Optò per una insalata. Non aveva molta fame. Il suo stomaco era un po' sottosopra e preferiva che il cibo che mangiava rimanesse lì. Cosa dice la protagonista del libro preferito di mamma? Qualcosa sul fatto che domani è un altro giorno? Sì, avrebbe seguito quella filosofia, perché sembrava che la sua vita stesse per diventare comunque una sorta di film.

* * * *

Per la prima volta da anni, El aveva paura di andare al lavoro. Forse non era tanto la paura quanto il non sapere quello che sarebbe accaduto. Più tardi, quel giorno, avrebbe cenato con Remi. Se volevano fingere di essere fidanzati, doveva abituarsi a usare il nome del capo. Non sarebbe stato bello chiamarlo signor Marlow davanti a suo padre. Avrebbe interrotto la farsa del finto fidanzato prima ancora che iniziasse. E per quanto tempo avrebbero dovuto fingere? C'erano molte domande che avrebbe dovuto ricordarsi di fare, quando si fossero incontrati.
E non era pronto neppure a passare del tempo col padre di Remi, anche se sapeva che sarebbe successo molto presto.
La cena non sarebbe stata poi così male. Almeno avrebbero mangiato in ufficio, solo loro due. Se avesse sbagliato qualcosa non ci sarebbe stato nessun altro ad assistere. Cosa avrebbero detto a Sara Jo? La donna avrebbe voluto sapere tutto sul perché usciva col capo. Li vedeva insieme ogni giorno. Non avrebbe impiegato molto tempo a fare due più due. Non era stupida. Forse Remi aveva già pensato a una soluzione, oppure avrebbero potuto discuterne e trovarne una insieme. El non voleva mentire alla sua migliore amica. Oltretutto lei avrebbe potuto aiutarli in qualche modo. Non sarebbe stato male avere qualcuno dalla loro parte per dargli una mano in quella che sembrava a tutti gli effetti una sit-com.
È la mia vita. Come diavolo sono arrivato a questo punto? Voleva un'esistenza normale, era forse chiedere troppo?
Raggiunse la propria scrivania senza incontrare nessuno. Era in anticipo. Probabilmente i suoi nervi lo avevano costretto a uscire di casa per iniziare subito la giornata. Aveva bisogno di un caffè, dato che non aveva ancora avuto il tempo di prenderne uno. Era stato impegnato con sua madre, che aveva avuto una brutta nottata, trascorsa facendo avanti e indietro dal bagno. Già mangiava poco, le mancava solo di rigettare quelle poche cucchiaiate di minestra che riusciva a buttare giù. Se avesse continuato in quel modo, sarebbe stata costretta a tornare in ospedale. L'infermiera della casa di riposo sarebbe arrivata il giorno successivo, forse potevano chiedere a lei cosa fare.
La caffettiera della sala relax era vuota, ma se lo era aspettato, visto che sembrava il primo ad essere arrivato. Preparò il caffè e tornò alla scrivania per accendere il computer. Quel mattino doveva controllare il progetto di uno dei suoi colleghi e sapeva che nel pomeriggio ne sarebbe arrivato un altro da sistemare. Il motivo per cui amava tanto il suo lavoro era perché lo costringeva a concentrarsi, tagliando fuori il resto del mondo. Se non lo avesse fatto, avrebbe messo in pericolo delle vite umane. Quel giorno era ancora più contento del proprio lavoro: aveva troppe cose in testa a cui non voleva pensare.
I dipendenti stavano iniziando ad arrivare e l'ufficio sarebbe presto diventato caotico.
L'ora di pranzo arrivò prima che se ne rendesse conto. Voleva andare a casa e aiutare sua madre a mangiare, dal momento che non sarebbe tornato per cena. Finché la donna riusciva a mangiare qualcosa, non aveva importanza se lo faceva a pranzo, a cena o in un qualunque momento della giornata.
El portò la sua tazza di caffè nella sala relax così da poterla lavare. Sara Jo aveva evidentemente avuto la sua stessa idea. El non voleva incontrarla di nuovo, non fino a quando lui e Remi non avessero affrontato e capito come gestire la situazione del “finto fidanzato”.
“Ehi, El. Stai andando a casa? Come sta Kathleen?”
“Non bene, ma sì, sto andando a casa. Ho bisogno di andare da lei. Ne parliamo dopo, d'accordo?” El si voltò verso la porta, senza aspettare la sua risposta.
“Dalle un abbraccio da parte mia.”
“Lo farò.” El agitò una mano e se ne andò.
Ci era andato vicino. Avrebbe tanto voluto rivelarle quello che stava succedendo. Sara Jo era stata al suo fianco fin dall'inizio: la prima volta che era stato diagnosticato il cancro a sua madre, la remissione della malattia e ora il suo ritorno. Era uno dei motivi per cui lo aveva fatto entrare nell'ufficio di Remi il giorno precedente. Sapeva che aveva bisogno di soldi. Ma la possibilità di usare il farmaco sperimentale stava scivolando via. Nel suo stato, sua madre sarebbe potuta non essere più una candidata. Era un fatto che avrebbe dovuto affrontare. Perché quella terribile prospettiva stava diventando ogni giorno più reale. Il fatto che sua madre venisse curata e accudita a casa non lo avrebbe aiutato a nascondere la testa sotto la sabbia riguardo la gravità delle sue condizioni. Non voleva neppure pensarci, figuriamoci parlarne a voce alta. Lo farò domani.
In quel momento, doveva correre a casa e cucinare qualcosa per entrambi. Aveva saltato la colazione e il caffè non aveva fatto altro che aprirgli ancora di più lo stomaco. Aveva davvero bisogno di mangiare un panino, aveva davvero bisogno di affrontare l'inevitabile, aveva davvero bisogno di gestire quello che stava accadendo. Avrebbe dovuto accettare prima quanto fosse grave.
Respira, si impose.
Non importava quanto fosse arrabbiato, non poteva lasciare che sua madre lo vedesse. Tutto ruotava intorno a lei, non a lui. Si fermò davanti alla porta di casa e si prese qualche minuto per ricomporsi prima di aprirla. Doveva cercare di farle bere qualcosa, anche solo dell'acqua, e sperare che non la vomitasse. Avevano delle medicine per la nausea ma, se l'acqua non fosse rimasta al suo posto, non l'avrebbero fatto neppure le pastiglie. Fece un altro sospiro profondo ed entrò. Non c'era un posto al mondo in cui aveva paura di entrare. Tuttavia, quando aprì la porta di casa, si chiese se quello che lo aspettava dentro fosse il suo incubo peggiore.
Capitolo Cinque
Remi passeggiava nel proprio ufficio. La giornata si era trascinata lentamente. Era rimasto bloccato dietro la sua scrivania, lavorando su un sacco di scartoffie. Di solito non gli dispiaceva, ma quel giorno sì, probabilmente a causa della cena che lo attendeva. Sara Jo se n'era andata, una scelta saggia, a suo avviso. Se aveva pensato che fosse successo qualcosa, visto quanto era nervoso, non aveva detto niente. Remi avrebbe aspettato per ordinare del cibo fino a quando non fosse arrivato El, nel caso in cui avesse qualche allergia. Avvelenare un ragazzo di certo non era un buon modo per iniziare il primo appuntamento.
Ma… quello non era un appuntamento. Era un incontro strategico. Una sorta di incontro d'affari, ecco, per capire come muoversi.
Remi viveva in centro, in uno degli appartamenti di lusso che si affacciavano sul capo di baseball. Era fantastico uscire sul balcone quando c'era un evento musicale. E poteva anche vedere buona parte delle partite. Era uno dei vantaggi di stare a casa… cosa che ultimamente non accadeva molto spesso. L'area in cui viveva era ancora in costruzione e l'unica cosa che mancava davvero era un negozio di alimentati. Appena l'avessero costruito, Remi avrebbe potuto raggiungere ogni cosa a piedi nel giro di pochi minuti.
Un paio di colpi alla porta lo fecero trasalire. Per poco non inciampò nella scrivania. Aveva bisogno di prestare più attenzione.
“Avanti.”
El entrò e si chiuse la porta alle spalle. Non che ne avesse bisogno. Erano le cinque passate di martedì, quindi erano già usciti tutti. Di tanto in tanto qualcuno restava fino alle sei, ma solo quando avevano un grande progetto tra le mani ed erano stretti con i tempi.
“Ciao.” El gli rivolse un piccolo sorriso prima di sedersi sulla sedia di fronte alla scrivania.
“Ciao. Non ho ancora ordinato niente. Non ero sicuro che fossi allergico a qualcosa o stessi facendo una dieta.”
“Oh, no, non sono allergico a niente e mangio tutto. Non ho preferenze.”
“Buono a sapersi. Cosa ne dici del cinese? Conosco un posto eccezionale che prepara piatti d'asporto.”
“Suona bene.”
“Cosa ti va?”
El riflettè un momento, poi disse: “Una porzione piccola di zuppa in agrodolce, un paio di egg rolls e pollo in agrodolce con riso bianco. Oh, e del granchio Rangoon.”
“Ottimo. Se vuoi sederti a tavola, io nel frattempo ordino. Poi possiamo iniziare a parlare.”
Perché sono nervoso? Si trattava di un semplice accordo. Non avrebbe dovuto avere niente a che fare col fatto che trovasse El attraente. Dal momento stesso in cui Remi aveva iniziato a lavorare nell'azienda, suo padre non aveva fatto altro che ripetergli di non uscire con i dipendenti. E… quello che stavano facendo contava come “uscire” insieme? Non si frequentavano per davvero. Era un affare, come tanti altri. Solo che quello avrebbe richiesto che El vivesse a stretto contatto con lui. Avrebbero lavorato insieme e Remi avrebbe dovuto comportarsi in modo professionale in modo da non perdere un prezioso dipendente.
Ordinò il cibo e gli dissero che i piatti non sarebbero arrivati prima di un'ora. Quello avrebbe dato loro la possibilità di buttare giù alcuni dettagli. Prese il laptop e si diresse verso il salotto dove aveva fatto accomodare El. Non era niente di speciale: c'erano solo un divano, un piccolo tavolo e un paio di sedie. In quel modo, quando decideva di trascorrere le notti in ufficio per colpa del lavoro, aveva sia un posto comodo dove stendersi che uno dove consumare i pasti. Remi non aveva dei veri e propri orari. I suoi dipendenti potevano anche avere dei limiti agli straordinari da fare, ma Remi avrebbe continuato a lavorare fino a quando non avesse finito ogni cosa.
I vantaggi di essere il capo.
El si schiarì la gola. “Penso che dovremmo dirlo a Sara Jo. Voglio dire, lei capirà comunque che sta succedendo qualcosa. Abbiamo bisogno che stia dalla nostra parte. In questo modo, potrà aiutarci se ne avremo bisogno.”
“È un'idea eccellente. Mi chiedevo come ci saremmo comportati con lei, perché so che siete amici.”
“Sì, non voglio mentirle. E devo confessarti che l'ho già detto a mia madre.”
“Okay. Va bene.” Remi non sapeva come si sentiva davvero in merito, ma non aveva voce al riguardo.
“Non preoccuparti. Non lo dirà a nessuno.”
“Va bene.”
Immagino che andremo dritti al sodo. Aveva pensato che ci sarebbero state un paio di frasi di circostanza, prima, ma gli piacevano gli uomini che non facevano tanti giri di parole.
“Bene. D'accordo. Sì. Ehm… non sono sicuro del motivo per cui hai bisogno di un finto fidanzato. Voglio dire, tu… beh, potresti avere praticamente chiunque.”
“Mio padre vuole che mi sistemi. Credo di avertelo detto prima. Non mi ricordo bene, dato che in quel momento ho detto un sacco di cose tutte insieme. Ma sì, mio padre mi vuole accasato e felice, com'è stato lui con mia madre. Sono troppo impegnato con il lavoro. Non voglio una vera relazione. Tuttavia, se gli dimostro che ci sto perlomeno provando, forse allenterà un po' la presa.”
“Sembra… beh, non deve essere piacevole essere forzato a trovare qualcuno.”
“Sì, ma mio padre è vecchio stampo. Non ha problemi col fatto che io sia gay, ma secondo lui dovrei avere il tipo di relazione in cui sono previsti sia il matrimonio che i figli. Ecco perché ti ho fatto questa proposta. Ho pensato: ci conosciamo già, anche se superficialmente, so che sei un dipendente modello e che hai bisogno degli straordinari. A tal propostito, perché hai bisogno di soldi? Abbiamo bisogno di conoscere quante più cose possibili l'uno dell'altro se vogliamo far riuscire il piano.”
“Debiti, per la maggior parte. Ho solo bisogno di un po' di tempo. Per la verità, non sono sicuro di poter lasciare sola mia madre. Lei ha detto di essere d'accordo con tutto questo, quindi… lo sono anche io.”
“Mi sembra giusto. Dovremmo concordare un certo periodo di tempo. Penso che un paio di mesi dovrebbero bastare, anche tre nel caso in cui sia necessario allungare i tempi. Se ti va bene possiamo cenare con mio padre questo fine settimana. Posso iniziare ad accennargli qualcosa nei prossimi giorni. Credi di riuscire a trasferirti qui in un paio di settimane? Non voglio fare troppo in fretta oppure si insospettirà.”
“Non pensi che sia strano che ti abbia detto di sistemarti e nel giro di pochi giorni te ne esci con un fidanzato?”
“Non credo. Non se gioco bene le mie carte, almeno. Voglio dire, tu lavori qui. Mi ha detto di evitare relazioni con i dipendenti ma spero che penserà che l'attrazione tra di noi è stata troppo grande per riuscire a resistere. Sì, lo so, sembra strano, ma se l'è cercata.” Remi rise.
“Sì, credo che abbia un senso. Okay, quindi… due mesi con la possibilità che diventino di più. Mi trasferirò dopo aver cenato con tuo padre. Pensi davvero che sia una buona idea fare così in fretta?”
“Probabilmente no, ma ci conosciamo già da un po', quindi è diverso.”
“Non proprio. Abbiamo lavorato insieme, ma quanto ci conosciamo davvero? Voglio dire, so che sei il proprietario dell'azienda. So quali sono i piani aziendali, grazie alle email di Sara Jo. Abbiamo interagito a un paio di pranzi di lavoro, ma non ci siamo mai seduti per parlare davvero.”
“Immagino che le cose cambieranno presto, no? Se non viene fuori qualcosa, forse possiamo restare amici. L'inverno sta arrivando, quindi il lavoro rallenterà presto. Forse, dopo questa esperienza, saremo più vicini l'uno all'altro e avrai un nuovo compagno con cui uscire a fare una bevuta quando avrai tempo. Beh… forse hai già tempo.”
Remi si accorse di divagare. Perché è così difficile?
Tuttavia continuò a parlare. “Probabilmente dovremmo parlare dei nostri gusti e cose del genere. Penso che le questioni legali, se così possiamo chiamarle, riguardino principalmente la durata del contratto e il fatto che avrai una stanza tutta tua nell'appartamento. Ma immagino che sia il caso di parlare prima dei soldi.”
“Dio, come suona male. Forse dovrei semplicemente farti un favore,” mormorò El.
“No. Hai bisogno di soldi. Posso guardare quanto lavori adesso e partire da lì. Usare l'importo della retribuzione per gli straordinari e calcolare la durata del contratto per ottenere una cifra.” Remi premette alcuni tasti sul computer per accedere alle buste paga dei dipendenti. Non la gestiva lui stesso ma aveva comunque l'accesso.
Wow, non lo stiamo pagando abbastanza. Almeno non aveva lo stipendio fisso e poteva guadagnare qualche extra con gli straordinari ogni mese. Remi non voleva fargli un'offerta esagerata che lo mettesse in imbarazzo, ma non voleva neanche sottostimare quello che stavano per intraprendere.
“Cosa ne dici di quindicimila dollari? Se lo faccio passare come un bonus aziendale non verrà tassato. Questo è l'importo massimo consentito.”
“Quindici… non posso… penso che sia troppo.”
“Ne vali la pena e mi stai aiutando più di quanto credi.”
“Mi sento lo stesso come se stessi prendendo i tuoi soldi per niente. Voglio dire, tutto ciò che farò sarà trasferirmi da te e fingere di essere il tuo ragazzo. Non cambierà niente, e parte di quel tempo non lo passerò neppure con te. Immagino che potrei cucinare per entrambi e pulire casa tua. Soldi gratis… sembra semplicemente troppo bello per essere vero.”
“Ho una cameriera che viene una volta alla settimana. Se vuoi cucinare, però, puoi assolutamente farlo. Ho una cucina super accessoriata che non viene usata a sufficienza.”
“Va bene. Forse potrei cucinare per te e tuo padre per la nostra cena? Cosa ne pensi? Mi farebbe sentire meglio fare qualcosa. Quello che mi hai offerto è molto più di ciò che otterrei con qualche ora di straordinario, e lo sai bene.”
“Andata. E penso che l'idea di fare la cena nel mio appartamento sia fantastica. A mio padre piacerebbe. Fammi sapere cosa vuoi cucinare e ti farò avere tutto il necessario. C'è qualcos'altro di cui pensi dovremmo parlare? Il cibo che ho ordinato arriverà a momenti, hai tutto il tempo per pensare mentre mangiamo.”
El si fece pensieroso. “Abbiamo stabilito l'importo e il periodo di tempo, e abbiamo già discusso di come potrò tirarmi indietro in qualsiasi momento. Non sono sicuro di quali altri cose siano importanti. Non ho mai fatto niente del genere prima d'ora. Possiamo lasciare aperte le condizioni, nel caso in cui mi venga in mente qualcosa da aggiungere in futuro. E non credo di avere bisogno di un contratto. Mi fido di te. Se non mi fidassi non lavorerei mai per la tua azienda. Mi piace proprio perché le persone sono fantastiche, e sono inclusi anche i miei superiori. Hai sempre trattato tutti nel modo migliore. Non è una cosa così scontata, al giorno d'oggi.” El gli tese la mano.
Remi la strinse subito. Non riusciva a credere alla propria fortuna per essersi imbattuto in El proprio quando ne aveva bisogno. Se non l'avesse fatto, le cose sarebbero potute andare molto peggio.
Un ronzio proveniente dal computer gli fece abbassare lo sguardo. Vide che la porta d'ingresso era stata chiusa a chiave e che il fattorino stava cercando di entrare.
“Il nostro cibo è arrivato. Vado a prenderlo.” Si alzò dal divano, posò il portatile e si diresse verso la porta. La lasciò aperta: l'edificio era tranquillo, non c'era nessuno in giro tranne loro due.
Dopo aver pagato il fattorino ed essere tornato nel suo ufficio, si guardò intorno. Amava passeggiare nell'edificio quando non c'era nessuno. Gli piaceva il fatto che fosse suo. Aveva contribuito a renderlo quello che era oggi. Era orgoglioso della sua compagnia e gli aveva riscaldato il cuore sentire tutte le cose positive che El aveva detto al riguardo. Remi aveva sempre fatto quello che riteneva giusto, e avrebbe fatto la stessa cosa con El. Lo avrebbe aiutato in ogni modo, giurò a se stesso. Al massimo, sarebbero rimasti amici. Remi non ne aveva molti ma sentiva che El sarebbe stato un uomo fantastico da avere al proprio fianco dopo una lunga giornata di lavoro. Il suo stomaco brontolò.
È ora di mangiare.

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