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L'Incubatore Di Qubit
Charley Brindley
Catalina Saylor può lavorare nell'Incubatore di Qubit in libertà vigilata per trenta giorni. Se entro quel tempo dimostrerà la sua idea, le sarà permesso di rimanere e provare a ottenere un brevetto sul suo dispositivo. L'Incubatore di Qubit è un luogo di lavoro per persone brillanti con buone idee che non hanno risorse per svilupparle. Catalina Saylor può lavorare nell'Incubatore di Qubit in libertà vigilata per trenta giorni. Se entro quel tempo dimostrerà la sua idea, le sarà permesso di rimanere e provare a ottenere un brevetto sul suo dispositivo. L'Incubatore di Qubit è un luogo di lavoro per persone brillanti con buone idee che non hanno risorse per svilupparle.Se vengono accettati, riceveranno uno spazio di lavoro, attrezzature e altri vantaggi per trenta giorni. Se entro quel tempo non avranno successo, partiranno senza nulla. Catalina Saylor è autorizzata a lavorare nell'incubatrice di Qubit in libertà vigilata per trenta giorni. Se entro quel tempo dimostrerà la sua idea, le sarà permesso di rimanere e provare a ottenere un brevetto sul suo dispositivo. L'incubatore di Qubit è un luogo di lavoro per persone brillanti con buone idee che non hanno risorse per sviluppare le loro idee. Se vengono accettate, riceveranno uno spazio di lavoro, attrezzature e altri vantaggi per trenta giorni. Se entro quel tempo non avranno successo, partiranno senza nulla.

Charley Brindley
L`Incubatore di Qubit

L’Incubatore di Qubit

di

Charley Brindley

charleybrindley@yahoo.com

www.charleybrindley.com

Edito da
Karen Boston

Traduttore: Monja Areniello

Cover art di
Charley Brindley
© 2020

Tutti i diritti riservati

Pubblicato da Andalusia Publishing
andalusiapublishing.com

© 2020 Charley Brindley, tutti i diritti riservati

Stampato negli Stati Uniti d’America
Prima edizione Aprile 2020

Questo libro è dedicato
alla memoria di
James Seth Brindley
Altri libri di Charley Brindley
1. Raji Libro Uno: Octavia Pompeii
2. Raji Libro Due: L’accademia
3. Raji Libro Tre: Dire Kawa
4. Raji Libro Quattro: La casa del vento dell’Ovest
5. La fossa di Oxana
6. Ariion XXIII
7. Cian
8. L’ultimo posto sull’Hindenburg
9. Il Mare della Tranquillità 2.0 Libro Uno
10. Il Mare della Tranquillità 2.0 Libro Due
11. Il Mare della Tranquillità 2.0 Libro Tre
12. Il Mare della Tranquillità 2.0 Libro Quattro
13. Libellula vs Falena: Libro Uno
14. Libellula vs Falena: Libro Due
15. La ragazza elefante di Annibale, Libro Uno
16. La ragazza elefante di Annibale, Libro Due
17. Il bastone di Dio, Libro Uno
18. Il bastone di Dio, Libro Due – Il mare del dolore
19. L’ultima missione della Settima Cavalleria: Libro Uno
20. Non rianimare
21. Enrico IX
Prossimamente:
22. Libellula vs Falena: Libro Tre
23. La ragazza elefante di Annibale, Libro Tre
24. Acque calme profonde
24. La signora Machiavelli
26. L’ultima missione della Settima Cavalleria: Libro Due
27. Ariion XXIX
28. Il viaggio in Valdacia

Vedi la fine di questo libro per dettagli sugli altri.

Capitolo Uno
West Chelsea, New York City

Martedì mattina, 10:00

“Grazie per l’opportunità”.
Catalina era seduta su una sedia in rovere con schienale dritto. Guardò l’uomo dietro la scrivania che stava leggendo il suo CV.
Sulla trentina, sicuro di sé, ben vestito. Mi chiedo se è il proprietario o il manager?
Lei si aggiustò la minigonna blu, poi appoggiò le mani ben strette sull’Ipad che aveva in grembo.
Victor Templeton era sbarbato, con un po’ di grigio spruzzato sui capelli biondi. Il suo viso sembrava stagionato, stanco. Guardò Catalina per un momento, ma senza vacillare. Lui scrisse il numero ‘7’ sul suo blocco note.
“Lei porta …”, guardò il suo CV. “Signorina Catalina Saylor?”
La mano di Catalina si diresse sul lato destro della coscia, dove si diede una pacca sulla gonna.
Se ne sono andati! Fu presa dal panico. Come ho potuto perderli?
Il suo cuore batteva forte. Sbattendo la mano in un modo poi nell’altro, sentì finalmente un oggetto familiare, poi il secondo.
Eccoli. Grazie a Dio!
La tasca nascosta conteneva i suoi tesori. Tutte le sue gonne e abiti avevano tasche nascoste tra le pieghe della stoffa. Non indossava mai pantaloni o pantaloncini. Senza i suoi talismani, si sarebbe persa.
“Immagine sonora per non vedenti”, disse in risposta alla sua domanda.
Victor fece girare una matita gialla sulla sua scrivania. “Hmm … come l’eco localizzazione di un pipistrello?”
Il respiro di Catalina tornò alla normalità mentre la sua frequenza cardiaca rallentava. “Qualcosa del genere, ma l’utilizzo dell’IA per convertire il radar rimbalza in un’immagine non visiva”.
Victor scrisse il numero ‘8’ sul suo blocco note. “Immagine non visiva”. Non era una domanda; ripeté la sua frase come se cercasse di dargli sostanza. “È alimentato nel nervo ottico del cieco?”
“No. Dalla mano, trasformando l’ambiente circostante in un’immagine tattile”.
“Ha dieci minuti per vendermi questa idea”.
Catalina inclinò la testa di lato, come una ragazza con una lunga ciocca di capelli che le toccava il viso; tuttavia, i suoi capelli corti color cioccolato, accuratamente spazzolati e all’indietro, le coprivano appena le orecchie. Un po’ di rossore sulle guance avrebbe aggiunto profondità alla sua bellezza statuaria, ma non si truccava mai, pensando che fosse una perdita di tempo. Forse un giorno, se mai avesse voluto pubblicizzare la sua disponibilità ad avere qualche appuntamento.
Aprì il suo Ipad e lo mise sulla scrivania, di fronte a lui. Premette un tasto.
Una figura stilizzata con una lunga canna si materializzò sul rigido schermo bianco.
Catalina si appoggiò allo schienale, tenendo gli occhi su Victor.
Mentre guardava l’Ipad, la figura si mosse lungo una strada abbozzata. La figura si trasformò lentamente in una forma umana: una donna, poi furono aggiunti i vestiti, una camicetta fiorita e una gonna lunga, entrambe in bianco e nero.
Lei stava picchiettando il bastone sul marciapiede e si faceva strada.
Il marciapiede e gli edifici acquisirono maggiori dettagli mentre i suoni delle voci mormorate e il traffico provenivano dagli altoparlanti dell’Ipad.
Era stato aggiunto del colore ai vestiti della donna mentre si faceva strada attraverso i pedoni di passaggio; verde per la gonna e un’arancione shocking per la sua camicetta. Gli edifici divennero negozi, con libri e gioielli esposti alle finestre, mentre un negozio di generi alimentari appariva davanti a lei.
“Chi ha fatto quest’animazione?” Chiese Victor.
“L’ho fatta io”, disse Catalina. “Per la maggior parte”.
Lui usò la sua penna per tagliare l’8 e scrivere ‘9’ accanto.
La donna cieca arrivò ad un incrocio e si fermò quando l’estremità del suo bastone toccò il bordo del marciapiede.
Lei inclinò la testa, ascoltando.
“C’è qualcuno lì?” La sua voce proveniva dagli altoparlanti.
Una ragazza, forse di dieci anni, venne dalla sua parte. “Cosa c’è che non va?”
“Sono cieca. Mi puoi aiutare ad attraversare la strada? Questa è la 47ma, giusto?”
“Sì”. La ragazza le prese la mano. “Cos’è successo ai tuoi occhi?”
“Afghanistan”.
“Abbassa un piede”. La ragazza condusse la donna fuori dal marciapiede e in strada. “Ora possiamo attraversare. Sei stata ferita in guerra?”
“Sì. Come ti chiami?”
“Monica. Siamo in mezzo alla strada, ma abbiamo ancora il semaforo acceso”.
“Abiti nelle vicinanze?”
“Due isolati da qui. La mamma mi ha mandato al negozio per il lievito. Preparati a salire sul marciapiede”.
Il bastone bianco si agitò davanti alla donna. Quando toccò il marciapiede, sentì l’altezza.
“Se non riesci a vedere, perché indossi gli occhiali da sole?”
Dopo essere salita sul marciapiede, la donna cercò i suoi occhiali e li tolse.
“Oh”, disse Monica.
Gli occhi della donna erano sfere torbide, spaventate e deformi.
“Vedo cos’è successo. Mi dispiace”.
“Non esserlo. Grazie per avermi aiutata”.
“Come ti chiami?” chiese la ragazza.
“Sono Cindy”.
Bussarono alla porta dell’ufficio, poi una giovane donna con i capelli rossi sbirciò dentro. “Il suo prossimo appuntamento è qui”.
Victor tenne gli occhi fissi sul video mentre alzava la mano verso di lei in un gesto come per dire ‘Dì al candidato di aspettare qualche minuto’.
Catalina fissò la rossa. Orecchini pendenti. Pietre di giada perfettamente racchiuse in oro. Ovali!
La giovane guardò Catalina, poi fece un cenno a Victor e chiuse la porta.
Il video tornò all’improvviso sulla figura stilizzata nel primo fotogramma. Iniziò come prima, ma ora, mentre l’animazione progrediva, il bastone bianco era dotato di un cilindro di metallo lucido che si avvolgeva intorno ad esso, vicino all’impugnatura. Un bracciale dal design simile circondava il polso sinistro della donna. Entrambi avevano LED verdi lampeggianti mentre emettevano un leggero bip.
Quando la donna si avvicinò al marciapiede, spostò il bastone sulla mano destra, quindi sollevò la sinistra, con il palmo in avanti. Il segnale acustico si fece più intenso. Inclinò la testa di lato, poi dopo un momento spostò lentamente il palmo della mano sinistra. Si fermò lì, quindi spostò la mano completamente verso destra.
La donna cieca aspettò che i rumori del traffico si fermassero, poi tese il palmo della mano alla sua sinistra, apparentemente controllando che le macchine non svoltassero a destra e s’incamminò.
Soddisfatta che la strada fosse libera, scese dal marciapiede e avanzò con sicurezza, evitando un taxi giallo che si era fermato a metà del passaggio pedonale.
Presto si trovò dall’altra parte della strada e si avviò verso la sua destinazione.
Victor si appoggiò allo schienale della sedia mentre Catalina prendeva il suo Ipad, lo girava verso di lei e faceva click sul video.
“Bello. Capisco il concetto”, disse lui. “Ma non solo richiederà una codifica molto fitta, ma dovrà elaborare l’interfaccia computer-uomo”.
“So che non sarà facile”.
“E’ una programmatrice?”
“Ho fatto io la maggior parte della programmazione del video dimostrativo”.
“Dove ha imparato a programmare?”
“Autodidatta”.
Victor tracciò una linea sul ‘9’ e scrisse ‘10’. “Perché ha bisogno dell’Incubatore di Qubit?”
“Per un posto di lavoro. E avrò bisogno anche di apparecchiature elettroniche per i test”.
“Perché non può lavorare a casa?”
“Condivido un piccolo appartamento con una coinquilina che ama fare feste e molto rumore”.
“Lei non fa feste e rumore?”
“In passato”.
“Quanti anni ha?”
“Ventidue”.
“Nessun altro posto dove vivere?”
“Non posso permettermi un posto per conto mio o l’attrezzatura di cui ho bisogno”.
“I suoi genitori?”
“Non è un’opzione valida”.
“Ha un lavoro?”
Lei annuì.
“Quanto guadagna?”
Catalina esitò, corrugando la fronte mentre fissava una foto sul muro dietro Victor. Era un grande ovale orizzontale contenente geroglifici egiziani. I simboli erano personaggi in rilievo cesellati nella pietra.
“Lavoro in un bar”. Morire di … Provò a tradurli. “Con extra turni e mance, ne tiro su circa quattromila al mese”. Morire di cosa?
“E non riesce a trovare un posto per sé con quella cifra?”
“Ho … uhm … altre spese”. Morire di ricordi … ma qual è l’ultima parte?
Lui cancellò il ‘10’ e riscrisse ‘8’. “Quali sono?”
“Perché ha bisogno di sapere tutto questo?”
“Signorina Saylor, vuole aiuto dall’Incubatore?”
“Certo che lo voglio”. Sogni!
“Quindi ho bisogno d’informazioni sufficienti per prendere una decisione. Se lei esagera con il debito della carta di credito e tutto ciò che può fare è effettuare pagamenti minimi, non uscirà mai da quel carico di debito lavorando in un bar”.
Morire di ricordi non di sogni. Lei sorrise. Tutto in una cornice ovale perfetta.
Lei respirò profondamente, esaminò le unghie per un momento, quindi espirò. “Ho frequentato un ragazzo per quasi un anno. Pensavo che avessimo un futuro insieme, ma mi ha indotto a usare le mie quattro carte di credito fino al limite, quindi quando non abbiamo potuto più pagare nulla, lui mi ha lasciato”.
Victor tracciò una linea su ‘8’ e scrisse di nuovo ‘10’. “Vede quella porta?” Lui indicò attraverso la stanza, opposta alla porta dalla quale era entrata prima la giovane donna.
Le sue spalle si piegarono. Lei annuì. “Mi sta cacciando?”
“Attraversi quella porta, scelga una scrivania vuota e si sistemi. Poi …”.
Catalina strillò di gioia, saltò dalla sedia e si avvicinò alla fine della sua scrivania. “Sono stata accettata?! Non ci posso credere. La posso abbracciare?”


“No. Come dicevo, torni a trovarmi alle quattro questo pomeriggio. Ora, cancelli quel sorriso dal suo viso e vada a cercare una scrivania. Ha trenta giorni per mettersi alla prova”.
“Sì, signore”. In realtà si strofinò la mano sul suo ampio sorriso, lasciandosi dietro un serio cipiglio. “Ci sto già lavorando”. Si affrettò verso la porta.
Victor sorrise mentre prendeva nota sul bordo della sua domanda – 30 giorni.

Capitolo Due
Catalina aprì la porta per trovare un grande magazzino. Entrò, lasciando che la porta si chiudesse silenziosamente dietro di lei.
Apparentemente quel posto era stato una specie di fabbrica di assemblaggio molti anni fa.
La parte inferiore del soffitto ondulato era a circa settanta piedi sopra la sua testa. Venti metri più in alto, un ampio balcone correva lungo i lati dell’edificio. Molte porte fiancheggiavano il perimetro esterno del balcone. Alcune erano aperte, ma non riusciva a vedere dentro le stanze.
Un grosso parapetto pendeva da una trave d’acciaio. Un gancio di metallo, delle dimensioni di un braccio da lottatore, era sospeso sotto il blocco arrugginito su una catena arrugginita. Qualcuno aveva appeso una grossa bambola al gancio.
Catalina inclinò la testa e socchiuse gli occhi verso la bambola, che aveva un cappio al collo.
È Donald Trump?
L’area centrale aperta dell’enorme piano aveva trenta banchi disposti a casaccio. La maggior parte erano occupati da uomini e donne concentrati sui loro computer o che stavano costruendo modelli di strani dispositivi.
Un giovane la guardò, poi tornò ad assemblare un alto giocattolo tuttofare sulla sua scrivania.
Intorno all’area aperta c’era una serie di aree di lavoro cubicolo. Vide parecchie file di questi cubicoli, che formavano semicerchi tutt’intorno e lontano dall’area aperta, come un anfiteatro. Poteva vedere in alcuni di essi e la maggior parte erano occupati.
Trovi una scrivania vuota, aveva detto lui.
Catalina attraversò l’area aperta, passando attorno ad alcuni banchi sgombri.
È così tranquillo qui.
Qualcuno tossì. Una sedia scricchiolò. Non vi erano altri rumori. Ma si sentiva un’aria pesante in quel posto, come un’aula durante un esame di calcolo.
Arrivò in un cubicolo non occupato. Posò il suo Ipad sulla scrivania sgombra e provò la sedia. Appoggiandosi all’indietro, fissò le pareti vuote dell’area di lavoro.
Ho solo bisogno di alcune foto per …
“Ehi, Mocciosa”.
Lei per poco non cadde all’indietro. “C-cosa?” Alzando gli occhi, vide una giovane donna nera sbirciare oltre il muro.
“I mocciosi vivono nel recinto”, disse la donna. “Non diventi un drone finché non hai realizzato qualcosa”.
“Drone?”
“Questo cubicolo non ti appartiene”. La donna nera scomparve.
Mi ha chiamato “mocciosa”?
Catalina raccolse il suo Ipad e andò nell’area aperta del recinto.
Trovò una scrivania con un distributore di nastro adesivo scozzese, una cucitrice, matite e un computer della vecchia scuola.
Seduta alla scrivania, aprì l’Ipad e cercò una connessione Wi-Fi.
“Cosa stai facendo?”
Si girò di scatto per vedere un vecchio trasandato con una mano sul fianco e l’altra con in mano una tazza fumante di caffè.
“I-io-io …”
“Io-io-io sono …”, la derise con una voce cantilenante. “Scendi dalla mia sedia”.
Catalina prese il suo Ipad, si alzò e indietreggiò. “Mi scusi”.
“Laggiù”.
Il vecchio indicò con la sua tazza di caffè verso il bordo dei cubicoli, dove una scrivania di metallo grigio e una sedia abbinata si ergevano come mobili per ufficio del governo, per gli emarginati.
Andò alla scrivania e quando si sedette sulla sedia, sentì il freddo metallo attraverso il tessuto della gonna.
La scrivania era lontana dalle altre nel recinto, di fronte a un muro di mattoni che sembrava più un muro esterno esposto alle intemperie che all’interno di un edificio.
La sua mano, più per sicurezza sua, cercò la tasca della gonna. Infilando la mano nella tasca, le dita cercarono qualcosa. Quando toccarono la superficie liscia di uno degli oggetti, sorrise.
Sopra in alto c’era un grande lucernario che dava una visione del cielo azzurro, ma solo un debole bagliore grigio attraversava il sudiciume incrostato e datato.
Aprendo il suo Ipad, Catalina cercò di nuovo un segnale Wi-Fi. Alla fine, trovò ‘Qubit Inc.’. Il cursore lampeggiò, quindi si visualizzò un messaggio che chiedeva “PASSWORD”.
Si guardò alle spalle in cerca di altri mocciosi. Non saranno di alcun aiuto.
Il LED ‘batteria scarica’ iniziò a lampeggiare sul suo Ipad.
Vide una presa elettrica incastrata nel muro di mattoni, a venti piedi di distanza. Prese il cavo di ricarica dalla borsa.
Sei piedi di lunghezza. Come raggiungerò quella presa? Spostare la scrivania? Guardando gli altri, scosse la testa. Piccola mocciosa invisibile. Questo è tutto ciò che sono. Voglio davvero farlo? Almeno a casa posso caricare il mio computer e collegarmi online.
Tornando al suo Ipad, provò ‘Qubit’ come password, quindi ‘Victor’, ma nessuno dei due era quella giusta.
Se provo una terza volta, potrebbe bloccare …
“Recinto”.
Catalina si voltò e vide un uomo in piedi dietro di lei. “Che diavolo? Ho preso un cubicolo e qualcuno mi ha detto di andare nel recinto. Sono andata lì e ho trovato una scrivania. Poi un tipo svelto mi ha detto di alzarmi dalla sua sedia e di venire qua. Quindi ora immagino che questa sia la tua scrivania e devo tornare al centro del locale e aspettare di vedere se una scrivania rimane inutilizzata. Perché tutti sono così cattivi in questo posto?”
L’uomo sorrise, guardandola arrabbiarsi.
“Beh, almeno puoi sorridere”, disse lei, poi chiuse il computer e arrotolò il cavo di alimentazione.
Aveva circa trentacinque anni, grosso, con la testa rasata e la folta barba nera. La camicia blu sbiadita aveva le maniche lunghe abbottonate al polso.


Stava giocando con un elastico rosso, un trucco da gioco di prestigio nel quale l’elastico sembrava passare da un paio di dita alle altre due quando le ripiegò sul palmo, quindi le aprì. Usando il pollice sul palmo, sembrò quasi una magia quando l’elastico saltò avanti e indietro.
Tatuaggi di bellissimi giaguari scivolavano da sotto i polsini, affondando i loro artigli insanguinati nella parte posteriore delle sue mani.
Catalina si alzò, pronta per andare a cercare un’altra scrivania.
“‘Recinto’ è la password”. La sua voce era dolce, non minacciosa. Sorseggiò dalla sua bottiglia di Coca Cola.
“Oh”. Si sedette di nuovo. “Grazie”.
Aprì il suo Ipad e digitò la password.
“Incubatore di Qubit. Connessa, protetta”.
Dopo aver aperto un browser, andò online sulla sua pagina web.
Una vista sfocata delle Alpi riempiva lo schermo. Mentre l’immagine panoramica si faceva più nitida, si aprì un video registrato da un aereo drone che si avvicinava alla montagna più alta.
“Il Cervino!” sussurrò il ragazzo.
Catalina annuì mentre guardava lo schermo.
Il drone si voltò leggermente verso destra, volando verso un enorme ghiacciaio. Mentre il video veniva zoomato più vicino, un punto rosso apparve sul campo di ghiaccio coperto di neve. Il punto s’ingrandì e divenne una donna in tuta rossa. Fece un cenno al drone. Ancora più vicino e si potevano vedere gli sci, le racchette e uno zaino giallo.
Quando il drone fu a pochi metri di distanza, la donna sorrise, si sistemò gli occhiali, poi si allontanò.
Il drone si girò per seguirla giù per il pendio come se fosse su un paio di sci a quindici piedi di distanza da lei.
“Wow”, esclamò il ragazzo. “Hai fatto tu quella presentazione CGI?”
“Sì. Quei venti secondi di riprese hanno richiesto tre settimane di programmazione”.
“Ci credo. Bellissimo”.
“Grazie”. Lei lo guardò. “Sono Catalina”.
“Abu Dhabi Wilson”.
“Veramente?”
“Sono nato ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, quando i miei genitori erano di stanza in una missione diplomatica”.
“Quindi, dovrei chiamarti ‘Abu’ o ‘Will’?”
“Molte persone mi chiamano ‘Joe’ o ‘Moccioso’”.
Lei sorrise. “Mi piace ‘Joe’”.
“Sembra che tu abbia bisogno di una prolunga”.
“Sì”, disse Catalina.
“E forniture per scrivania”.
Lei annuì.
“Vieni”.
Joe la guidò attraverso il recinto, dove metà delle ventiquattro persone sollevò lo sguardo dal loro lavoro, fissandola come se fosse un soprabito.
Lo seguì lungo una navata tra i cubicoli.
Fuori dall’ultimo anello dell’area di lavoro, fece un cenno alla sua sinistra. “Cucinino”. Qualche passo più avanti. “I bagni. E …”. Si avvicinò a una porta oltre i bagni. “Stanza di approvvigionamento”.
Aprì la porta per rivelare file di scaffali di metallo.
“Fantastico”, disse Catalina. “Matite, nastro adesivo, cucitrici meccaniche, compresse …”.
“Prolunghe”. Le porse un nuovo cavo, insieme a un limitatore di sovratensione.
“Grande. Posso prendere altre cose?”
“Sicuro. Prendi quello che vuoi. Tutta questa roba è per tutti”.
Lei si caricò le braccia e si avviò verso la sua scrivania. “Qual è il problema tra il recinto e i cubicoli?”
“Qualcosa da bere?” Chiese Joe mentre si dirigeva verso il cucinino.
“Sì”.
Gettò la sua bottiglia vuota di Coca Cola in un bidone della spazzatura e versò una tazza di caffè. “Se prendi l’ultima tazza di caffè, metti su una nuova caffettiera. Ne beviamo due o tre galloni al giorno. Soda e succo sono in frigo. Se vedi qualcosa che sta per finire, aggiungilo a questo elenco”. Fece un cenno verso una lavagna a secco sul muro accanto al frigorifero. ‘Burro di arachidi croccante. Maionese. M&Ms’ erano elencate sulla lavagna. “Facciamo a turno per andare al negozio di generi alimentari”. Lui aprì un piccolo contenitore. “Questo è il fondo cassa per il negozio. La Fatina Buona mette i soldi quando si esaurisce”.
Aprendo il frigorifero, le mostrò il contenuto: Coca Cola, Seven Up, Mountain Dew, Dr. Pepper, succo.
“Una bottiglia di succo d’arancia, per favore”, disse lei.
Lui prese il succo d’arancia, lanciò un’occhiata al suo carico di forniture, quindi lo mise in equilibrio in cima alla sua pila.
Chiudendo il frigorifero, la riportò verso la sua scrivania. “Quando si accetta di incubare, ti lanciano nell’arena per affondare o nuotare. Se, dopo i primi trenta giorni, sei ancora una massa di tessuto vitale, hai un cubicolo. Due mesi dopo, se gli dei ti sorridono, sali in cima”, sottolineò lui.
Sopra di loro, Catalina vide il balcone aggirarsi intorno ai quattro lati della zona del recinto e dei cubicoli. Vi si accedevano due scale circolari. A destra, dove Joe aveva indicato, c’erano quindici porte. Alcune erano aperte, ma molte erano chiuse.
“Cosa sono?” Chiese lei.
“Uffici privati”.
“Per chi?”
“I Re”.
“Wow. E anche quelli?” Annuì verso altre quindici porte sul balcone di sinistra.
Una giovane donna con una Dr. Pepper salì una delle scale e girò a destra, mentre una rossa stava salendo la scala opposta e andando in uno degli uffici. Non bussò alla porta chiusa, invece la aprì e fece un passo dentro.
“No. Quella parte è il dormitorio”.
“Che cosa?”
“Dormitori”.
“Chi li prende?”
“I fortunati”. Joe sospirò. “Quanto mi piacerebbe vivere lassù”. Guardarono l’altra donna entrare in una delle stanze del dormitorio. “Dai”, disse Joe. “Ti aiuto a sistemarti. Ho sei giorni per diventare un drone o morire”.
“Ce la farai?”
“La maggior parte dei mocciosi muore per un trauma autoinflitto prima di trasformarsi in droni operai”.
Catalina si avvicinò a Joe. “Chi è quel vecchio moccioso? Il bisbetico?”
“William Thomas Edison”.
“A cosa sta lavorando, un nuovo aratro?”
Joe rise. “Sta progettando un sistema per raccogliere l’acqua dall’aria usando i nanotubi”.
“Veramente? Cosa c’è dentro i nanotubi?”
“Nessuno lo sa. Non parlerà fino a quando non lo farà funzionare”.
* * * * *
Dopo che Catalina fece scorrere la prolunga dalla presa alla sua scrivania, collegò l’Ipad per caricare la batteria.
Sulla via del ritorno nella stanza delle provviste, si fermò vicino al bagno. Mentre si stava lavando le mani, i suoi occhi caddero sul tappo del rubinetto dell’acqua fredda.
Dopo aver asciugato le mani su un tovagliolo di carta, prese due oggetti dalla tasca della gonna. La prima era una targhetta ovale in ottone con ‘Ospedale Psichiatrico Evangeline’ inciso sul metallo. Il secondo era un micro cacciavite. Ripose di nuovo la targhetta in tasca e rimosse la guaina di cuoio con cui aveva ricoperto il cacciavite.
Lavorando il bordo affilato sotto il tappo cromato sul rubinetto, lo staccò.
Sciacquò il tappo di metallo e lo asciugò.
Tenendolo alla luce, ammirò la “F” riccioluta impressa sul tappo.
“Dolce”, sussurrò. “Un ovale perfetto”.
Dopo aver rimosso il tappo dell’acqua calda, con la sua bella “C”, Catalina lo pulì e si lasciò cadere entrambi i tappi in tasca. Quindi fece scivolare il cacciavite nella sua guaina e lo ripose via.
Nel ripostiglio trovò una lampada da scrivania. Riportò la lampada e una scatola di gessi colorati nel suo spazio di lavoro.
Mentre sorseggiava il suo succo d’arancia, lesse alcuni articoli di ricerca e tesi di dottorato su JSTOR – abbreviazione di Journal Storage – una biblioteca digitale di riviste accademiche. I suoi interessi riguardavano gli ultimi sviluppi nell’elettronica organica.
Dopo due ore, si appoggiò allo schienale e si strofinò gli occhi. Guardò il muro di mattoni per un momento, poi la luce fioca che filtrava dal lucernario sporco.
Successivamente, lesse una tesi accademica per oltre un’ora, cercando di decifrare il gergo tecnico. All’ora di pranzo, andò in cucina e nel frigorifero notò diversi contenitori con nomi scritti su di essi.
“Non toccare il cibo di qualcun altro”.
Il ragazzo le passò accanto per prendere una ciotola rosa di Tupperware con ‘McGill’ scritto sul lato con pennarello nero. La spinse via con una gomitata per raggiungere un tè alla pesca.
“Mi scusi”. Si allontanò da lui.
Senza rispondere, portò la scodella nel microonde. Mentre il suo cibo si riscaldava, scrisse ‘ Zuppa di manzo’ sulla lavagna a secco montata sul muro, dove erano elencati molti altri articoli di drogheria.
Lui si appoggiò al bancone vicino al forno a microonde, incrociò le braccia e fissò Catalina.
La sua barba di due giorni era marrone scuro e ben rifinita. I suoi occhi blu persiani avrebbero potuto esultare, se glielo avesse permesso. I suoi capelli lunghi erano leggermente più chiari della barba. Atletico e raffinato, gli mancava solo di essere simpatico.


Lo ignorò mentre controllava nel congelatore qualcosa da riscaldare per il suo pranzo.
“I mocciosi mangiano i noodles istantanei”. Diede un’occhiata al timer sul microonde.
Catalina prese un pacchetto dal congelatore; ‘Manzo barbecue e riso’. Lesse le istruzioni.
“Sette minuti”, disse quando il microonde suonò.
“Qui dice ‘cinque’”.
“Ce ne vogliono sette, Mocciosa”. Prese il suo cibo caldo e la sua bevanda fredda, poi le passò accanto. “E ripulisci dopo”.
Lei lo vide andare in uno dei cubicoli.
Drone cazzone odioso.
Lei impostò il timer per cinque minuti.
Dopo aver preso un tè dal frigorifero, lo sorseggiò mentre aspettava che il suo pranzo si riscaldasse.
Il manzo barbecue risultò appena caldo dopo cinque minuti. Impostò il timer per altri due minuti.
Maleducato drone McGill. Avrebbe potuto essere gentile.
Lei tornò alla sua scrivania e, mentre stava mangiando, trovò un articolo sui nervi sintetici.
Mentre leggeva di un sistema nervoso artificiale sviluppato per l’uso con dispositivi protesici, fece click su link ad altri documenti di ricerca.
Si dimenticò del pranzo, diventato ormai freddo, mentre studiava piccoli circuiti organici stampati sulla pelle di una persona.
Trenta minuti dopo, rimase sorpresa quando il suo telefono suonò.
“Niente telefono!” qualcuno urlò da dietro di lei.
Lei si voltò e vide diverse persone che la fissavano. Il vecchio fece un movimento tagliente sul collo.
Dopo aver fatto click sul telefono in ‘modalità aereo’, rispose alla chiamata.
“Ehi, Cat. Come va?” Marilyn, la sua compagna di stanza, chiese.
‘Ti manderò un messaggio’, sussurrò Catalina.
“Perché non puoi parlare?” Sussurrò anche Marilyn.
“Solo messaggiare”.
“Va bene”.
‘Ho appena fatto incazzare tutti i mocciosi con la telefonata’, aveva scritto Catalina a Marilyn.
‘Non puoi usare il tuo telefono in quello stupido posto?’
‘Apparentemente no. Come tutto il resto, imparo venendo strillata’.
‘Allora, sei entrata?’
‘Solo per trenta giorni. Se produco qualcosa in questo periodo, posso rimanere più a lungo’.
‘Almeno ci sei’.
‘Giusto’.
‘Sto ordinando la pizza. Cecil, Mack e Debbie stanno arrivando. A che ora sarai a casa?’
‘Non aspettatemi’.
‘Te la mando lì?’ Chiese Marilyn.
‘No, hanno cibo qui’.
‘Tutto ok. Ti vedrò quando ti vedrò’.
‘OK’.
Catalina tornò a leggere e scoprì che uno studente post-laurea presso il MIT aveva usato una stampante 3D per produrre una mano umana con nervi sintetici.
Fu sorpresa da qualcuno in piedi accanto alla sua sedia.
La rossa che aveva visto nell’ufficio di Victor stava fissando il computer di Catalina.
Oh Dio. Un altro drone odioso.
“Che cosa succede?” Chiese Catalina. Gli orecchini pendenti di giada rossi attirarono la sua attenzione.
“Sono le quattro e cinque, Saylor”.
Catalina lanciò un’occhiata all’angolo in basso a destra del suo schermo. “Sì. Grazie”. Fissò la rossa.
“Ha un appuntamento con il signor Templeton”.
“Oh, merda!”
Tornò indietro e prese un blocco note. La donna la condusse verso la porta dell’ufficio di Victor, l’aprì, poi entrò davanti a Catalina.
“Signorina Saylor”. Victor la salutò con la mano su una sedia davanti alla sua scrivania.
La rossa prese la sedia accanto a lei. Incrociò le gambe, si sistemò la gonna verde smeraldo e si mise un blocco note sulla coscia.
“Cosa ne pensa di questo posto finora?” chiese.
Catalina ci pensò un momento. “Ostilità, maleducazione, tutti sono cattivi …”. Guardò la rossa. “Tranne Joe”.
“Sì, lui è un bravo ragazzo. Ha trovato tutto il necessario?”
“Vedo che abbiamo stampanti, uno scanner e una fotocopiatrice ma nessuna stampante 3D”.
“Perché vuole una stampante 3D?”
“Voglio stampare una mano e anche alcuni circuiti organici”. Catalina notò con la coda dell’occhio la rossa che la stava guardando, poi la donna guardò Victor.
“Di che tipo di stampante 3D stiamo parlando?”
“Una Dremel 3D-20”.
L’altra donna scrisse sul suo blocco note. “Come si scrive?” Chiese lei.
Catalina lo scrisse per lei.
“Che cosa farà con la mano e i circuiti?” Chiese Victor.
“Il programma di IA di eco localizzazione che sto scrivendo avrà bisogno di tonnellate di dati per l’apprendimento automatico”.
“Sì, suppongo che ne avrà bisogno. Che linguaggio del computer sta usando?”
“Python”.
“È difficile imparare?”
“Beh, se ha familiarità con Perl e Java, non è troppo difficile”.
“Hmm … capisco”.
“Cosa c’è nelle stanze del dormitorio?” Chiese Catalina.
“I candidati in circostanze speciali a volte sono assegnati a un dormitorio”.
“Definisca ‘circostanze speciali’”.
“Dopo due settimane, se sarà ancora qui, ne riparleremo. Nel frattempo, ho bisogno delle dichiarazioni delle quattro società delle sue carte di credito e di qualsiasi altra fattura scaduta che ha”.
“Non inviano più dichiarazioni cartacee”.
“Ma può inviarmele via e-mail, giusto?”
“Sì”.
“E il suo estratto conto”.
Catalina lanciò un’occhiata alla rossa, che stava prendendo di nuovo appunti.
“Signor Templeton”, disse Catalina. “Perché ha bisogno dei miei dati finanziari?”
“Curiosità. È un problema?”
Lei scrollò le spalle. “Non credo”.
“C’è qualcos’altro di cui ha bisogno?” chiese lei.
“AWS Cloud Computing sarebbe bello”.
“Perché ne ha bisogno?”
“Il mio Ipad non sarà in grado di gestire la compressione di tutti quei dati”.
“Abbiamo un server T-6-30”.
“L’ho usato per andare online, ma è troppo vecchio e lento. Ci vorrebbe un anno per elaborare un’ora di dati”.
“Discuteremo di AWS dopo due settimane. Qualche altra cosa?”
Catalina scosse la testa.
Victor aprì una cartella manilla e rimosse alcuni fogli. Li fece scivolare sulla scrivania.
“Che cos’è questo?” Chiese Catalina.
“Il nostro contratto”.
Lei sfogliò le carte. “Otto pagine?”
“No, solo quattro. Ci sono due copie”.
Dopo aver letto il primo paragrafo, voltò alla pagina quattro e vide un posto per la sua firma. Lui aveva già firmato con il suo nome.
“Lo porti a casa stasera e lo rilegga. Può firmarlo domani”.
“E se non firmo?”
“Allora non possiamo aiutarla”.
Fissò il contratto per un momento. “Può darmi la versione ridotta? Solo i punti essenziali?”
“Dice che l’Incubatore di Qubit s’impegna a fornire uno spazio di lavoro sicuro e silenzioso in cambio del cinque percento degli eventuali profitti netti derivanti da qualsiasi prodotto o idea prodotta durante il periodo di validità del presente contratto. Potrebbe ricevere altri benefit se lo ritiene necessario”.
“Ci vogliono quattro pagine per dirlo?”
“Ci sono molti dettagli legali. Ecco perché penso che dovrebbe prendersi il tempo di leggerlo prima di firmare con il suo nome”.
“E se non producessi mai un prodotto commercializzabile?”
“Allora risolviamo il contratto ed è libera di lasciarci, senza motivo”.
Catalina tese la mano verso la rossa, con il palmo in su.
“Che cosa?” chiese la rossa.
“La sua penna”.
Catalina firmò la prima copia, la passò a Victor, che firmò la sua copia.
“Va bene”. Lui mise il contratto nella cartella. “Come va con il suo spazio di lavoro?”
“Va bene. Un po’ desolante, ma va bene. Qual è il programma di lavoro?”
Le porse una chiave magnetica. “Se esce dopo le 18:00, si assicuri che la porta sia chiusa a chiave. Mi aspetto che tutti siano qui dalle otto alle cinque, tranne domenica e domenica più uno”.
“Domenica più uno?”
“Lo chiamavamo lunedì, ma non abbiamo più il lunedì. Il giorno dopo domenica, tutti arrivano in ritardo e vanno via in qualsiasi momento dopo le due. Da martedì l’orario è otto-cinque. Il sabato è informale, si arriva tardi, si va via presto. E’ libera di entrare la domenica se vuole”.
“Va bene. Molte persone lavorano fino a tardi?”
“La maggior parte dei reclusi impiega molto tempo”.
“Reclusi?”
“Lei è qui in libertà vigilata per i primi trenta giorni. Penso che i reclusi siano chiamati ‘Mocciosi’ là fuori”. Victor inclinò la testa verso il recinto.
“Sì e i droni hanno i cubicoli”.
“Esatto”.
“E i Re salgono verso gli uffici al piano di sopra?”
Lui annuì.
“Come fa un drone a diventare un Re?” Chiese Catalina.
“Riceve un brevetto su un’idea o un dispositivo”.
“Un brevetto. Va bene”.
“Deve dare a quel Caffè …” Lanciò un’occhiata alla rossa.
“Piatto speciale blu di Hugo”, lei disse.
“Come ha fatto …”, iniziò Catalina. “Non importa”.
“Deve avvisare quando decide di licenziarsi?”
“Solo con una telefonata. Non devo dare nulla come preavviso di due settimane. Hugo può facilmente trovare qualcun altro al posto mio”.
“Probabilmente dovrebbe effettuare quella chiamata oggi”.
“Ok”. Lei si alzò in piedi. “È meglio che vada”.
“Non si dimentichi quei dati finanziari”.

Capitolo Tre
Alle 19:30, Catalina riscaldò una tazza di noodles istantanei.
“Come fanno a piacerti quei noodles?” chiese un ragazzo magro mentre prendeva dal frigorifero una ciotola di vetro coperta di un foglio di alluminio.
“Non sono male”, disse Catalina. “Mi piacciono perché sono facili e veloci”.
Il microonde si spense e lei tirò fuori la sua tazza fumante, tenendo la porta aperta per lui. “E’ il tuo turno, Drover”.
Lui corrugò la fronte. “Sai chi sono?”
“Sì e anche perché c’è scritto il tuo nome sulla ciotola di vetro”.
Lui rise. “Chiamami ‘Alex’”. Dopo aver rimosso l’alluminio, mise la sua ciotola di purè di patate e salsa nel microonde.
“Sono Catalina Saylor”.
“Veramente? Catalina è un’isola. Come si scrive il cognome?”
Lei gli fece lo spelling.
“Fantastico gioco di parole dei tuoi genitori. Un’isola e un marinaio”.
“Sì, erano piuttosto cool”.
La guardò ma non chiese il perché della parola ‘erano’. “A cosa stai lavorando?”
“Conversione delle onde sonore di eco localizzazione per impressioni tattili”.
“Santa merda”.
“Lo so e mi restano solo ventinove giorni per dimostrare il concetto. E tu?”
“Sto lavorando su celle solari flessibili”, disse Alex.
Lei sorseggiò dalla sua tazza di noodles. “Quanto flessibili?”
“Come una stoffa che può essere trasformata in un capo di abbigliamento”.
“Bello. Potrei fare una passeggiata sotto il sole e caricare il mio telefono morto allo stesso tempo”.
“E anche il telefono del tuo ragazzo”.
“Che si fotta”, disse lei. “Che abbia un suo caricatore”.
“Ahi, pesante. Che ti ha fatto di male?”
“Mi ha scaricato. Devo tornare al mio lavoro”.
“Sì, anch’io. Ho sette giorni prima di morire”.
“Ce la farai”, disse lei.
Il microonde si spense. “A dopo”.
Sul bordo del recinto notò una grande lavagna sul muro accanto a un pannello proiettore. C’era segnato un elenco di nomi, date e informazioni. In cima c’era scritto “Brevetti concessi”.
Il primo era Wayne Ponicar – corpo terapeutico d’acqua.
Il successivo era Dwight Calister – sedia a rotelle per salire le scale.
Seguito da molti altri nomi e dalle loro invenzioni.
Quando tornò indietro attraverso il recinto, vide ancora nove persone che lavoravano.
Mentre stava mangiando alla sua scrivania, guardò un video su YouTube di una mano protesica. Disattivò il sonoro in modo da non essere sgridata.
A metà dei suoi noodles, iniziò a scrivere un nuovo programma.
Quando si appoggiò allo schienale per allungare le braccia sopra la testa, si rese conto che era passata mezzanotte. Girandosi sulla sua sedia cigolante, vide che tutti i banchi dei mocciosi erano vuoti. Attraverso la porta di uno dei cubicoli, vide un ragazzo che lavorava al suo computer.
Drone cazzone McGill. Perché sei ancora qui?
Lei si strinse nelle spalle e si voltò a guardare il suo muro di mattoni. Dopo un momento, si alzò in piedi, spinse via la sedia, quindi allontanò la scrivania dal muro.
Lei notò che McGill la stava guardando in modo accigliato quando lo scricchiolio della scrivania sul pavimento di cemento attirò la sua attenzione. Lei lo ignorò.
Davanti alla sua scrivania, fissò i mattoni per un momento, quindi aprì la sua scatola di gessi colorati.
Intorno all’una, Catalina sentì che McGill stava facendo molto rumore alla sua scrivania, apparentemente preparandosi a tornare a casa.
Immagino che voglia che io sappia che se ne sta andando. Buon viaggio a un brutto fastidio.
Non si girò per dargli la soddisfazione di sapere quanto fosse fastidioso per lei.
Erano passate le 4 del mattino quando uscì dalla porta laterale controllando che si chiudesse dietro di lei.
* * * * *
Catalina dormì solo tre ore, poi tornò in motorino all’Incubatore.
Con una tazza di caffè e una ciambella ripiena di crema presa da una scatola rimasta dal giorno prima, era di nuovo sul suo codice.
Alle 9:30, Joe venne alla sua scrivania.
“Stai disegnando qualcosa sul tuo muro”, disse Joe.
Catalina lo guardò per un momento. “Sì, ho iniziato ieri sera”.
“Che cosa sarà?”
“Non ne sono ancora sicura. Qual è il tuo progetto?”
“Occhiali teleobiettivi”.
“Veramente?” Rimase in silenzio per un momento. “Come li controlli?”
“Ci sarà un display heads-up sulla superficie interna degli occhiali. Il movimento degli occhi lo accenderà e spegnerà e attiverà la quantità di zoom”.
“Mi piacerebbe avere un paio di quelli”, disse lei. “Potrei essere in viaggio e zoomare su una catena montuosa in lontananza senza mai staccare le mani dal volante”.
“Esattamente”.
“Bella idea”.
“Grazie”, disse Joe.
“Chi è quella rossa?”
“L’assistente di Victor, Tracy”.
“Non è molto amichevole”.
“E’ dedita solo al suo lavoro”, disse Joe. “Bene, torniamo al nostro lavoro”.
* * * * *
Nell’ufficio esterno, Tracy aprì il cassetto della scrivania. Raccolse un orecchino penzolante con una pietra ovale di giada circondata d’oro e lo fece scivolare nel buco del lobo sinistro. Quando cercò il secondo, non c’era. Mise da parte matite e graffette ma non riuscì a trovarlo.
“Che diavolo?” sussurrò mentre apriva un altro cassetto.
* * * * *
Alle 3 del pomeriggio, due operai portarono una grande cassa sul lato della scrivania di Catalina. Senza dire una parola, aprirono la scatola e rimossero l’involucro.
Catalina sorrise. La stampante 3D!
Tracy venne a guardare gli uomini al lavoro.
Ben presto installarono la macchina e collegarono la protezione da sovratensione di Catalina.
Uno degli uomini la accese e fece un po’ di diagnostica, mentre l’altro uomo rimuoveva il materiale d’imballaggio.
Apparentemente soddisfatto che tutto fosse in ordine, il ragazzo consegnò una cartelletta a Tracy. “La sua firma, per favore”.
Tracy firmò il modulo, quindi scambiò la cartelletta con un grosso manuale.
I due uomini presero la cassa e il materiale da imballaggio e lasciarono l’edificio.
Diverse persone nel recinto fissarono Catalina, Tracy e la nuova stampante.
Dopo che Tracy diede il manuale a Catalina e iniziò a dirigersi verso l’ufficio, gli altri mocciosi chiesero: “Perché ha avuto una stampante 3D?”
“Non ne ho idea, Crammer”. La porta si chiuse dietro Tracy.
Mentre Catalina leggeva il manuale, McGill venne ad esaminare la stampante.
“Perché hai una stampante 3D?” chiese lui.
“Non è mia, McGill. Appartiene all’Incubatore”.
“Come possiamo usarla se sta qui da te?”
“Ha la Wi-Fi. Se hai dei pastelli e una grande bacheca, proverò a disegnare un’immagine di come una periferica Wi-Fi può essere connessa a un server. Il disegno sarà grande e semplice, qualcosa che potresti comprendere”.
Joe rise mentre lasciava la sua scrivania nel recinto.
McGill si voltò a fissare Joe quando venne verso di loro.
Joe sorrise a McGill.
“So come funziona la Wi-Fi, Mocciosa”, scattò McGill. “Ma perché non l’hanno installata vicino al server invece che qui?”
Catalina prese un chip di memoria da 32 giga fornito con il manuale di istruzioni e lo inserì in una slot sul suo Ipad. “È qualcosa che dovrai discutere con Tracy”. Lei sfogliò una pagina del manuale.
* * * * *
Alle 17:00 aveva installato il rotolo di filamento di nylon fornito con la stampante ed era pronta a stampare l’immagine di esempio dal chip di memoria.
Mentre la stampante ronzava e il filamento di nylon veniva tirato nella testina di stampa, cominciò a formarsi un oggetto rosso brillante.
Numerosi mocciosi e due droni vennero a guardare come strato su strato si accumulava sul letto della stampante.
“Cos’è quello?” qualcuno chiese.
Catalina si strinse nelle spalle mentre guardava.
“Una specie di statua?” chiese un altro moccioso.
“Può essere”.
“È un pezzo degli scacchi”, disse Joe.
Catalina sorrise.
“Un cavaliere”.
“Sì”, disse McGill. “Un cavaliere”.
Ci vollero solo cinque minuti per produrre il cavaliere alto tre pollici.
Catalina lo staccò dal letto della stampante, lo esaminò, quindi lo diede a Joe.
“Bello”. Joe lo passò a McGill.
“I bordi sono ruvidi”, disse McGill.
“Wow!” Journey Covey, la donna di colore che aveva detto a Catalina di uscire dal cubicolo, prese il cavaliere da McGill. “Cinque minuti fa, era solo una bobina di filo di nylon rosso”.
“Una stampante 3D può stampare un’altra stampante 3D?” Chiese Joe.
Tutti lo fissarono.
“Probabilmente le parti esterne”, disse Catalina. “Ma non la struttura interna, l’elettronica e la codifica”.
“Potresti stampare tutte le parti”, disse Journey. “Ma dovresti codificare la programmazione”. Passò il cavaliere a un altro drone.
“Che cosa hai intenzione di stampare dopo, Catalina?” Chiese Joe.
Usando il suo telefono, cliccò su una sua foto. “La tua mano”.
* * * * *
Era quasi mezzanotte quando l’ultimo moccioso lasciò l’edificio. Tutti i droni e i Re erano andati via ore prima.
Catalina andò nel ripostiglio e prese un flacone Windex spray, insieme a un rotolo di asciugamani di carta.
Lei aprì una finestra sul retro e uscì sulla scala antincendio.
Dopo essersi guardata intorno, salì le scale di metallo fino al tetto, poi si fece strada lungo il parapetto nell’oscurità fino a quando non arrivò al lucernario sopra la sua scrivania.
Abbassò lo sguardo sul suo spazio di lavoro per un momento, poi sul recinto e sulle file di cubicoli.
Ci volle molto Windex e un mezzo rotolo di asciugamani di carta, ma alla fine ripulì l’accumulo di sporcizia, lasciando il vetro scintillante alla luce della luna.
* * * * *
La mattina dopo all’alba, era di nuovo alla sua scrivania. Il bagliore dall’alto si proiettava sulla sua area di lavoro in una calda luce gialla. Girandosi sulla sedia, vide la luce del sole dipingere la parete di fondo in arancione dorato mentre riempiva l’intero posto con una bella luce naturale.
Poco prima delle sette, McGill entrò e si guardò attorno, sorridendo. Quando vide Catalina che lo guardava, lui si accigliò. Lei duplicò la sua brutta smorfia.
L’area di lavoro illuminata sembrò allietare tutti quando entrarono, persino il vecchio Edison.
“Quando hanno pulito il tuo lucernario?” Joe portò il suo caffè e una sedia di scorta alla sua scrivania.
“Non ne ho idea”. Lei sorrise. “Era così quando sono arrivata qua”.
“Sai …”. Lui sorseggiò il suo caffè. “Quel ragazzo delle pulizie sarebbe potuto scivolare e cadere dal tetto al buio”.
“O sarebbe potuto cadere dal lucernario”.
“Sì, avrebbe fatto un casino sulla tua scrivania”.
“Uh, huh”.
“Puoi aiutarmi con qualcosa?” Lui si sedette sulla sedia accanto a lei.
“Ne sarei felice, se posso. Ma so molto poco dell’ottica”.
“Ho risolto con l’ottica. L’alimentazione e l’elettronica sono il problema. Non posso avere utenti che portano in giro una scatola pesante sulla schiena”.

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